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mercoledì 1 settembre 2021

Gian Carlo Caselli - “Limitare le misure cautelari? Nelle corde dei radicali, meno del carroccio”. - Gianni Barbacetto

Gian Carlo Caselli - “Limitare le misure cautelari? Nelle corde dei radicali, meno del carroccio”.

Gian Carlo Caselli, già procuratore della Repubblica a Torino e a Palermo, prevede un effetto boomerang, a proposito dei referendum radicali e leghisti sulla giustizia: “Possibili effetti negativi per l’amministrazione della giustizia e per l’interesse generale, ma anche un boomerang per i promotori”.

Dottor Caselli, si riferisce al quesito sulla custodia cautelare?

Non solo a quello. Il quinto quesito prevede che i potenziali autori seriali di gravi reati, se questi non sono commessi con armi o con violenza, non possano più essere assoggettati a misure cautelari in base – come avviene ora – alla previsione della possibile ripetizione dei reati. Si possono riscrivere le norme sulla custodia cautelare riducendone gli spazi: è un’operazione nelle corde dei radicali, assai meno della Lega. Se passa il referendum, ci saranno casi delicati e complessi, in cui sarebbe utile se non necessario ricorrere alla custodia cautelare, che non potrà invece scattare, in forza della nuova normativa. L’opinione pubblica, la piazza, rifiuteranno questa situazione, si genererà sconcerto, ci saranno proteste sul funzionamento della giustizia, che sarà accusata di lassismo. Gli effetti, per la magistratura, già in profondissima crisi dopo lo scandalo Palamara, saranno devastanti. Ancora una volta si darà la colpa di tutto ai giudici. Un boomerang per la giustizia. Ma anche per la Lega che è tra i promotori del referendum e che ha sempre chiesto massima severità per chi compie certi reati, come lo stalking.

In difesa del referendum è intervenuta anche Giulia Bongiorno, in passato sostenitrice di misure dure per chi compie reati contro le donne.

Proprio sul Fatto, la senatrice ha sostenuto che questo referendum vuole evitare gli abusi, ma non riduce le tutele, perché “per applicare le misure cautelari sarà sufficiente che il giudice ravvisi nella condotta dello stalker elementi sintomatici di una personalità incline al compimento di atti di violenza” e il giudice dovrebbe cercare “i sintomi” di una possibile violenza futura. È una forzatura della legge che genera un cortocircuito. La prognosi astratta di futura effettiva violenza è, se non impossibile, almeno molto difficile, opinabile, sicura rampa di lancio di incertezze, discussioni interminabili e polemiche feroci.

Strana alleanza, quella tra i Radicali e la Lega?

Ognuno in politica si allea con chi vuole, ma in questo caso tra i due ci sono enormi differenze. L’area radicale comprende l’associazione “Nessuno tocchi Caino” e ha una filosofia opposta a quella della Lega incentrata sul classico “legge e ordine”. Due mondi così diversi, al punto da far temere un’alleanza strumentale: in un momento difficile per la magistratura, sull’orlo del baratro per una crisi terribile, questo per qualcuno potrebbe sembrare il momento giusto per sferrare l’attacco finale, per fare i conti definitivi con i giudici. Ma vorrei segnalare, a questo proposito, un quesito referendario ancor più pericoloso.

Quello sulla separazione delle carriere?

Sì. Si basa sull’affermazione che i giudici sono appiattiti sul pm, dunque bisogna separarli. È una prospettazione sostanzialmente falsa. In tutti i Paesi in cui la separazione c’è, la conseguenza è sempre una sola: il pm prende ordini o direttive dal potere esecutivo. Fine dell’indipendenza della magistratura, fine della speranza che la legge possa essere uguale per tutti. Così torneremmo indietro rispetto a una situazione che in molti Paesi europei viene invidiata: in un articolo di Le Monde del giugno 2020, autorevoli rappresentanti della magistratura francese indicavano di fatto la situazione italiana come traguardo da raggiungere, per liberare i magistrati d’accusa francesi dal peso di dover analizzare gli affari “sensibili” in base ai possibili interventi del potere. E noi invece in Italia vogliamo fare il contrario.

ILFQ

giovedì 1 febbraio 2018

Mafia: blitz Polizia a Palermo, 31 misure cautelari. In cella anche Benedetto Bacchi.

Bacchi © ANSA

E' uno dei maggiori imprenditori italiani nel settore dei giochi e delle scommesse il personaggio chiave dell'inchiesta della Dda di Palermo.

La Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, sta eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare a carico di 31 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, riciclaggio, auto riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla raccolta abusiva di scommesse ed alla truffa ai danni dello Stato e traffico di stupefacenti.
Nell'operazione sono coinvolti più di 200 uomini del Servizio centrale operativo e della Squadra mobile di Palermo. L'indagine è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Salvo De Luca e dai pm della Dda Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise.
E' Benedetto Bacchi, uno dei maggiori imprenditori italiani nel settore dei giochi e delle scommesse, il personaggio chiave dell'inchiesta della Dda di Palermo che oggi ha portato a 31 arresti. Bacchi è finito in cella con le accuse di concorso in associazione mafiosa e riciclaggio del denaro dei clan. Dalle indagini è emerso un vero e proprio 'contratto' tra Cosa Nostra palermitana e l'imprenditore, riuscito secondo le indagini, con l'appoggio delle famiglie mafiose, a monopolizzare il settore.
Bacchi ha realizzato una rete di agenzie di scommesse abusive - più di settecento in tutta Italia - capaci di generare guadagni quantificati in oltre un milione di euro al mese. Parte delle somme, tra i 300 e gli 800 mila euro l'anno, veniva poi distribuita tra le varie famiglie mafiose. Tra i 31 arrestati c'è anche Francesco Nania, socio occulto di Bacchi e capo della "famiglia" mafiosa di Partinico, che, grazie alla complicità di Michele De Vivo, insospettabile commercialista campano che fungeva da prestanome, era riuscito a creare un fiorente mercato di import-export di prodotti alimentari con gli Stati Uniti. 
In cella, oltre a persone legate a Cosa Nostra con ruoli di vertice, sono finiti anche insospettabili professionisti funzionali agli interessi criminali di Bacchi. Alcuni indagati rispondono anche di associazione per delinquere finalizzata alla produzione ed al traffico di stupefacenti. L'inchiesta ha in parte ricostruito la movimentazione degli enormi flussi di denaro provenienti dal gioco illecito. Nel corso del blitz sono stati sequestrati beni immobili, società e conti correnti bancari di Bacchi e di diverse persone che lo avrebbero aiutato a riciclare denaro sporco per milioni di euro.