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venerdì 10 aprile 2020

Il discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei. - Tomaso Montanari



“Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”. Con queste celebri parole, pronunciate più di sessant’anni fa, Piero Calamandrei costruiva per la Resistenza una proiezione ideale e invitava a pensare la Resistenza del futuro come il cittadino a cui importa del bene comune, al punto di metterlo prima dell’interesse particolare. Parole oggi più che mai da riscoprire.

Il Discorso sulla Costituzione ai giovani di Milano di Piero Calamandrei ha avuto una fortuna davvero singolare. Esso nacque da un invito «dal basso» all’ormai venerato padre costituente: «Il 26 gennaio 1955 ad iniziativa di un gruppo di studenti universitari e medi fu organizzato a Milano nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana, invitando insigni cultori del diritto a illustrare in modo accessibile a tutti i princìpi morali e giuridici che stanno a fondamento della nostra vita associata. Il corso è stato inaugurato e concluso da Piero Calamandrei» (così Riccardo Bauer, allora presidente dell’Umanitaria).

Ben al di là di questa contingenza, il discorso ha goduto di un favore crescente, fino a imporsi negli ultimi anni come uno dei pochissimi classici «repubblicani» italiani, riconoscibile anche nell’indistinto piano di internet. La ragione di questo successo è probabilmente la stessa che portò prima l’autore e poi i più autorevoli curatori della sua opera a non includerlo nelle antologie ufficiali: e cioè il suo taglio dichiaratamente divulgativo, il suo carattere antiaccademico e in un certo modo informale. Calamandrei non lo scelse per Uomini e città della Resistenza (uscito da Laterza in quello stesso 1955), Norberto Bobbio non lo mise negli Scritti e discorsi politici (1966) del suo «maestro e compagno», né Alessandro Galante Garrone lo ha recuperato nella raccolta del 1996 Costituzione e leggi di Antigone. Significativamente, esso è invece presente nel fortunatissimo Lo Stato siamo noi, l’instant book di Chiarelettere del 2011 introdotto da una bella prefazione di Giovanni De Luna.

Ma c’è un’altra ragione di questa popolarità, ed è che il Discorso uscì non in un libro, ma in un disco della Fonit Cetra (1959) commentato, sulla copertina, da Enzo Enriques Agnoletti, oggi rarissimo, ma ascoltabile integralmente sul web.

Si tratta di un testo breve: sei cartelle in tutto, cinque inclusi nel disco («la parte sostanziale», scrive Bauer) più un’altra introduttiva.
Ascoltando oggi la voce – fiorentinissima – di Calamandrei, è difficile dar torto alle commosse considerazioni di Bauer: «La parola del maestro indimenticabile suona oggi ancora come un altissimo richiamo all’impegno scientifico e morale di tutti i giovani che si apprestano a una sempre rinnovata battaglia di civiltà, di progresso e di libertà». A ragione Agnoletti sosteneva: «Pensiamo che se fosse stato concesso a Piero Calamandrei di scegliere in quale volto, della sua pur così varia, ricca e armoniosa umanità avrebbe voluto venire ricordato ritratto, nessuna immagine gli sarebbe stata più cara di quella che lo avesse raffigurato in atto di spiegare ai giovani che cosa è, che cosa può, e deve essere, la Costituzione italiana. […] Forse nessuno in Italia ha sentito il valore della Costituzione così intensamente come Calamandrei. Forse nessuno ha tanto operato perché venisse completata e attuata, e perché la sua originalità venisse veramente conosciuta, e perché, soprattutto, venissero accettati i doveri che essa ci impone: quel programma di libertà e giustizia che essa contiene e proclama, e che molti, purtroppo, hanno considerato come un puro esercizio retorico. Non così Calamandrei».

È esattamente questa la ragione per cui questa pagina merita di figurare nella «biblioteca ideale di chi sta dalla parte dell’uguaglianza, della libertà, della giustizia, della laicità», per citare le parole usate da Paolo Flores d’Arcais per introdurre questo volume speciale di MicroMega.


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Il Discorso si può dividere in quattro parti. La prima (quella che nel disco fu omessa) è una sorta di introduzione in cui si dichiara il tema («Domandiamoci che cosa è per i giovani la Costituzione. Che cosa si può fare perché i giovani sentano la Costituzione come una cosa loro»), si ricorda che la Costituzione è di tutti («La Costituzione è nata da un compromesso fra diverse ideologie. Vi ha contribuito l’ispirazione mazziniana, vi ha contribuito il marxismo, vi ha contribuito il solidarismo cristiano. Questi vari partiti sono riusciti a mettersi d’accordo su un programma comune che si sono impegnati a realizzare»), e si introduce il nodo centrale del discorso («La parte più viva, più vitale, più piena d’avvenire della Costituzione, non è costituita da quella struttura d’organi costituzionali che ci sono e potrebbero essere anche diversi: la parte vera e vitale della Costituzione è quella che si può chiamare programmatica, quella che pone delle mete che si debbono gradualmente raggiungere e per il raggiungimento delle quali vale anche oggi, e più varrà in avvenire, l’impegno delle nuove generazioni»).

Nella seconda parte, quella per così dire portante, Calamandrei sviluppa la visione programmatica e progettuale della Costituzione, che «è in parte una realtà, ma soltanto in parte: in parte è ancora un programma, un impegno, un lavoro da compiere». Calamandrei esalta il significato antifascista della Carta, ma mette l’accento sulla «parte della Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società. Perché – afferma – quando l’articolo 3 vi dice: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, riconosce con ciò che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani».

Nella terza parte Calamandrei ammonisce i suoi giovani uditori, ricordando che tutto dipende dal loro impegno: «Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo».

La prospettiva offerta nella quarta sezione del discorso è dunque quella di una vera e propria religione civile della Costituzione: «La Costituzione, vedete, è l’affermazione, scritta in questi articoli che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune: ché, se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. È la carta della propria libertà, la carta, per ciascuno di noi, della propria dignità d’uomo».

Questa appassionata apertura sul futuro, e questa sorta di pacifica e civilissima chiamata alle armi, si nutriva della consapevolezza di una legittimità della repubblica completamente diversa e altra rispetto a quella del Regno d’Italia dello Statuto albertino: a una lunga storia di civiltà (Calamandrei invoca Mazzini, Garibaldi, Cattaneo, Beccaria) si univa ora una legittimità dal basso che si fondava sulla libera scelta di chi aveva dedicato la propria vita alla liberazione dal nazifascismo. Ed è su questa nota altissima, legata alle vicende più brucianti dei padri e dei fratelli maggiori degli studenti che lo ascoltavano, che il discorso si chiude: «Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».

In questo, come in altri suoi celebri interventi, Calamandrei è riuscito a costruire per la Resistenza una proiezione ideale, non astratta ma profondamente incarnata nel sangue e nella carne del paese: la Resistenza declinata al futuro è il cittadino a cui importa del bene comune, al punto di metterlo prima dell’interesse particolare. Il suo opposto è la Desistenza, come scrive genialmente Calamandrei, il cittadino a cui non interessa la sorte dello Stato: «Questo è l’indifferentismo alla politica: è così bello, è così comodo, la libertà c’è, si vive in regime di libertà, ci sono altre cose da fare che interessarsi di politica. Lo so anch’io. Il mondo è bello, vi sono tante belle cose da vedere e godere oltre che occuparsi di politica. E la politica non è una piacevole cosa». La politica per Calamandrei non è quella dei professionisti, che anzi egli indicherà come un serio pericolo, ma quella dei cittadini che si mettono al servizio dello Stato inteso come bene comune.

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La lacerante attualità di questa visione è determinata dal fatto che gli ultimi trent’anni (dal 1989 in poi) hanno visto i governi della repubblica (sia quelli di destra che quelli di sinistra) dedicarsi indifferentemente e indistinguibilmente al progressivo smontaggio del progetto della Costituzione: potremmo dire che c’è stata una De­sistenza di Stato. La parte più colpita della Carta è proprio quella che Calamandrei riteneva il suo cuore. Il grande giurista assume nel discorso del 1955 una posizione decisamente sostanzialista: perché le affermazioni solenni dei princìpi fondamentali della Carta non siano solo altisonanti ipocrisie, bisogna «dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità d’uomini. Soltanto quando questo sarà raggiunto si potrà veramente affermare che la formula contenuta nell’articolo 1: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto un’uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messi a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società».

Il Discorso ha conosciuto una rinnovata fortuna in occasione delle campagne referendarie sulle riforme costituzionali di Berlusconi (2006) e Renzi (2016): ciò che forse si è meno compreso è che quei progetti (per fortuna respinti) di stravolgimento formale della Carta erano solo l’esplicitazione di un purtroppo efficacissimo svuotamento del progetto costituzionale, giocato proprio sul tema che Calamandrei riteneva fondamentale, quello dell’eguaglianza.

Anche la negazione dei princìpi fondamentali non solo attuata ma enunciata dal Matteo Salvini ministro dell’Interno (con toni esplicitamente fascistoidi) e la sostanziale indifferenza del Movimento 5 Stelle per il progetto sociale della Costituzione rappresentano in fondo non una novità radicale, ma un’ulteriore involuzione di un lungo processo di tradimento della Costituzione. È in gran parte un problema culturale, di educazione alla cittadinanza, di scolarizzazione democratica.


Non per caso questo meraviglioso discorso è rivolto agli studenti, e si apre con l’enunciazione dell’articolo 34, che dice: «I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». «Eh! E se non hanno mezzi?», commenta Calamandrei. «Allora nella nostra Costituzione», continua, «c’è un articolo [il 3] che è il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti».

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Oltre sessant’anni dopo le parole di Piero Calamandrei sono vive, urgenti, energetiche: sono capaci di farci sentire che l’amore per la Costituzione è amore per la costruzione di un’umanità giusta, è il progetto di un’altra Italia. E che la realizzazione di quel progetto, l’avvento di questa Italia diversa, direi opposta all’attuale, non dipende dallo stellone italico, dalla benevolenza degli dei o dalla qualità del ceto politico ma solo dalla nostra capacità di essere cittadini sovrani fino in fondo. È di vitale importanza che questa voce vivissima continui a dire ai ragazzi di ogni generazione che la Costituzione non è dalla parte dell’ingiusto e bestiale ordine costituito, non è dalla parte dello stato delle cose difeso dal Tina («There is no alternative») liberista, ma che, anzi, la Costituzione è dalla loro parte, e che come loro essa «dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale». Capire, sentire questo è la condizione essenziale per «metterci dentro il senso civico, la coscienza civica» per «renderci conto che ognuno di noi non è solo, non è solo».


http://temi.repubblica.it/micromega-online/iorestoacasa-e-leggo-un-classico-il-discorso-sulla-costituzione-di-piero-calamandrei-presentato-da-tomaso-montanari/

domenica 15 novembre 2015

KENIA, ATTACCO JIHADISTA AL CAMPUS UNIVERSITARIO: "STUDENTI DECAPITATI". 147 MORTI. -

Kenia, attacco jihadista al campus universitario:
"Studenti decapitati". 147 morti -Foto


ROMA - «I morti sono 70, i feriti 79, mentre sono oltre 500 gli studenti tratti in salvo, l’operazione è in corso». Difficile immaginare un tweet più agghicciante. Anche perchè lo stesso governo del Kenya teme che la strage jihadista avvenuta ieri, quando il campus studentesco di Garissa è stato attaccato dagli al Shabaab somali. abbia provocato «almeno 50 morti».

Una furia assassina, conclusasi nella notte, che non ha niente di umano. L’università è diventata luogo di sangue e dolore, i terroristi sono entrati sparando alla cieca. Centinaia gli studenti (soprattutto ragazze) rimasti in ostaggio, mentre i fanatici uccidevano senza pietà. «Abbiamo visto alcuni corpi decapitati quando siamo scappati - ha riferito una studentessa scampata all’eccidio, Winnie Njeri -. È stato orribile, loro (gli al Shabaab, ndr) hanno assassinato brutalmente molte persone». Omar Ibrahim, un altro studente dell'Università, ha invece raccontato di avere visto diversi corpi sfigurati dagli assalitori: »Sono stato salvato dalle forze dell'ordine e ho visto molti cadaveri, alcuni senza la testa. Non riesco a capire come un essere umano possa compiere gesti simili».

L'intelligence kenyota ha diffuso la foto della presunta mente dell’attacco, avvenuto lo scorso 9 aprile. C’è una taglia di 20 milioni di scellini (poco meno di 200mila euro) per chiunque abbia informazioni utili alla cattura di Mohamed Dulyadin. «Quattro terroristi sono stati neutralizzati da parte delle forze della sicurezza», ha scritto su Twitter il ministro dell’Interno kenyano, Joseph Nkaissery. Il campus di Garissa ospitava «815 studenti e circa 60 insegnanti». Il rischio è che i tragici numeri dell’attacco anti-cristani (forse 50 ancora quelli in ostaggio) possano aumentare ancora. 



http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/kenia_assalto_college_nairobi_studenti_ostaggio/notizie/1274715.shtml

venerdì 12 ottobre 2012

Studenti, proteste davanti al Pirellone Fumogeni e lancio di uova a Torino.


La proteste “Bastoni e carote” a Torino

Studenti e professori in piazza in 90 città per “difendere il proprio futuro”. A Roma blitz contro la sede dell’Unione Europea.


ROMA
Gli studenti italiani in piazza in 90 città italiane per “difendere il proprio futuro”. La giornata di mobilitazione nazionale del 12 ottobre, precisa un comunicato della rete della Conoscenza “è stata lanciata dall’Unione degli studenti quest’estate, per manifestare contro la svendita della scuola pubblica e la distruzione dell’università, ha avuto una grande diffusione e preannuncia l’apertura di un autunno di mobilitazione intenso”.  

Torino gli studenti hanno lanciato carote contro la sede del Miur e lungo il percorso. Il gesto è simbolico: «il ministro Profumo - spiegano - ha detto che con gli studenti si devono usare il bastone e la carota. L’ultima volta con noi è stato usato il bastone, oggi noi rispondiamo con le carote». Il riferimento è ai tafferugli con la polizia di una settimana fa. Gli studenti torinesi hanno poi raggiunto la sede della provincia, dove hanno srotolato nastro da cantiere tra le colonne dell’edificio. Alcuni studenti hanno poi acceso due lacrimogeni e hanno lanciato uova contro Palazzo Cisterna.  

Milano un gruppo di una trentina di studenti si è staccato dal corteo e ha raggiunto Palazzo Lombardia, sede della Giunta regionale, per protestare: sono state strappate le bandiere della regione esposte e sono stati lanciati fumogeni. In seguito, anche il resto del corteo ha raggiunto il Pirellone. Tra i ragazzi si è levato il grido di «dimissioni», rivolto al governatore Roberto Formigoni e all’assessore lombardo all’Istruzione Valentina Aprea. 

Nonostante la pioggia battente, a Roma gli studenti si sono radunati di fronte alla sede locale del Parlamento Europeo. Durante il successivo corteo, gli studenti hanno strappato le bandiere dell’Unione. Il corteo romano è partito da piazza della Repubblica per raggiungere piazza dell’Esquilino, dove ad attenderli i docenti della Cgil scuola. Al loro ingresso nella piazza sono stati accolti da un lungo applauso dei professori. Secondo gli organizzatori, gli studenti che hanno aderito al corteo sono almeno 10mila. 

Bari il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, insieme all’assessore allo Studio Alba Sasso, sta ricevendo una delegazione di studenti medi e universitari in rappresentanza del corteo conclusosi proprio nei pressi della presidenza della giunta regionale. Nella piattaforma rivendicativa verso la Regione ci sono i finanziamenti alla Legge Regionale per il diritto allo studio delle scuole superiori e la copertura totale delle borse di studio  

In centro a Genova i cortei in corso sono due. Insegnanti e personale amministrativo marciano verso largo Pertini, dove è prevista la manifestazione conclusiva. Il corteo degli studenti è invece stazionato per una ventina di minuti davanti alla fiera, dove si svolge il salone nautico. A Firenze invece studenti e personale docente hanno sfilato insieme. Circa 2mila manifestanti hanno organizzato un cordone umano che da piazza della Signoria si è snodato fino a via Martelli, concentrandosi davanti al liceo Galileo dove nei giorni scorsi è crollato un controsoffitto. 

Sono state organizzati cortei in 90 città italiane, lungo tutto lo stivale. Gli studenti contestano soprattutto il Pdl 953 che elimina le rappresentanze studentesche dai consigli d’istituto. Luca Spadon portavoce nazionale di Link Coordinamento universitario , ha dichiarato: «Sul nostro striscione questa mattina c’è scritto “Una scuola di qualità ce la chiede l’Europa”, finora governo e politici hanno tirato fuori la bandiera del “ce lo chiede l’Europa” solo quando si tratta di sacrifici economici, in modo strumentale e volendo negare un’altra idea di Europa: la nostra! L’Europa ci chiede anche di ridurre gli abbandoni scolastici del 10%, di aumentare il numero dei laureati, di raggiungere il traguardo dell’85% dei 22enni diplomati, l’Europa ci chiede una sistema d’Istruzione di qualità!». “Oggi in piazza sono presenti anche molti studenti universitari - precisa Spadon - per dimostrare a questo governo che gli studenti non sono disponibili a fare dei passi indietro sui temi della conoscenza e per ribadire con forza la nostra contrarietà all’aumento delle tasse per i fuori corso voluta dal ministro Profumo e alla diminuzione dei fondi sul diritto allo studio, provvedimenti drammatici questi che non permetteranno a tanti giovani di iscriversi all’università”. 

venerdì 5 ottobre 2012

Corteo studenti: scontri e feriti a Torino. Tensione a Milano. Roma, protesta al Miur.

Corteo Studenti


Contro l’austerity imposta dal governo, ma anche contro il sistema politico e gli sprechi. E’ partito questa mattina “l’occupy-casta” degli studenti italiani. Un evento che sembra una prova generale del “No Monti day” convocato per il 27 ottobre. Foto del premier bruciate in piazza a Torino, rogo di tessere elettorali a Palermo: in tutta Italia la protesta segue il doppio binario governo-casta. E gli scontri non mancano. Cinque studenti contusi (e 15 fermati) nel capoluogo piemontese, dopo le cariche delle forze dell’ordine. Tensione a Milano, dove la protesta si è concentrata anche su Palazzo Lombardia, centro del potere formigoniano. Altri feriti, questa volta tra gli agenti di polizia, a Roma, dove la protesta si concentra nella zona della sede del Miur. “Da cittadino noto che le posizioni di chi manifesta il proprio dissenso sono tanto più forti quando non sono accompagnate dalla violenza contro cose o persone, ma sono capaci di incanalarsi in una proposta”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, riferendosi agli scontri avvenuti durante le manifestazioni degli studenti in varie città.
TORINO – Cinque studenti – secondo la questura – sono rimasti contusi nel corso dell’azione di dispersione del corteo in via XX Settembre. Per uno di loro, che ha riportato una ferita lacero-contusa alla testa, è stato necessario l’intervento dell’ambulanza. La polizia ha fermato 15 manifestanti, tra cui gli stessi contusi, per identificarli, dopo che hanno effettuato un fitto lancio di fumogeni, uova e vernice contro alcuni negozi. Precedentemente gli studenti avevano imbrattato l’ingresso di un albergo nelle vicinanze della sede del Miur. Gli studenti in corteo a Torino sono arrivati sotto l’Università delle facoltà umanistiche, dove hanno fatto un sit-in e dopo diversi interventi hanno dato fuoco a delle foto dei volti del premier Mario Monti, dei ministri del Lavoro Elsa Fornero, dell’Istruzione Francesco Profumo, del presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota e del sindaco di Torino Piero Fassino. La manifestazione si avvia alla conclusione.
MILANO – Due cortei in città, uno dei quali diretto alla sede del potere regionale. Alcuni fumogeni sono stati lanciati di fronte alla Sede Siae e scritte e volantini sono stati apposti sulle vetrine di una banca durante il corteo degli studenti delle scuole superiori e delle Università a Milano, indetto contro “il progetto di privatizzazione e la politica dell’istruzione pubblica del Governo”. I ragazzi sono prima andati di fronte alla sede Siae, la società per i diritti d’autore, poi all’angolo con via Mercato, hanno riempito di scritte e volantini l’agenzia Intesa Sanpaolo. L’intera zona è stata isolata dalle forze dell’ordine: si è visto passare più volte anche un elicottero per controllare la situazione. Di conseguenza in parti del centro di Milano il traffico è andato in tilt. Qualche momento di tensione al corteo degli studenti milanesi che si è diretto verso Palazzo Lombardia. Qui, all’altezza di Melchiorre Gioia, sono stati lanciati fumogeni e uova. Ed è partita anche qualche pietra.
ROMA – La testa del corteo degli studenti romani che protestano contro i tagli alla scuola ha raggiunto il ministero dell’Istruzione in viale Trastevere. Diverse le linee bus deviate o limitate, pesanti i disagi al traffico. Momenti di alta tensione a Porta Portese, dove gli studenti hanno cercato di sfondare un cordone della polizia che bloccava via Portuense. Gli incidenti si sono verificati quando un gruppo di ragazzi ha tentato di sfondare uno sbarramento di agenti per deviare il percorso e questi ultimi hanno effettuato una carica di ‘contenimentò dopo che era iniziato un lancio di pietre da parte dei ragazzi. Contusioni per quattro poliziotti. Blitz degli studenti del Blocco studentesco anche su un balcone sovrastante l’altare della Patria: una gigantografia di Monti in “versione vampiro” con la scritta “baroni” è stata esposta dai ragazzi su uno striscione calato dal tetto al di sopra delle colonne dell’altare, da un balcone del museo Vittoriano che affaccia su piazza Venezia.
NAPOLI – Alcuni grossi petardi sono stati fatti esplodere durante il corteo degli Studenti Autorganizzati della Campania in corso a Napoli. In piazza circa 4-500 giovani, tra cui studenti delle scuole medie superiori di Napoli e provincia. Urlati sloga contro la riforma della scuola.Corteo degli Studenti Autorganizzati della Campania a Napoli per protestare contro la riforma del settore Scuola. Il corteo saluterà la nave ‘Estellè di Freedom Flotilla, ora a Napoli, e diretta a Gaza nel tentativo di rompere l’embargo. 
PALERMO - Un lungo serpentone formato dagli studenti di gran parte degli istituti superiori palermitani ha attraversato la città. Durante tutto il corteo cori e cartelli contro il governo Monti. “Siete bravi solo a tagliare”; “la riforma fatela davvero libri di testo a costo zero” alcuni degli slogan più gettonati. Ma la sorpresa arriva a conclusione della manifestazione, davanti la sede della presidenza della regione, quando tra l’applauso dei migliaia di studenti sono state bruciate un centinaio di tessere elettorali sotto lo striscione “nessuna fiducia nella casta”.