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venerdì 5 giugno 2015

Mafia Capitale, inchiesta sul governo: indagato Castiglione, sottosegretario Ncd

Mafia Capitale, inchiesta sul governo: indagato Castiglione, sottosegretario Ncd

L'ex presidente della Provincia di Catania, oggi deputato nazionale e coordinatore del Nuovo centrodestra in Sicilia, sotto accusa con altre 5 persone che secondo i pm di Catania "turbavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011 e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014". Gara da 100 milioni definita "illegittima" dall'Anticorruzione, nel silenzio del Viminale.


La gestione del Cara di Mineo, al centro dell’inchiesta della Procura di Roma su Mafia Capitale, getta la propria ombra lunga sul governo. Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura ed esponente del Nuovo Centrodestra, figura tra i sei indagati per turbativa d’asta nell’inchiesta della Procura di Catania sull’appalto per la gestione del Centro assistenza rifugiati e richiedenti asilo di Mineo. La notizia, anticipata dal quotidiano La Sicilia di Catania, ha trovato riscontro nel decreto con il quale i carabinieri hanno perquisito gli uffici comunali di Mineo. I pm di Catania, che lavorano in coordinamento con i colleghi di Roma, ipotizzano che gli indagati “turbavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara del 2011, prorogavano reiteratamente l’affidamento e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014“. 
Quella stessa gara definita illegittima dal presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, i cui rilievi sono stati ignorati dal ministero dell’Interno guidato da Angelino Alfano

Sei gli indagati nell’inchiesta siciliana sull’affare migranti, al centro delle mire della cupola romana: oltre a Castiglione, che è anche deputato nazionale e coordinatore del Ncd in Sicilia, “nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo”, ci sono Giovanni Ferrera, “nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza”, Paolo Ragusa, “nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino”, Luca Odevaine “nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni”, e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra.

L’appalto da 100 milioni di euro del 2014 per il Cara del paesino in provincia di Catania, il più grande d’Europa, è la storia più delicata politicamente e più rilevante dal punto di vista economico di Mafia Capitale. Il Consorzio Calatino Terra di Accoglienza, che ha gestito le gare incriminate (dal 2011 a oggi) è stato guidato negli anni scorsi proprio da Castiglione, ex presidente della Provincia di Catania, che poi ha lasciato il posto alla sua compagna di partito Anna Aloisi, che di Mineo è sindaco. 
Per il centro d assistenza sono finiti giovedì ai domiciliari i manager del Gruppo La Cascina, la storica cooperativa facente parte della galassia di Comunione e Liberazione.

Di Castiglione parla anche Luca Odevaine, secondo i pm il trait d’union tra la cupola e le istituzioni nella gestione degli appalti per l’accoglienza dei migranti, oggi agli arresti. L’ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni al comune di Roma ne parla il 21 marzo 2014 con il suo commercialista: inviato a Mineo da Franco Gabrielli per “fare la gara“, Odevaine  – all’epoca membro del Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell’Interno – racconta del proprio incontro con il sottosegretario in un’intercettazione captata negli uffici della Fondazione Integra/Azione: 

“Praticamente venne nominato sub-commissario … eh del commissario Gabrielli … il Presidente della Provincia di Catania … che era anche Presidente dell’UPI … Giuseppe Castiglione … il quale … quando io ero andato giù … mi è venuto a prendere lui all’aeroporto … mi ha portato a pranzo … arriviamo al tavolo … c’era pure un’altra sedia vuota … dico eh “chi?” … e praticamente arrivai a capì che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara”.

Castiglione si professa innocente: “Tutta questa vicenda è semplicemente assurda – si difende il sottosegretario – già sei mesi fa quando venne pubblicata la notizia sull’inchiesta a mio carico caddi dalle nuvole. Ora ci risiamo. Ma di cosa stiamo parlando poi?”. Delle gare d’appalto per il Cara situato nella provincia di cui Castiglione è stato presidente. “Feci una gara in piena emergenza” – racconta – quando l’ex ministro Maroni mi chiamò per l’emergenza immigrati chiamai Odevaine. In quel momento era il direttore della Polizia provinciale in carica a Roma, una persona autorevole, cosa avrei dovuto fare?”.
Qualche dubbio in merito alla gestione delle gare ce l’ha l’Anticorruzione. Il 27 maggio scorso , come anticipato da Marco Lillo sull’edizione odierna del Fatto Quotidiano, Cantone scriveva al ministro Alfano una lettera in cui definiva illegittimo l’appalto del Cara di Mineo vinto nell’aprile 2014 da un raggruppamento di imprese che comprende La Cascina. “Tale problematica sarà sottoposta da Anac al giudice contabile per eventuali profili di danno erariale”, scriveva ancora il presidente dell’Anac. Tutto inizia il 25 febbraio quando Cantone firma un parere sulla gara vinta dal consorzio. La gara sembrava ritagliata su misura del consorzio che già gestiva il Cara, quindi – scrive Cantone – è “illegittima” perché “in contrasto con i principi di concorrenza, proporzionalità, trasparenza, im-parzialità e economicità”.

E il Viminale cosa dice? Nulla, anzi. Il 25 marzo davanti ai parlamentari del Comitato Schengen il prefetto Mario Morcone difende l’operato di chi gestisce il centro: “Ho qualche dubbio sulla decisione del presidente Cantone. (…) A noi hanno detto sempre che il general contractor (come quello scelto da Odevaine e compagni per il Cara di Mineo, ndr) era la soluzione e che si risparmiava e ora improvvisamente per un contratto del 2013 si è stabilito che è stata impedita la partecipazione alle piccole e medie imprese. A certe situazioni bisogna fare attenzione, perché ci sono sicuramente aspetti di opacità, ma anche tanta gente per bene”, conclude il prefetto.
Il 6 maggio Cantone prende di nuovo carta e penna e ribadisce per iscritto il proprio parere al Consorzio Calatino: la gara è illegittima. Ma il 15 maggio Ferrera, direttore generale del Consorzio, firma e pubblica la determina che conferma l’appalto da 100 milioni e chiude la questione anche perché l’Anac ha solo un potere consultivo. L’appaltone è salvo. 

In tutto questo, il ministro dell’Interno Angelino Alfano resta ancora in silenzio.

Rifugiati Amnesia dell'Europa. - Javier Solana

L’Europa dovrebbe imparare dal Libano in materia di rifugiati
La capacità di altri Paesi di gestire masse ingenti di sfollati mettono in risalto l’inefficienza delle politiche migratorie europee.
Dopo la prima guerra mondiale, quando milioni di civili europei sono diventati rifugiati, costretti dall'occupazione nemica delle loro terre natie o dalla deportazione, un regime internazionale è stato in grado di formulare le risposte efficaci per alleviare le sofferenze di coloro che erano stati sradicati. Un secolo più tardi, un'altra crisi dei rifugiati è in corso, e questa volta, è l'Europa che ha il compito di fornire un rifugio sicuro alle persone disperate. Eppure non è all'altezza della situazione, con molti dei suoi risposte non riuscire a corrispondere l'urgenza della situazione.
Nei primi mesi del 2015 più di 38.000 persone hanno provato a raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo dal Nord Africa. Circa 1.800 di queste sono morte, il doppio di quelle che hanno perso la vita nel 2013.
Molti europei hanno risposto a questa crisi, simile a quella che dopo la Prima Guerra Mondiale ha visto milioni di civili europei sradicati e in cerca di un posto dove andare, chiudendo i battenti ai rifugiati o, peggio, chiedendoci di dimenticare. I populismi dilaganti infiammano gli animi con la loro retorica falsa sostenendo che questi flussi sono una minaccia per l’identità nazionale dei paesi ospiti. Ma questa crisi non riguarda tanto gli immigranti, quanto i rifugiati che fuggono dall’instabilità e dalla violenza che affliggono il Nord Africa e il Medio Oriente e la comunità internazionale è tenuta per legge a proteggerli.
L’Europa, d’altra parte, non è l’unica regione a dover sopportare i flussi migratori né quella ad esserne più toccata. Nove rifugiati su 10 fuggono nei Paesi vicini al loro. Così il campo rifugiati di Zaatari in Giordania ospita più di 82.000 persone: se fosse una città ufficiale, sarebbe tra quelle più popolose di tutto il Paese. Il Libano, in cui vivono 4,5 milioni di abitanti, ha accolto 111.6000 rifugiati, all’incirca l’equivalente della popolazione belga.
Con questi dati in mano è difficile giustificare l’incapacità dell’Europa a mettersi d’accordo su un sistema di integrazione di, diciamo, 20.000 rifugiati in un anno, da distribuire in 28 Paesi. Alcuni, come la Spagna o la Grecia, hanno accettato solo 4.000 persone, un numero esiguo se paragonato alla Giordania o al Libano.
Un accordo basato su delle quote aiuterebbe a distribuire il peso tra gli Stati europei. Ogni nazione – e non solo quelle che si affacciano sul Mediterraneo – dovrebbe contribuire alle operazioni di salvataggio in mare. Inoltre l’Europa dovrebbe impegnarsi ad aiutare le nazioni fragili e piagate dai conflitti a far fronte alle sfide, a migliorare il benessere dei cittadini e a sviluppare delle economie fiorenti.
Lo scorso secolo, in entrambe le guerre mondiali, erano gli europei a fuggire dalle persecuzioni e con il numero di sfollati di oggi, che non si era visto dalla Seconda Guerra Mondiale, l’Europa ha la responsabilità di ricordarsi la sua storia e di dimostrare che i valori dell’Unione Europea si estendono oltre le sue frontiere.
Di Javier Solana. The Daily Star Lebanon (03/06/2015). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia.
Javier Solana è un membro della Brookings Institution ed ex Alto Rappresentante UE per la Politica Estera.