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giovedì 7 marzo 2024

Dinosauri: sconvolgente rivelazione, ecco in quanto tempo si sono estinti. - Valerio Novara

 

Man mano che la luce del Sole si affievoliva, piante e animali morivano. Ecco come l’oscurità causata dall’asteroide che estinse i dinosauri spazzò via la vita sulla Terra.

Gli anni successivi all’impatto dell’asteroide che spazzò via i dinosauri non volatili furono tempi bui, letteralmente. Secondo una nuova ricerca la fuliggine dei violenti incendi riempì il cielo, bloccando la luce del Sole. Questo meccanismo contribuì in maniera significativa all’ondata di estinzioni che ne seguì. Ecco cosa accadde.

La più grande estinzione di massa della storia.

Il cataclisma che si verificò in seguito all’impatto dell’asteroide estinse molte forme di vita, 66 milioni di anni fa. Un impatto che portò anche cambiamenti ambientali che scatenarono estinzioni di massa, negli anni successivi. Uno dei fattori scatenanti potrebbe essere stato l’addensarsi di nubi di cenere e particelle nocive che si diffusero nell’atmosfera e che ci sarebbero rimaste per ben due anni. Questo fenomeno, oltre ad impedire la fotosintesi, portò all’intero collasso dell’ecosistema terrestre. E anche dopo il ritorno della luce solare, il declino non si fermò.

L’asteroide che colpì la Terra viaggiava circa a 43mila chilometri orari, misurava circa 12 chilometri di diametro e lasciò una cicatrice profonda, sul nostro pianeta, nota come cratere Chicxulub, che si trova nell’odierno Yucatán, in Messico. L’impatto spense almeno il 75% della vita sulla Terra, compresi tutti i dinosauri non volatili. Nuvole di roccia polverizzata oscurarono i cieli e l’acido solforico causò piogge acide e incendi. Una sorta di inverno nucleare post-apocalittico, con la differenza che a quei tempi non c’era l’uomo, né le armi di distruzione di massa.

Tanti fossili analizzati.

Gli scienziati hanno analizzato una lunga serie di fossili, scoprendo che il periodo di oscurità sarebbe durato fino a 150 giorni. Durante questo lasso di tempo, i livelli di estinzione avrebbero raggiunto il 65-81% e ci vollero altri 40 anni prima che le condizioni climatiche e ambientali iniziassero a riprendersi.

https://www.passioneastronomia.it/dinosauri-sconvolgente-rivelazione-ecco-in-quanto-tempo-si-sono-estinti/?fbclid=IwAR3Qj0h1tIcVwLOD9AKj5zqbJ95fY7eOuIwRaHy0SW3tWZs2DPk40KRZaew

domenica 15 agosto 2021

Credito al consumo, più tutele per chi estingue in anticipo. - Alessandro Germani

 

Con il Sostegni bis arrivano nuove norme per chi estingue un finanziamento: puoi «andartene» in qualsiasi momento a condizioni trasparenti.


In fase di conversione del Dl Sostegni bis è stato introdotto l’articolo 11-octies che riguarda l’ambito del credito al consumo per tenere conto dell’emergenza del Covid e rendere certe e trasparenti le condizioni di accesso al credito al consumo per il sostegno delle famiglie. La norma interviene sul corpo del Testo unico della finanza su un doppio fronte: quello del credito immobiliare ai consumatori e quello generico del credito al consumo. In relazione all’ambito immobiliare viene introdotto l’articolo 120 quaterdecies1 relativo al rimborso anticipato, in base al quale il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore e ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, in misura pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto. Viene sostituito il comma 1 dell’articolo 120 undevicies che in merito alle disposizioni applicabili cancella il riferimento all’articolo 125 sexies, comma 1 non più necessario visto che per l’immobiliare il rimborso anticipato è ora disciplinato dall’articolo 120 quaterdercies1.

Possibile rimborsare in qualsiasi momento l’importo dovuto.

Veniamo ora a quella parte dell’articolo 11-octies che riguarda l’ambito del credito al consumo in generale, andando a sostituire l’articolo 125-sexies del Tuf relativo al rimborso anticipato. Viene in primo luogo stabilito che il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte. Rispetto al testo previgente viene sancita la proporzionalità del rimborso in base alla vita residua e viene chiarito che restano escluse le imposte. Il comma 2 è nuovo, servendo a declinare questo concetto di proporzionalità. Si può trattare di una proporzionalità lineare oppure si potrà applicare il costo ammortizzato, ove non sia diversamente indicato.

Conteggi più facili per il finanziatore.

È presumibile che il ricorso al costo ammortizzato dovrebbe semplificare per il finanziatore i conteggi, visto che in generale tale metodologia è già ampiamente utilizzata ai fini contabili. Il comma 3 si preoccupa di disciplinare gli aspetti economici fra il finanziatore e l’intermediario (agente, broker) che interviene nella commercializzazione del credito al consumo. Infatti il finanziatore avrà diritto di regresso nei confronti dell’intermediario del credito per la quota dell’importo rimborsato al consumatore relativa al compenso per l’attività di intermediazione del credito. Ciò salvo pattuizione differente fra i due.

Equo indennizzo (con tetto) per il finanziatore.

Il comma 4 continua a riguardare l’equo indennizzo per il finanziatore in caso di rimborso anticipato. Esso non può superare l’1% dell’importo rimborsato in anticipo, se la vita residua del contratto è superiore a un anno, ovvero lo 0,5% del medesimo importo, se la vita residua del contratto è pari o inferiore a un anno. In ogni caso, l’indennizzo non può superare l’importo degli interessi che il consumatore avrebbe pagato per la vita residua del contratto. Restano invariati anche i casi di non spettanza dell’indennizzo (comma 5) ovvero se il rimborso anticipato: è effettuato in esecuzione di un contratto di assicurazione destinato a garantire il credito; riguarda un contratto di apertura di credito; ha luogo in un periodo in cui non si applica un tasso di interesse espresso da una percentuale specifica fissa predeterminata nel contratto; corrisponde all’intero debito residuo pari o inferiore a 10mila euro.

Più trasparenza per il rimborso anticipato.

Il nuovo articolo 125-sexies si applica ai contratti sottoscritti poi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 73/21, mentre alle estinzioni anticipate precedenti si applica il previgente testo normativo e le istruzioni secondarie di Bankitalia. In conclusione il rimborso anticipato viene previsto, sia per i crediti immobiliari al consumo sia per i crediti al consumo, a condizioni di rinnovata trasparenza, ovvero in maniera proporzionale su tutti i costi, imposte escluse. La proporzionalità potrà essere lineare o si utilizzerà il costo ammortizzato. La norma recepisce di fatto la sentenza Lexitor (Cgue C-383/18 dell’11 settembre 2019) introducendo il principio della onnicomprensività del rimborso che deve includere non solo i costi recurring ma anche quelli up front con esclusione delle sole imposte.

IlSole24Ore - (articolo e foto)

mercoledì 2 ottobre 2019

Il gamberetto verde che non cambia più sesso per il cambiamento climatico. - Pasquale Raicaldo



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Fotografia di Valerio Zupo.

Gli studi della stazione Anton Dohrn sull’Hippolyte inermis, a Ischia, indicano che l’acidificazione oceanica incide sulle microalghe e sul loro rapporto con i piccoli invertebrati.


Il gamberetto di prateria (Hippolyte inermis) rischia di non riprodursi più: i cambiamenti climatici cui il pianeta va incontro potrebbero impedirgli di cambiare sesso, come invece accade regolarmente nel caso di questo invertebrato che si mimetizza tra le foglie delle piante marine.

E’ quanto emerge dall’ultima scoperta del centro di ricerca di Ischia della Stazione Zoologica Anton Dohrn, impegnata da sempre nello studio degli effetti dell’acidificazione marina, legata nel mare dell’isola ai “vents”, l’emissione di anidride carbonica effetto del vulcanesimo secondario dell’effervescente sottosuolo ischitano.

A Ischia, in soldoni, si creano naturalmente le condizioni a cui gli oceani vanno incontro per effetto delle emissioni di anidride carbonica. E sotto la lente di ingrandimento dei ricercatori è finito il rapporto tra un gamberetto e le microalghe delle quali si nutre, le diatomee epifite tipiche degli ambienti costiere, in particolare il genere Cocconeis, fondamentali per la vita, lo sviluppo, l’inversione sessuale e la riproduzione di molti piccoli animali invertebrati.

L'ambiente dei vents a Ischia, dove le emissioni di CO2 portano all'acidificazione del mare. Fotografia di Pasquale Vassallo.

Su loro è incentrato un lavoro pubblicato sulla rivista scientifica “Plos One” da Mirko Mutalipassi, in collaborazione con Valerio Mazzella e il ricercatore Valerio Zupo. In sostanza, il metabolismo della microalga del genere Cocconeis viene condizionato dall’acidificazione – naturale a Ischia, indotta dall’uomo nel pianeta – e inizia a non produrre i composti, o produrre in modo meno significativo, i composti che servono ai gamberetti, e ad altri organismi marini, per sopravvivere.


Diatomea, fotografia di Valerio Zupo

«Proprio così – conferma Zupo – perché l’alterazione dei rapporti chimici tra organismi e l'ambiente porta la modifica dei metaboliti secondari, con un impatto sul sistema di chemio-recezione degli organismi marini».

L’acidificazione del mare genera un effetto a catena, di cui i gamberetti sono solo alcune delle possibili vittime: con soli esemplari maschi, la specie rischierebbe l’estinzione. Ed è uno degli effetti sistemici più significativi sin qui scoperti dal Dohrn, che proprio con Valerio Zupo porta avanti anche un promettente studio sull’efficacia di un metabolita prodotto dalla diatomea su alcune tipologie di cancro. Ma l’acidificazione, a quanto pare, potrebbe ostacolare, insieme alla riproduzione del piccolo Hippolyte inermis, anche l’identificazione delle molecole più interessanti per gli scopi farmacologici.


Un primo piano del gamberetto di prateria. Fotografia di Valerio Zupo

Quel che è certo, grazie all’ultimo studio, è che il gambero sia una specie-sentinella in grado di mostrare come i rapporti tra organismi cambino, in modo drastico, in relazione ai cambiamenti climatici. Un tema sul quale la stazione Anton Dohrn è particolarmente attenta: a Ischia, come anticipato dal presidente Roberto Danovaro, aprirà infatti un Centro di ricerca sull’impatto dei cambiamenti globali sugli ecosistemi marini. E del resto “l’acidificazione del mare è l’altra faccia del problema dell’immissione di CO2 in atmosfera e del cambiamento climatico: una minaccia sempre più seria per le specie che popolano gli oceani e per gli ecosistemi”, spiega Maria Cristina Gambi, che con Nuria Teixido studia da anni l’adattamento delle specie animali all’acidificazione.


Ambiente dei vents a Ischia. Fotografia di Pasquale Vassallo

Stress ambientali che influiscono diversamente da specie a specie. «Non tutte le specie – conferma il biologo Marco Munari, che coordina il centro ischitano del Dohrn - rispondono allo stesso modo agli agenti di stress ambientali: è importante quindi studiarne gli effetti su più specie e non solo, ma anche come possono cambiare le interazioni tra le diverse specie, e quindi il funzionamento stesso di un ecosistema, per prevedere e prevenire danni sia di tipo ecologico che economico». Come quelli di un piccolo gamberetto verde che potrebbe smettere di riprodursi.

http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2019/09/25/news/il_gamberetto_verde_che_non_cambia_piu_sesso_per_il_cambiamento_climatico-4558458/

domenica 15 settembre 2019

Il primo giorno del Cenozoico. - Maura Sandri




Un nuovo studio condotto dall’Università del Texas ha confermato lo scenario dell’estinzione dei dinosauri grazie all’analisi di decine di metri di roccia raccolti all’interno del cratere da impatto. Frammenti di carbone e un mix di rocce trasportate dallo tsunami, così come l’assenza di zolfo, sarebbero le prove concrete della collisione di 66 milioni di anni fa, che portò a un cambiamento climatico globale responsabile dell'estinzione di massa dei dinosauri.

Su come sia andata l’estinzione dei dinosauri, gli scienziati sono abbastanza d’accordo. Ipotizzano che un asteroide si sia schiantato sulla superficie del nostro pianeta, scatenando incendi, innescando tsunami e rilasciando così tanto zolfo nell’atmosfera da bloccare la radiazione solare e causare quel raffreddamento globale che li ha inevitabilmente condannati. Ora ne abbiamo le prove concrete: un nuovo studio condotto dall’Università del Texas ha confermato questo scenario grazie a decine e decine di metri di roccia rinvenuta all’interno del cratere dell’impatto, depositatasi nelle prime 24 ore dopo l’impatto.
Le prove comprendono frammenti di carbone, un mix di rocce trasportato dal reflusso dello tsunami e l’evidente assenza di zolfo nei materiali rinvenuti. Tutte queste prove sono evidenti in un carotaggio che offre l’immagine più dettagliata di sempre della catastrofe che ha posto fine all’era dei dinosauri, ha affermato Sean Gulick, professore presso la University of Texas Institute for Geophysics (Utig) alla Jackson School of Geosciences.
«È un esteso campione che testimonia gli avvenimenti accaduti, che siamo riusciti a recuperare all’interno del “ground zero”», ha dichiarato Gulick, a guida dello studio e della missione scientifica di perforazione dell’International Ocean Discovery Program (2016) che ha recuperato le rocce dal sito di impatto, al largo della penisola dello Yucatan. «Il campione ci racconta quello che è successo in seguito all’impatto, direttamente dal luogo in cui l’impatto si è verificato, come se fosse un testimone oculare».
La ricerca è stata pubblicata il 9 settembre nei Proceedings of the National Academy of Sciences e prosegue lavori precedenti, condotti dalla Jackson School, che hanno descritto come si è formato il cratere e come la vita all’interno di esso si sia rapidamente rigenerata. Allo studio hanno contribuito più di due dozzine di scienziati a livello internazionale.
La maggior parte del materiale che riempì il cratere entro poche ore dall’impatto proviene dal sito dell’impatto o è stato portato dentro al cratere dall’acqua del mare, che si riversò al suo interno dal Golfo del Messico. In un solo giorno si depositarono circa 130 metri di materiale, un tasso di accumulo che è tra i più alti mai registrati nelle documentazioni geologiche. Questo tasso di accumulo così alto rivela che le rocce hanno registrato ciò che stava accadendo nell’ambiente, dentro e intorno il cratere, nei minuti e nelle ore successive all’impatto, e fornisce indizi sugli effetti più duraturi dell’impatto che ha spazzato via il 75 per cento della vita che allora c’era sul pianeta.
Gulick lo descrive come un inferno di breve durata a livello locale (della regione interessata all’impatto), seguito da un lungo periodo di raffreddamento globale. «Abbiamo bruciato i dinosauri e poi li abbiamo congelati», spiega Gulick. «Non tutti sono morti quel giorno, ma per molti è stato così».
Una parte del campione di materiale che ha riempito il cratere lasciato dall’impatto dell’asteroide che ha spazzato via i dinosauri. Gli scienziati hanno scoperto rocce fuse e frantumate come arenaria, calcare e granito, ma senza minerali contenenti zolfo, nonostante l’elevata concentrazione nell’area di rocce contenenti zolfo. Questa scoperta suggerisce che l’impatto ha vaporizzato queste rocce formando aerosol di solfato nell’atmosfera, causando un raffreddamento su scala globale Crediti: International Ocean Discovery Program.
I ricercatori stimano che l’impatto dell’asteroide abbia avuto una potenza equivalente a 10 miliardi di bombe atomiche delle dimensioni di quelle utilizzate nella Seconda guerra mondiale. L’esplosione ha incendiato alberi e piante che si trovavano a migliaia di chilometri di distanza e ha provocato un massiccio tsunami che ha raggiunto l’interno dell’Illinois. All’interno del cratere, i ricercatori hanno trovato carbone e un biomarcatore chimico associato a funghi del suolo all’interno o appena sopra strati di sabbia che mostrano segni di essere stati depositati dalle acque dello tsunami. Tali acque si pensa abbiamo trasportato all’interno del cratere il paesaggio carbonizzato dagli incendi che sono divampati in seguito all’impatto. Jay Melosh, professore della Purdue University ed esperto di crateri da impatto, ha affermato che l’evidenza degli avvenuti incendi permette agli scienziati di essere ragionevolmente sicuri del quadro che hanno ipotizzato sull’impatto dell’asteroide. «È stata una giornata importante nella storia della vita, e questa è una prova molto chiara di quello che è successo a ground zero», ha affermato Melosh, non personalmente coinvolto in questo studio. Uno dei più importanti aspetti della ricerca è proprio ciò che dai campioni manca: lo zolfo. L’area circostante il cratere è piena di rocce ricche di zolfo, ma ground zero di zolfo non ne è stato trovato. Questo supporta la teoria secondo la quale l’impatto dell’asteroide ha vaporizzato i minerali contenenti zolfo presenti nel sito dell’impatto, rilasciandolo in atmosfera, dove ha provocato grandi cambiamenti nel clima terrestre, riflettendo la luce solare verso l’esterno del pianeta e causando un raffreddamento globale. I ricercatori stimano che almeno 325 miliardi di tonnellate siano state liberate dall’impatto. Volendo fare un’analogia con un caso relativamente recente, si tratta di circa quattro ordini di grandezza maggiore dello zolfo rilasciato durante l’eruzione del Krakatoa del 1883, che raffreddò il clima terrestre in media di 2.2 gradi per cinque anni. Sebbene l’impatto dell’asteroide abbia creato la distruzione di massa a livello locale, è stato questo cambiamento climatico globale a causare un’estinzione di massa, uccidendo i dinosauri insieme a gran parte della vita sul pianeta in quel momento. «Il vero assassino dev’essere stato atmosferico», ha detto Gulick. «L’unico modo per ottenere un’estinzione di massa su scala globale come questa è chiamare in causa un effetto atmosferico».

giovedì 30 maggio 2019

SVELATA LA CAUSA DELL'ESTINZIONE DELL'UOMO DI NEANDERTHAL

Uomo di Neanderthal (GettyImages)

TUTTO È AVVENUTO CIRCA QUARANTAMILA ANNI FA.

Lo studio è frutto della collaborazione tra geologi dell'Istituto di scienze marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna (Cnr-Ismar) e dell'Università della Florida a Gainesville.


Svelata la causa dell’estinzione dei Neanderthals e di altri mammiferi. Uno studio condotto dal Cnr-Ismar e dall’Università della Florida, pubblicato su Reviews of Geophysics, è riuscito a spiegare cosa sia accaduto quarantamila anni fa. La causa è stata individuata in un periodo definito "Evento di Laschamp", ovvero un lasso di tempo di circa 2000 anni in cui il campo magnetico terrestre subì un improvviso crollo (a circa il 25% del valore attuale) con il conseguente aumento di radiazioni ultra-violette (UVR), i cui effetti selezionarono i nostri antenati Cro-Magnon, a scapito dei neanderthaliani. Una variante genetica di una proteina sensibile ai raggi UV, il recettore arilico (AhR), fu determinante nella selezione. Il geologicamente breve intervallo di tempo bastò a porre fine ai Neanderthals e sviluppare i nostri antenati Sapiens.

Perché i Neanderthal si estinsero 40 mila anni fa?
Uno dei grandi misteri della paleoantropologia è oggetto di una ricerca pubblicata dalla rivista Reviews of Geophysics e frutto della collaborazione tra geologi dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Ismar) e dell’Università della Florida a Gainesville. Combinando le datazioni sulla scomparsa dei Neanderthal (41.030-39.260 anni fa) dai principali siti paleolitici con dati genetici, i paleomagnetisti Luigi Vigliotti e Jim Channell hanno identificato l’Evento di Laschamp, una delle principali escursioni del campo magnetico terrestre, avvenuta 41 mila anni fa (41.300+/-600 anni) come il fattore che probabilmente causò l’estinzione. Il campo magnetico, infatti, funziona come schermo di protezione contro i raggi UV provenienti dal cosmo e la ricerca dimostra che sono stati gli effetti delle radiazioni UV a selezionare in modo irreversibile i nostri antenati Cromagnon a scapito dei Neanderthal, a causa di una variante genetica di una proteina nota come recettore arilico (AhR), sensibile agli UV, che fu loro fatale durante quel breve intervallo di tempo (circa 2000 anni) di minima intensità del campo magnetico.

La svolta con la scoperta della variante genetica Ala-381
“Neanderthal e Sapiens hanno convissuto, incrociandosi, per alcune migliaia di anni, come dimostrano le ‘impronte’ lasciate nel nostro DNA e i tratti somatici di alcuni individui contemporanei”, spiega Luigi Vigliotti del Cnr-Ismar. “La loro estinzione è stata oggetto di numerose ipotesi, incluso l’istinto ‘fratricida’ dei nostri antenati. Nel 2016 un gruppo di biologi molecolari ha scoperto l’esistenza di una piccola variante genetica Ala-381 nel recettore arilico dei Neanderthal rispetto al Val-381 dei Sapiens (e dei fossili Cro-Magnon), che fu interpretata come un vantaggio nell’assorbimento delle tossine prodotte dal fumo legato allo stile di vita trogloditico. Il recettore arilico è infatti fondamentale nel regolare l’effetto tossico della diossina. La coincidenza con i tempi dell’estinzione dei Neanderthal suggerisce che invece fu lo stress ossidativo prodotto dalla mancanza dello schermo fornito dal campo magnetico terrestre rispetto ai raggi UV ad essere responsabile della loro scomparsa”. Molti organismi acquatici e terrestri hanno sviluppato strategie per limitare i danni che i raggi UV - in aggiunta ai loro effetti positivi nella sintesi della vitamina D e nel contrastare virus, batteri e parassiti - possono procurare alla struttura del DNA. “Non è un caso, secondo il nostro studio, che la fine del Laschamp segni l’uscita di scena dei Neanderthal e l’espansione dei Cro-Magnon, cioè dell’uomo moderno”, prosegue Vigliotti.

Non solo la fine dei Neanderthal, ma anche dei grandi mammiferi in Europa
“Il Laschamp non fu fatale solo ai neanderthaliani. Nello stesso intervallo di tempo in Australia si estinsero 14 generi di mammiferi, soprattutto di grossa taglia,  - continua Luigi Vigliotti - come dimostra la drastica diminuzione nei sedimenti delle tracce di sporormiella, un fungo coprofilo che vive sullo sterco di grandi animali erbivori, proprio in corrispondenza del minimo di intensità del campo magnetico terrestre. Un altro minimo osservato circa 13 mila anni fa portò alla scomparsa di 35 generi di grandi mammiferi in Europa e soprattutto in Nord America intorno a questo intervallo di tempo, quasi in un ‘istante’ geologico. Questi due focolai di estinzione dipendono dalla diminuzione dell'ozono stratosferico durante gli episodi di bassa intensità di campo magnetico e dal ruolo della radiazione ultravioletta ben più che dall’overkill da parte dell'uomo o dal cambiamento delle condizioni climatiche”.

Nuove riflessioni sul rapporto tra esseri umani e campo magnetico terrestre.
La ricerca appena pubblicata analizza anche le relazioni tra intensità del campo magnetico ed evoluzione umana negli ultimi 200 mila anni, l’intervallo di tempo che ha visto lo sviluppo dell’Homo sapiens. “Abbiamo integrato tutti i dati fossili esistenti con le datazioni delle ramificazioni principali dell’evoluzione umana in base all’analisi del DNA mitocondriale e del Cromosoma-Y. Nonostante la scarsità dei materiali fossili e i margini di errore delle metodologie utilizzate per ricostruire l’età delle ramificazioni dei vari aplogruppi (gruppi con lo stesso profilo genetico) umani, abbiamo trovato interessanti relazioni”, conclude il ricercatore Cnr-Ismar. “La datazione a circa 190 mila anni fa dei resti fossili del più antico Sapiens conosciuto (Omo Kibish, trovato in Etiopia) e del Mithocondrial Eve, il nostro più recente antenato comune su base matriarcale, coincide con un altro momento di assenza del campo magnetico terrestre noto come Iceland Basin Excursion. L’evoluzione umana ha poi avuto vari sviluppi concentrati tra 100 e 125 mila anni fa, nell’ultimo interglaciale, che hanno fatto considerare il clima uno dei fattori che hanno guidato l’evoluzione. Anche in questo caso però registriamo un altro minimo del campo magnetico terrestre: l’evento di Blake (125-100 mila anni fa). Con il procedere delle conoscenze sulla ricostruzione del campo magnetico, del suo ruolo nel modulare i raggi UV e di quello dell’AhR rispetto agli effetti di queste radiazioni, e quando saranno disponibili più accurate datazioni di nuovi reperti fossili e miglioramenti nella filogenesi umana, si chiarirà meglio il ruolo che l’intensità del campo magnetico gioca nell’evoluzione di tutti i mammiferi e forse non solo”.

venerdì 16 novembre 2018

Dissesto ambientale, non dite che è catastrofismo. È peggio. - Luca Mercalli



È uscito per Einaudi il nuovo libro di  “Non c’è più tempo”, un viaggio per comprendere che quella climatica e ambientale è un’emergenza di cui dobbiamo preoccuparci. Tanto piú in un’epoca di riscaldamento globale che, tra alluvioni, siccità e aumento dei livelli marini, minaccia il benessere dei nostri figli e nipoti. Ne proponiamo un estratto.
Molti uomini (e poche donne) nel lungo corso della storia hanno dimostrato di essersi fumati il cervello. Alcuni di loro non hanno fatto male a nessuno, la maggior parte ha ucciso e violentato i suoi simili, incendiato città e nazioni, ma non hanno fatto danni ambientali irreversibili: chi rimaneva si leccava le ferite e la vita riprendeva. Agli antichi Egizi maniaci di sepolcri piramidali non possiamo addebitare alcuna nostra sciagura, e le guerre dei Romani se ne stanno innocue sui libri di storia.
La popolazione aumenterà da uno a 7,5 miliardi di individui, gli ordigni bellici e le centrali elettriche nucleari spargeranno radioattività “artificiale” su tutto il pianeta, la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera passerà da 300 a 400 parti per milione, un primato assoluto e inedito su almeno 800mila anni, la perdita di biodiversità segnerà l’inizio della Sesta Estinzione, una pletora di inquinanti subdoli e persistenti impesterà l’aria, l’acqua e i cibi, minacciando la nostra salute su tempi di secoli, enormi banchi di microplastiche si diffonderanno negli oceani, la cementificazione e la deforestazione cambieranno per sempre la geografia globale. È l’Antropocene, bellezza!
L’epoca geologica recentissima che segna la Terra con pustole, cicatrici e infiammazioni derivanti dall’attività forsennata di una sola specie, Homo sapiens! Ed è soprattutto il Novecento, una manciata di anni dopo la Seconda guerra mondiale, a segnare l’irreversibilità dell’erosione delle risorse terrestri, la modifica a lungo termine dei suoi cicli biogeochimici, ovvero la “grande accelerazione” verso il superamento dei “limiti planetari”. Temi fondamentali per la nostra sopravvivenza, intravisti nel 1972 da Aurelio Peccei e dai ricercatori del Mit, che pubblicarono il primo rapporto sui limiti della crescita (Limits to growth), e ripresi oggi da Johan Rockström dello Stockholm Resilience Centre. La scienza del clima e dell’ambiente non ha più dubbi: ci stiamo fumando la Terra! Se non applicheremo il fragile accordo sul clima di Parigi del 2015, la temperatura planetaria rischia di aumentare di circa 5° C entro la fine del secolo, rendendo i nostri continenti molto meno ospitali, punteggiando la nostra vita di eventi estremi sempre più frequenti e distruttivi, compromettendo la produzione alimentare e facendo salire i livelli dei mari per via della fusione dei ghiacci polari, con sommersione di molte zone costiere e conseguenti migrazioni di profughi climatici. Non dite che è catastrofismo. È peggio. È un tipo di mondo che la nostra specie non ha mai sperimentato nella sua evoluzione, e sarebbe meglio evitare. E invece chi ti arriva? Un presidente americano che nel 2017 dice che son tutte balle, e che bisogna continuare a far fumare carbone e petrolio, come prima, più di prima! Posti di lavoro, dollari, sviluppo, crescita! Se uno decide di fumarsi il cervello, libero di farlo, perché ce ne sono molti sani che possono sostituirlo. Ma se i comportamenti di cervelli in fiamme portano a fumarsi il pianeta, l’unico che abbiamo, compromettendolo per millenni e ipotecando il benessere di figli, nipoti e pronipoti, allora tocca gettare acqua sul fuoco. Sempre che non sia già evaporata…
Fonte:  ilfattoquotidiano  del 2.10.2018 e preso da comedonchisciotte del 14.11.2018