Visualizzazione post con etichetta tagli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta tagli. Mostra tutti i post

mercoledì 16 settembre 2020

Arresti referendari. - Marco Travaglio


Tetragono sul Sì fino all’altroieri, confesso che inizio a titubare. Più passano i giorni e più il fronte del No si popola di personaggi di preclara moralità che mi inducono a ripensarci. Come si fa a votare Sì quando Silvio B. (4 anni definitivi per frode fiscale, senza contare il resto), Roberto Formigoni (5 anni e 10 mesi per associazione a delinquere, corruzione e finanziamento illecito), Paolo Cirino Pomicino (1 anno e 10 mesi per finanziamento illecito e corruzione) e Vittorio Sgarbi (6 mesi e 10 giorni per truffa allo Stato e falso) tifano No? Vabbè, faccio finta di niente. Poi però mi imbatto, sul “Riformatorio”, in uno straziante appello dei “socialisti per il No” contro “questo taglio reazionario” e “illiberale che ha in sé l’indebolimento dello Stato di diritto”. Tra i firmatari, i migliori ragazzi dello Zoo di Bettino. Nel ramo incensurati, spiccano Acquaviva, Boniver, Cazzola, Cicchitto (la tessera P2 numero 2232 che combatte i “tagli reazionari” è sempre uno spasso), Covatta, Bobo Craxi & C. Segue la sezione pregiudicati (per tacere dei prescritti e dei miracolati): Carlo Tognoli (3 anni e 3 mesi per ricettazione), Paolo Pillitteri (4 anni per corruzione), Stefania Tucci vedova De Michelis (3 anni definitivi per la maxitangente Enimont), Beppe Garesio (8 mesi per corruzione e finanziamento illecito), Luigi Crespi (6 anni 9 mesi in appello per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, annullati dalla Cassazione per ridurre la pena dopo la controriforma Renzi), a cui Bobo ha voluto aggiungere la buonanima di papà Bettino che “se fosse vivo voterebbe No” (10 anni definitivi per corruzione e finanziamento illecito). Più che un appello, un’ora d’aria.

Sempre sul Riformatorio, un altro giovane virgulto garofanato, Claudio Martelli (8 mesi per finanziamento illecito, più una condanna prescritta per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano), annuncia coram populo il suo No e subito i Circoli de l’Avanti! (da lui stesso diretto) lo candidano a presidente della Repubblica. Totale: 52 anni e 10 mesi di reclusione. Come non essere della partita? Mentre pencolo fra il Sì e il No, un altro giureconsulto di chiara fame s’aggiunge a nobilitare il fronte del No: Attilio Fontana, sgovernatore di Lombardia, per ora solo indagato e dunque incompatibile con gli appelli di cui sopra: “La nostra Costituzione è equilibrata e ha una serie di pesi e contrappesi” (purtroppo insufficienti a metterci al riparo da lui), “per cambiarla è necessario farlo in maniera assolutamente serio (sic, ndr)”. Quindi mi sa che è meglio rinviare il referendum in attesa che la Costituzione la riformi lui in maniera assolutamente serio: a quattro mani con Gallera. O con suo cognato, alle Bahamas.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/16/arresti-referendari/5932954/

lunedì 7 settembre 2020

Governo di incapaci. - Massimo Erbetti

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Si mandiamo a casa questo governo di incapaci...e da chi cominciamo? Ma si dai, cominciamo dalla Azzolina...
"La Azzolina è il ministro più incapace che la scuola italiana ricordi negli ultimi decenni"
Ah si? Ma è davvero così? Chissà se il capitano coraggioso (?!) che sfugge al confronto, proprio con la Azzolina, ricorda chi è il ministro dell'istruzione "più incapace" degli ultimi decenni? Beh glielo ricordo io:
Dieci miliardi di tagli al bilancio di scuola e università tra il 2008 e il 2012. Otto miliardi e cinquecento milioni di tagli alla scuola (il 10,4 per cento del budget complessivo) e 1,3 miliardi di euro all'università (su un totale di 7,4 miliardi nel 2007, 9,2%), per la precisione. 
A tanto ammonta il salasso delle politiche dell'austerità volute dall'ex ministro dell'Economia Tremonti per rispondere all'imperativo del pareggio di bilancio. Questo tesoro espropriato all'istruzione è servito a finanziare i «capitani coraggiosi» che, secondo Berlusconi, avrebbero salvato l'Alitalia dall'acquisizione di Air France...ops..ma non è la Azzolina che ha tagliato alla scuola, non è colpa della Azzolina se mancano i professori, non è colpa della Azzolina se non ci sono banchi, se le scuole sono fatiscenti. La colpa è del centro destra...ma tanto chi vuoi che si ricordi di quanto accaduto 10 anni fa...i banchi con le rotelle...ecco quale è il problema...i banchi con le rotelle, mica il taglio fatto da un governo con all'interno la Lega.
E sapete chi era Ministro dell'istruzione dal 2008 al 2011? Era una certa Gelmini...quella Gelmini che disse: "Alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno ai 45 milioni di euro"
Capito? Quella del tunnel dei neutrini...
Vabbe lasciamo perdere, altrimenti dovrei parlare del plexiglass che non è mai stato contemplato, ma che il capitano continua ad aver in testa e altre amenità varie...
Vogliamo parlare dell'economia? Del MES che secondo il centro destra, questo governo ha richiesto nell'ultimo anno almeno 10 volte...ma forse anche 15 e tutte le volte lo ha fatto di notte, di nascosto, senza dirlo a nessuno...nelle segrete stanze...morale della favola? Il MES non è stato mai richiesto...in cambio però, questo governo di incapaci, ha ottenuto miliardi di euro, moltissimi dei quali a fondo perduto...shhhhh...ma non lo dite a quelli del centro destra...altrimenti li distogliete dal compilare le loro geniali ricette per risollevare l'economia. Come? Non sapete quali sono le "geniali ricette"? Ma siete proprio disinformati eh!!!:
1) tassare al 15% il fatturato
2) tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici.
Geniale...tutto ciò è geniale...mettiamo che un azienda fatturi 100€, se deve pagare il 15%, su quei 100 pagherà 15 di tasse...giusto? Peccato però che 100 non è il reddito, di solito il reddito è circa il 20% (quando va molto bene) del fatturato, per cui facendo un rapido calcolo, sarebbero 20€...e cosa vorrebbe fare il "genio"? Fargli pagare 15 su 20 così all'imprenditore rimarrebbero 5€..fantastico...anzi no allucinante, ma Vabbe, chi vuoi che si accorga della stupidaggine...andiamo avanti...
Governo di incapaci...mandiamo a casa questo governo di incapaci...ok ma come? Come facciamo? Che ci inventiamo? Con i veri temi non ci riusciamo...zitti..zitti tutti, ho io la soluzione: le Mascherine, il distanziamento, la museruola, le discoteche chiuse, ci vogliono tappare la bocca, il virus non esiste, ci vogliono spaventare, gonfiano i dati...ma siamo sicuri che sia il governo ad essere incapace?

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10218277109464782&set=a.2888902147289&type=3&theater

lunedì 1 giugno 2020

La Corte dei Conti: così hanno distrutto la sanità sul territorio. - Marco Pasciuti

Nessuna descrizione della foto disponibile.
Da un lato “la concentrazione delle cure ospedaliere in grandi strutture specializzate”. Dall’altro anni di tagli alla spesa che hanno causato “una sostanziale debolezza della rete territoriale”. Quella che avrebbe dovuto fare da argine all’ondata di malati che, specie al Nord e in Lombardia in particolare, ha investito pronti soccorso e reparti durante la pandemia di Covid-19. Una politica che, si legge nel Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, “ha fortemente pesato sulla gestione dell’emergenza sanitaria” e “ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”.
Quattro segni “meno” – spesa pubblica, personale, ospedali e strutture territoriali, investimenti – quelli rilevati dai giudici contabili. A livello nazionale, scrivono, la spesa diretta delle famiglie è cresciuta dal 2012 al 2018 del 14,1% contro il 4,5% di quella delle P.a. Nel frattempo la forza lavoro nella sanità è diminuita. In 5 anni i dipendenti a tempo indeterminato di Asl, aziende ospedaliere, universitarie e Irccs pubblici sono passati da 653 mila a 626 mila, per un taglio di 27 mila posti (-4%). Nello stesso periodo il personale flessibile è aumentato solo di 11.500 unità. I tagli maggiori? Nelle Regioni sottoposte a un piano di rientro dei costi (a Molise, Lazio e Campania “sono riferibili riduzioni tra il 9 e il 15%”), mentre tra le altre a tagliare di più sono state Liguria (-5,4%), Piemonte, Emilia e Lombardia (tra -3,7 e -3,3%). E la scure si è abbattuta anche sui posti letto, scesi dai 230.396 del 2012 ai 210.907 del 2018, soprattutto a causa della chiusura dei piccoli ospedali.
“Ma quanto il processo di riduzione dell’assistenza ospedaliera si è tradotto in un ampliamento di quella territoriale?”, domandano i giudici. La risposta è nei fatti. I medici di medicina generale – prima linea contro il Covid – sono passati da 45.437 a 43.731. Una flessione del 3,8% a livello nazionale, ancor più accentuata nelle Regioni non sottoposte a un piano di rientro e nei territori più falcidiati dal virus: -5,6% in Lombardia, -6,4% in Piemonte, -5,3% in Veneto, -4,7% in Emilia, -6,5% nelle Marche, -8,9% in Liguria. Nello stesso periodo la scure si è abbattuta sulle guardie mediche: se le strutture sono aumentate del 5,9%, i dottori che ci lavorano sono passati da 12.027 a 11.688 (-2,8%). Anche in questo caso la flessione maggiore è stata registrata nelle Regioni più sane dal punto di vista economico (-5,1%) e in alcune di quelle più colpite dall’emergenza: -8,8% in Lombardia, -24,8% in Emilia, -16,2% nelle Marche.
Nel frattempo anche il sistema delle strutture di prossimità è stato depotenziato. “Si tratta degli ambulatori in cui si erogano prestazioni specialistiche come l’attività clinica, di laboratorio e di diagnostica strumentale”, specifica la Corte: nel 2017 erano 8.867, ridotti del 4,3% rispetto al 2012. “Una flessione che caratterizza tutte le regioni del Centro Nord”: in Lombardia sono passati da 729 a 663 (-9,1%) mentre quelle che i giudici contabili definiscono “altre strutture territoriali” da 743 a 708 (-4,7%). “La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio – conclude il report – ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”.
“Non è solo un problema di risorse – spiega Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Cattolica – ma di organizzazione. Il Covid ha messo in evidenza che quelle Regioni che avevano investito sul territorio hanno risposto meglio, come il Veneto e l’Emilia-Romagna. La Lombardia aveva fatto una riforma in questo senso, ma si è fermata presto”. Si riferisce, il professore, alla legge 23/2015 con cui la giunta Maroni aveva immaginato una riorganizzazione basata sulle Ast (Agenzie per la tutela della salute) e sulla realizzazione di Pot (Presidi ospedalieri territoriali) e Presst (Presidi Socio-Sanitari Territoriali). Strutture piccole per garantire, con i medici di base, ai cittadini di essere curati vicino a casa, senza gravare sui poli ospedalieri. Ma che in Lombardia hanno visto la luce in minima parte.

giovedì 5 marzo 2020

Coronavirus, la sanità italiana definanzata da dieci anni. Tagliati 43mila dipendenti e i posti letto sotto la media Ue. Ecco tutte le criticità. - Fiorina Capozzi

Coronavirus, la sanità italiana definanzata da dieci anni. Tagliati 43mila dipendenti e i posti letto sotto la media Ue. Ecco tutte le criticità

Le risorse sono aumentate, ma meno dell'inflazione. Tutto è iniziato con il governo di Mario Monti. La stagione della spending review ha portato in dote una sforbiciata alla spesa sanitaria da 6,8 miliardi fino al 2015. Da allora le cose sono andate sempre peggio: sono scattati i piani di rientro per le Regioni con uno squilibrio nella sanità e i governatori hanno tagliato ancora. Intanto sono aumentati i ticket e i letti sono diminuiti a 3,2 per 1000 abitanti contro una media europea di 5. Le liste d'attesa sono rimaste lunghe e i livelli minimi di assistenza sono una chimera soprattutto al Sud.
Non bastava la riforma del Pronto Soccorso. L’emergenza Coronavirus dà la batosta finale al Sistema Sanitario Nazionale. L’allarme partito dalle Regioni più colpite dall’epidemia ha aperto un dibattito nazionale sullo stato di salute della sanità italiana. A partire dalla scarsa disponibilità di personale e di posti letto per far fronte ai casi che richiedono cure ospedaliere. Ma la politica da un decennio sta tagliando risorse alla sanità, penalizzando non solo gli ospedali pubblici, ma anche i privati convenzionati. In dieci anni sono sono stati sottratti al Ssn 37 miliardi.
Secondo uno studio del centro di ricerche indipendente Gimbe, fra il 2010 e il 2019 c’è stato un progressivo definanziamento della sanità pubblica. O meglio: c’è stato un aumento di risorse per 8,8 miliardi, ma l’incremento è stato inferiore al tasso d’inflazione producendo di fatto una decurtazione del budget. Inoltre, la politica ha favorito la nascita di assicurazioni e fondi sanitari per compensare il ridimensionamento della spesa in sanità andando a vantaggio solo di alcune categorie di persone e mettendo a rischio l’universalità del servizio.
I tagli di Monti – Tutto è iniziato con il governo di Mario Monti. La stagione della spending review ha portato in dote una sforbiciata alla spesa sanitaria da 6,8 miliardi fino al 2015. Nei desiderata dell’allora ministro Renato Balduzzi, il taglio della spesa avrebbe dovuto essere accompagnato da una migliore gestione delle risorse. Ma così non è stato: secondo quanto riferì Quotidiano Sanità, in soli due anni “la mazzata, batosta o che dir si voglia, c’è stata: meno posti letto: circa 7.000 che portano così i tagli totali di posti letto dal 2000 ad oggi (10 dicembre 2012, ndr) a quota 72.000”.
I piani di rientro regionali – Da allora le cose sono andate sempre peggio. In nome del risanamento dei bilanci locali e delle aziende sanitarie sono scattati i piani di rientro per le Regioni con uno squilibrio nella sanità superiore al 5 per cento del finanziamento complessivo. Così i governatori hanno tagliato ancora. Nel Lazio, ad esempio, Nicola Zingaretti ha cassato 3.600 posti letto e chiuso diversi ospedali. In compenso il bilancio regionale della sanità è tornato in positivo, ma il prezzo da pagare per la collettività è stato alto in termini di costi e servizi. Al posto degli ospedali, sono proliferate le più “economiche” Case della salute, strutture ambulatoriali sul territorio nate per offrire alcune cure primarie. Tuttavia, un focus sullo stato di salute della sanità pubblicato dall’Ufficio parlamentare di bilancio il 2 dicembre 2019 ha evidenziato tutti i limiti del nuovo modello messo in campo dai governatori: “L’insufficiente potenziamento dei servizi territoriali pone un’incognita sul successo dell’operazione, con segnali di razionamento delle prestazioni rispetto ai bisogni, che emergono in particolare nei servizi di emergenza”.
Risorse per il personale scese di 2 miliardi in otto anni – Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, le risorse per il personale sono scese di due miliardi fra il 2010 e il 2018. Ma per Gimbe le cose starebbero anche peggio: nello stesso periodo dei 37 miliardi di risparmi, almeno il 50% dei tagli è stato “scaricato” sul personale dipendente e convenzionato riducendo di fatto i servizi per i cittadini. “A questo andamento ha corrisposto un ridimensionamento del numero di lavoratori, compresi medici e infermieri, in particolare nelle Regioni in piano di rientro, e un peggioramento delle condizioni di lavoro”, scrivono gli esperti dell’ufficio parlamentare che raccontano come siano andati persi 42.800 dipendenti a tempo indeterminato.
Numero di posti letto sceso sotto la media europea – Il numero di posti letto per 1.000 abitanti negli ospedali è sceso di gran lunga sotto la media europea. Secondo il centro studi dell’ufficio parlamentare, l’indicatore era al 3,9 nel 2007 e al 3,2 nel 2017 contro una media europea diminuita da 5,7 a 5. La flessione maggiore è stata registrata nelle Regioni sottoposte per prime a piano di rientro. Inoltre, secondo dati Eurostat, il numero di posti letto in strutture residenziali per cure a lungo termine era pari a 4,2 per 1.000 residenti in Italia nel 2017, contro 9,8 in Francia, 11,5 in Germania e 8,2 nel Regno Unito, mentre la percentuale di soggetti che dichiarano di aver utilizzato servizi di assistenza domiciliare, riferita al 2014, risulta essere del 3,5 per cento in Italia, contro il 4 per cento della media europea.
Meno disavanzo, più ticket – Il disavanzo sanitario è stato ridotto, ma il ticket è progressivamente aumentato. In dieci anni, il gettito complessivo dei cosiddetti ticket, escluse le strutture accreditate dove il dato non viene rilevato, è passato da 1,8 miliardi nel 2008 a 3 miliardi nel 2018. “La riduzione dei disavanzi riflette anche l’aumento dei livelli delle compartecipazioni richieste ai cittadini e delle aliquote di imposta”, spiega uno studio dell’Upb sullo stato di salute della sanità dello scorso 2 dicembre 2019. Non solo: l’introduzione del superticket, cioè della quota fissa di 10 euro per ricetta sull’assistenza specialistica ambulatoriale introdotta nel 2011 “ha probabilmente rappresentato un rilevante fattore di riduzione della domanda di prestazioni pubbliche, spingendo verso la rinuncia alle cure o verso il privato”, come puntualizza lo studio sullo stato di salute della sanità italiana.
Raddoppiata la quota dei poveri che rinunciano a cure – Il costo della sanità sulle famiglie è invece aumentato ed è raddoppiata la quota dei più poveri che rinunciano alle cure. “L’aumento delle compartecipazioni alla spesa, in connessione con il peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie in seguito alla crisi, ha contribuito a provocare un forte incremento della quota di cittadini che hanno rinunciato a visite mediche per il costo eccessivo, passata, secondo dati Eurostat (indagine EU-SILC), dal 3,9 per cento nel 2008 al 6,5 nel 2015” prosegue l’indagine. Ad avere la peggio, le fasce più deboli della popolazione: “Se si guarda al 20 per cento di popolazione più povera, si osserva addirittura un aumento della frequenza di cittadini che hanno rinunciato a visite mediche per motivi economici dal 7,1 per cento nel 2004 al 14,5 nel 2015”, evidenzia l’analisi. “Inoltre negli ultimi anni, mentre la spesa pubblica pro capite in termini reali passava da 2.266 dollari a parità di potere d’acquisto del 2012 a 2.235 nel 2018, quella privata out of pocket (compartecipazioni alla spesa e pagamenti diretti di servizi e prestazioni) e per assicurazioni volontarie aumentava in media da 710 dollari pro-capite a 776 (dal 2,1 al 2,3 per cento del pil)”, come sottolinea studio.
Livelli minimi di assistenza? Una chimera – Intanto le liste d’attesa sono rimaste lunghe e i livelli minimi di assistenza (lea) sono una chimera. Soprattutto nel Sud. “Le Regioni che, secondo il nuovo sistema di garanzia, non assicurano i Lea sono tutte quelle del Mezzogiorno, il Lazio, e anche la Provincia di Bolzano, la Valle d’Aosta e il Friuli-Venezia Giulia. Quest’ultima, in realtà, anche se in termini di punteggio complessivo supera la Regione Marche, considerata adempiente, presenta una valutazione insufficiente sulla prevenzione”, prosegue l’indagine dell’ufficio parlamentare.
L’aumento del costo delle prestazioni specialistiche ha allargato il mercato per fondi e assicurazioni, sostenuti dalla politica. Ad aggravare la situazione di discriminazione economica fra i cittadini nell’accesso alle cure mediche è poi arrivata anche alla decisione del governo Renzi di agevolare fiscalmente il welfare aziendale sottraendo indirettamente risorse al sistema sanitario nazionale .
Per il futuro ulteriore lieve riduzione dei fondi in rapporto al pil – E le prospettive non sono affatto rosee. “Per il futuro, le previsioni di spesa sanitaria a legislazione vigente contenute nella Nadef 2019 indicano una ulteriore lieve riduzione in rapporto al Pil, dal 6,6% del 2019 al 6,5% nel 2022”, precisa l’ufficio studi parlamentare. “Questa strategia politico-finanziaria documenta inequivocabilmente che per nessun Governo nell’ultimo decennio la sanità ha mai rappresentato una priorità politica – si legge nel report di Gimbe -. Infatti, quando l’economia è stagnante la sanità si trasforma inesorabilmente in un “bancomat”, mentre in caso di crescita economica i benefici per il SSN non sono proporzionali, rendendo di fatto impossibile il rilancio del finanziamento pubblico”. Una situazione insostenibile che emerge con forza nei casi di emergenza come quello del Coronavirus.

mercoledì 23 ottobre 2019

Senato: la rivolta di intoccabili e indagati contro i tagli ai vitalizi. - Ilaria Proietti



IL 4 NOVEMBRE L’ORGANISMO DI GIUSTIZIA DI PALAZZO MADAMA DOVRÀ ESPRIMERSI SU 772 RICORSI CHE SI OPPONGONO ALLE DECURTAZIONI IN VIGORE DAL 1° GENNAIO 2019.

“Giaaacomo! Giacomino”. “Senatore bello, amico mio”. Giacomo (Giacomino) Caliendo è più omaggiato che mai a Palazzo Madama, manco le lancette dell’orologio fossero tornate indietro di un decennio quando era potentissimo sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi. Lui gongola per i salamelecchi, per niente sorpreso: da quando la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati lo ha voluto come presidente dell’organismo di giustizia interna di Palazzo Madama, frotte di ex senatori che da gennaio si sono visti decurtare il vitalizio lo hanno elevato a nume tutelare. In vista della sua decisione sulla legittimità del ricalcolo con metodo contributivo degli assegni in vigore da gennaio cui gli ex onorevoli senatori si oppongono strenuamente.

La loro attesa, snervante, sta per finire: la camera di consiglio della Commissione contenziosa presieduta da Caliendo che deciderà sulla decurtazione degli assegni è stata fissata per il 4 novembre. Ne fanno parte oltre al forzista, anche Simone Pillon della Lega ed Elvira Evangelista dei Movimento 5 Stelle. Ma anche due membri “laici”, sempre indicati dalla presidente Casellati: l’avvocato Alessandro Mattoni e soprattutto una vecchia conoscenza dell’attuale capo di gabinetto della presidente Casellati Nitto Palma, ossia l’ex magistrato Cesare Martellino che è relatore dei 772 ricorsi sui vitalizi presentati a Palazzo Madama.

Ma cosa prevede questa delibera? Che dal 1° gennaio 2019 i vitalizi sono rideterminati moltiplicando il montante contributivo individuale di ciascun ex senatore per un coefficiente di trasformazione correlato all’età anagrafica. Ma ci sono meccanismi sia per scongiurare tagli troppo drastici sia per evitare che aumentino ancora assegni già assai alti. Proprio per questo sono sugli scudi anche i 78 ex senatori che dovranno accontentarsi di ricevere come prima. Non malaccio, comunque. Franco Bassanini, Alfredo Biondi, Emanuele Macaluso, Nicola Mancino, Beppe Pisanu, Clemente Mastella manterranno un vitalizio mensile lordo pari a 10.631,34 euro.

A quota 10 mila Anna Finocchiaro e Achille Occhetto seguiti da Franco Marini e Roberto Castelli (9.512,25). Mantengono lo stesso trattamento anche alcuni ex senatori che hanno ancora un conto aperto con la giustizia: a Luigi Grillo che in passato ha patteggiato una condanna per episodi corruttivi legati all’Expo di Milano tocca un vitalizio mensile di 10.382,6; Antonio D’Alì, a processo per concorso in associazione mafiosa continua a prendere 9.201,40 euro. Carlo Giovanardi su cui pende una richiesta di autorizzazione all’uso delle intercettazioni per l’inchiesta Aemilia continuerà a intascarne 9.387,91. Sempre meglio di Ottaviano Del Turco condannato in via definitiva a 3 anni e 11 mesi per induzione indebita nel processo sulla Sanitopoli abruzzese: il suo vitalizio scende a 5.507,72 euro contro i 6.590,19 precedenti. Antonio Azzollini, a processo per la presunta maxitruffa del porto di Molfetta, passa da poco più di 8 mila euro a 5.505.

L’elenco degli 830 vitalizi ricalcolati comprende anche l’ex sindaco di Catania Enzo Bianco (il suo assegno scende da circa 8 mila euro a 6.171 proprio come l’esponente storico dell’ultradestra Domenico Gramazio). Goffredo Bettini è dimagrito da 6.590 a 3.960 euro. Salasso pure per Mariapia Garavaglia da 9.200 a 4.150, mentre Luigi Compagna scende da 6.200 euro a 4.600. Stringe la cinghia il grande vecchio della finanza italiana Giuseppe Guzzetti: la sforbiciata ha toccato il suo assegno da 4.700 euro, ora ridotto a 2.395. Sacrifici per Pietro Ichino che per il ricalcolo contributivo passa da 4.352 a 2.668. A dieta anche Linda Lanzillotta (la moglie di Bassanini scende da 3.200 a 1.787), Nicola Latorre (6.200 oggi ricalcolati a 4.065), Luigi Manconi (4.725 oggi a 2.532). Alessandra Mussolini ha buoni motivi per essere nera: il suo assegno scende da 9mila euro a 5.200. Un altro arrabbiato è Francesco Rutelli che si è visto tagliare l’assegno da 9.500 euro e oggi ne percepisce solo 7.780. Nitto Palma, infine, è il più infuriato di tutti: nonostante il prestigioso incarico ottenuto al fianco di Casellati il suo vitalizio è sceso da 6.200 euro al mese a 5.400. Anche lui guarda con grande speranza alla decisione di Caliendo.

https://infosannio.wordpress.com/2019/10/23/senato-la-rivolta-di-intoccabili-e-indagati-contro-i-tagli-ai-vitalizi/

martedì 9 luglio 2019

Vitalizi, la Cassazione boccia il ricorso sui tagli. Di Maio: "Bellissima notizia"

Il palazzo della Corte di Cassazione © ANSA
Il palazzo della Corte di Cassazione.

Prevale autodichia Camere, bellissima notizia.

Tagli alle pensioni d'oro dei parlamentari, decide e giudica solo la Camera ma rimane aperta la strada per l'intervento della Consulta, tradizionalmente contraria alle 'decurtazioni pensionistiche'. E' questo il verdetto della Cassazione che si è occupata di uno dei cavalli di battaglia dei Cinquestelle, il taglio dei 'privilegi' dei parlamentari che esultano con il vicepremier Luigi Di Maio: "una bellissima notizia. Stop ai privilegi".
IL POST DI DI MAIO:
L'immagine può contenere: testo
Sforbiciati con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza della Camera, il 12 luglio di un anno fa, con effetto a partire dal primo gennaio scorso quando gli ex onorevoli hanno ricevuto l'assegno alleggerito del 44,41%. Ad avviso della Suprema Corte - chiamata ad occuparsi del taglio su istanza del costituzionalista Paolo Armaroli, ex parlamentare di An - la Camera è l'unica istituzione che ha il potere di decidere qualunque cosa su stipendi e pensioni del suo personale e dei parlamentari, ed è l'unico ente che può occuparsi delle controversie promosse dagli ex onorevoli per il ripristino delle pensioni 'piene'. Nessun altro giudice può intervenire, nè quello ordinario, nè quello amministrativo, scrivono le Sezioni Unite nel verdetto 18265. Ma non tutto è perduto, per l'esercito degli ex onorevoli, perchè c'è ancora lo spazio per chiedere l'intervento della Consulta, giudice di solito contrario alla perdita dei 'diritti acquisiti'. Tra i primi a gioire del verdetto, c'è il vicepremier cinquestelle Luigi Di Maio: "Qualcuno ha fatto ricorso per conservare il privilegio che percepiva ingiustamente da anni" ma "la Cassazione - prosegue Di Maio - lo ha bocciato! Perché sui vitalizi e sulle indennità parlamentari decidono solo gli organi dell'autodichia, a garanzia dell'autonomia del Parlamento" e "si è deciso di "tagliare questi privilegi assolutamente iniqui". Di Maio ricordata che così si risparmiano, tra Camera e Senato, "280 milioni a legislatura".
Tuttavia gli 'ermellini' non solo hanno lasciato la strada aperta alla Consulta, ma si sono anche espressi in favore dei vitalizi in quanto "l'assenza di un riconoscimento economico per il periodo successivo alla cessazione del mandato parlamentare varrebbe quale disincentivo, rispetto al trattamento previdenziale ottenibile per un'attività lavorativa che fosse stata intrapresa per il medesimo lasso temporale". I vitalizi - rileva ancora la Cassazione - sono funzionali alla "sterilizzazione degli impedimenti economici all'accesso alle cariche di rappresentanza democratica del Paese e di garanzia dell'attribuzione ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, di un trattamento economico adeguato ad assicurarne l'indipendenza, come del resto accade in tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione democratica dello Stato". Concetti che sono 'musica' per le orecchie di Antonello Falomi, presidente dell'Associazione degli ex parlamentari. "La Cassazione - sottolinea infatti Falomi - si è limitata a stabilire chi è il giudice che ha la competenza a giudicare. Sul merito, invece, ha ribadito quello che abbiamo sempre sostenuto e cioè che il vitalizio, come l'indennità parlamentare, non è un privilegio ma una garanzia. La garanzia posta dalla Costituzione a tutela dell'accesso dei cittadini alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza e del libero esercizio della funzione del parlamentare senza vincolo di mandato".

sabato 6 aprile 2019

Pensioni tagliate...ne vogliamo parlare? Sara Paglini ci spiega ciò che è successo in realtà.

L'immagine può contenere: 1 persona, persona seduta e cappello

Si sa il Pd, per i pensionati, ha sempre avuto un occhio di riguardo. Tipo quando votò il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, senza la piena rivalutazione per l’inflazione.

Vediamo nel dettaglio cosa votarono questi paladini dei pensionati. 
Tra 2012 e 2013, col blocco totale per le pensioni superiori a tre volte il minimo (dai 1500 euro in su), chi prendeva ogni mese 1600 euro lordi ne perdeva 500-600 l’anno; chi percepiva 2100 euro ne perdeva 1500; chi aveva 2600 euro ne perdeva 1800.

Nel 2015 la Consulta bocciò la legge in quanto incostituzionale e ordinò al governo di restituire la refurtiva. Intanto, ai 5,5 milioni di pensionati, erano stati rapinati 8-9 miliardi di euro.
Ricordo come ora le giornate passate in aula a combattere contro questi scippatori seriali !!!

Renzi , creatura,.......ne rimborsò appena 2,2 ed ebbe pure la spudoratezza di chiamare quella mancia “bonus Poletti”:
come se quello non fosse un furto con destrezza, ma addirittura un gentile omaggio. 
La SPUDORATEZZA NON HA MAI FINE PER QUESTI PERSONAGGI ! 

Intanto nel 2014 il governo Letta aveva fatto altri danni: un sistema di perequazioni in cinque fasce, che lasciava quasi intatta la rivalutazione delle pensioni fino al quadruplo della minima, mentre tagliava del 25% la rivalutazione per quelle sopra i 2000 euro lordi e del 50% oltre i 2500. I governi Renzi e Gentiloni prorogarono quel blocco fino al 1° gennaio 2019, lasciando la patata bollente ai successori.

SE per caso vedete le vostre pensioni che OGGI sono assottigliate per cortesia chiedete a MONTI , FORNERO , PD, FI , RENZI , LETTA ECCECC ECC DI darvi il maltolto !

Io lo chiesi in aula forte e chiaro e con me tutto il Movimento 5 STELLE già a suo tempo già dal 2015 .
Ma.... COMANDAVANO LORO !
E questi sono i risultati . 

Con l’attuale governo ci saranno dei tagli da giugno SI !!!! E SOLO a chi percepisce pensioni al di sopra di 4569,00 euro al MESE ! 
E ne sono FELICE !
Perché saranno i contributi che serviranno per aumentare le pensioni minime da 485 euro a 780,00 euro 
E NE SONO FELICE !

Ecco e adesso ... se siete arrivati fino a qua con la lettura ... mi RACCOMANDO ... CONTINUATE A CREDERE A QUESTI FARABUTTI !!!! 

E magari rivotateli alle Europee che vi tolgono quello che ancora non erano riusciti a togliervi !👍🏼
Ahhhh DIMENTICAVO !!! Il PD (ddl Zanda) chiede di AUMENTARE GLI STIPENDI DEI PARLAMENTARI 😂 lo sapevate ? 


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2158237394252584&set=a.445451938864480&type=3&theater

martedì 25 ottobre 2016

Costi della politica, ecco la proposta M5s sul taglio dell'indennità.

Costi politica, ecco la proposta M5s sul taglio dell'indennità © ANSA
Costi politica, ecco la proposta M5s sul taglio dell'indennità


Giù stipendi, più trasparenza. Limiti anche ai consiglieri regionali.


Un taglio delle indennità base dei parlamentari dagli attuali circa 5 mila euro netti (circa 10 mila lordi) mensili a 5 mila euro lordi, con un drastico taglio degli altri benefit riconosciuti, come l'eliminazione delle indennità aggiuntive previste per i parlamentari che svolgono altri incarichi interni alle Camere di appartenenza.
E' la proposta di legge sul taglio dei costi della politica che il M5s porta in Aula e che prevede anche un intervento sugli 'stipendi' dei componenti delle assemblee o dei consigli delle Regioni a statuto ordinario e speciale nonché delle province autonome di Trento e di Bolzano che non potranno avere assegni superiori a quelli stabiliti per i parlamentari. E poi interventi sulla diaria, ora sostanzialmente forfettaria, per ricondurla alla sua natura di rimborso spese, limitandola ai soli parlamentari non residenti a Roma e solo per le spese effettivamente sostenute e documentate con un limite massimo di 3.500 euro. Da documentare anche le spese per il cosiddetto esercizio di mandato e per i collaboratori. La proposta a firma Roberta Lombardi propone infine di abolire l'assegno di fine mandato e di uniformarlo al Tfr previsto per gli altri lavoratori dipendenti e di recepire a livello legislativo le delibere interne per il superamento dell'istituto del vitalizio.
Molte, infine, le voci al capitolo "trasparenza": i cinque stelle chiedono di rendere consultabile sul sito della Camera di appartenenza il rendiconto delle spese dei parlamentari anche tramite l'estratto conto della carta di credito emessa per i pagamenti di alloggio, viaggi e soggiorni. La proposta Lombardi prevede, di contro, l'estensione ai parlamentari della disciplina sui congedi parlamentari. Quella dei 5 Stelle non è la sola proposta di legge depositata alla Camera per intervenire sul trattamento economico dei parlamentari.
C'è quella delle deputate Pd Donata Lenzi e Sesa Amici su indennità e di rimborso spese, quella di Roberto Capelli (Des-Cd) sulle indennità aggiuntive, quella di Guglielmo Vaccaro (Misto) e quella a suo tempo presentata da Paolo Vitelli (Sc). Tutte riducono l'importo delle indennità, sostituendo l'attuale parametro di riferimento, ossia il trattamento complessivo annuo lordo di presidente di Sezione della Corte di cassazione, con un trattamento economico di altri soggetti: parlamentare europeo nella proposta Vaccaro; sindaco di comune capoluogo di regione con più di 250.000 nella proposta Lenzi-Amici; professore universitario per quella Vitelli. Tutte le proposte prevedono poi il principio del rimborso delle spese effettivamente sostenute invece del rimborso forfetario. 

mercoledì 28 settembre 2016

Ticket sanitari, in arrivo altre spese: 24 prestazioni non saranno più gratuite.

picsart_09-26-02-04-55


Una media di circa 4 miliardi di euro l’anno. Tanto pesa sul bilancio delle famiglie italiane la spesa per i ticket sanitari (3 miliardi) e le visite fatte in extramoenia (1 miliardo), ovvero nell’ambito dell’attività libero-professionale dei medici negli ospedali.

Una situazione già «pesante», che «si aggraverà a seguito degli ulteriori ticket previsti con i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), con i quali alcune prestazioni chirurgiche prima gratuite diverranno a pagamento». Ad affermarlo è Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato (Tdm), che avverte come ad essere «maggiormente colpite dalla misura saranno proprio le fasce più deboli, a partire dagli anziani».

«Si tratta di un’ulteriore “batosta” – afferma il coordinatore nazionale del Tdm, Tonino Aceti, commentando i dati sull’introduzione di nuovi ticket segnalati dalla Cgil – a discapito soprattutto di fasce più svantaggiate ». I nuovi Lea – ovvero le cure e prestazioni garantite dal Servizio sanitario ai cittadini, gratuitamente o col pagamento del ticket – prevedono infatti che «alcune prestazioni chirurgiche prima gratuite ora diventino a pagamento, passando dal regime di Day Surgery a quello ambulatoriale, come ad esempio l’intervento per la cataratta: già oggi le liste di attesa per questo tipo di intervento sono di circa 10 mesi – afferma Aceti – ma ora che l’intervento non sarà più gratuito è ovvio che molti cittadini preferiranno rivolgersi al privato».

Sono prestazioni chirurgiche che vanno dalla cataratta al tunnel carpale, dall’ernia al dito a martello, ed includono pure l’impianto e la ricostruzione del cristallino, interventi di artroscopia ed artroplastica. Si tratta, in tutto, di 24 prestazioni.
Inoltre, Aceti avverte: «Va detto che molte regioni hanno già fatto sapere di essere in difficoltà, dal momento che non hanno una rete ambulatoriale adatta a farsi carico di tali prestazioni». Insomma, «una cattiva notizia, considerando che già attualmente, secondo le segnalazione che giungono al Tdm – sottolinea – proprio il peso economico dei ticket rappresenta la seconda causa, dopo le liste di attesa, per il mancato accesso alle prestazioni del Servizio sanitario». Senza contare, aggiunge, che «in vari casi il costo del ticket è più alto del costo per la stessa prestazione nel privato. Così si ammazza il Servizio pubblico». Il fatto, rileva Aceti, «è che in un momento in cui dovremmo ridurre il peso sulle famiglia, al contrario, lo si aggrava».
Da qui la richiesta del Tdm di una riforma del sistema dei ticket che preveda «l’abolizione del super-ticket da 10 euro a ricetta, la progressiva compartecipazione alla spesa in base al reddito ma a patto che il costo nel pubblico resti minore che nel privato ed il mantenimento dell’esenzione dal ticket per malati cronici e disoccupati».

mercoledì 23 settembre 2015

Sanità, scontro su decreto "esami inutili": medici pronti allo sciopero.



In arrivo dl sull’appropriatezza delle prestazioni sanitarie. 208 esami a rischio erogabilità. Obiettivo: evitare visite inappropriate che costano ogni anno al Servizio sanitario nazionale circa 13 mld di euro. Associazioni di cittadini e pazienti pronti a unire le loro forze con i sindacati.


E' scontro sul decreto che mira a tagliare gli esami "inutili" e quindi gli sprechi, con la revisione della spesa degli accertamenti diagnostici. I sindacati sono sul piede di guerra dopo la presentazione della lista di 208 esami a rischio erogazione, e sono pronti allo sciopero nonostante le rassicurazioni del ministro della Salute Beatrice Lorenzin che sottolinea come non ci sarà alcuna caccia al medico e che il provvedimento sull'appropriatezza non è voluto per dare addosso ai camici bianchi.

208 esami a rischio - Dall'estrazione e ricostruzione dei denti alla radiologia diagnostica comprendente risonanze e tomografie, dalle prestazioni di laboratorio come l'esame del colesterolo alla medicina nucleare e gli esami di genetica: sono in tutto 208 le prestazioni e gli esami sotto 'stretta osservazione' con il provvedimento in preparazione al ministero della Salute e che per essere rimborsate dovranno rispondere a precisi criteri. L'obiettivo è evitare visite inutili che costano ogni anno al Servizio sanitario nazionale circa 13 mld di euro.

Fimmg: questo decreto uccide la professione - Questo decreto è "sbagliato e inutile, uccide la professione del medico e espropria la sua funzione nel sistema sanitario e nella società", per questo i medici di famiglia "sono pronti allo sciopero insieme a tutte le realtà della Sanità italiana" afferma Giacomo Milillo, segretario della Fimmg, la federazione più rappresentativa dei medici di medicina generale"

Cgil nazionale: serve confronto - Per Stefano Cecconi, responsabile Politiche della salute della Cgil nazionale, "le prestazioni fornite dal Servizio sanitario nazionale devono essere appropriate ma è inaccettabile scaricare la responsabilità e il costo sulle spalle del cittadino che viene costretto a pagare. Così come l'appropriatezza non si realizza 'per decreto'". E aggiunge che "Quella che il ministro Lorenzin sta compiendo è un'operazione delicatissima, che riguarda la garanzia dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) ed è condizionata pesantemente dai tagli alla Sanità. Per questo il confronto con i sindacati medici è utile ma non basta: è inconcepibile che una questione così rilevante venga trattata senza un confronto".

Associazione medici - Totale contrarietà, poi, viene espressa da parte dell'Anaao Assomed"ad affrontare il tema dell'appropriatezza clinica per via amministrativa". Per l'Associazione, "non è, infatti, compito della politica - commenta il Segretario Costantino Troise - definire i criteri dell'appropriatezza clinica, valore in cui pure ci riconosciamo, invadendo l'autonomia e la responsabilità dei Medici". Il Suami-Assoprof, invoca invece lo "stop a politiche sanitarie che ricadono sui medici e sui cittadini. E il Decreto sull'appropriatezza prescrittiva va in questa direzione rischiando di minare, con il suo sistema sanzionatorio, ancora di più il rapporto tra medico e il paziente". Secondo il segretario Roberto Lala, "per questo, e ancora con più forza rilanciamo la mobilitazione generale indetta dalla Fnomceo. I medici radiologi invece, esprimono un parere fortemente positivo sulla iniziativa del ministro Lorenzin: "Si tratta, pur con tutte le modifiche necessarie sulle sanzioni, di un primo passo importante che consente di mettere il tema della appropriatezza, ed in particolare di quella prescrittiva, al centro di un tavolo fatto di soluzioni pratiche e non solo di discussioni filosofiche" ha dichiarato Corrado Bibbolino, segretario nazionale SNR.

martedì 11 agosto 2015

RENZI SHOCK, TAGLIATE 180 PRESTAZIONI DIAGNOSTICHE: ECCO L’ELENCO DEGLI ESAMI CHE PAGHEREMO.



Non hai i soldi per curarti? Affari tuoi. Perché Renzi ha deciso di affondare definitivamente la sanità pubblica, tagliando la copertura per 180 prestazioni diagnostiche ritenute “non necessarie”: ecco l’elenco completo di esami e cure che saremo costretti a pagare, come riporta la Fondazione Gimbe.

All’enorme polverone mediatico delle ultime settimane segue un documento fatto di poche luci e tante ombre. Non emerge una chiara definizione delle priorità, latita il coinvolgimento delle categorie professionali e non viene esplicitata una metodologia rigorosa per ricercare, valutare, selezionare e sintetizzare le evidenze a supporto dei criteri di appropriatezza“.
Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, boccia la bozza di decreto (qui il pdf) sull’appropriatezza delle prescrizioni mediche, su cui sta lavorando il ministero della Salute e che è atteso a settembre.
Le prestazioni identificate sono in totale 180 “di cui 35 odontoiatriche, 53 di genetica, 9 relative a Tac e risonanza magnetica (degli arti e della colonna), 2 di dialisi e 4 di medicina nucleare. La somma delle prestazioni di allergologia e di laboratorio (non differenziate) dovrebbe essere pari a 77“.
Ecco, per ciascuna, l’analisi di Gimbe.
– Prestazioni odontoiatriche. La bozza di decreto si limita a specificare per ciascuna prestazione i soggetti beneficiari (minori fino a 14 anni, vulnerabili per motivi sanitari e per motivi sociali), lasciando alle Regioni il compito di fissare le soglie di reddito o di Isee che definiscono la vulnerabilità sociale. In altri termini, non si intravede alcuna azione per arginare l’inappropriatezza prescrittiva.
– Prestazioni di genetica. E’ l’unico caso in cui viene citato il coinvolgimento di una società scientifica, ovvero la Società italiana di genetica umana (Sigu), seppur indirettamente tramite “rilevanti esponenti”. Assolutamente condivisibile il principio che “saranno riservate alla diagnosi di specifiche malattie […] non sarà più possibile prescriverle per una generica mappatura del genoma o a fini di ricerca”.
– Prestazioni di allergologia. Il testo prevede che “alcuni test allergologici e le immunizzazioni (cosiddetti vaccini) siano prescritti solo a seguito di visita specialistica allergologica”. La reale efficacia delle immunizzazioni (vaccini) è ampiamente oggetto di dibattito in letteratura e, per definizione, non è possibile definire l’appropriatezza di un intervento sanitario la cui efficacia non è ancora stata dimostrata.
– Colesterolo e trigliceridi. Si stabilisce che “in assenza di qualsiasi fattori di rischio (familiarità, ipertensione, obesità, diabete, cardiopatie, iperlipemie, etc) colesterolo e trigliceridi siano ripetuti ogni 5 anni”, non tenendo conto innanzitutto che colesterolo e trigliceridi pari non sono: infatti, non esistono evidenze che giustifichino il dosaggio dei trigliceridi (oltre al colesterolo totale e Hdl) nei soggetti senza fattori di rischio. Considerata l’assenza di evidenze per definire il timing ottimale, inoltra, il ‘taglio burocratico’ dei 5 anni potrebbe essere eccessivo per alcune categorie di soggetti e restrittivo per altri. E ancora, i fattori di rischio elencati non coincidono con quelli previsti dalla carta del rischio cardiovascolare nel Progetto cuore dell’Istituto superiore di sanità, in particolare viene clamorosamente ignorato il fumo di sigaretta.
– Tac e Rm. Per valutare l’appropriatezza risulta incomprensibile l’utilizzo di uno score non validato invece del metodo Rand utilizzato da oltre 20 anni dalle società scientifiche, inclusa l’American College of Radiology, i cui criteri di appropriatezza vengono utilizzati in tutto il mondo.
– Dialisi. La bozza di decreto recita: “Le condizioni di erogabilità sono riservate alle metodiche dialitiche di base (domiciliari e ad assistenza limitata) che risultano appropriate solo per pazienti che non presentano complicanze da intolleranza al trattamento e/o che non necessitano di correzione metabolica intensa”.
Parole che Gimbe considera molto oscure e che danno luogo a contraddizioni.
– Medicina nucleare. Impossibile esprimere qualunque giudizio visto che il testo riporta semplicemente che “si tratta di 4 prestazioni di interesse assolutamente specialistico legate a patologie gravi di tipo neoplastico”.
Infine rimangono impliciti – conclude Cartabellotta – i criteri seguiti per definire le priorità. Infatti, eccezion fatta per le 9 prestazioni Tac/Rm, tutta la diagnostica strumentale (doppler, gastroscopie, colonscopie, ecografia addome e pelvi, ecocardiografia, eccetera) è stata ‘graziata’ in maniera incomprensibile, tenendo conto della lunghezza delle liste di attesa e dell’alto rischio d’inappropriatezza prescrittiva“.