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sabato 24 luglio 2021

Luca Bernardo, la denuncia: “Il medico candidato col centrodestra a Milano gira armato in ospedale”. Lui: “Di notte, mai in corsia. Querelo”.

 

Il consigliere regionale lombardo di + Europa - Radicali a Repubblica: "Non è un pettegolezzo: è una cosa nota nel mondo della pediatria milanese". L'interessato prima smentisce poi, interpellato dai giornalisti, cambia versione: "Se la notte rimango in ospedale, visto che sono stato minacciato, mi è capitato di portarla".

“Un candidato sindaco che va in giro armato non mi sembra un dettaglio insignificante. Aggiungerei: il candidato sindaco di una città di 1,4 milioni di abitanti. Io credo che Bernardo abbia il diritto e il dovere di chiarire”. Sono accuse pesanti quelle che Michele Usuelli neonatologo e consigliere regionale lombardo di + Europa – Radicali ha mosso a Luca Bernardo, primario di pediatria all’ospedale Fatebenefratelli ed esperto di bullismo in corsa per la poltrona di primo cittadino di Milano per il centrodestra, dalle colonne di Repubblica.

Accuse che però l’interessato respinge al mittente, minacciando querele. Anche se sulla questione ha dato due versioni diverse. “Ho il porto d’armi da 10 anni come tutti i medici”, ha dichiarato. E se in un primo momento, interpellato dall’Adnkronos ha smentito di essere “mai entrato in corsia con un’arma” e di averla “mai portata addosso”, intervenendo a margine di un evento a Milano, ha ammesso: “La pistola non l’ho mai portata in corsia in mezzo ai bambini. Sono sicuro al 100%. Se qualcuno mi ha visto vada in procura con le fotografie. Io sono entrato con l’arma in ospedale, l’ho avuta addosso, ma mai in corsia e mai quando giro o sono dentro con i pazienti. Ci mancherebbe altro. Significa che se la notte rimango in ospedale, visto che sono stato minacciato, mi è capitato di portarla, ma mai in corsia ne mai succederà. La tengo addosso, rimango nel mio studio e non visito”. L’ultima volta che ha portato la pistola in ospedale, risale a “diversi mesi fa”, ha detto. “Sinceramente non ricordo, non è la mia compagna di vita, la mia compagna di vita è mia moglie. Attualmente è in cassaforte da tanto tempo, anche perché al momento non ho necessità di portarla. L’arma è in cassaforte e lì rimane”. Il porto d’armi, ha ribadito Bernardo, “l’ho fatto perché, come alcuni altri medici, ho avuto problemi con alcuni pazienti che a volte possono essere instabili e alcuni miei colleghi sono stati uccisi da pazienti. Per fortuna io sono qui vivo, vegeto e candidato al Comune”.

A sollevare il caso è stato appunto il consigliere regionale di +Europa. “Gira con la pistola. Anche in ospedale, anche in reparto”, ha dichiarato a Repubblica. Aggiungendo che “non è un pettegolezzo: è una cosa nota nel mondo della pediatria milanese. Quando un primario entra in reparto ha addosso gli occhi di tutti”. Usuelli ha quindi chiesto spiegazioni e rassicurazioni a Bernardo, con il quale ha ricordato di aver lavorato insieme in gioventù: “È il più giovane primario che abbia mai conosciuto. Quando diventi primario così giovane i casi sono due: o sei un genio o hai costruito rapporti che ti hanno aiutato. Di Bernardo conosco pregi e limiti”. Quindi ne ha sottolineato la capacità di tessere relazioni che lo avrebbero aiutato con i finanziamenti per l’ammodernamento del suo reparto.

Ma la vicenda – soprattutto dopo che l’assessore leghista alla Sicurezza Massimo Adriatici a Voghera ha sparato e ucciso con la pistola che portava con sé in piazza Youns El Boussetaoui – ha scatenato commenti e scambio di accuse fra centrodestra e centrosinistra. Tra le prime a commentare c’è stata la deputata lombarda del Pd Lia Quartapelle: “La destra spieghi subito perché un medico che entra armato in ospedale renderebbe Milano più sicura”. Mentre il senatore di Leu Francesco Laforgia ha aggiunto: “Come potrebbe rendere ‘Milano più sicura’ un candidato sindaco, medico pediatra, che gira armato in ospedale?”. Mentre su Facebook è intervenuto l’eurodeputato dem Pierfrancesco Majorino: “Senza parole”, ha scritto. Poco dopo l’assessore milanese Paolo Limonta e Elena Lattuada di Milano unita hanno dichiarato: “E’ impensabile che un medico giri armato considerata la delicatezza del suo lavoro, tanto più in un reparto ospedaliero dove ci sono bambini”. Difende Bernardo invece il deputato Fdi Marco Osnato: “A Usuelli dico che anche lui ha bisogno del porto d’armi visto che le spara così grosse”. Così come l’assessore regionale alla sicurezza di Fdi Riccardo De Corato che parla di “diffamazione elettorale”, e l’azzurro Gianmarco Comazzi che rincara accusando Usuelli di “squallido attacco personale”.

ILFQ

Girano armati, ma non sanno che già questa situazione, nel caso gli capitasse di sparare e uccidere, costituirebbe prova a suo discapito perché insinuerebbe il sospetto di preventiva intenzionalità di uccidere?
Il porto d'armi ne legalizza il possesso, ma non che si possa andare in giro con l'arma in tasca.
Può girare armato solo chi rischia di essere vittima di furti, sequestri o ritorsioni, come nel caso degli Ufficiali giudiziari, ai parenti dei mafiosi pentiti, a chi è sotto scorta, ai tabaccai e gioiellieri, a imprenditori che, per motivi di lavoro, trasportano ingenti somme di denaro o beni di lusso.
E' da esaltati portarla ovunque si vada e denota anche una forte paura motivata dalla coscienza sporca per aver agito male in una qualsiasi situazione.
cetta.

giovedì 19 novembre 2020

Il piano Bertolaso: tutti nelle Marche, nel “suo” ospedale. - Vincenzo Bisbiglia

 

Il super “consulente volontario” all’emergenza Covid in Umbria, Guido Bertolaso, arriva a Perugia e nel giro di due settimane vara un piano straordinario dove un terzo delle nuove terapie intensive saranno previste nel “suo” ospedale di Civitanova Marche, a più di 150 km dal capoluogo umbro. Tutto ciò mentre la Usl locale comunica il depotenziamento di due ospedali in provincia di Terni. Il ricorso alla struttura “provvisoria” marchigiana, costata 18 milioni di euro e voluta in primavera proprio dall’ex capo della Protezione civile (già in carica con lo stesso ruolo di consulente nelle Marche su input dell’ex governatore Luca Ceriscioli) si sarebbe reso “necessario” anche per i continui intoppi e ritardi sulla realizzazione dell’ospedale da campo di Bastia Umbra (4,5 milioni per 12 posti di rianimazione), annunciato il 7 aprile dalla governatrice leghista Donatella Tesei e che non sarà inaugurato prima del 17 dicembre.

L’“astronave” sul mare di Civitanova è stata descritta da molti come un flop: aperto e chiuso nel giro di 10 giorni a giugno, è stato riattivato il 21 ottobre. Il problema è che se l’Umbria vorrà utilizzarlo, dovrà portarci tutto il necessario: dai macchinari al personale sanitario. “Non siamo in grado di organizzare il modulo – ha ammesso l’assessore marchigiano Filippo Saltamartini – perché dovremmo sottrarre medici, internisti e anestesisti da altri nostri reparti”.

L’arrivo di Bertolaso in Umbria è stato annunciato da Tesei il 30 ottobre e formalizzato con una delibera di giunta del 4 novembre. Del 6 novembre la comunicazione della Usl Umbria 2 ai sindaci di Narni e Amelia che il personale specialistico di anestesia e rianimazione sarebbe stato trasferito altrove: “Ma dopo le nostre animate proteste, si sta lavorando per ridefinire il provvedimento”, chiarisce il sindaco di Narni, Francesco De Rebotti. Nel frattempo Bertolaso ha varato un “piano di salvaguardia” della sanità umbra in cui, si legge, “si prevede di realizzare – tra le altre cose – ulteriori 40 posti letto in Terapia intensiva”, di cui 14, appunto, a Civitanova, con “sottoscrizione di specifico accordo quadro con la Regione Marche”.

Per la verità, Bertolaso in Umbria per ora non si è visto molto. Alle principali occasioni pubbliche ha presenziato Patrizia Arnosti, per molti una “delegata di fatto”. Arnosti è direttrice generale e socia di Promedia srl, società di engineering di Teramo – ma con sede operativa a Roma, dove Bertolaso è in pole position come candidato sindaco di centrodestra – che ha materialmente realizzato l’ospedale di Civitanova, anche grazie al contributo determinante dell’Ordine di Malta. Altro socio della Promedia è l’amministratore unico Raffaele Di Gialluca, ingegnere e fratello di Vincenzo, ex consigliere regionale di Forza Italia in Abruzzo.

In questi mesi, Pd e M5S avevano presentato due progetti alternativi, anche rispetto all’ospedale da campo di Bastia Umbra, per il recupero di strutture pubbliche. La prima si trova a 100 metri dall’ospedale di Terni ed è nota come “Ex milizia”, un vecchio centro di ricerca per le cellule staminali, di proprietà dell’Ater e pressoché inutilizzato. L’altra è a Perugia, in zona Monteluce, anche questa disponibile per essere subito riconvertita.

La prima mozione congiunta è addirittura del 22 aprile. “Togliere medici dai nostri ospedali per mandarli in altre regioni sarebbe una scelta scellerata – attacca Thomas De Luca, consigliere regionale del M5S in Umbria –. Mandare i pazienti umbri, il nostro personale sanitario e i macchinari di terapia intensiva a Civitanova Marche, più che al sistema sanitario regionale sembrerebbe essere utile a trovare un senso al criticato ‘Bertolaso Hospital’ marchigiano”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/19/il-piano-bertolaso-tutti-nelle-marche-nel-suo-ospedale/6008652/

domenica 15 novembre 2020

Va in ospedale e muore, sull'auto una sfilza di multe.

 

Sul tergicristallo di un'auto parcheggiata di fronte all'ospedale di Piacenza, due cartelli a penna. Sul primo è scritto: "Il signor Mosconi, proprietario della vettura, è ricoverato in medicina d'urgenza".

Sul secondo, completato anche da una fotografia: "Il signor Mosconi è deceduto". Accanto il biglietto del parchimetro del 14 settembre e una sfilza di multe inzuppate di pioggia e annerite dallo smog. È la storia di Giuseppe Mosconi, 68 anni, pensionato lodigiano morto il 16 ottobre all'ospedale di Piacenza, raccontata questa mattina dal quotidiano Libertà.
    Il 14 settembre l'uomo, che viveva solo, si sente male e da Fombio (Lodi) in macchina raggiunge l'ospedale di Piacenza, dove muore circa un mese dopo il ricovero. In strada resta però la sua auto, una Mercedes grigia posteggiata negli spazi a pagamento, che viene tappezzata di multe. Nonostante i due cartelli che raccontano la fine di una storia di "ordinaria solitudine". Il fratello al telefono spiega che lui e Giuseppe si erano allontanati da tempo e dice di non sapere chi possa aver messo i cartelli sulla sua macchina. "A settembre - racconta - era corso in ospedale a Piacenza da solo, aveva qualche problema di salute. I medici mi hanno chiamato, ma non ho potuto andare a visitarlo per colpa dell'emergenza Covid.
Dopo la sua morte, l'auto è rimasta nel posteggio".

https://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2020/11/14/va-in-ospedale-e-muore-sullauto-una-sfilza-di-multe_d2f85026-1f30-4bfa-b199-821fe9bcf793.html

giovedì 20 agosto 2020

Ospedale in Fiera – Altri soldi per l’ambulatorio più caro del mondo. Spesi già oltre 17 milioni. - Andrea Sparaciari

Ospedale in Fiera – Altri soldi per l’ambulatorio più caro del mondo. Spesi già oltre 17 milioni

Un poliambulatorio costato la bellezza di 17,1 milioni. È la seconda vita dell’Astronave di Guido Bertolaso alla Fiera di Milano. Travolta dalle polemiche per l’inutilizzo della struttura edificata con le donazioni di migliaia di cittadini e imprese, la Regione Lombardia ha elaborato un complicato “piano di riserva” per la cattedrale nel deserto che giace inerme al Portello. Con la nota G1.2020.0028782 del 6 agosto scorso – documento riservato che Il Fatto ha potuto visionare – la Direzione generale Welfare (cioè l’assessore Giulio Gallera) ha imposto al Policlinico di Milano di redigere un “progetto finalizzato a garantire l’erogazione di prestazioni specialistiche ambulatoriali presso il Padiglione Fiera Milano City”.
Dovranno così trovare posto almeno nove ambulatori: dalla ginecologia, alla cardiologia, dall’urologia alla dermatologia. Tutto fuorché i decantati 221 letti di terapia intensiva (che poi sono meno, visto che per completare l’ultimo padiglione da 64 postazioni servono 7 milioni di euro, chiesti dal Pirellone al governo). Letti che alla fine costeranno 109 mila euro l’uno ma saranno messi da parte fino a un’eventuale nuova emergenza.
La ratio, secondo Gallera, è offrire in Fiera le prestazioni congelate nei primi sei mesi dell’anno causa Covid, “caratterizzate – scrive – da tempi d’attesa particolarmente elevati”. Non è dato sapere perché il Policlinico, oggi operante non in condizioni di emergenza, con tutti i sanitari disponibili e le terapie intensive vuote, abbia bisogno di nuovi spazi. Di sicuro, però, per attivare il poliambulatorio serve forza lavoro, tanto che la nota del 6 agosto precisa: “Per la componente medica (…) sarà possibile chiedere l’urgente attivazione di nuovi contratti libero professionali con medici specialisti”.
La missiva non chiarisce chi si sobbarcherà i costi di adattamento di spazi nati per ospitare postazioni di terapia intensiva. Se il Policlinico con i suoi fondi, cioè soldi pubblici, oppure se verranno utilizzati i soldi avanzati dalle donazioni. Ed entrambe le ipotesi fanno sorgere dubbi: se i fondi saranno pubblici, perché investirli in una struttura destinata comunque a essere smantellata tra due anni? Se invece saranno quelli regalati dai privati, sorgerà un problema legale. Le donazioni, infatti, erano finalizzate a costruire terapie intensive. Se il Pirellone le vuole usare per gli ambulatori, dovrebbe avere il consenso di ogni donatore. E non solo di quelli che hanno versato sul conto della Fondazione Fiera (circa 21 milioni), ma anche di quelli che hanno dato oltre 25 milioni per l’ospedale sul conto della Regione.
A oggi non si sa quanto costerà il Piano B. Dal Policlinico fanno sapere che ancora una quantificazione dei costi non è stata fatta, ma che comunque dovrebbero essere limitati. Gli ambulatori dovrebbero occupare il modulo in via di completamento e dovranno essere operativi “entro la fine del prossimo mese di settembre”. Non tutti sono d’accordo su questa nuova destinazione d’uso: “Spostare le prime visite all’ospedale in Fiera è come fare il gioco delle tre carte: ho un ospedale che non sta funzionando perché Covid e sposto alcuni servizi di base all’ospedale Fiera per far vedere che funziona”, attacca il capogruppo M5s Massimo De Rosa. “Stanno cercando di mettere una pezza a un ospedale che continua a non avere senso. Ho strutture già attrezzate, il Policlinico, che oggi erogano prestazioni ambulatoriali soprattutto in regime privato, e per avere gli stessi servizi nel pubblico, devo andare in Fiera”.

venerdì 22 maggio 2020

E Bertolaso scarica Fontana&C: “Fiera, il progetto era altro”. - Andrea Sparaciari

E Bertolaso scarica Fontana&C: “Fiera, il progetto era altro”

L’ex capo della Protezione civile: “Non è il mio ospedale, ho diffidato la Regione, fuori i conti”. Poi però si pente.
“Quello in Fiera non è il mio ospedale. Sono sconcertato dall’evoluzione del progetto, a causa della mia malattia sono stato di fatto esautorato dall’operazione”. Tanto che “ho diffidato Regione Lombardia e Fondazione di Comunità, dal chiudere la struttura e a proseguire tale progetto”. Quella che avete appena letto è la incredibile conversazione avvenuta ieri mattina tra l’avvocato milanese Giuseppe La Scala e il dottor Guido Bertolaso. Cioè il superconsulente voluto da Attilio Fontana per sovrintendere alla costruzione della struttura alla Fiera di Milano. Conversazione prima confermata al Fatto dallo stesso Bertolaso con degli inequivocabili sms, e poi smentita in serata sempre da Bertolaso: “Leggo solo falsità a cui non ho nemmeno intenzione di rispondere”. All’ospedale Fiera si sarebbero dovuti ricoverare centinaia di malati Covid; un’astronave (copyright dello stesso Bertolaso) costata tra i 21 e i 26 milioni di euro, che ha ospitato non più di una ventina di pazienti e che presto sarà smantellata.
Perché Bertolaso abbia scelto proprio La Scala per il suo sfogo è presto detto: l’avvocato milanese martedì aveva annunciato di voler avviare una serie di accessi agli atti per capire come sono stati usati i 21 milioni di euro raccolti per la costruzione dell’ospedale. Lui stesso aveva donato 10 mila euro, pentendosene amaramente. Un suo tweet – “Di quei 21 milioni, 10.000 euro li ha donati il mio studio, avendo io insistito perché fossero destinati proprio lì e non ad altre iniziative anti-Covid19. Sono un pirla” – aveva fatto il giro del web, dando voce alla frustrazione dei 1.200 donatori che in piena emergenza avevano creduto alla necessità stringente di quella struttura. Così, alla notizia del prossimo smantellamento dell’ospedale inutilizzato, era entrato in azione. “Abbiamo capito tutti che c’è qualcosa che non va in quell’operazione – dice La Scala – per questo come donatori faremo una serie di accessi agli atti per vedere i conti: alla Fondazione di Comunità Milano (che ha in pancia il fondo sul quale sono affluiti i soldi dei donatori, ndr), alla Fondazione Fiera (che aveva avviato il fondo, ndr) e alla Prefettura di Milano, per capire che tipo di sorveglianza ha effettuato sugli atti delle due fondazioni. E anzi, colgo l’occasione per lanciare un appello a tutti quelli che vogliono vederci chiaro, unitevi a noi!”.
Più che comprensibile quindi lo stupore di La Scala quando mercoledì mattina ha ricevuto la telefonata di Bertolaso. E lo stupore, per l’avvocato, è solo cresciuto man mano che Bertolaso si sfogava: “Mi ha ringraziato per aver sollevato il caso – rivela ancora La Scala – mi ha inoltre autorizzato a diffondere pubblicamente la nostra conversazione”.
Bertolaso, come detto, scrive via sms al cronista: “Ho ‘sollecitato’ la Regione Lombardia a dare notizie chiare sul futuro del Covid Hospital e ovviamente richiesto alla Fiera di pubblicare tutti i rendiconti dei soldi donati, così come ho già fatto nelle Marche. Entro una settimana spero di vedere il tutto confermato”. Il riferimento è all’ospedale gemello a quello della Fiera, inaugurato sabato a Civitanova Marche, costato 12 milioni, immediatamente rendicontati. Intanto, l’iniziativa di La Scala ha smosso le acque: a giorni sarà convocato un cda straordinario di Fondazione di Comunità (che ha gestito la raccolta dei fondi) originariamente previsto per luglio. I consiglieri in quota Palazzo Marino chiederanno una data certa per avere la rendicontazione delle spese sostenute, che fino a oggi Fondazione Fiera non ha ancora fornito. Una prima decisione riguarderà l’allargamento del numero dei garanti del Fondo per “sanare” conflitti d’interessi visto che fino ad oggi a controllare le spese di Fondazione Fiera è Fondazione Fiera.

giovedì 21 maggio 2020

Coronavirus, la procura di Milano apre un fascicolo sull’ospedale in Fiera dopo un esposto.

Coronavirus, la procura di Milano apre un fascicolo sull’ospedale in Fiera dopo un esposto

Milioni di euro, tantissimo lavoro e poi l'annuncio: "Lo chiuderemo a breve". Sull'ospedale in Fiera a Milano, tirato su per allestire posti letto anche di terapia intensiva per malati Covid 19, la polemica è accesa da giorni. Ma ora potrebbe esserci anche una svolta giudiziaria.
Milioni di euro, tantissimo lavoro e poi l’annuncio: “Lo chiuderemo a breve”. Sull’ospedale in Fiera a Milano, tirato su per allestire posti letto anche di terapia intensiva per malati Covid 19, la polemica è accesa da giorni. Ma ora potrebbe esserci anche una svolta giudiziaria. Dopo l’esposto dell’Adl Cobas Lombardia, che aveva già sollevato il caso delle mascherine mutande, la Procura di Milano, come atto dovuto, ha aperto un fascicolo conoscitivo, senza ipotesi di reato né indagati al momento, sulla realizzazione dell’ospedale che, nel pieno dell’emergenza, aveva suscitato entusiasmo e grandi aspettative.
Nella denuncia, firmata dal portavoce del sindacato che tutela i diritti del personale sanitario, Riccardo Germani, si segnala che l’operazione della costruzione della struttura modulare in fiera, “presenta delle criticità già dal giorno successivo alla decisione di pubblicizzazione da parte di Regione Lombardia della ‘Fondazione Fiera Milano per la lotta al Coronavirus'”. Criticità relative anche “alle cospicue donazioni arrivate da parte dei privati (…) per un totale di 21 milioni di euro” a questa Fondazione. Di quei 21 milioni 10 sono stati donati da Silvio Berlusconi che aveva ottenuto anche il plauso dell’ex alleato di governo, Matteo Renzi. Soprannominato “astronave” da Guido Bertolaso, consulente speciale incaricato per l’operazione dal presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, l’ospedale avrebbe ospitato 25 pazienti.
Le donazioni da parte di 1560 privati, tra cui l’ex premier, è attraverso il Fondo Fondazione Fiera per la Lotta al Corona Virus (costituito nell’ambito della Fondazione di Comunità Milano Città, Sud Ovest, Sud Est e Adda Martesana Onlus, ndr). Nonostante sia stato costruito con i fondi privati, a detta del sindacato che ha sempre sostenuto la possibilità di utilizzare una parte dei padiglioni dismessi e “con gli impianti funzionanti” dell’ospedale di Legnano, si è rivelato “uno spreco di risorse”. E questo in quanto “proprio nel momento di maggiore criticità, tali fondi sarebbero potuti essere impiegati diversamente ad esempio facendo i tamponi ai medici, ai pazienti e al personale delle Rsa, investendo sulle strutture per la quarantena dei pazienti positivi ma non guariti per evitare focolai domestici,- prosegue l’atto – creando squadre di medici per intervenire ai primi sintomi a domicilio per evitare l’ospedalizzazione”. “Da una semplicistica valutazione matematica – è scritto sempre nell’esposto – si può in via empirica affermare che per ogni paziente ricoverato nell’Astronave (sembra non sia mai stato superato il numero di 25 unità) sia costato la modica cifra di 840.000 euro per ogni singolo” degente.
Secondo la denuncia, nella costituzione dell’ospedale anti Covid, 200 posti letto tutti predisposti per essere di terapia intensiva, “ha prevalso la necessità propagandistica (…) sul bene rappresentato dalla salute pubblica”. A tal proposito nell’atto si sottolinea come “in quei giorni” l’assessore al Welfare Giulio Gallera “con centinaia di morti e medici allo stremo, lanciava la sua candidatura a sindaco di Milano”. Nell’esposto-denuncia il sindacato si è avvalso anche del parere di Giuseppe Bruschi, primario della divisione di Cardiochirurgia del Niguarda che aveva sostenuto che “una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’ospedale”, in quanto i pazienti lì ricoverati hanno bisogno “della continua valutazione integrata di diverse figure professionali”. Il progetto iniziale che prevedeva 400 posti letto di terapia intensiva suddivisi in più moduli, è stato rivisitato man mano che procedevano i lavori per la necessità anche di creare gli ambienti per le tac, uno per le rx, un ufficio amministrativo e servizi essenziali, come gli spogliatoi, le docce e altro.
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giovedì 2 aprile 2020

Miracolo a Milano. - Marco Travaglio

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A scanso di equivoci e a prova di cretini (che il coronavirus sta preoccupantemente moltiplicando), noi siamo strafelici per il nuovo ospedale inaugurato alla Fiera di Milano. Come saranno strafelici i malati di coronavirus che fra cinque giorni, quando la struttura aprirà, vi troveranno finalmente un posto letto di terapia intensiva, fra le migliaia di lombardi che attendono invano da giorni o da settimane un ricovero o anche solo un tampone, sempreché siano nel frattempo sopravvissuti.
Il numero dei fortunati vincitori è ancora incerto, ma non appare comunque esaltante: il prode assessore Gallera garantisce “tra i 12 e i 24 posti”. Cifra piuttosto misera da qualunque parte la si guardi. Misera in termini assoluti: i posti di terapia intensiva della sola Lombardia sono passati in un mese di emergenza da 700 a 1600: dunque l’ospedalino in Fiera aggiunge appena uno 0,7-1,4%. Misera in rapporto all’enfasi da Minculpop dei media forzaleghisti, roba da battaglia del grano, da bonifica delle paludi pontine e da conquista di Addis Abeba.
Libero: “La resa del Conte. Il Nord combatte il virus per conto proprio. Lombardia e Veneto in rivolta. Fontana si fa l’ospedale da solo”.
Il Giornale: “Miracolo a Milano: finito il superospedale”, “Abbiamo creato un modello per tutto il Paese” (editoriale di una firma super partes: Bertolaso), “L’ospedale simbolo della riscossa dove chi si ammala ritroverà il respinto”, “Un hub post-emergenza”.
La Verità: “Milano e Bertolaso fanno il miracolo: ‘La più grande rianimazione d’Italia’”.
Misera, soprattutto, rispetto al budget (50 milioni e rotti) e agli annunci. Il 12 marzo il geniale “governatore” Attilio Fontana parlava di “un ospedale da campo modello Wuhan da 600 posti letto di terapia intensiva in una settimana”. Il 13 era già sceso a “500 letti”, ma accusava la Protezione civile di “non voler fornire quanto promesso” e s’impegnava a “fare da soli con fornitori internazionali”. Il 16 ingaggiava per la bisogna Guido Bertolaso che – assicurava il garrulo Gallera – “ha una fama internazionale e un nome che ha un peso sulla scena mondiale e può avere accesso a rapporti con aziende e governi”.
Intanto Fontana, quello che faceva da solo, tornava a piatire dalla Protezione civile. Il 17 B., dal confino in Costa Azzurra, donava 10 milioni e San Guido, ringraziandolo per il “gesto d’amore”, diceva che la somma bastava per il “reparto da 400 posti di terapia intensiva in Fiera”. I posti scendevano e i fondi crescevano (10 milioni da Caprotti, 10 da Moncler, 10 da Del Vecchio, 2,5 da Giornale e Libero, 1,5 dell’Enel e molte donazioni private anonime) e i respiratori arrivavano.
Ma non grazie a Bertolaso, bensì alla famigerata Protezione civile (“ce ne mandano 200”, trillò il loquace Gallera) e all’orrido commissario Arcuri (“ci ha assicurato materiali”, ammise l’acuto Fontana). Il 29 marzo Salvini twittò giulivo: “Promessa mantenuta, miracolo realizzato: 53 posti letto che possono arrivare a 241”, come se 600 o 500 fosse uguale a 241 o a 53. Ma era ancora ottimista, perché anche i 53 restano un sogno: il dg del Policlinico, Ezio Belleri, ricevendo in dono cotanto prodigio, precisa che i 53 si vedranno forse “alla fine della prima fase dei lavori”, mentre al momento siamo fra i 12 e i 24. Che il sagace Fontana, facendo buon peso, porta a “28 posti”.
Non proprio la “terapia intensiva più grande d’Italia” strombazzata all’inaugurazione dell’altroieri dal governatore mascherato. A proposito: che diavolo hanno inaugurato l’altroieri, visto che il grosso del presunto ospedale è ancora un cantiere e i letti “pronti subito” (cioè fra cinque giorni) sono tra un ventesimo e un decimo della metà di quelli annunciati?
Nello stesso lasso di tempo (14 giorni) le donazioni private di Fedez, Ferragni &C. han consentito di ampliare di 13 posti la rianimazione del San Raffaele senza tanto clamore. Ancor meglio ha fatto il Sant’Orsola di Bologna, che in soli 6 giorni ha creato un nuovo padiglione di terapia intensiva da 30 posti senza rompere i maroni a nessuno né consultarsi con Fontana&Bertolaso.
A Bergamo, in meno di due settimane, gli alpini con l’aiuto di russi, cinesi e cubani han tirato su un ospedale da campo da 140 posti, fra terapia intensiva e subintensiva, che è il decuplo del miracolo a Milano (quindi, col metro di Fontana&C., dev’essere il più grande della galassia). E l’han fatto in silenzio, senza grancasse, trichetracche e cotillon.
E senza cerimonia di inaugurazione, cioè senza quell’immondo e contagioso assembramento di assessori, politici, giornalisti, cineoperatori, fotografi, saprofiti, umarell e professionisti del buffet accalcati l’uno sull’altro visto alla Fiera di Milano: roba che, se fosse avvenuta per strada, li avrebbero arrestati tutti in blocco per epidemia colposa o forse dolosa.
Subito dopo, Attilio The Fox s’è scagliato contro la ministra Lamorgese, pericolosamente competente e rea di aver precisato che i bambini hanno diritto al passeggio almeno quanto i cani.
Quindi noi restiamo strafelici se a Milano c’è un nuovo ospedale, sia pure da 12/24 posti che si riempiranno in tre secondi. Ma, con 50 milioni di donazioni, si poteva fare qualcosina in più (o è normale che ogni posto letto costi 4 o 2 milioni?). Avremmo preferito se chi ha inaugurato il Berto-Hospital non ne avesse chiusi a decine nell’èra Formigoni e ne avesse aperto qualcuno coi miliardi regalati alle cliniche private.
E ora preferiremmo che la giunta lombarda si assumesse le proprie responsabilità, anziché tentare goffamente di nascondere dietro le parate e le trombette il record mondiale di morti della Lombardia e la Caporetto della sua “sanità modello”. Gli ospedali, anche di un solo posto letto, sono utilissimi.
Purché i mercanti in Fiera non li trasformino in baracconate elettorali.
FQ 2 aprile

mercoledì 1 aprile 2020

Fiera di Milano: l’ospedale della Regione Lombardia ha 24 letti. - Alessandro D'Amato


fiera di milano wuhan

Gallera dice che nell'ospedale costruito alla Fiera di Milano nell'immediato "apriranno tra i 12 e i 24 posti". In conferenza stampa ne annunciano 53. L'opera è costata 21 milioni e verrà smontata alla fine dell'emergenza. Ma le promesse non erano altre?


Alla Fiera di Milano si doveva aprire un ospedale da 600 posti in sei giorni il 12 marzo scorso. Cinquecento posti in terapia intensiva in meno di una settimana, annunciava l’assessore Giulio Gallera. Di più: ai 500 posti di terapia intensiva si aggiunge il recupero «anche nei sottoscala – proseguiva il responsabile del Welfare – di altri 200 letti» in modo da arrivare alla massima “capacità” di copertura assistenziale.

Fiera di Milano: l’ospedale della Regione Lombardia ha 24 letti.

Oggi l’assessore Gallera e il presidente Attilio Fontana hanno presentato l’ospedale. Di giorni ne sono passati 19, ma non è certo questo il problema. Il problema è che le cifre annunciate sono completamente sballate rispetto a quello che i responsabili del Pirellone hanno detto oggi: “apriranno tra i 12 e i 24 posti”, ha detto l’assessore. “Potenzialmente saranno 350 posti, abbiamo acquistato ventilatori per quel numero. Inizieremo ad aprire i primi moduli anche perché c’è il tema della formazione del personale”, ha concluso facendo quindi capire che ci vorrà tempo affinché sia pienamente operativo. All’Ospedale Fiera di Milano, una volta a regime, ci saranno 200 posti di terapia intensiva e altrettanti medici anestesisti, che dovrebbero arrivare a 220, con circa 500 infermieri, secondo quanto emerge dalla conferenza stampa per l’inaugurazione della struttura a Milano. “Credo sia la terapia intensiva più grande d’Italia”, afferma il presidente della Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali.


Guido Bertolaso, tornato in Italia per seguire il progetto ma che nei giorni scorsi è stato ricoverato per Coronavirus, ha scritto nel messaggio, letto da un suo delegato, che quello a Fiera Milano non è un “un ospedale da campo, non è un lazzaretto”, ma una struttura specialistica che mette al centro “la figura del paziente” grave colpito da COVID-19. Un ospedale realizzato, ha aggiunto, “in tempi inconsueti e insperati”. E la scelta di Fontana di farlo “ha assunto un carattere esemplare”. E ancora: “al grido di aiuto dell’Italia si risponde, anche se con rischi a cui sapevo che avrei potuto andare incontro”. Pazzali ha spiegato che i primi ad aprire saranno 8 reparti, con 53 letti per la terapia intensiva, poi in una seconda fase verrà aperto il padiglione sottostante con 104 letti e in una terza il padiglione 2 con altri 48 posti per un totale di 200 posti letto.


Una struttura da 21 milioni di euro che non vedono l’ora di smontare.

Sono stati oltre 1200 i donatori che hanno contribuito alla costruzione dell’ospedale in Fiera Milano, ha spiegato il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali, ringraziando “la signora che ha dato 100 euro e chi ha dato 10 milioni” (ovvero Silvio Berlusconi). È grazie a loro che “abbiamo raccolto 21 milioni di euro” con cui è stato realizzata la struttura mostrata oggi alla stampa e in diretta video su facebook.  Ma Pezzali ha anche detto che l’ospedale verrà smontato:  “Questa struttura rimarrà finché sarà necessario che sia una diga o un faro della speranza, non so quando finirà ma non vedo l’ora di smontarla, abbiamo già predisposto con il Policlinico lo smontaggio e lo stoccaggio in magazzino per riutilizzare i materiali, la speranza è smontare domani mattina ma è un’ illusione”.
ospedale fiera milano 24 posti
E allora la domanda sorge spontanea: posto che bisogna ringraziare chi si è dedicato al progetto, ma le premesse (e le promesse) non erano diverse?

martedì 17 marzo 2020

‘Perché costruire un ospedale in Fiera se c’è già l’ex nosocomio di Legnano con 2 padiglioni attrezzati?’. La denuncia di un sindacalista. - Andrea Sparaciari


Attilio Fontana (a sinistra) e Giulio Gallera (a destra) alla conferenza di presentazione del nuovo centro di soccorso per il coronavirus a Fiera Milano City. Imagoeconomica.

«I posti letti per ricoverare i pazienti COVID-19 ci sono già in Lombardia, basta attivarli». È la pesante denuncia di Riccardo Germani, portavoce di ADL Cobas Lombardia, nonché lavoratore dell’Ospedale di Legnano.
Secondo Germani, infatti, mentre il Pirellone in pompa magna ha annunciato di aver affidato al neo-commissario Guido Bertolaso la realizzazione di un ospedale da 500 posti presso i padiglioni della ex Fiera di Milanoa una decina di chilometri da quei padiglioni esiste «una struttura che ha tutte le potenzialità per accogliere velocemente nuovi pazienti». È l’ex Ospedale Civile di Legnano, nosocomio attivo fino a 9 anni fa, tutt’ora dotato del «vecchio monoblocco e di ben due padiglioni realizzati e predisposti 10 anni fa, con tutte le attrezzature».
Secondo Germani, la struttura che è sostanzialmente integra, è dotata di «camere già attrezzate con predisposizione di ossigeno, una rianimazione, reparti di terapia intensiva, reparti che oggi sono chiusi. Mentre è aperto e funzionante in una struttura nuovissima un prezioso laboratorio di analisi. A nostro avviso sarebbe una soluzione immediata se si rendesse operativa questa struttura con l’investimento di meno risorse economiche che potrebbero, invece, essere utilizzate per materiali, dispositivi e per assumere il personale sanitario necessario per gestire più di 500 posti letto, i quali si renderebbero disponibili senza alcuno spreco di risorse e di tempo».

Ironia della sorte, l’ultimo padiglione costruito nel vecchio ospedale di Legnano era stato proprio il reparto specializzato in malattie infettive, terminato nel 2002, una costruzione iniziata ben 10 anni prima. Reparto che aveva funzionato solo per pochi anni, visto che poi Regione Lombardia – erano i tempi del saccheggio alla Sanità del presidente Roberto Formigoni – aveva deciso di costruirne un altro, a pochi chilometri di distanza. Con una spesa complessiva sui 150 milioni. «Un’operazione in project financing, dove i privati guadagnano, grazie all’affitto pagato dal Pirellone», spiega Germani a Business Insider Italia, «Quello fu un vero saccheggio della sanità pubblica, si figuri che ancora oggi le casse pubbliche stanno pagano i mutui delle ultime costruzioni nel vecchio ospedale», aggiunge amaro. 
«È lodevole ogni iniziativa per trovare nuovi posti letto», commenta l’on. Riccardo Olgiati (M5s) «tuttavia, prima di costruirne una ex novo da 500 posti, forse sarebbe stato meglio vedere se si potevano riconvertire quelle già esistenti ed attrezzate. E a me risulta che mai alcun sopralluogo sia stato fatto a Legnano». Non solo, Olgiati aveva anche interessato della questione il Direttore Generale della ASST Milano Ovest, Fulvio Adinolfi, il quale aveva però risposto che «la strada era stata valutata, ma poi abbandonata per una questione di tempi e di risorse».
Una risposta che per Olgiati suona quasi come una beffa «considerando tutti i soldi che per fortuna stanno arrivando dalle donazioni». Per l’on. M5s, insomma, sarebbe stato molto meglio ristrutturare che impiegare tempo e risorse per approntare un punto sanitario in padiglioni destinati ad ospitare la Fiera del Ciclo e Motociclo…
confutare però la tesi dell’utilizzabilità della struttura, il consigliere regionale di +Europa, Michele Usuelli, che è anche un medico, il quale nel pomeriggio riferisce sulla sua pagina Facebook che secondo il capo ufficio tecnico dell’ospedale in questione la riconversione sarebbe infattibile. E aggiunge: «Continuo a chiedere che sia chiara e trasparente la strategia con cui si sta pensando ai 500 posti in fiera, che mi pare terribilmente difficile realizzare ed utile solo a certe condizioni. O, meno miracolisticamente, continuiamo ad usare le sale operatorie chiuse, già armate di anestesisti ed infermieri. Lì dentro ci sono i letti di risveglio, che sono letti di terapia intensiva con tutti gli allacciamenti. Sono stati già usati tutti?».
E, proprio mentre scoppiava la polemica sull’inutilizzo di Legnano, il presidente Attilio Fontana, l’assessore Giulio Gallera e il presidente di Fondazione Fiera, Pazzali presentavano il cantiere del futuro ospedale alla stampa.
«Il centro di terapia intensiva alla Fiera di Milano sarà pronto in 10 giorni», aveva detto Gallera lunedì 16 marzo ad alta voce, aggiungendo (ma a voce un po’ più bassa) che quei dieci giorni sarebbero partiti solo  «da quando riusciremo a recuperare i respiratori, che sono l’elemento più importante, e il personale». Cioè ad oggi si sta lavorando, ma non si sa quando si potrà essere operativi. Del resto, l’assessore è ben conscio che la Protezione Civile nei giorni precedenti aveva chiaramente specificato di non essere in grado di fornire il materiale sanitario richiesto e che avrebbe preferito che Regione Lombardia puntasse sul rafforzamento di strutture già esistenti (come Legnano, per esempio). 
Tuttavia il Pirellone ha scelto di continuare sulla sua strada. Si tratta di una scelta politica, un modo per ribadire la propria autonomia da Roma, per marcare le distanze dal governo. Un progetto che poggia su due pilastri: dipingere Bertolaso come “l’eroe padano” («Guido Bertolaso ha gestito emergenze in tutto il mondo, contiamo che lui possa avere i canali (per ottenere i respiratori, ndr)», ha dichiarato Gallera) e dall’altro, far vedere quanto sono bravi i nuovi vertici di Fondazione Fiera. Quegli stessi vertici nominati da Matteo Salvini quando era al governo, compresa la ex compagna del Capitano, Giulia Martinelli, già capa della segreteria di Fontana e ora vice-presidente della Fondazione, come raccontato da Business Insider Italia.
Una strategia condivisa da tutta l’opposizione: non è affatto un caso infatti che martedì 17 marzo Silvio Berlusconi dal suo prudenziale esilio da Nizza ha fatto sapere di aver staccato un assegno da 10 milioni di euro, proprio «la somma necessaria per la realizzazione del reparto di 400 posti di terapia intensiva alla Fiera di Milano», ha twittato un giubilante Bertolaso. Che non ha nascosto la sua gratitudine nei confronti del vecchio protettore: «Grazie Presidente per questo gesto d’amore per la sua città e per il suo Paese», ha infatti aggiunto subito dopo l’annuncio.

domenica 4 ottobre 2015

Afghanistan: bombe Usa su ospedale Kunduz. Per Msf almeno 20 morti. Pentagono: "Indagine insieme a Kabul".

© EPA


Il bombardamento sull'ospedale afghano sarebbe stato lanciato per errore.


Médecins sans Frontières (Msf) si è ritirata da Kunduz, la città afghana dove ieri l'ospedale è stato distrutto da un raid aereo, condotto dagli Usa secondo Msf, con almeno 19 morti e decine tra feriti e dispersi. Kate Stegeman, portavoce di Msf, ha precisato che parte del personale sta lavorando in altre strutture della città.
ll presidente Usa, Barack Obama, esprime cordoglio per i medici e i civili rimasti uccisi nel "tragico incidente" all'ospedale Msf a Kunduz, ma precisa di voler aspettare i risultati dell'inchiesta del Pentagono "prima di esprimere qualsiasi giudizio". E' quanto si legge in una nota della Casa Bianca.
"Il ministero della Difesa ha lanciato un'inchiesta completa e aspetteremo i risultati prima di dare un giudizio definitivo sulle circostanze di questa tragedia", ha detto Obama. "Ho chiesto al dipartimento di tenermi al corrente delle indagini e mi aspetto un resoconto completo dei fatti e delle circostanze. Michelle e io preghiamo per tutti i civili colpiti da questo incidente, le loro famiglie e le persone care", prosegue il presidente. Obama ha quindi ribadito che "continueremo a lavorare a stretto contatto con il presidente Ghani, il governo afgano e i nostri partner internazionali per sostenere le forze di difesa nazionale afghane che lavorano per garantire la sicurezza al loro Paese".
Bombe americane colpiscono l'ospedale di Medici senza Frontiere (Msf) a Kunduz, in Afghanistan, città sotto il controllo dei talebani e da giorni teatro di scontri con le forze di sicurezza governative: almeno 20 morti il bilancio provvisorio, secondo quanto detto al Guardian online fonti di Msf. I feriti sono numerosi e il bilancio è destinato a salire. Il bombardamento è proseguito per mezz'ora dalla segnalazione alle forze armate Usa e afgane, denuncia Msf su Twitter, aggiungendo che "tutte le parti in conflitto, incluse Kabul e Washington, conoscevano le coordinate delle nostre strutture già da mesi".
Le forze americane, tramite il portavoce delle forze Usa in Afghanistan, colonnello Brian Tribus, hanno detto che l'operazione "potrebbe avere causato danni collaterali ad una struttura medica della città". "Indaghiamo sull'incidente", ha aggiunto. "Le forze Usa hanno condotto un raid aereo sulla città di Kunduz alle 2,15 locali, contro individui che minacciavano le forze".
Mentre Kabul sostiene che nell'ospedale "si nascondevano 10-15 terroristi", tutti "uccisi, ma fra le vittime ci sono stati anche dottori". Circa 80 membri dello staff dell'ospedale, fra cui 15 stranieri, sono stati portati in salvo.
Pentagono, indagine completa insieme a Kabul - "Stiamo cercando di determinare cosa sia successo esattamente e voglio esprimere il mio cordoglio alle persone colpite". Così, il segretario alla Difesa Usa, Ash Carter, dopo i raid aerei Usa che hanno colpito l'ospedale Msf a Kunduz, in Afghanistan, provocando almeno 20 morti. "Un'indagine completa sui tragici fatti è in corso in coordinamento con il governo afghano", ha aggiunto.
Ue deplora morti - "Sono profondamente scioccato nell'apprendere della morte di almeno nove membri dello staff di Msf nel bombardamento" di un ospedale a Kunduz. Così il Commissario Ue per l'Aiuto umanitario e la gestione delle crisi Christos Stylianides in una nota con cui la Commissione Ue "deplora le morti", porgendo "sincere condoglianze".
I talebani hanno condannato "il selvaggio attacco" in cui sono stati "martirizzati decine di medici, infermiere e pazienti". 
    L'Emirato islamico dell'Afghanistan, sostiene il portavoce Zabihullah Mujahid, "condanna questo crimine americano". Questo gesto, si dice ancora, mostra agli afghani e al mondo "la natura spietata ed ipocrita degli invasori e dei loro mercenari".
Emergency esprime la "sua solidarietà a Medici senza Frontiere e condanna fermamente l'attacco. "Bombardare un ospedale dove si curano i feriti è un atto di violenza inaccettabile. Un ospedale è un luogo di cura che come tale va tutelato e ciò è possibile solo se gli ospedali vengono rispettati da tutte le parti in conflitto, come previsto dalle convenzioni di Ginevra".

Oggi pomeriggio Msf trasferirà alcuni feriti all'ospedale di Emergency a Kabul. Emergency resta a disposizione di Msf e della popolazione di Kunduz per curare gli altri feriti che potranno essere evacuati dalla città. Emergency, che in Afghanistan gestisce 3 ospedali, 1 centri di Maternità e 45 posti di primo soccorso, è molto preoccupata dal costante peggioramento delle condizioni di sicurezza: nel Paese si combatte in 25 province su 34 e il numero dei feriti e delle vittime civili cresce di mese in mese. La "violenza e l'instabilità in cui sta precipitando l'Afghanistan rende sempre più difficile garantire l'attività degli operatori umanitari e tutto questo rischia di tradursi in un ulteriore danno a discapito della popolazione afgana", conclude la nota.

lunedì 2 marzo 2015

Troppi farmaci, sempre più anziani ritornano in ospedale.



Spesso a causa di troppi farmaci, sempre più anziani ritornano in ospedale entro tre mesi dal primo ricovero: a lanciare l’allarme sono i medici italiani.
I dati raccolti nel registro Reposi (Registro poli terapie Simi) della Società italiana di medicina interna, istituto Mario Negri e Politecnico di Milano lanciano l’allarme sui degenti anziani: sei pazienti su dieci sono esposti al rischio di interazioni e reazioni pericolose per la salute a causa di prescrizioni inappropriate ed eccessive.

Secondo i risultati registrati dall’istituto Mario Negri, in Italia è sempre più rilevante il cosiddetto “effetto porte girevoli”, che spinge una volta su cinque l’anziano a rientrare in ospedale entro tre mesi dal primo ricovero a causa di un eccesso di farmaci (in generale tornano in ospedale 10 su 100).

Solitamente, la metà degli over 65 prende abitualmente oltre cinque farmaci, ma dopo un ricovero ospedaliero il numero di medicine da assumere aumenta ancora di più e la maggior parte degli anziani si trova a dovere gestire sei tipi di medicinali da prendere ogni giorno. Un eccesso di assunzioni, che spesso riporta l’ammalato in ospedale a causa di un’overdose di medicinali.

Talvolta, le prescrizioni non sono necessarie, e anzi nocive:dopo le dimissioni al 24% degli anziani viene prescritto un antidepressivo (utili i videogames) senza che vi siano segni di un disturbo dell'umore, mentre al 63% viene prescritto un gastro protettore indipendentemente dalle necessità.

Il registro Reposi include al momento 5mila anziani (ma 2milioni di pensionati rinunciano a curarsi) che sono stati ricoverati in 95 centri internistici e geriatrici in tutta Italia. “I nostri dati confermano la grande prevalenza di malattie croniche, che riguardano il 38% degli over 65 e arrivano al 64%fra gli over 85 - spiega Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico di Milano - Alcuni farmaci, ad esempio,aggravano una delle malattie già esistenti e spesso la comparsa di complicazioni o nuovi sintomi viene interpretata come lo sviluppo di nuove malattie. E questo innesca nuove prescrizioni. Bisogna lavorare per capire come tagliare i medicinali inutili e inappropriati”.