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sabato 9 aprile 2022

Coglione sì, bimbominkia no. Ecco il tariffario degli insulti. - Ilaria Proietti

 

LE SENTENZE, I POLITICI E I POVERI CRISTI - Dire o non dire. “Rompiballe” va bene, che Salvini non abbia mai lavorato pure. Renzi “ebetino” invece no. 

“Rompiballe” si può dire, per quanto sia assai “inurbano”. E pure “coglione”, ma sempre che si sia voluto dare alla parola il significato bonario di “sprovveduto”. “Talebano” non è lesivo della onorabilità, ma a patto “che rimanga nell’ambito di un dibattito politico”. Con “Bimbominkia” scatta la diffamazione aggravata, come ha invece stabilito l’altro giorno la Cassazione decidendo sul caso di Mavie Cattoi, colpevole di aver offeso la reputazione di Enrico Rizzi, segretario del Partito animalista europeo. Altro che fallo di reazione, per il Rizzi in questione neppur lui un amante del tiro al fioretto: quando è morto Diego Moltrer, presidente del consiglio regionale della Regione Trentino-Alto Adige e appassionato di caccia, dalla sua bocca non erano esattamente usciti petali di rosa, ma tant’è: non meritava di essere comunque “additato come mentalmente ipodotato”, ossia come un “bimbominkia”. Ancorché sull’insulto c’è dottrina: anche per i giudici, per dire, ormai un “vaffanculo” non si nega a nessuno, anche se esistono pronunce di segno opposte a quella del 2007 per la quale l’espressione è sì ingiuriosa, ma ormai entrata nell’uso comune, e quindi pace. Sulle offese a sfondo razziale sono stati scritti fiumi di inchiostro: “Sporco negro” si può dire più o meno impunemente o è solo un’aggravante razziale che scatta in presenza di un altro reato come in quel caso di Palermo in cui ci fu un’aggressione col cric? Sul termine “frocio” e/o “frocio schifoso” invece si va a sbattere di sicuro: ne sa qualcosa Bal Efe “transessuale esercente la prostituzione”, come scrivono gli Ermellini, che si è beccata una condanna per diffamazione per aver sostenuto su Facebook l’omosessualità di un suo presunto amante, apostrofato appunto “frocio” e “schifoso”. A scorrere le sentenze, “cornuto” resta un grande classico che fa il paio con “fedifraga” – pardon – “mignotta”: per i giudici specie se riferito a donna e moglie è tabù e integra il reato di diffamazione attribuire una storia extraconiugale con un altro uomo che non sia il legittimo consorte, perché “elemento intrinsecamente idoneo a vulnerare non l’opinione che la persona offesa ha di sé, bensì, oggettivamente, l’apprezzamento da parte della storicizzata comunità di riferimento del complesso dei valori e delle qualità che la vittima esprime, quale dinamica sintesi della sua dignità personale, apprezzamento cui si correla la lesione dell’altrui reputazione”.

E quando c’è di mezzo la politica? Nel 2006 la Cassazione stabilì per esempio che era diffamazione dire dell’avversario “Giuda Escariota” in un comizio elettorale. O descrivere nei volantini il tal candidato come “gaglioffo” e “azzeccagarbugli”. Il che fa ben sperare chi querela a tutto spiano anche per le intemperanze via social: nel 2014 Ilda Iadanza, una signora friulana, raccontò di esser stata denunciata da Matteo Renzi per diffamazione per un “ebetino” che le era scappato sul blog di Grillo. Matteo Salvini ha di recente avuto soddisfazione contro Oliviero Toscani che lo aveva dileggiato per il servizio fotografico apparso sul settimanale Oggi, in cui il Capitano leghista si era fatto ritrarre a letto, coperto da un piumino e rivestito della sola cravatta verde: “Una pompinara da due soldi” lo aveva apostrofato, salvo poi precisare che non aveva voluto gettare discredito sulla sua persona, ma stigmatizzarne i comportamenti politici e l’inclinazione a offrire in vendita persino il suo corpo agli ingenui elettori del suo partito. Ma niente: la Cassazione ha stabilito nel 2021 che la fellatio sarà stata pure una metafora politica, ma il fotografo aveva esagerato assai. Ma in altri casi gli è andata peggio: nel 2016 ad esempio il Tribunale di Bergamo ha stabilito che dire che Salvini non ha mai lavorato non è reato perché nonostante la querela al Fatto Quotidiano che lo ha definito “politico di professione” effettivamente “non svolge e non ha mai svolto nessuna attività civile”.

Sempre nel 2016, il Tribunale di Milano aveva archiviato una sua querela nei confronti dell’ex sindacalista Marco Bentivogli, che lo aveva preso di petto in tv: “Ma lei ha l’autoblu pagata dallo Stato, di cosa parla? Lei gira in autoblu. È andato una volta a Bruxelles. È il più grande assenteista di Bruxelles e parla delle condizioni delle persone. È andato a Bruxelles l’altro giorno e gli uscieri neanche si ricordavano di lei. Sono sicuro che da 25 anni mantengo lei con le mie tasse. Di questo sono sicuro. Lei fa politica da 25 anni mantenuto dai contribuenti italiani”. Gli è andata male anche con Carlo De Benedetti, che durante il Festival di Dogliani non era stato tenero: “Salvini? È il peggio. Antisemita, xenofobo e antieuropeo e finanziato da Putin”. Il Tribunale di Cuneo pochi giorni fa ha assolto De Benedetti con tanti saluti ai 100 mila euro di risarcimento chiesti dal leghista anche se ancora non sono note le motivazioni. Certe invece quelle del Tribunale di Milano che nel 2021 ha archiviato la querela di Salvini contro Ilaria Cucchi che lo ha aveva definito uno “sciacallo che fa politica di basso livello sulla morte di mio fratello”: è diritto di critica.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/09/coglione-si-bimbominkia-no-ecco-il-tariffario-degli-insulti/6553856/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR3i_Ba5FO4qI_pSVu7LJG37C3FxTN6mZOgZVd_jslJ2rji-aC7QKcdVp5Y#Echobox=1649493310


Quindi, per la Cassazione noi cittadini dobbiamo subire le angherie dei politici, ma non possiamo ribellarci anche solo a parole, insultandoli, perchè i parlamentari, con i nostri soldi, possono difendersi ad oltranza incanalando, dopo aver apportato le opportune modifiche alle loro stesse leggi, le decisioni dei giudici in loro favore. Per noi sempre meno diritti e più doveri, per lor signori più diritti, meno doveri e tanta, tantissima stravaganza e strafottenza da sbandierare a mo' di "io sono io e tu non sei un cabbaso!"

cetta

venerdì 18 giugno 2021

Trojan, il gip: “Intercettazioni utilizzabili” Vicina la richiesta di processo per Palamara. - A. Mass.

 

S’è chiusa ieri la vicenda trojan – quella perugina, perché a Firenze c’è un’attività d’indagine in corso – nell’inchiesta che vede Luca Palamara indagato per corruzione con l’imprenditore Fabrizio Centofanti. Dopo mesi di udienze e di sospetti sull’utilizzo del trojan che intercettò l’ormai famoso dopocena all’hotel Champagne di Roma – quello in cui Palamara, nel maggio 2019, discuteva con i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri del futuro procuratore di Roma – il gup Piercarlo Frabotta ha stabilito che v’è stato il “pieno rispetto” delle norme. In sostanza, sebbene Rcs avesse omesso di dichiarare alla procura di Perugia l’utilizzo, oltre a quello romano, di un server nella procura di Napoli, sconosciuto persino ai magistrati partenopei, nessuna legge è stata comunque violata: la norma prevede infatti che il server debba essere installato all’interno di una procura e, nonostante nessuno ne fosse al corrente, uno dei server in questione, era all’interno di un palazzo di giustizia. La scoperta era emersa in seguito alle indagini difensive svolte in sede disciplinare dall’avvocato di Ferri (non indagato a Perugia), Luigi Panella, ma il gup ha stabilito che esistevano comunque le “condizioni di sufficiente protezione quanto al transito sicuro del flusso dal telefono infetto al server finale di destinazione” e il “pieno rispetto dell’articolo 268 del codice di procedura penale”. Il paradosso, quindi, è che persino un server “fantasma”, purché installato all’interno di una procura, è quindi utilizzabile. “Siamo stati sempre certi che le intercettazioni fossero state fatte in modo corretto”, ha commentato il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, che nelle settimane scorse ha incassato anche la collaborazione dell’imprenditore Centofanti, il quale, disposto a patteggiare, ha raccontato in procura di aver fatto da “sponsor” per l’attività di “politica giudiziaria” di Palamara pagando cene per circa 8mila euro l’anno. È probabile che alla prossima udienza, chiedendo il rinvio a giudizio, la Procura rimoduli il capo d’imputazione per Palamara proprio alla luce delle dichiarazioni di Centofanti.

“Prendiamo atto della decisione del giudice e attendiamo gli esiti degli accertamenti definitivi da parte la Procura competente di Firenze” ha commentato invece Palamara precisando che ricorrerà in Cassazione ed eventualmente alla Corte europea. A Firenze, dove la Procura – che sta analizzando l’intero flusso degli impulsi, a differenza di quella umbra, che s’è concentrata su circa 20 chunk – Palamara e Ferri sono considerati parti offese perché Rcs non aveva riferito l’esistenza dei server napoletani.

ILFQ