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sabato 8 aprile 2023

Sistema Sanitario - Giuseppe Conte

 

“La fine del Sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico porterà a un disastro sociale ed economico senza precedenti. Ma temo che nessuno se ne renda conto”. Nella Giornata mondiale della Salute è doveroso prendere in forte considerazione l'allarme lanciato nelle scorse settimane da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
Mentre il Governo continua a puntare sull’aumento delle spese militari, battendosi perché siano scorporate dai vincoli di bilancio, i problemi quotidiani che i cittadini vivono sulla propria pelle rimangono sullo sfondo, privi di risposta.
Nella sanità la situazione sta diventando drammatica.
Le liste di attesa aumentano, i pronto-soccorso scoppiano, mentre medici specialisti e infermieri scarseggiano. Le stime dei sindacati di settore calcolano una carenza di oltre 60.000 infermieri nell’organico del nostro sistema sanitario nazionale, mentre le dimissioni dei medici dalle strutture pubbliche nel biennio 2020-2021 sono state circa 7 al giorno, e sono in costante aumento. Chi può si rifugia nelle strutture private, di qui la crescita della spesa sanitaria privata, che ha superato il 25% di quella complessiva, per un importo di 623 euro a persona. Con il risultato che si acuiscono le diseguaglianze già esistenti: si oscilla da un massimo 849 euro pro-capite a un minimo di 335 euro, con un’ovvia sperequazione tra le regioni del Nord e le regioni del Sud.
Il Governo in carica non fa nulla per invertire questa deriva che sta portando ad abbassare il livello delle prestazioni e ad aumentare i tempi delle liste di attesa. In base ai documenti di bilancio il Governo ha programmato una spesa sanitaria per il 2025 del 6,1% del Pil, mentre nel 2019 era del 6,4%. Molte Regioni hanno già denunciato che saranno costrette a tagliare i servizi sanitari e ad alzare i tributi locali.
Quando ragioniamo dei principi e dei valori a cui deve ispirarsi la nostra democrazia consideriamo anche questo: per la nostra Costituzione la guerra è un male che va ripudiato, la salute è l’unico diritto esplicitamente qualificato come fondamentale. Incrementare le spese militari e tagliare i servizi sanitari significa operare un completo ribaltamento dei nostri principi costituzionali.

mercoledì 9 febbraio 2022

Giuseppe Conte è leggenda!

 

E ci credo che tutti ce l'hanno a morte con Giuseppe Conte.

Questo arriva dal nulla scelto dal partito di reietti più odiati nella storia dello stivale. Manco fossero stati portatori sani di ebola.
Contro tutte le previsioni e una legge elettorale antigrillismo confezionata ad hoc, i moralizzatori vincono pure le elezioni del 2018.

Forze politiche e intellettuali sotto shock non si capacitavano della rovina: in due mandati di governo l'incapace avvocato di Voltura Appula, tal Giuseppe Conte osa imporre il Rdc, umiliare Salvini, ignorare Berlusconi, snobbare De Benedetti, defenestrare i Benetton da Autostrade suscitando scandalo, far ricostruire il ponte Morandi nel rispetto di tempi e finanziamenti, riformare la giustizia e abolire la prescrizione, affrontare una pandemia, decidere per il lockdown, fronteggiare virus morti e resuscitati,, guadagnare 209 miliardi, far tagliare i parlamentari, coordinare la riapertura delle scuole e approntare un PNRR.

Tutto questo pur avendo stampa, confindustria e partiti Contro.

Per liberarsi dalla piaga della politica trasparente, si organizza l'ascesa di Draghi, e inizia la saga del governo migliore.
Tutti tranquillizzati tirano un sospiro di sollievo. Conte decideva di tornare a insegnare all'università e manco andava bene lo stesso, piovevano critiche pure sulle lezioni...
Quindi arriva Grillo e la saga si ramifica: dopo varie vicissitudini Conte diventa presidente 5 Stelle e tutto ricomincia daccapo. Qualsiasi cosa facesse l'avvocato, era sempre sbagliata.
Quindi tra bugie e insulti, sempre rivolti allo stesso bersaglio pentastellato, si è andati avanti fino alle presidenziali dove Conte ha fatto sbroccare tutti.
Infatti ha ventilato una candidata donna sgradita niente poco di meno che alla Sx!

Salvini e Meloni, che come sapete non stimo, sarebbero pure stati d'accordo ad eleggere la direttrice del DIS. Ma la Sx liberale e Berlusconi, pachidermi conservatori, restauratori e mummificatori volevano il primato, cioè tutti i difetti normalmente attribuiti alla Dx di fasciosovranisti che invece per una volta l'avevano azzeccata.

Non sia mai! Sarebbe stata di certo una sventura la donna alla presidenza della Repubblica, avrebbe moltiplicato il consenso di Conte e riabilitato Salvini e Meloni.
Perciò, per demolire Conte, Lega e Fdi si brucia la Belloni, e addirittura resuscita la teoria del revival gialloverde.
Dopo aver schivato Belloni colpo di scena: provvedimento cautelare per disarcionare Conte.

Quello invece si reca dalla Gruber per dire
che tra pochi giorni un bagno di Democrazia ristabilirà l'equilibrio nel Movimento.
Che dire ragazzi, sembra proprio che Giuseppe Conte sia immortale.

E allora godiamoci
sta cazzo di serie politica che Netflix ci spiccia casa!

Gioacchino Musumeci L'opinione Contro 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=2030025157179241&set=a.397017047146735

domenica 29 novembre 2020

Longo, prima grana: 8 mln di fatture sparite a Cosenza. - Stefano Vergine

 

L’azienda sanitaria - Ha 361 milioni di euro di debiti, trasformati in parte in bond. Ma non si trovano più le ricevute delle operazioni.

A Cosenza l’ultima richiesta è arrivata lo scorso agosto: versare 8,3 milioni di euro. Sull’unghia, altrimenti si va in tribunale. È su questa nuova bomba su cui si è appena seduto Guido Longo, neo commissario alla sanità calabrese. L’intimazione di pagamento spedita alla Azienda sanitaria locale (in Calabria si chiamano Asp) è firmata da una società di Milano: la Tocai Spv Srl. I proprietari ultimi della Tocai non sono noti, l’impresa è controllata da un trust, il Rubino Finance, che gestisce una serie di altre aziende attive nello stesso business: debiti della sanità, in particolare sanità calabrese, la più disastrata d’Italia. Circa 11 anni di commissariamento e un buco in bilancio che si allarga di anno in anno.

La Corte dei Conti dice che la sanità pubblica della regione ogni anno perde 105 milioni di euro, e il buco si aggiunge ai debiti accumulati. Solo quelli con i fornitori privati valgono 1,1 miliardi di euro (dati 2019). Tra questi, ci sono quelli di società come la Tocai Spv. Le Spv (Special purposevehicles) sono società-veicolo, fanno cartolarizzazioni. Negli ultimi anni, molte si sono buttate su questa nuova nicchia di mercato. Fanno affari rivendendo crediti di aziende private nei confronti delle Asl italiane.

Funziona così. Molte aziende private convenzionate con il sistema sanitario nazionale, come le cliniche e le Rsa, dovrebbero essere pagate per le prestazioni effettuate in convenzione dalla propria Asl di riferimento, ma invece di aspettare il pagamento (solitamente in ritardo) vendono il loro credito a queste società-veicolo, in cambio di liquidità immediata. Le Spv si accollano il rischio di recuperare il credito a fronte di un prezzo d’acquisto vantaggioso. Poi trasformano questi crediti in titoli finanziari, impacchettandoli in bond da vendere agli investitori. La Tocai nel suo bilancio dice di aver comprato in totale fatture da aziende sanitarie private per 10,5 milioni di euro, pagandole 9,6 milioni. E le ha di fatto rivendute, a investitori istituzionali non meglio specificati, trasformandole in obbligazioni. Titoli che promettono un ottimo rendimento: 5,5% annuo.

È così che si è messo in moto il mercato dei bond sanitari in Calabria. Decine di Spv create negli ultimi quattro-cinque anni per fare profitti, sfruttando la malagestione della sanità locale. Come nel caso dei mafia bond, scoperti mesi fa da un’inchiesta del Financial Times.

Per la Corte dei Conti, le doppie e triple fatture della Asp di Reggio Calabria sono poca cosa rispetto a quanto successo Cosenza. Sul totale di 1,1 miliardi di debiti verso i fornitori privati, la Asp di Cosenza è la più indebitata delle cinque aziende sanitari della regione, con un fardello di 361 milioni. Il numero ufficiale potrebbe non essere esaustivo, visto quanto sta succedendo proprio con la Tocai. Quando ad agosto la società milanese ha chiesto il pagamento di vecchie fatture per 8,3 milioni di euro, alla Asp di Cosenza sono saltati sulla sedia. Due dirigenti hanno scritto alla loro capa, Cinzia Bettelini, commissario della Asp, per comunicare che quelle fatture non “non erano registrate nella contabilità aziendale”, si legge nei documenti. Com’è possibile che la Asp Cosenza non avesse mai registrato fatture per 8,3 milioni? E quanti altri debiti del genere gravano sul bilancio regionale?

A una richiesta di intervista il commissario Bettellini non ha risposto. Una dirigente interna all’azienda sanitaria locale, chiedendo l’anonimato, ci ha confermato che “le fatture non ci sono. Tutte quelle con la Tocai sono state saldate: le fatture che ci chiedono ora sono inesigibili, potrebbero essere fatture che l’azienda privata da cui le hanno comprate non ha mai inviato a noi”. Tocai ci ha fatto sapere di essere in possesso di tutte le garanzie che il credito in questione è certo, liquido ed esigibile, aggiungendo che proprio quelle fatture sono “oggetto di un giudizio davanti al Tribunale di Cosenza”, in cui la difesa dell’Asp Cosenza “non ha mai contestato la mancata ricezione delle fatture”.

Come se non bastasse, l’azienda privata da cui Tocai ha comprato i crediti nel frattempo è fallita. È la Casa di Cura Tricarico. La Procura di Paola ipotizza la bancarotta fraudolenta. Alcuni dei titolari l’avrebbero spolpata usando i soldi dell’azienda per fini personali, per questo a giugno sono stati arrestati.

Chi pagherà alla fine gli 8,3 milioni che mancano? La Asp Cosenza o l’anonima società milanese? All’azienda sanitaria costerebbe un po’ di debito in più, particolare di un fenomeno generale, quello della finanziarizzazione dei crediti sanitari di una regione, la Calabria, che oggi non ha abbastanza posti per ricoverare i malati di Covid. Ma anche per Tocai sarebbero dolori. “Il servizio titoli emessi, in linea interessi e capitale, è assicurato unicamente dagli incassi derivanti dal portafoglio crediti”, scrive nel bilancio la società. Significa che se da Cosenza non pagano, le cose rischiano di mettersi male anche per chi ha investito in quei bond.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/29/longo-prima-grana-8-mln-di-fatture-sparite-a-cosenza/6020245/

sabato 22 agosto 2020

Moratoria sui crediti, Ruocco: servono bad bank pubblica e banca per il Sud.



La presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, Carla Ruocco, commenta l’intervento pubblico per la moratoria dei crediti bancari.

Leggo con sempre maggiore frequenza le posizioni degli appartenenti alla schiera degli ultraliberal che discettano sui “pericoli di un intervento dello Stato in economia”.
Quale Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario che si è significativamente impegnata al riguardo - tramite invio questionari, audizioni, richieste dati e informazioni e costante attività di moral suasion – segnalo che, ad oggi, oltre 300 €/mldi di crediti sono stati spostati nella loro riscossione grazie al meccanismo della moratoria ed oltre 71 €/mldi sono stati concessi tramite nuovi finanziamenti con garanzia pubblica.
Questo intervento pubblico ha evitato uno tsunami sul nostro sistema bancario che avrebbe avuto impatti economici irreversibili. Al salvataggio non deve però seguire la svendita del bene sanato al privato in quanto sarebbe un imperdonabile danno alla collettività che in definitiva ne ha sopportato i costi. Lo Stato ha il dovere di gestire i fallimenti del mercato – che sono ben noti proprio agli ultraliberal – con il giusto tempo, con le giuste risorse umane e finanziarie e sottolineo con una visione imprenditoriale per creare benefici concreti alla cittadinanza. Le prospettive di crescita dei crediti deteriorati, il crescente divario Nord-Sud e le opportunità offerte dalla rinascita della logistica nel Mediterraneo esigono una Bad Bank pubblica ed una banca per il Sud; i candidati ci sono: MPS e Banca Popolare di Bari.

lunedì 1 giugno 2020

La Corte dei Conti: così hanno distrutto la sanità sul territorio. - Marco Pasciuti

Nessuna descrizione della foto disponibile.
Da un lato “la concentrazione delle cure ospedaliere in grandi strutture specializzate”. Dall’altro anni di tagli alla spesa che hanno causato “una sostanziale debolezza della rete territoriale”. Quella che avrebbe dovuto fare da argine all’ondata di malati che, specie al Nord e in Lombardia in particolare, ha investito pronti soccorso e reparti durante la pandemia di Covid-19. Una politica che, si legge nel Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, “ha fortemente pesato sulla gestione dell’emergenza sanitaria” e “ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”.
Quattro segni “meno” – spesa pubblica, personale, ospedali e strutture territoriali, investimenti – quelli rilevati dai giudici contabili. A livello nazionale, scrivono, la spesa diretta delle famiglie è cresciuta dal 2012 al 2018 del 14,1% contro il 4,5% di quella delle P.a. Nel frattempo la forza lavoro nella sanità è diminuita. In 5 anni i dipendenti a tempo indeterminato di Asl, aziende ospedaliere, universitarie e Irccs pubblici sono passati da 653 mila a 626 mila, per un taglio di 27 mila posti (-4%). Nello stesso periodo il personale flessibile è aumentato solo di 11.500 unità. I tagli maggiori? Nelle Regioni sottoposte a un piano di rientro dei costi (a Molise, Lazio e Campania “sono riferibili riduzioni tra il 9 e il 15%”), mentre tra le altre a tagliare di più sono state Liguria (-5,4%), Piemonte, Emilia e Lombardia (tra -3,7 e -3,3%). E la scure si è abbattuta anche sui posti letto, scesi dai 230.396 del 2012 ai 210.907 del 2018, soprattutto a causa della chiusura dei piccoli ospedali.
“Ma quanto il processo di riduzione dell’assistenza ospedaliera si è tradotto in un ampliamento di quella territoriale?”, domandano i giudici. La risposta è nei fatti. I medici di medicina generale – prima linea contro il Covid – sono passati da 45.437 a 43.731. Una flessione del 3,8% a livello nazionale, ancor più accentuata nelle Regioni non sottoposte a un piano di rientro e nei territori più falcidiati dal virus: -5,6% in Lombardia, -6,4% in Piemonte, -5,3% in Veneto, -4,7% in Emilia, -6,5% nelle Marche, -8,9% in Liguria. Nello stesso periodo la scure si è abbattuta sulle guardie mediche: se le strutture sono aumentate del 5,9%, i dottori che ci lavorano sono passati da 12.027 a 11.688 (-2,8%). Anche in questo caso la flessione maggiore è stata registrata nelle Regioni più sane dal punto di vista economico (-5,1%) e in alcune di quelle più colpite dall’emergenza: -8,8% in Lombardia, -24,8% in Emilia, -16,2% nelle Marche.
Nel frattempo anche il sistema delle strutture di prossimità è stato depotenziato. “Si tratta degli ambulatori in cui si erogano prestazioni specialistiche come l’attività clinica, di laboratorio e di diagnostica strumentale”, specifica la Corte: nel 2017 erano 8.867, ridotti del 4,3% rispetto al 2012. “Una flessione che caratterizza tutte le regioni del Centro Nord”: in Lombardia sono passati da 729 a 663 (-9,1%) mentre quelle che i giudici contabili definiscono “altre strutture territoriali” da 743 a 708 (-4,7%). “La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio – conclude il report – ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”.
“Non è solo un problema di risorse – spiega Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Cattolica – ma di organizzazione. Il Covid ha messo in evidenza che quelle Regioni che avevano investito sul territorio hanno risposto meglio, come il Veneto e l’Emilia-Romagna. La Lombardia aveva fatto una riforma in questo senso, ma si è fermata presto”. Si riferisce, il professore, alla legge 23/2015 con cui la giunta Maroni aveva immaginato una riorganizzazione basata sulle Ast (Agenzie per la tutela della salute) e sulla realizzazione di Pot (Presidi ospedalieri territoriali) e Presst (Presidi Socio-Sanitari Territoriali). Strutture piccole per garantire, con i medici di base, ai cittadini di essere curati vicino a casa, senza gravare sui poli ospedalieri. Ma che in Lombardia hanno visto la luce in minima parte.

mercoledì 11 marzo 2020

Viviana Vivarelli

Risultato immagini per Renzi, Salvini, la Meloni, Berlusconi e Zingaretti,   Risultato immagini per Renzi, Salvini, la Meloni, Berlusconi e Zingaretti,

MA DAVVERO VOLETE VOTARE PER PARTITI COME IL PD, ITALIAVIVA , LEGA O FORZA ITALIA CHE VOGLIONO LA SANITA' PRIVATA E LA PRIVATIZZAZIONE A 360° DEI SERVICI PUBBLICI CIOE' DELLO STATO SOCIALE?EPPURE E' QUELLO CHE LA LEGA STA FACENDO IN LOMBARDIA E VENETO E QUELLO CHE RENZI HA SEMPRE PROMESSO FIN DALLA PRIMA LEOPOLDA? - 
Sapete quanto costa una Tac negli Stati uniti? 12.000 dollari. Da noi privatamente meno di 300 euro.
E farsi un tampone? 3400 dollari. Da noi costa (allo Stato) 60 euro. Ci credo che Trump minimizza e il virus fa finta di non vederlo nemmeno! E il neoliberista Macron fa lo stesso. Vi rendete almeno conto dei guadagni stratosferici e intollerabili che farebbero le assicurazioni private sulla pelle dei malati?
Ma davvero qualcuno pensa che privatizzare la sanità come vorrebbero Renzi, Salvini, la Meloni, Berlusconi e Zingaretti, sarebbe un buon affare? Credete davvero che, se realmente le tasse fossero al 15% ma dovessimo privatizzare lo stato sociale, sarebbe un gran guadagno?
E comunque è in questa direzione che Pd e Lega stavano andando.
Zingaretti ora è infetto. Se lo ricorda che solo a Roma ha chiuso 10 ospedali pubblici e 16 nel Lazio?
E per quelli che dicono che per tanti lavori negli Stati uniti oltre allo stipendio ti danno anche una assicurazione privata, sarà meglio aggiungere che di assicurazioni ce ne sono infinite, che nessuna copre tutte le prestazioni mediche e che in un ospedale ti curano solo per quello per cui sei coperto e, se l'assicurazione per altre cose non ce l'hai, sei abbandonato a te stesso.
Il caro Zingaretti che ora è ai domiciliari sanitari, farebbe bene a farsi qualche pensierino. A chiedersi per es, come mai grazie al Pd metà degli ospedali sono privati, la metà dei posti letto sono privati, e quelle cliniche che dallo Stato hanno avuto miliardi, i malati di Corona virus nemmeno li vogliono e che se i malati hanno bisogno di una sala di rianimazione o di macchinari speciali, mandano i loro pazienti negli ospedali pubblici. E intanto il Pd ha licenziato 48.000 operatori sanitari e ora mancano medici e infermieri. Dovrebbe chiedersi come mai Lega e Pd hanno chiuso tutti i piccoli ospedali, hanno tagliato migliaia di posti letto, e hanno dato miliardi alla sanità pubblica.
Il Lazio aveva 72 strutture di ricovero pubbliche, nel 2017 erano 56. Nel 2011 aveva 46 ospedali a gestione diretta, nel 2017 erano 33. I Governi Letta, Renzi e Gentiloni hanno tagliato 10mila posti letto. Era di sinistra tutto questo?
Sempre grazie a Zingaretti, l’ex Forlanini, il polo di eccellenza per la ricerca e la cura della tubercolosi è stato chiuso e messo in vendita per 70 milioni di euro. Poi uno continua a parlare di differenza tra dx e sx!! Illusi!

Lo capite perché le liste di attesa non hanno fatto che aumentare? Nell’ultimo anno il 35,8% degli italiani non è riuscito a prenotare, almeno una volta, una prestazione nel sistema pubblico perché ha trovato le liste d’attesa chiuse. Ci aggiungiamo i 10 euro fissi per ricetta sull’assistenza specialistica ambulatoriale, con l’aumento della spesa a carico del cittadino e comprendiamo perchè sempre più gente si rivolge al privato o non si cura affatto.
Grazie a questa belle politiche privatistiche il 27% della spesa sanitaria totale è stata privata, il che vuol dire che un cittadino su 3 ha rinunciato al servizio sanitario pubblico.
Ma gli elettori si sono accorti di tutto questo? Ed è in questa direzione che vogliono continuare ad andare?
I numeri non mentono, la sanità pubblica ha bisogno di essere rimessa al centro di politiche e investimenti adeguati e speriamo che almeno l'emergenza che il sistema sanitario sta affrontando possa servire a questo. E questo vale per la destra come per la sinistra.
Poi uno si chiede come mai il M5S ci tiene a dire che è oltre alla destra e alla sinistra!! Vi rendete almeno conto di quanto siano uguali?

Viviana Vivarelli FB h7 del g. 11.3.2020

sabato 2 novembre 2019

Venite ad ammalarvi in Sicilia dove il pronto soccorso diventa un’esperienza mistica. - Totò Burrafato - 28.10.2019



Tempi di attesa a volte superiori alle 10 ore. 

Ammalarsi in Sicilia è conveniente. In una regione dove la gente è allo stremo delle risorse economiche e morali, un problema di salute può diventare la via della catastrofe in tanti casi. Se dovesse essere necessario il ricorso a una visita specialistica la strada è quella del tombolone del Cup, con mesi e mesi di attesa per aver fissato un esame specialistico.
Così, chi può mette mano al portafoglio e si rivolge alla sanità privata. Chi non può, o direttamente rinuncia a curarsi e si affida alla preghiera, oppure – come viene correttamente riportato dall’ultimo “Rapporto annuale Ospedali e salute” – ricorre al Pronto Soccorso “quale strada alternativa di accesso ai servizi ospedalieri”. Così il sistema esplode.
A leggere le statistiche dell’osservatorio regionale, che da oltre due anni tiene sotto costante monitoraggio le attività dei Pronto soccorso siciliani, la gravità della situazione non emerge in tutta la sua drammaticità. Quel report sostiene che i tempi di attesa non sono così lunghi come la narrativa mediatica suol raccontare: “la percentuale di pazienti che ha atteso più di un’ora nei piccoli PS è pari al 7.2% e raggiunge il 33.5% nei grandi PS”.
E’ la classica statistica dei due polli divisi tra quattro persone. C’è chi ne mangia uno e mezzo e gli altri sono costretti a sbranarsi per le briciole. Eppure quello stesso report fa chiarezza sui dati di insoddisfazione, che superano spesso il 50% dei pazienti. Quei locali che dovrebbero offrire soccorso, sono spesso e volentieri sporchi ed angusti, tanto da far apparire spesso il termine “inaccettabile”, nella casella dei risultati legati ai risultati legati alla pulizia ed all’ospitalità. Anche la voce ufficiale di Mamma Regione non può del tutto chiudere gli occhi di fronte alla statistica.
Per capire l’effetto che fa, basta recarsi in uno dei tanti pronto soccorso delle grandi città siciliane. Sono presi d’assalto da vecchi e giovaniI tempi di attesa, soprattutto nel weekend, possono arrivare a superare anche le 10 ore, prima di essere accettati al triage.
Sui tabelloni luminescenti, oltre alla graduatoria dei tempi d’attesa, in basso c’è una riga che segnala i pazienti in cura. Spesso indica un cospicuo numero di pazienti in codice rosso e giallo sotto trattamento. Quella riga è il segnale che certifica il fallimento del sistema. Perché, e non temo smentita, molto spesso quei pazienti indicati sotto terapia, faranno parte di quella riga in giallo per due, tre o quattro giorni. Si tratta di un ricovero camuffato: i tagli dei posti letto negli ospedali (che parecchi mascalzoni nel tempo ci hanno propinato come “razionalizzazione”) hanno causato questo ingorgo. Uomini e donne rimangono negli stanzoni del pronto soccorso per essere curati lì, senza avere la possibilità di accesso al reparto specialistico in tempi decenti.
Da qui un’idea stravagante si fa strada: perché non candidare proprio la Sicilia a diventare il più grande ed efficiente centro nazionale per l’eutanasia? Un obiettivo, oggettivamente, alla nostra portata. Per la prima volta partiamo da dati incoraggianti. E soprattutto potremmo già utilizzare, in via sperimentale, i vari pronto soccorso dell’isola che agevolmente potrebbero essere riconvertiti alle nuove finalità d’uso.
Ora – al di là dei maldestri tentativi di sdrammatizzare – dovreste chiedermi, il perché ritengo che l’ammalarsi in Sicilia sia conveniente. Dovete assolutamente vivere una giornata al pronto soccorso, mangiare i pasti che consumano i pazienti, con pazienti dall’età, dal sesso e dalle patologie più disparate e spesso contagiose, tutti ammucchiati negli stanzoni, gettati nelle barelle, in attesa di una terapia. Esperienza mistica, che pone la Sicilia all’avanguardia di quella statistica che immagina la riduzione della specie umana nel numero di tre o quattro miliardi nei prossimi anni. In Sicilia ci stiamo portando avanti col lavoro.
Nota a margine uno: ho omesso di parlare delle aggressioni a medici e infermieri. Quello è un fenomeno criminale, punto e basta.
Nota a margine due: di solito, propongo delle soluzioni. Questa volta no. Lo sfascio della sanità siciliana è soltanto colpa nostra. Se per decenni abbiamo votato coi piedi, è persino normale che adesso la politica ci prenda a calci in faccia.

https://www.blogsicilia.it/palermo/venite-ad-ammalarvi-in-sicilia-dove-il-pronto-soccorso-diventa-unesperienza-mistica/503592/#4GUotlWlKdPf4Jq0.99