Visualizzazione post con etichetta privata. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta privata. Mostra tutti i post

martedì 17 novembre 2020

In Lombardia basta che paghi 450 euro per “curarti a casa”. - Andrea Sparaciari

 

“Un tampone rapido a domicilio 75 euro; tre tamponi fatti nello stesso domicilio, solo 55”. È una delle offerte che da giorni i privati propongono ai sospetti Covid-positivi lombardi. Un odioso mercato della salute, raccontato già dal Fatto, e alimentato dall’inefficienza pubblica e dalla volontà di fare cassa dei gruppi privati. E così, al lombardo sfibrato da settimane di attesa di una chiamata dell’Ats per un tampone che non arriva mai, non resta che andare in Rete, scorrere i tariffari e fissare un appuntamento. Preparando i soldi. Per un molecolare naso-faringeo si va dai 125 euro di Multimedica, ai 120 del Centro Diagnostico Italiano, passando per i 90 di Auxologico e Gruppo San Donato, fino alla più “economica” Humanitas, 57 euro. E, siccome la sanità lombarda (“la ex migliore d’Italia”) oggi non riesce ad assicurare nemmeno uno straccio di visita domiciliare, ecco che ci pensa il privato, come raccontato ieri da Tpi.it. Il Gruppo San Donato propone un pacchetto su misura: con 90 euro assicura al paziente Covid un primo consulto medico da remoto – video o telefonico –, 15 minuti di visita. Con l’aggiunta di ulteriori 450 euro, fornisce una visita “specialistica” nella propria abitazione con tanto di esame del sangue, radiografia toracica, saturazione e referto finale. Eventualmente c’è la presa in carico, ma quella non rientra nel pacchetto, il cui pagamento comunque deve essere effettuato in anticipo.

Il San Raffaele offre cioè a pagamento ciò che ogni Usca assicura gratis a ciascun cittadino nelle regioni dove sono state attivate. Ma, siccome le Usca l’assessore Giulio Gallera non le ha attivate, in Lombardia ci si arrangia. Cioè si paga. Chi può. Chi non può pagare, attende. Una degenerazione estrema che ha fatto insorgere associazioni –Medicina Democratica che è tornata a chiedere il commissariamento della sanità lombarda – e le opposizioni. Il capogruppo M5S Massimo De Rosa presenterà oggi una mozione per chiedere un calmiere ai prezzi delle prestazioni dei privati, a partire dai tamponi. Pietro Bussolati del Pd aveva chiesto dieci giorni fa che test e tamponi fatti privatamente fossero rimborsati dalla Regione. Inascoltato.

E, intanto, il privato incassa. Non solo, il Pirellone ha anche deciso di riversare sulle loro strutture una serie di prestazioni non legate al Covid, sottraendole alle quelle pubbliche. Un esempio, la cardiochirurgia: con la delibera del 21 ottobre scorso (confermata il 2 novembre) è stata dirottata quasi in toto su San Raffaele, Policlinico San Donato e Monzino. Solo la cardiochirurgia dell’ospedale pubblico di Legnano resta aperta. Idem per l’oncologia, indirizzata in massima parte allo Ieo.

Ma perché questa operazione che lascia al pubblico i pazienti Covid e ai privati il resto (e una quota minoritaria di positivi)? Perché i conti dei privati non vanno bene: in parte perché il “turismo sanitario” da altre regioni si è praticamente azzerato; in parte perché per loro i pazienti Covid rappresentano una diminuzione degli incassi, visto che assicurano rimborsi più bassi. Molto meglio fare tamponi e vaccini a pagamento e continuare ad effettuare più operazioni possibile, compatibilmente col livello quattro di emergenza che ha quasi azzerato la chirurgia elettiva.

Un fenomeno che gli attuali vertici della sanità lombarda sembra non abbiano alcuna intenzione di arginare. Del resto, non è un mistero che per la campagna elettorale del 2018 Gallera ricevette erogazioni liberali proprio dalla galassia della sanità privata, come rivelato dal Fatto. Secondo la “Dichiarazione e rendiconto candidato Gallera Giulio”, tra i suoi sostenitori spicca la “Fondazione sanità futura”, la quale staccò un assegno da 10 mila euro. Il board di quella fondazione raccoglie i big della sanità privata, concorrenti sul mercato, ma uniti nella lobby: il presidente è il prof. Gabriele Pelissero, presidente del San Raffaele e vice presidente dell’Università Vita-Salute San Raffaele, nonché presidente Nazionale di Aiop, l’Associazione italiana di ospedalità privata. Vicepresidente è invece Dario Beretta, dg dell’Istituto Clinico San Siro (Gruppo San Donato) e attuale presidente di Aiop.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/17/in-lombardia-basta-che-paghi-450-euro-per-curarti-a-casa/6006139/

lunedì 5 ottobre 2020

Impero San Donato, il mistero Kamel Ghribi. - Gianni Barbacetto

 


San Raffaele & C. - Nel gruppo dei Rotelli non solo ex politici, magistrati e 007: vicepresidente è un finanziere, ex petroliere tunisino. Gli affari con arabi e russi.

È il più grande gruppo italiano della sanità privata, con i suoi 19 ospedali e cliniche, 5 mila posti letto, 4,3 milioni di pazienti curati ogni anno, 16 mila addetti, fatturato di oltre 1 miliardo e mezzo. Ma il Gruppo San Donato della famiglia Rotelli, il cui ospedale più famoso è il San Raffaele di Milano, è anche una formidabile macchina di relazioni politiche ed economiche. I consigli d’amministrazione delle sue società sono zeppi di uomini dei partiti, ex ministri e perfino ex agenti segreti. Presidente della holding San Donato è Angelino Alfano, ex segretario di Silvio Berlusconi ed ex ministro dell’Interno, della Giustizia, degli Esteri. Consigliere d’amministrazione degli Istituti clinici Zucchi, una delle strutture sanitarie del gruppo, è Roberto Maroni, ex ministro dell’Interno e del Lavoro e fino al 2018 presidente della Regione Lombardia. Consigliera d’amministrazione del San Raffaele e della holding è Augusta Iannini, ex magistrato di Roma, già capo dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia e poi vicepresidente dell’Autorità garante per la privacy (nonché moglie di Bruno Vespa). Sovrintendente sanitario del Gruppo è Valerio Fabio Alberti, fratello del presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Nel 2019 è entrato per qualche mese nel cda del San Donato anche Ernesto Maria Ruffini, che aveva appena terminato il suo incarico di direttore generale dell’Agenzia delle entrate, dove è poi tornato a inizio 2020.

Del sistema Rotelli, come capi della Security, fanno parte anche due agenti segreti d’esperienza come Claudio di Sabato e Giuseppe Caputo, ex generali della Guardia di finanza e poi ufficiali dell’Aise (l’agenzia di sicurezza per l’estero).

Ma il personaggio più misterioso della galassia Rotelli è un ex petroliere tunisino diventato finanziere in Svizzera: Kamel Ghribi, amico della vedova del fondatore, Giuseppe Rotelli, che è scomparso nel 2013, lasciando la guida al figlio Paolo. Una vecchia foto di Ghribi lo ritrae con vistosi pantaloni blu elettrico, camicia di seta in tinta e giacca a quadrettoni. Oggi Ghribi indossa più sobri abiti scuri di buon taglio ed è vicepresidente del Gruppo San Donato, nonché global advisor della famiglia, di cui cura gli investimenti. Da dove spunta Ghribi? Sappiamo che nasce a Sfax, città nel sud della Tunisia, padre commerciante (“Da lui ho ereditato il senso degli affari”) e famiglia con nove tra fratelli e sorelle. Poi è difficile distinguere biografia e agiografia. Racconta di essere diventato, già a 29 anni, vicepresidente a New York di una compagnia petrolifera statunitense, la Olympic Petroleum Corporation, e presidente della Olympic in Italia. Nel 1994 diventa presidente della Attock Oil Company, una compagnia attiva soprattutto in Pakistan, fondata dall’uomo d’affari saudita Ghaith Pharaon, che fu per un periodo ricercato dall’Fbi in seguito allo scandalo internazionale della banca Bcci. Dal 2005, Ghribi si concentra sulla sua holding personale, la Gk Investment, basata in Svizzera, a Lugano, che dichiara di dedicarsi “a nuove opportunità di business” e di investire soprattutto “in Africa e in Medio Oriente”. Nel suo sito web si definisce finanziere e filantropo, dichiara che “l’obiettivo principale di Kamel Ghribi continua a essere quello di incoraggiare un riavvicinamento tra Occidente, Medio Oriente e Nord Africa”. A Roma lavora con lo studio legale di Vittorio Emanuele Falsitta, ex deputato di Forza Italia. Ma si dice attivo con i suoi affari finanziari soprattutto nel mondo arabo e in Russia. Sostiene di aver fornito servizi di consulenza a importanti leader di aziende private internazionali e a non meglio specificati uomini di governo. Racconta “di essere entrato in contatto, durante la sua carriera di imprenditore internazionale di grande successo, con leader mondiali e luminari del mondo politico, industriale e culturale. Le primi incontri si sono rapidamente sviluppati in conoscenze consolidate, tanto che è stato poi in grado di sviluppare stretti rapporti con alcune delle figure più importanti della storia moderna”. Nientemeno.

Al San Donato è diventato vicepresidente, gestore del patrimonio della famiglia Rotelli e ambasciatore dell’espansione in Africa e nel Medio Oriente. Con il governo del Botswana ha firmato nel 2019 un memorandum d’intesa per offrire formazione del personale medico locale. Ma quello a cui punta il gruppo San Donato è attirare i ricchi clienti arabi e russi che vanno a curarsi nei grandi ospedali degli Stati Uniti. Già aperta una sede a Dubai, negli Emirati, dove il San Donato si occupa di formazione dei medici locali. Paolo Rotelli promette: “Vogliamo attirare nei nostri ospedali i turisti che già vengono in Italia perché apprezzano il nostro stile di vita e le bellezze del nostro Paese”.

(foto da ilFQ)

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/04/impero-san-donato-il-mistero-kamel-ghribi/5953606/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-10-04

lunedì 6 luglio 2020

Non solo Maroni e Alfano: Sua Sanità ingaggia spioni. - Gianni Barbacetto

Non solo Maroni e Alfano: Sua Sanità ingaggia spioni

San Donato - Il primo gruppo della sanità privata dopo aver arruolato ex ministri, assume anche agenti dell’Aise: in arrivo pure il vicedirettore.
Non ci sono soltanto ex ministri (sempre di centrodestra). Il Gruppo San Donato di Paolo Rotelli, primo in Italia nella sanità privata e attivo in Lombardia, assolda non solo politici del calibro di Angelino Alfano e Roberto Maroni, ma anche agenti segreti. Nell’Aise (i servizi segreti per l’estero) in questi giorni si sta giocando la partita per decidere le nomine dei nuovi vertici. Come direttore è già arrivato Gianni Caravelli, al posto di Luciano Carta, diventato presidente di Leonardo. Mancano le nomine dei vice (che potrebbero arrivare a breve).
Sono due le caselle da riempire: c’è quella lasciata libera da Caravelli e poi quella occupata da Giuseppe Caputo, generale della Guardia di finanza arrivato all’Aise molti anni fa e che ora ha presentato domanda di “collocamento a riposo”, ossia pensione, con decorrenza da fine luglio. Caputo poi andrà al San Donato, il gruppo che conta 19 tra ospedali e cliniche, più di 5 mila posti letto, 4,3 milioni di pazienti curati ogni anno, 16 mila addetti e che nel 2018 ha fatturato di 1,65 miliardi, in buona parte provenienti dai rimborsi pubblici regionali per la sanità accreditata.
Caputo entrerà nell’“Ufficio compliance, protezione aziendale e relazioni con le istituzioni”, che cura la security del gruppo e tiene i contatti politici e istituzionali. Affiancherà un vecchio collega, Claudio di Sabato, anch’egli ex generale della Gdf ed ex ufficiale dell’Aise, arrivato al San Donato nel 2019 e che resta il numero uno.
Caputo dovrà occuparsi delle relazioni istituzionali e della sicurezza, in vista della programmata espansione del gruppo San Donato nei territori del Sud Italia. “Avevamo bisogno di una figura professionale come la sua per operare in un territorio complicato come il Meridione, a rischio di infiltrazioni criminali”, spiegano fonti del gruppo.
Così si è pensato a un professionista che in Aise ha messo piede nel lontano 1998 e che è poi stato capo di gabinetto di Alberto Manenti, quando questi guidava i servizi segreti per l’estero, per poi diventarne vicedirettore.
Con l’arrivo dello 007 si completa la squadra di vertice del San Donato. Nel luglio 2019 era stato scelto l’ex delfino di Silvio Berlusconi e poi fondatore del Nuovo Centro Destra, Angelino Alfano, chiamato con il ruolo di presidente del San Donato. Nel giugno 2020, invece, sono stati formati i nuovi consigli d’amministrazione delle società del gruppo. Tra i nuovi arrivi c’è stato anche Roberto Maroni, ex ministro dell’Interno e del Lavoro e fino al 2018 presidente della Regione Lombardia, entrato nel cda degli Istituti clinici Zucchi, una delle strutture sanitarie del gruppo. E poi c’è Augusta Iannini, ex magistrato di Roma, capo dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia e poi vicepresidente dell’Autorità garante per la privacy. Iannini, moglie di Bruno Vespa, è entrata a far parte del consiglio d’amministrazione della holding e in quello dell’Ospedale San Raffaele, fiore all’occhiello del gruppo.
E dunque: Alfano, Maroni, Iannini. Impossibile non notare come gli organigrammi del gruppo siano pieni di figure che vengono da partiti e da ministeri, personalità che di certo durante la loro carriera hanno tessuto non pochi rapporti. Inoltre, gran parte del fatturato del San Donato proviene dai soldi pubblici, tramite gli accreditamenti che i suoi ospedali hanno ottenuto, a partire dai bei tempi della riforma di Roberto Formigoni che ha aperto il sistema sanitario lombardo ai privati (un modello che durante la crisi Covid ha mostrato tutti i suoi limiti).
Ma forse la politica non basta. Al gruppo evidentemente serve anche chi ha avuto esperienze di primo piano nelle strutture dell’intelligence.

mercoledì 11 marzo 2020

Viviana Vivarelli

Risultato immagini per Renzi, Salvini, la Meloni, Berlusconi e Zingaretti,   Risultato immagini per Renzi, Salvini, la Meloni, Berlusconi e Zingaretti,

MA DAVVERO VOLETE VOTARE PER PARTITI COME IL PD, ITALIAVIVA , LEGA O FORZA ITALIA CHE VOGLIONO LA SANITA' PRIVATA E LA PRIVATIZZAZIONE A 360° DEI SERVICI PUBBLICI CIOE' DELLO STATO SOCIALE?EPPURE E' QUELLO CHE LA LEGA STA FACENDO IN LOMBARDIA E VENETO E QUELLO CHE RENZI HA SEMPRE PROMESSO FIN DALLA PRIMA LEOPOLDA? - 
Sapete quanto costa una Tac negli Stati uniti? 12.000 dollari. Da noi privatamente meno di 300 euro.
E farsi un tampone? 3400 dollari. Da noi costa (allo Stato) 60 euro. Ci credo che Trump minimizza e il virus fa finta di non vederlo nemmeno! E il neoliberista Macron fa lo stesso. Vi rendete almeno conto dei guadagni stratosferici e intollerabili che farebbero le assicurazioni private sulla pelle dei malati?
Ma davvero qualcuno pensa che privatizzare la sanità come vorrebbero Renzi, Salvini, la Meloni, Berlusconi e Zingaretti, sarebbe un buon affare? Credete davvero che, se realmente le tasse fossero al 15% ma dovessimo privatizzare lo stato sociale, sarebbe un gran guadagno?
E comunque è in questa direzione che Pd e Lega stavano andando.
Zingaretti ora è infetto. Se lo ricorda che solo a Roma ha chiuso 10 ospedali pubblici e 16 nel Lazio?
E per quelli che dicono che per tanti lavori negli Stati uniti oltre allo stipendio ti danno anche una assicurazione privata, sarà meglio aggiungere che di assicurazioni ce ne sono infinite, che nessuna copre tutte le prestazioni mediche e che in un ospedale ti curano solo per quello per cui sei coperto e, se l'assicurazione per altre cose non ce l'hai, sei abbandonato a te stesso.
Il caro Zingaretti che ora è ai domiciliari sanitari, farebbe bene a farsi qualche pensierino. A chiedersi per es, come mai grazie al Pd metà degli ospedali sono privati, la metà dei posti letto sono privati, e quelle cliniche che dallo Stato hanno avuto miliardi, i malati di Corona virus nemmeno li vogliono e che se i malati hanno bisogno di una sala di rianimazione o di macchinari speciali, mandano i loro pazienti negli ospedali pubblici. E intanto il Pd ha licenziato 48.000 operatori sanitari e ora mancano medici e infermieri. Dovrebbe chiedersi come mai Lega e Pd hanno chiuso tutti i piccoli ospedali, hanno tagliato migliaia di posti letto, e hanno dato miliardi alla sanità pubblica.
Il Lazio aveva 72 strutture di ricovero pubbliche, nel 2017 erano 56. Nel 2011 aveva 46 ospedali a gestione diretta, nel 2017 erano 33. I Governi Letta, Renzi e Gentiloni hanno tagliato 10mila posti letto. Era di sinistra tutto questo?
Sempre grazie a Zingaretti, l’ex Forlanini, il polo di eccellenza per la ricerca e la cura della tubercolosi è stato chiuso e messo in vendita per 70 milioni di euro. Poi uno continua a parlare di differenza tra dx e sx!! Illusi!

Lo capite perché le liste di attesa non hanno fatto che aumentare? Nell’ultimo anno il 35,8% degli italiani non è riuscito a prenotare, almeno una volta, una prestazione nel sistema pubblico perché ha trovato le liste d’attesa chiuse. Ci aggiungiamo i 10 euro fissi per ricetta sull’assistenza specialistica ambulatoriale, con l’aumento della spesa a carico del cittadino e comprendiamo perchè sempre più gente si rivolge al privato o non si cura affatto.
Grazie a questa belle politiche privatistiche il 27% della spesa sanitaria totale è stata privata, il che vuol dire che un cittadino su 3 ha rinunciato al servizio sanitario pubblico.
Ma gli elettori si sono accorti di tutto questo? Ed è in questa direzione che vogliono continuare ad andare?
I numeri non mentono, la sanità pubblica ha bisogno di essere rimessa al centro di politiche e investimenti adeguati e speriamo che almeno l'emergenza che il sistema sanitario sta affrontando possa servire a questo. E questo vale per la destra come per la sinistra.
Poi uno si chiede come mai il M5S ci tiene a dire che è oltre alla destra e alla sinistra!! Vi rendete almeno conto di quanto siano uguali?

Viviana Vivarelli FB h7 del g. 11.3.2020

sabato 2 novembre 2019

Venite ad ammalarvi in Sicilia dove il pronto soccorso diventa un’esperienza mistica. - Totò Burrafato - 28.10.2019



Tempi di attesa a volte superiori alle 10 ore. 

Ammalarsi in Sicilia è conveniente. In una regione dove la gente è allo stremo delle risorse economiche e morali, un problema di salute può diventare la via della catastrofe in tanti casi. Se dovesse essere necessario il ricorso a una visita specialistica la strada è quella del tombolone del Cup, con mesi e mesi di attesa per aver fissato un esame specialistico.
Così, chi può mette mano al portafoglio e si rivolge alla sanità privata. Chi non può, o direttamente rinuncia a curarsi e si affida alla preghiera, oppure – come viene correttamente riportato dall’ultimo “Rapporto annuale Ospedali e salute” – ricorre al Pronto Soccorso “quale strada alternativa di accesso ai servizi ospedalieri”. Così il sistema esplode.
A leggere le statistiche dell’osservatorio regionale, che da oltre due anni tiene sotto costante monitoraggio le attività dei Pronto soccorso siciliani, la gravità della situazione non emerge in tutta la sua drammaticità. Quel report sostiene che i tempi di attesa non sono così lunghi come la narrativa mediatica suol raccontare: “la percentuale di pazienti che ha atteso più di un’ora nei piccoli PS è pari al 7.2% e raggiunge il 33.5% nei grandi PS”.
E’ la classica statistica dei due polli divisi tra quattro persone. C’è chi ne mangia uno e mezzo e gli altri sono costretti a sbranarsi per le briciole. Eppure quello stesso report fa chiarezza sui dati di insoddisfazione, che superano spesso il 50% dei pazienti. Quei locali che dovrebbero offrire soccorso, sono spesso e volentieri sporchi ed angusti, tanto da far apparire spesso il termine “inaccettabile”, nella casella dei risultati legati ai risultati legati alla pulizia ed all’ospitalità. Anche la voce ufficiale di Mamma Regione non può del tutto chiudere gli occhi di fronte alla statistica.
Per capire l’effetto che fa, basta recarsi in uno dei tanti pronto soccorso delle grandi città siciliane. Sono presi d’assalto da vecchi e giovaniI tempi di attesa, soprattutto nel weekend, possono arrivare a superare anche le 10 ore, prima di essere accettati al triage.
Sui tabelloni luminescenti, oltre alla graduatoria dei tempi d’attesa, in basso c’è una riga che segnala i pazienti in cura. Spesso indica un cospicuo numero di pazienti in codice rosso e giallo sotto trattamento. Quella riga è il segnale che certifica il fallimento del sistema. Perché, e non temo smentita, molto spesso quei pazienti indicati sotto terapia, faranno parte di quella riga in giallo per due, tre o quattro giorni. Si tratta di un ricovero camuffato: i tagli dei posti letto negli ospedali (che parecchi mascalzoni nel tempo ci hanno propinato come “razionalizzazione”) hanno causato questo ingorgo. Uomini e donne rimangono negli stanzoni del pronto soccorso per essere curati lì, senza avere la possibilità di accesso al reparto specialistico in tempi decenti.
Da qui un’idea stravagante si fa strada: perché non candidare proprio la Sicilia a diventare il più grande ed efficiente centro nazionale per l’eutanasia? Un obiettivo, oggettivamente, alla nostra portata. Per la prima volta partiamo da dati incoraggianti. E soprattutto potremmo già utilizzare, in via sperimentale, i vari pronto soccorso dell’isola che agevolmente potrebbero essere riconvertiti alle nuove finalità d’uso.
Ora – al di là dei maldestri tentativi di sdrammatizzare – dovreste chiedermi, il perché ritengo che l’ammalarsi in Sicilia sia conveniente. Dovete assolutamente vivere una giornata al pronto soccorso, mangiare i pasti che consumano i pazienti, con pazienti dall’età, dal sesso e dalle patologie più disparate e spesso contagiose, tutti ammucchiati negli stanzoni, gettati nelle barelle, in attesa di una terapia. Esperienza mistica, che pone la Sicilia all’avanguardia di quella statistica che immagina la riduzione della specie umana nel numero di tre o quattro miliardi nei prossimi anni. In Sicilia ci stiamo portando avanti col lavoro.
Nota a margine uno: ho omesso di parlare delle aggressioni a medici e infermieri. Quello è un fenomeno criminale, punto e basta.
Nota a margine due: di solito, propongo delle soluzioni. Questa volta no. Lo sfascio della sanità siciliana è soltanto colpa nostra. Se per decenni abbiamo votato coi piedi, è persino normale che adesso la politica ci prenda a calci in faccia.

https://www.blogsicilia.it/palermo/venite-ad-ammalarvi-in-sicilia-dove-il-pronto-soccorso-diventa-unesperienza-mistica/503592/#4GUotlWlKdPf4Jq0.99

venerdì 29 marzo 2019

Sanità, Censis-Rbm: “L’anno scorso 12,2 milioni di italiani non si sono curati per motivi economici”. - Chiara Daina

Sanità, Censis-Rbm: “L’anno scorso 12,2 milioni di italiani non si sono curati per motivi economici”

Il risultato, secondo il Rapporto Censis-Rbm, è che la spesa sanitaria privata è lievitata a 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2 per cento in tre anni (2013-2016).

Nel 2016 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato le cure sanitarie per motivi economici. Una fetta di emarginati che è notevolmente cresciuta rispetto al 2015 (più 1,2 milioni). E’ quanto emerge dal Rapporto Censis-Rbm. Considerando anche i cittadini che hanno avuto difficoltà economiche e si sono impoveriti per sostenere di tasca propria le spese mediche (intramoenia o in strutture private), la cifra sale a 13 milioni. Di questi, 7,8 milioni sono stati costretti ad attingere ai risparmi di una vita o addirittura a indebitarsi con parenti e amici, fino ad aprire un mutuo in banca. E 1,8 milioni sono precipitati nella fascia di povertà.
Il risultato, si legge nel Rapporto, è che la spesa sanitaria privata è lievitata a 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2 per cento in tre anni (2013-2016). In assoluto, secondo il sondaggio Rbm, l’impegno più oneroso è per le visite specialistiche (74,7 per cento), seguito dall’acquisto dei farmaci o dal pagamento del ticket (53,2), dagli accertamenti diagnostici (41,1), prestazioni odontoiatriche (40,2), analisi del sangue (31), lenti e occhiali da vista (26,6), riabilitazione (14,2), protesi, tutori e ausili vari (8,9) e spese di assistenza sociosanitaria.
Il motivo principale per cui si ricorre sempre più spesso al privato sono le liste di attesa troppo lunghe nel pubblico. Queste in parte dipendono dal sott’organico cronico di personale e dall’impatto dell’invecchiamento della popolazione sull’organizzazione socio-sanitaria. Con evidenti disomogeneità locali. Qualche esempio: “Per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva a 142 giorni. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni (più 6 giorni rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (6 giorni in più), ma al Sud ne sono necessari 111. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (più 8 giorni), ma l’attesa sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (nel 2014 erano otto in meno), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (18 giorni in più), con un picco di 77 giorni al Sud”.
La spending review in sanità, si ricorda nel Rapporto che cita la Corte dei Conti, ha fatto ridurre la spesa sanitaria pubblica pro-capite dell’1,1 per cento l’anno in termini reali dal 2009 al 2015. Diversamente da quanto è accaduto nello stesso periodo in Francia, dove è cresciuta dello 0,8 per cento l’anno, e in Germania (più 2 per cento annuo). La differenza è lampante anche se si osserva l’incidenza della spesa sanitaria rispetto al Pil: il 6,8 per cento da noi, l’8,6 in Francia e il 9,4 in Germania.

mercoledì 13 agosto 2014

Ostia, tre chilometri di spiaggia off limits: è in esclusiva per i dipendenti del Quirinale.



Parola di finanziere: “Lei sta entrando in una zona della presidenza della Repubblica, l’accesso è vietato tranne a dipendenti del Colle e ai loro familiari”. Il compito del militare è di fare la guardia a tre chilometri di spiaggia a Castelporziano, a Ostia, e impedire agli ignari bagnanti di mettere piede su quello che è territorio esclusivo della residenza sul colle più alto di Roma. L’ingresso, ma anche il semplicepassaggio sono interdetti a tutti quelli che non lavorano per il Quirinale: non si può camminare sul bagnasciuga e anche a nuoto il transito è vietato a meno di 300 metri dalla costa, come per i motoscafi. La normativa, affermata dall’articolo 11 della legge 217 del 2011, spiega che resta sempre fermo – anche in caso di concessioni – “il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione”. Eppure anche da terra la situazione non cambia: a fare la guardia all’ingresso della spiaggia presidenziale sono i Carabinieri che spiegano: “Noi richiamiamo i turistisbadati, se insistono scatta la diffida e poi la denuncia”. Sì, perché quel pezzo diLitorale romano, stretto fra il mare e la pineta, è appannaggio esclusivo per chi lavora al Quirinale e nessun altro. “Basta pagare una quota associativa di 60 euro l’anno”, spiegano i fortunati bagnanti. 

di Nello Trocchia, montaggio di Paolo Dimalio

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/08/12/ostia-tre-chilometri-di-spiaggia-off-limits-e-in-esclusiva-per-i-dipendenti-del-quirinale/292378/