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martedì 12 maggio 2020

Tirrenia, il governo ridà 73 milioni al debitore Onorato. - Andrea Moizo

Tirrenia, il governo ridà 73 milioni al debitore Onorato

La Convenzione - Nel “dl rilancio” è previsto il rinnovo del contratto per un altro anno. Il gruppo dei traghetti deve allo Stato 180 milioni.
Da quattro anni deve 55 milioni di euro allo Stato e da un anno altri 65 che continua a non saldare. Eppure, è scritto nella bozza del decreto “rilancio”, il governo vuole rinnovargli il contratto per il servizio di continuità territoriale marittima da 73 milioni di euro all’anno, in scadenza a luglio. Stiamo parlando di Cin, società controllata dalla Moby di Vincenzo Onorato, già finanziatore della fondazione Open, di quella di Giovanni Toti e poi cliente di Beppe Grillo Srl (che gestisce il blog del fondatore del M5S) e della Casaleggio Associati.
Cin nel 2012 rilevò gli asset della Tirrenia in via di privatizzazione e si assicurò 8 anni di convenzione. I 380 milioni del prezzo sarebbero dovuti servire a coprire in parte i circa 700 milioni di euro di debiti lasciati a una bad company statale facente capo al ministero dello Sviluppo economico. Ne vennero pagati subito 200, gli altri furono rateizzati con versamenti nel 2016, 2019 e 2021. Ma mentre il debito contratto per l’operazione cominciava a rivelarsi insostenibile – tanto che oggi l’intero gruppo Moby è in gravi difficoltà e ha già sventato un’istanza di fallimento –, Cin non ha pagato le prime due rate, adducendo una controversa clausola della privatizzazione legata alle procedure di Bruxelles sulla gestione pubblica di Tirrenia. La clausola è intanto decaduta per la conclusione di quelle indagini, ma lo Stato continua a mostrarsi accomodante.
A dispetto di questa situazione, pochi giorni fa il ministero dei Trasporti ha aggiudicato a Moby l’appalto da 1,2 milioni per la fornitura di un traghetto da usare come alloggio per la quarantena dei migranti salvati nelle nostre acque. Quanto a Cin, solo nell’autunno 2018 la bad company – alla cui guida il governo Renzi aveva posto all’inizio del 2016 Beniamino Caravita, già avvocato di Onorato – si è decisa a portarla in Tribunale per il mancato pagamento della prima e poi della seconda.
Partito il contenzioso, a fine 2018 Moby ha prelevato da Cin 85 milioni di euro fra riserve e dividendi, senza che il Mise ha eccepito. Nei primi mesi di quest’anno il Tribunale di Roma ha spiccato i provvedimenti di sequestro per l’equivalente delle due rate saltate (120 milioni), ma la bad company, d’accordo con Mit e Mise, non ne ha chiesto l’esecuzione, cioè non ha bloccato i conti correnti né fatto mettere all’incanto le navi. In proposito i ministeri non hanno risposto alle domande del Fatto. Secondo indiscrezioni la bad company si è accontentata del riconoscimento da parte di Cin del debito (e quindi della rinuncia a impugnare i provvedimenti) e dell’iscrizione di ipoteche non di primo grado. La bad company vi ha rinunciato nel 2016 e Onorato ha potuto utilizzare la flotta come garanzia per rifinanziarsi su quelle navi per cui il debito esiste.
Le casse di Cin sarebbero vuote. Ma dove è finito il 70% della convenzione che il Mit paga entro la fine di marzo? Se Cin lo ha ceduto a sconto, rendendo così insequestrabile il suo credito, perché il Mit non s’è opposto? Non sono le uniche domande senza risposta. Che la convenzione sia in scadenza lo si sa da 8 anni. A marzo 2019 Antitrust e Authority dei Trasporti, evidenziando l’illegittimità (rispetto alle norme Ue) di una proroga, hanno messo a punto ogni dettaglio della gara che hanno invitato il Mit ad avviare a breve. La ministra Paola De Micheli ha sempre soprasseduto e mercoledì in audizione alla Camera e poi nella relazione tecnica al decreto ha spiegato che la convenzione sarà prorogata a causa del Covid-19, “perché la necessaria analisi di mercato sarebbe falsata dal contesto”. Un contesto di servizi ridotti, non fosse altro per lo stop al traffico passeggeri, per cui lo Stato, Bruxelles permettendo, decide di pagare (per almeno un anno) altri 73 milioni. In 9 anni solo dallo Stato Cin incasserà così 650 milioni per navi avute dallo Stato e mai finite di pagare.

mercoledì 8 maggio 2013

Commissione, alt di Berlusconi “Inutile, va cambiata la Carta Io presidente? Scherzavo”.




Ieri è saltata la nomina del senatore al vertice della commissione del Senato. I democratici votano scheda bianca. L’ira del centrodestra.

Silvio Berlusconi, dopo aver spinto per la nascita della Convenzione ed essersi autocandidato alla sua guida, fa marcia indietro e liquida l’organismo come una «perdita di tempo». Non solo. Il Cavaliere, ospite di Mattino Cinque, smentisce anche di aver mai aspirato a presiedere la nuova “Bicamerale”: «Scherzavo, era una battuta», afferma. 

Per l’ex premier le riforme «sono urgenti» e vanno assolutamente fatte «per rendere governabile il paese». Al contrario, spiega, la Convenzione rischia solo di allungare i tempi del «cambiamento», mentre si può intervenire più celermente lavorando direttamente in Parlamento, come «prevede l’articolo 138 della Costituzione». Berlusconi ricorda che «l’idea della Convenzione è stata proposta da D’Alema, poi confermata dal lavoro dei saggi e infine ribadita da Letta nel suo discorso al Parlamento». Tuttavia, osserva, «ho assistito al dibattito su chi dovesse essere il presidente: tutto tempo perso, perché» la Convenzione è un organismo «che non è previsto dalla nostra Costituzione e richiederebbe dei tempi di approvazione che non farebbero altro che allungare il percorso per il cambiamento». Quindi, il Cavaliere aggiunge: «ho visto tutte le critiche mosse alla mia persona sull’eventualità della mia presidenza della Convenzione. Ma io l’ho buttata lì, era una battuta, scherzavo arrivando in Senato» con i giornalisti. 

In realtà, era stato lo stesso Berlusconi ai microfoni de “La telefonata” di Belpietro che si era proposto alla guida dell’organismo: «Nelle trattative per il governo si è stabilito che il presidente sia indicato da noi», aveva spiegato. E a domanda diretta, («Sarà lei il presidente?»), l’ex premier aveva replicato: «Immagino di sì». Tuttavia, dopo le polemiche sul suo nome, oggi il Cavaliere invita la maggioranza a non perdere tempo e soprattutto a non «dare difficoltà al governo: Non mi sembra logico - afferma l’ex premier - che in un momento storico come questo, in cui bisogna unire tutti gli sforzi, si buttino addosso al governo ulteriori difficoltà. È invece interesse di tutte le forze politiche dare un contributo perché il governo possa operare rapidamente per il rilancio dell’economia e del Paese». 

Anche il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, non esclude che l’idea della Convenzione possa naufragare definitivamente e, a “La telefonata”, spiega: «Non ho alcuna preclusione a prendere in considerazione anche altre strade, ma bisogna finirla con le polemiche e dare ai cittadini la certezza che questa volta sulle riforme si fa sul serio». Infine, il ministro del Pdl ha annunciato che l’avvio dell’iter in Parlamento della riforma elettorale potrebbe iniziare «tra una decina di giorni». 

mercoledì 19 settembre 2012

La parola "pedofilia" entra nel codice penale. Senato ratifica Lanzarote.


(AGI) - Roma, 19 set. - L'aula del Senato ha approvato all'unanimita' la ratifica della Convenzione per la protezione di minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, firmata a Lanzarote nel 2007. Dopo sei letture e' legge. Introduce nel nostro codice penale la parola 'pedofilia' (art.414 bis).
Inoltre disciplina anche i casi di grooming (adescamento attraverso internet) e di turismo sessuale.
"La ratifica e' una buona notizia per tutti i minori che vivono nel nostro Paese.
Si tratta di un'arma in piu' per contrastare gravi violazioni come l'abuso e lo sfruttamento sessuale", ha osservato Vincenzo Spadafora, autorita' Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza. La Convenzione di Lanzarote risponde alla necessita' riscontrata dal Consiglio d'Europa (Coe) di elaborare nuovi strumenti vincolanti per gli Stati del Coe per il contrasto allo sfruttamento e all'abuso sessuale dei minori.
La Convenzione e' stata adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 12 luglio 2007 e aperta alla firma il 25 ottobre dello stesso anno a Lanzarote. Allo stato attuale, il testo e' stato sottoscritto da 41 Stati membri del Coe, tra cui l'Italia, che l'ha sottoscritta il 7 novembre 2007.
Il disegno di legge italiano che recepisce le disposizioni della Convenzione prevede l'introduzione nel codice penale dell'articolo 414-bis ('Pedofilia e pedopornografia culturale') che punisce con la reclusione da tre a cinque anni chiunque, con qualsiasi mezzo, anche telematico, e con qualsiasi forma di espressione, istighi a commettere reati di prostituzione minorile, pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico, di violenza sessuale nei confronti di bambini e di corruzione di minore.
Stessa pena per chi "pubblicamente fa apologia di questi delitti".


Alla faccia di chi, durante il famigerato governo Berlusconi, voleva inserire l'emendamento 1707: “Niente obbligo di arresto per chi verrà sorpreso a compiere violenze sessuali di LIEVE ENTITA’ verso minori”. 
I firmatari della legge: Gasparri (PdL), Bricolo (Lega), Quagliariello (PdL), Centaro (PdL), Berselli (PdL), Mazzatorta (Lega), Divina (Lega). E sappiamo benissimo chi volevano proteggere.
Cetta.