Prima la riunione con i governatori, poi il vertice tra il premier e i capidelegazione: nel governo restano distanze su quali provvedimenti siano necessari per le festività, in attesa dell'incontro con la delegazione di Italia viva, che ancora non si è tenuto a causa dell'assenza della ministra dell'Agricoltura, impegnata a Bruxelles. I più rigoristi, Pd e LeU, spingono per la zona rossa dal 24 al 6, Conte e Cinquestelle pensano a misure ad hoc per i giorni festivi e prefestivi. A chiedere la stretta ora è anche il Veneto di Zaia, insieme a Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Molise.
Una giornata di incontri, vertici e tavoli, ma il governo arriva a sera senza una decisione perché la capodelegazione di Italia Viva, Teresa Bellanova, è a Bruxelles per il negoziato sulle etichettature. E quando è rientrata in Italia ha fatto sapere, tramite fonti renziane, che non prenderà parte a nessun vertice e che invece si presenterà all’incontro con il premier Conte nell’ambito della verifica di maggioranza. Un incontro che era in programma nella mattinata di mercoledì 17 dicembre alle 9, ma che secondo quanto riferito da Italia Viva il premier Conte ha deciso di rimandare alle 18 a causa di una serie di impegni istituzionali. Le misure per il Natale rimangono quindi appese agli impegni della ministra dell’Agricoltura e creano non poco nervosismo all’interno della maggioranza, con il sospetto che i renziani vogliano aspettare il confronto con il presidente del Consiglio per la “verifica”. Alla fine, anche il punto finale di Palazzo Chigi tra premier e capidelegazione della maggioranza sulla stretta di Natale è stato rinviato alle prossime ore. Il tempo tuttavia stringe, tanto che fonti di governo spiegano come, a questo punto, sia davvero difficile che le nuove norme possano essere definite prima di 24 ore. In tal senso, restano ancora distanze su quali restrizioni siano necessarie per contenere i contagi da coronavirus. La prima riunione tra il premier Giuseppe Conte e i capi delegazione è cominciata all’ora di pranzo: al tavolo Roberto Speranza (Leu), Dario Franceschini (Pd), Alfonso Bonafede (M5s). Con loro anche il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro.
L’ipotesi festivi e prefestivi – Franceschini, Boccia e Speranza si battono per misure da “zona rossa” continue, mentre è più prudente la linea del premier, sostenuto dal M5s nel volere un intervento più limitato. L’ala rigorista del Pd e il ministro della Salute spingono per una serrata generale dal 24 dicembre al 6 gennaio, ma nel governo esiste un’altra anima – compreso il presidente Conte – che vorrebbe misure più morbide fuori da festivi e prefestivi. E proprio questo potrebbe essere il punto di caduta nel vertice serale: le restrizioni più pesanti coinciderebbero con i week-end e i festivi. In questo modo, di fatto, gli unici giorni non ‘rossi’ sarebbero lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30 dicembre, lunedì 4 e martedì 5 gennaio. In ballo anche come calibrare le riunioni in famiglia per il giorno di Natale. Sul punto la Lega, durante un confronto con Speranza, ha chiesto una deroga proprio per il 25 dicembre. E sullo sfondo, come terza e più remota opzione, resta sempre l’ipotesi di un’Italia tutta arancione dalla vigilia di Natale all’Epifania.
Le Regioni per la zona rossa – Il confronto acceso e l’assenza di Bellanova hanno costretto a un aggiornamento, che era previsto in serata al rientro della ministra dal vertice di Bruxelles, al quale ha voluto presenziare di persona. Un aggiornamento che, stando a quanto riferito da fonti renziane, non ci sarà: la capo delegazione di Iv ha fatto sapere che non sarà presente. Bellanova sarebbe dovuta andare domattina alle 9 a Palazzo Chigi con la delegazione di Italia viva per l’incontro con Conte nell’ambito della verifica di governo, ma il premier in serata ha fatto sapere ai renziani di aver rinviato il vertice alle 18. Al netto delle questioni politiche, ci sono pochi dubbi sul fatto che verranno introdotte misure più restrittive. Tutta la discussione parte dal parere dato martedì dal Comitato tecnico scientifico, che a sua volta si è spaccato sulla possibilità o meno di fornire indicazioni specifiche sulle misure da intraprendere. Dal vertice con le Regioni che si è tenuto in mattinata invece è arrivata la spinta alla linea più dura: il presidente del Veneto Luca Zaia, insieme ai rappresentanti di Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Molise, ha chiesto la zona rossa per il Natale. “Nel periodo delle festività servono restrizioni massime, se non le fa il governo le facciamo noi – ha detto Zaia – Se non chiudiamo tutto adesso ci ritroveremo a gennaio a ripartire con un plateau troppo alto“.
Toti non vuole misure nazionali – Diversa la posizione del governatore ligure Giovanni Toti: Non vedo perché imporre alla Liguria una zona rossa per Natale quando i liguri in queste settimane si sono impegnati e sacrificati per far calare la curva del contagio e farci arrivare in piena zona gialla”, ha detto a L’aria che tira su La7. “Ci siamo dati delle regole i primi giorni di dicembre, decidendo di dividere il Paese in zone, e quelle regole hanno funzionato per contenere il covid. Non vedo perché cambiarle ora, alla vigilia delle festività natalizie”, ha commentato Toti. Che però non rappresenta la posizione di tutti i governatori, nemmeno di quelle del centrodestra. Come detto, Regioni come il Veneto e il Lazio, sempre in giallo, durante il vertice con il governo hanno spinto per una stretta.
La mozione sugli spostamenti – Intanto il Senato ha approvato la mozione di maggioranza sugli spostamenti tra i comuni nei giorni delle festività natalizie con 140 sì, 118 no e 5 astenuti. Poco prima, l’Aula aveva respinto la mozione dell’opposizione con 142 voti contrari. Il testo approvato a Palazzo Madama impegna il governo a “valutare il ridimensionamento o l’ampliamento delle misure di restringimento, come in materia di spostamenti tra comuni della stessa provincia o il ricongiungimento con parenti e congiunti stretti, attualmente al vaglio dell’esecutivo, sulla base di solidi dati scientifici e di ulteriori analisi che ne dimostrino l’imprescindibilità, onde bilanciare opportunamente sia i plausibili rischi di una nuova terza ondata pandemica sia le pesanti conseguenze di tali restrizioni sul tessuto socio-produttivo” e “nell’eventualità di nuove restrizioni, a prevedere misure di ristoro economico proporzionate alle perdite di fatturato anche nei confronti di quelle attività a cui inizialmente era stata indicata la via dell’apertura“.