mercoledì 21 maggio 2014

Andrea Scanzi - Le tre interviste.


Ieri ho guardato le tre interviste di Enrico Mentana a Bersaglio Mobile.

- Renzi. 
Debole. 
Solitamente bombarolo e retorico, borbottante e sputicchiante. 
Insolitamente umile e low profile. 
Lo ha fatto per scelta (vuole convincere i moderati con l'ottimismo che "è il profumo della vita") e perché evidentemente i sondaggi che ha devono essere non proprio trionfali. 
Ha persino detto che il metro di paragone per valutare l'esito delle Europee è Bersani 2013: ha messo le mani avanti, per poter dire che lui ha vinto anche se ha preso un solo voto più di M5S. 
Ma figuriamoci. 
Fino a due mesi fa Renzi aveva 12 punti di vantaggio, ha quasi tutta l'informazione spaventosamente a favore e a gennaio sembrava il Nazareno di Rignano sull'Arno. 
Non gli basta vincere il 25 maggio, quello è scontato: deve farlo con almeno 6 punti di vantaggio. 
Debole anche nelle battute scritte ("La Fiorentina mi ha fatto soffrire, ma anche lei con l'Inter ha goduto po'o Direttore"). Ha ripetuto "dopodiché" 712 volte e al di là di questo mantra eterno degli 80 euro non è riuscito ad andare. 
La narrazione di sempre: Io sono il bene e loro il male. Io canto l'inno di Italia e mi commuovo, gli altri sono gufi che rosicano. Che palle. 
E' stato bravo sulla politica estera, lì l'ho visto - per l'unica volta - sincero e appassionato, ancor più quando ha parlato dei traumi che lo hanno colpito durante la sua generazione (su tutti Falcone e Borsellino). Un Renzi meno supercazzolico e meno aggressivo: bene. Ma pure (ancor) più retorico e moccia-jovanottiano. E questo è un male: anzitutto per lui.

- Berlusconi. 
Sconfortante. 
Se non fosse il "politico" che ha devastato il paese, verrebbe voglia di compatirlo. 
Un uomo stanco, sfiancato. 
Confuso, caricaturale, noiosissimo. 
"Il Champagne staMpato", i "clobbe", la "decadonza", "sono stato io a porre fine alla guerra fredda": aiutatelo. 
Ormai non mette neanche più rabbia: rompe proprio le palle. 
A un certo punto ha parlato lungamente di Putin: se la Crimea lo ha, secondo me si è invasa da sola. 
Fare battute su Berlusconi, ormai, è come picchiare un bambino con gli occhiali che caga. 
Sunset boulevard.

- Di Battista. 
E' partito a handicap, accostando pericolosamente Civati e Cuperlo al concetto di "mafia" politica. 
Il senso era chiaro, ce l'aveva non con loro ("brave persone") ma con l'idea di compromesso eterno e colpevole, ma poteva fare mille altri esempi più forti. 
Se ne è reso conto e, alla fine, è tornato sull'argomento chiarendo meglio il concetto per fugare i dubbi. 
Per il resto, un'intervista ritmata, schietta, appassionata. 
La prova della sua efficacia era l'espressione di Mentana, che minuto dopo minuto aveva scritto in volto "Oh cazzo, questo è bravo davvero, ha già fatto il culo a tutti gli altri". 
Sostengo da tempo, e vedo che ci stanno arrivando in tanti, che milioni di italiani ormai votino più Di Maio e Di Battista, Morra e Sarti che non Grillo o Casaleggio. 
Non so quante persone abbia convinto Yoko dalla Annunziata o Grillo da Vespa: non molte, forse. 
Al contrario, la forza comunicativa e contenutistica di Di Battista mi è parsa evidente. 
Ha dimostrato una maturità e una sincerità allergiche al politichese che hanno di colpo reso vecchissimi tanto Renzi quanto Berlusconi. 
Vi devo sincerità totale, e per questo voglio ricordarvi una volta di più che Alessandro è un amico: un caro amico. 
Con voi non ho segreti: ci conosciamo dal giugno 2013 e ci vediamo con una certa regolarità. 
Ne ho stima e credo di poter dire serenamente che la cosa è reciproca. 
Questo può inficiare la mia analisi, ma non ne sono granché convinto: spesso ci scontriamo su alcune posizioni che io reputo talebane e lui inattaccabili. 
Ho visto la puntata con la mia compagna, non certo grillina, e la sensazione è stata quella di avere (finalmente?) ascoltato un giovane politico realmente nuovo, preparato e onesto. Purtroppo M5S non è solo Di Battista: ci sono anche le Fucksia, troppi/e Fucksia, e le magagne - in Parlamento e più ancora nel territorio - non mancano. 
Queste magagne devono essere sempre sottolineate, criticate e condannate. Ieri, però, se fosse stata una partita di tennis, sarebbe stato Di Battista-Berlusconi 6-0 6-1 e Di Battista-Renzi 7-5 6-2. 
Se i 5 Stelle cominciano a vincere anche mediaticamente, allora per Renzi e le sue ancelle senza arte né parte si fa dura. 
Durissima.

Cassa Depositi, Bassanini: “Aiutarla a resistere alle pressioni della politica” - Costanza Iotti

Cassa Depositi, Bassanini: “Aiutarla a resistere alle pressioni della politica”


Il presidente della Cdp parla di "pressioni fortissime” per i casi Alitalia e Mps e rimette sul tavolo il tema dell'ingresso dei soci privati nel gestore dei risparmi postali degli italiani.

Per la Cassa Depositi e Prestiti ci vuole una “governance costruita in modo da resistere alle pressioni della politica”. A sostenerlo non è, come si potrebbe immaginare, il Movimento 5 Stelle, ma lo stesso presidente della Cdp, Franco Bassanini, che però ai vertici del braccio finanziario dello Stato è arrivato grazie al voto delle Fondazioni bancarie. Ovvero di enti pubblico-privati su cui, come insegna il caso Monte dei Paschi di Sienal’influsso della politica è decisamente rilevante.
“Le regole di ingaggio del Fondo strategico (controllato da Cdp, ndr) sono importanti – ha poi aggiunto Bassanini – Sulla base di queste regole abbiano detto no all’ingresso nel capitale di Alitalia, no in precedenza all’acquisto di azioni di Mps, perché erano al di fuori delle regole e non solo di legge”. Sui dossier caldi del momento, Bassanini rivela di aver “avuto pressioni fortissime” che però non hanno sortito l’effetto sperato dalla politica, presente nel consiglio della Cassa Depositi e Prestiti con il sindaco di Torino, Piero Fassino, l’assessore leghista all’economia, credito e semplificazione della Regione Lombardia, Massimo Garavaglia, e il presidente piddino della provincia di Torino, Antonio Satta.
Con una nuova governance, la Cassa potrà valutare l’apertura o meno del capitale ai privati che “è un tema aperto” come ha poi precisato Bassanini sottolineando di averne “ragionato con il governo molte volte” aprendo ad una scelta che “spetta a governo e parlamento”. E non c’è dubbio che se la strada dovesse essere l’apertura ai privati, non mancheranno i potenziali acquirenti perché, come sanno bene le Fondazioni bancarie, “stare in Cdp è un buon investimento”. Per Bassanini però “il punto centrale riguarda il fatto se tale ipotesi – di apertura del capitale ai privati – sia coerente o meno con la missione pubblica della Cassa”, ultima cassaforte dei risparmi degli italiani raccolti da Poste Italiane. Denari con cui la Cassa, che sta progressivamente cedendo la partecipazione in Generali, ha l’incarico di investire in progetti di lungo periodo e in società che non siano in perdita per realizzare infrastrutture strategiche e rafforzare il patrimonio imprenditoriale del Paese.
“Noi abbiamo tre parole, tipiche degli investitori di lungo termine – ha detto a tal proposito l’ad di Cassa,Giovanni Gorno Tempini -. Siamo pazienti, non puntiamo cioè a ritorno nell’immediato; siamo coinvolti, vale a dire che non diamo assegni in bianco, guardiamo alla qualità dei progetti che ci vengono sottoposti; infine siamo produttivi, non siamo e non potremmo essere finanziatori o investitori a fondo perduto. I nostri capitali devono tornare indietro, e remunerati”. Quindi anche quelli investiti nel mattone comprando a fine dicembre immobili del demanio con qualche pezzo di pregio dei comuni di Firenze, Torino e Venezia per tappare i buchi dei bilanci degli enti locali.

Hanno paura....



Tirando le somme, hanno definito Grillo un assassino, un fascista, un pazzo, un nazista, un vento passeggero, ed altro ancora. 
Ed è anche comprensibile che lo definiscano in tutti i modi denigratori possibili ed immaginabili, ha scoperchiato, come aveva promesso, la pentola del parlamento e promette di togliere dalle mani di tanti avidi ed inutili individui i giocattolini dei quali si sono illegalmente impossessati e che utilizzano a loro piacimento: il potere legislativo ed il denaro pubblico che è un fiume in piena. 
Senza il potere legislativo ed il denaro pubblico, quegli stessi individui tornerebbero ad essere ciò che in realtà sono: il nulla assoluto.


Chi ci osserva dall'esterno, capisce meglio di noi ciò che sta avvenendo all'interno del nostro paese ed esprime pareri più obiettivi su cose e persone.

Beppe Grillo, il Washington Post gli dedica tre pagine: "E' come i fenomeni neonazi? La risposta è no".

Se lo chiede il Washington Post: perché l'Europa traballa davanti al terremoto politico guidato da un comico? Il giornale americano dedica oggi un servizio di tre pagine web a Beppe Grillo e al suo movimento. Partendo dall'instabilità dell'euro, da un'Europa che lascia spazi in cui si inseriscono movimenti estremi - Le Pen in Francia, Stronach in Austria e Geert Wilders in Olanda - quello di Grillo può essere accostato, come già è stato fatto, a forme neonazi? La risposta che lo stesso Post fornisce è no. Per più motivi.
Citando lo stesso Grillo "mi chiamano Hitler, ma non capiscono. Il nostro movimento sta riempiendo uno spazio analogo a quello che i nazisti avevano in Germania o i nazionalisti di Le Pen hanno in Francia: noi non siamo come loro. Siamo moderati” il Post ricostruisce la storia del comico. Dagli anni delle battute su Craxi sino al "momento della svolta", l'elezioni vinte a maggio da Federico Pizzarotti a Parma, città di 413mila persone (in realtà, se si conta anche la provincia), spiega come Grillo sia più che un comico liberal alla “Michael Moore” e non il leader di un "movimento di estrema destra". E' un "portavoce" di un popolo, i cinque stelle, "nato dal popolo di internet e dal blog di Grillo". Però l'Europa "ha paura": perché è "il contrario di Monti" e delle forme politiche "attuali", perché secondo i sondaggi "partiva dal 4%" e ora è la terza forza politica del Paese.
Secondo il Washington Post il comico, nell'Italia dei Fiorito, è dunque "cambiamento" nonostante il caso Giovanni Favia e le frizioni interne. "Lo stesso Favia dice che è l’unico con il coraggio necessario per spezzare la rete dei vecchi partiti. E' una necessità".

lunedì 19 maggio 2014

Legge elettorale, il viceministro Nencini: ‘Italicum nato per mettere fuori gioco M5S’.

Legge elettorale, il viceministro Nencini: ‘Italicum nato per mettere fuori gioco M5S’

“L’Italicum è stato concepito per mettere fuori gioco il Movimento 5 stelle“. Obiettivo il bipolarismo e tenere fuori dall’influenza del governo il terzo partito. Lo dice apertamente il viceministro alle Infrastrutture e ai trasporti Riccardo Nencini intervenendo ad Agora su Rai 3. Parla di una riforma della legge elettorale debole e incapace di raggiungere l’obiettivo, ma che soprattutto rischia di non sopravvivere al risultato delle prossime Europee. “L’Italicum era stato concepito per mettere fuori gioco Grillo e per ridurre a due, centrodestra contro centrosinistra, un ragionamento che fosse all’interno di una cornice europea, con una proposta di legge che però era troppo debole per raggiungere questo obiettivo. L’Italicum nasce per mettere fuorigioco il terzo partito e impostare un bipolarismo europeo. Se Grillo diventa il secondo partito alle Europee l’Italicum cade“.
A inizio aprile l’aveva detto l’ex ministro della difesa Mario Mauro: “Se alle Europee crolla Forza Italia, salta l’Italicum”. E su Rai 3 lo conferma oggi anche Clemente Mastella (Forza Italia): “Il 25 maggio segnerà lo spartiacque della politica italiana, ed è ovvio che, laddove Grillo prenderà molti voti, l’Italicum è completamente fregato, cioè bisogna cambiare i meccanismi. Tutto sommato Grillo può arrivare anche al 25-30 per cento – ha aggiunto Mastella – però rimane una minoranza sostanziosa. Certamente, non è la maggioranza del Paese”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/19/legge-elettorale-nencini-italicum-e-nato-per-mettere-fuori-gioco-m5s/990637/

Expo 2015, l’intercettazione: “Alfano mi ha offerto un ruolo di consigliere”. -

Expo 2015, l’intercettazione: “Alfano mi ha offerto un ruolo di consigliere”


Dagli atti dell'inchiesta su Expo 2015 - che ha portato a una raffica di arresti per le manovre occulte sugli appalti - continuano a venire fuori intercettazioni in cui si evocano o si fa riferimento a ministri del governo Renzi. Dopo Maurizio Lupi, che smentisce di aver avuto mai a che fare con la "squadra", viene fuori il nome del ministro dell'Interno. A parlare è l'ex senatore Grillo.


La cupola e i politici. Dagli atti dell’inchiesta su Expo 2015 – che ha portato a una raffica di arresti per le manovre occulte sugli appalti - continuano a venire fuori intercettazioni in cui si evocano o si fa riferimento a ministri del governo Renzi. Dopo Maurizio Lupi, che smentisce di aver avuto mai a che fare con la “squadra”, viene fuori il nome di Angelino Alfano
Grillo: “Alfano mi ha offerto ruolo di consigliere economico”. In una telefonata intercettata, lo scorso 24 marzo l’ex senatore di FI e del Pdl Luigi Grillo raccontava, parlando con Cesare Previti, che il ministro dell’Interno “gli avrebbe offerto il ruolo di ‘consigliere economico’ personale”, col “fine di ‘seguire anche un po’ le nomine”. Argomento che è molto discusso dagli indagati. In una annotazione della Guardia di Finanza del 31 marzo si spiega che Grillo, che davanti al gip ha negato di aver preso soldi o turbato gare, nella telefonata racconta a Previti dell’incontro con il responsabile del Viminale che a suo dire “gli avrebbe offerto il ruolo di ‘consigliere economico personale, nella qualità di ‘capo delegazione dell’Ncd al Governo’”
Tra l’altro si legge ancora, Grillo “dice che gli avrebbe parlato di ‘Giuseppe’ (Nucci)”, ex manager di Sogin, “e su quest’ultimo, Alfano avrebbe risposto ‘sì sì va bene lo mettiamo in conto di dargli uno … poi te ne parlerà anche Cesare’”. Grillo poi, scrive ancora la Gdf, “aggiunge, sempre parlando di Nucci, che avrebbe sentito anche Giuseppe, gli ho detto guarda ci vediamo domani, con Cesare c’abbiamo sempre a cuore la tua vicenda, non dubitare. Adesso sto andando da Alfano e poi ti dico…”.
”Ah c’è Lusetti (…) Bene! Devo sentire che nomine fanno quelli lì”. 
Ah c’è Lusetti (…) Bene! Devo sentire che nomine fanno quelli lì, di quella banda lì, del Governo”. Così in un’intercettazione del 28 marzo scorso, l’ex parlamantare Dc Gianstefano Frigerio commentava il fatto che la sua segretaria aveva fissato per lui “una cena” con “l’Onorevole Renzo Lusetti”, ex parlamentare del Pd e dell’UdcLa segretaria di Frigerio infatti, come spiega la Gdf in una delle annotazioni, lo “avvisa” che per il “prossimo 2 aprile” ha fissato una cena con Lusetti, “e Frigerio commenta: “Ah c’è Lusetti a cena. Bene!“’. E così, scrive la Finanza, evidenzia “il movente principale dell’incontro con il parlamentare” proprio “nell’argomento delle nomine dei vertici ‘pubblic’, tanto strategico” per i “progetti del sodalizio”.
“La cupola si attivò anche per appalto Termomeccanica”. Secondo gli investigatori la cupola si sarebbe “attivamente” adoperata per favorire una delle società legate ai componenti della a ipotizzata associazione per delinquere anche in “una gara” d’appalto “riguardante Termomeccanica spa”, storica azienda del settore metalmeccanico con sede a La Spezia. Secondo la Gdf, in particolare, Grillo, ora in carcere e che era consigliere nel Cda di Termomeccanica, e Sergio Cattozzo, il presunto ‘corriere’ delle tangenti, si sarebbero mossi per favorire la Prisma Impianti spa di Valerio Alfonso, una delle società che avrebbero avuto “collegamenti” con gli indagati  che puntava a Termomeccanica che stava “procedendo alla selezione/individuazione dei fornitori”. Nel contesto di un lavoro tra “la stazione appaltante”, che era l’azienda spezzina, “e la società Prisma Spa”, si legge nell’annotazione, Grillo “fornisce ad Alfonso il recapito telefonico del responsabile (di Termomeccanica) della commessa”. Il titolare della Prisma, inoltre, intercettato al telefono con Cattozzo il 25 ottobre 2013, diceva: “Abbiamo individuato subito un filone proprio bello chiaro e … ‘io ti do questo, tu mi dai quello, io ti dò”. 
“Una cooperativa mise a disposizione auto per Greganti”. Una delle cooperative, che sarebbero state legate alla cosiddetta ‘cupola degli appalti’, avrebbe noleggiato e messo a disposizione di Primo Greganti, l’ex funzionario del Pci che al gip ha dichiarato di occuparsi di legno, un’auto “in ragione della sua opera ‘mediatoria’ a favore dell’impresa”. Secondo le Fiamme Gialle il 18 febbraio del 2014, infatti, la coop Viridia, società che sarebbe stata molto ‘vicina’ al ‘Compagno G’ e avrebbe lavorato anche nell’appalto per la ‘Piastra’ dell’Expo, mandò, scrive la Gdf, una e-mail a Greganti con la “copia di un’ offerta di noleggio relativa ad un’autovettura Audi A4”, scrivendogli anche: “In attesa di un cortese riscontro per definire il contratto”. L’auto, secondo la Gdf, è stata “trattata dalla cooperativa Viridia per una diretta utilità di Greganti“. 

IZMIR -- TURKEY, EXPO 2020 Candidate City İnciraltı Site Movie 3D)



Gli altri si evolvono, noi implodiamo.

Expo, paralisi e tangenti a Milano. Smirne “la sconfitta” realizza il dossier e rinasce. - Thomas Mackinson

Expo, paralisi e tangenti a Milano. Smirne “la sconfitta” realizza il dossier e rinasce


E' la città cui l'Italia ha soffiato l'occasione dell'Esposizione Universale. Ma la perla dell'Egeo, anche senza la pioggia di milioni, in sette anni ha realizzato le opere del dossier di candidatura: aeroporti, porti, autostrade, università. Tanto che il suo rating è superiore a quello di Milano. E perfino in mezzo alla tragedia di Soma, c'è chi dice: "L'Italia non meritava questa figuraccia planetaria".

C’è l’aeroporto nuovo di zecca da sette milioni di passeggeri. Il porto allargato, la nuova autostrada per Ankara, 96 km di metropolitana e ben nove università. Tutto, rigorosamente, no ExpoA duemila chilometri da Milano in questi giorni c’è poco da ridere dopo la strage di Soma, con gli operai intrappolati nella miniera a mezz’ora d’auto da Smirne. Ma ai turchi non è sfuggito quanto accaduto in Italia, l’inchiesta su tangenti e appalti che ha azzerato i vertici Expo e rischia ora di far naufragare l’evento che sette anni fa han perso, per una manciata di voti, a favore di Milano. La notizia li ha riportati al 31 marzo del 2008, quando la città sull’Egeo fu sconfitta dalla superiore attività di lobbying dell’Italia, che non risparmiava nulla per ottenere il voto degli ambasciatori dell’Unesco: ambulanze, trattori e orologi compresi.
Quanto sta accadendo ora, a sette anni di distanza, per molti è una sorta di rivincita. Non tanto sul piano morale, che pure la Turchia ha le sue beghe di corruttela e tanta strada da fare sulla tutela dei diritti. E tuttavia un dato è ineludibile: mentre la Milano che ha vinto è rimasta al palo, tra ritardi e tangenti, Smirne “la sconfitta” è andata avanti, realizzando da sola gran parte degli investimenti che si era prefissata nel 2008, senza i fondi che sarebbero arrivati dal governo centrale di Ankara. E ha avviato una stagione di nuova e sorprendente prosperità. Lo spread tra Smirne e Milano, del resto, era emerso subito. Dopo l’aggiudicazione, di fronte all’impasse milanese segnata da conflitti politici sull’asse Roma-Milano, più volte si è ipotizzato di “cedere” l’evento alla seconda classificata. Il sindaco Azız Kocaoglu, oggi alla miniera per coordinare i soccorsi, già nel 2008 profetizzava: “Perché mai gli Stati dovrebbero scegliere Smirne? Perché è una città che vuole e può crescere, rispetto a chi il proprio cammino verso lo sviluppo lo ha già percorso da un pezzo e faticherà ad andare oltre”. Ecco la nuova Izmir, allora, un punto geografico non banale nella cartografia dei ragionamenti sulla necessità dell’Expo. 
Investimenti e credibilità. Così rinasce una “metropoli AA+”Un colpo d’occhio su cosa sia diventata nel frattempo Smirne lo si può avere con due click. Basta confrontare il video della candidatura ufficiale per il 2015 con quello per il 2020. Perché Smirne ci ha riprovato e perso ancora, a favore di Abu Dhabi. Ma qui se ne fanno una ragione. Perché in sette anni la terza metropoli turca ha fatto passi da gigante, Expo o non Expo, a smentire la teoria per cui solo i grandi eventi internazionali possono trasformare le moderne metropoli. Il presidente della Camera di Commercio Italo-Turca è Rebii Akdurak. Al tempo era in prima linea per conquistare i delegati del BIE. “Quella retata per le tangenti, mi spiace per l’Italia che non si merita tanto scandalo”, dice. Due mesi fa è stato sui cantieri milanesi ed è rimasto di sasso: “Mi aspettavo grandi cose, a un anno dall’evento ho visto solo cumuli di terra, camion, strade per aria. Si fatica perfino a raggiungere il sito dell’esposizione”. 
Mentre Smirne ne ha fatta di strada. Non a caso il rating Fitch inchioda Milano a un modesto BBB+ mentre quello della città turca corre con un AA+, dovuto alla “capacità della municipalità di auto finanziare gli investimenti e diminuire i debiti”. E il perché è presto detto. “A parte la zona a dieci km dal centro, individuata per gli eventi internazionali che non vinciamo mai, la città in sette anni è rinata sotto tutti i punti di vista. Abbiamo allargato il porto: nel 2008 aveva zero passeggeri, oggi ne accoglie 600-700mila l’anno. Attraccano qui, per dire, anche Costa Crociere e Smc dopo aver fatto il giro delle isole greche che stanno a 8 miglia da qui”. Grazie al finanziamento per 110,8 milioni di euro di grandi banche internazionali (la francese French Development Bank, la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) e ING Bank sotto la guida del World Bank Finance Board IFC) si sta stanno realizzando tre ferryboat, 15 navi, nuovi porti e aree di manutenzione marittima con cui rafforzare i trasporti nel Golfo. 
Nel frattempo, è stata completata la metropolitana che ormai copre una distanza di 96 km, due in più di quella milanese la cui estensione è stata via via decurtata negli anni, sempre a causa della mancanza di fondi. A regime, quella turca raggiungerà i 302 km con nuove linee sotterranee, metropolitana di superficie, tram e monorotaia. “Tra i progetti più importanti la linea che collegherà la zona di NarlıdereIstihkam con Urla, percorrendo 30 km. Verrà esteso il percorso della metro con una nuova linea di 9,5 km che collegherà la zona di Üçyol con il campus universitario a Buca”, spiega Simone Favaro, che tre anni fa ha fondato un sito per gli italiani a Izimir (Il Nuovo Levantino). Il piano di mobilità urbana ha poi visto l’impiego di 33 milionidi euro per l’acquisto di 300 nuovi autobus. Si sta anche completando l’autostrada Izmir-Cesme, che tra un anno permetterà di raggiungere la capitale Ankara in tre ore anziché in sei. Ma l’elenco non è finito, per la gioia dei milanesi che ancora non sanno come raggiungere l’area espositiva di Rho-Pero con mezzi pubblici e strade di raccordo (Tem, Pedemontana, Brebemi) che non arriveranno in tempo, così come le nuove metropolitane promesse. Lo stesso aeroporto di Malpensa è “congelato” nella trattativa Alitalia-Ethiad, con la “Terza Pista” che non decolla mai. 
La beffa degli aeroporti. Malpensa ferma da anni, Izmir decollaQuello di Izmir, l’aeroporto Adnan Menderes, nel frattempo è diventato uno scalo d’importanza mondiale: con 7 milioni di passeggeri l’anno ha decuplicato i clienti rispetto ai 700mila del 2008. Il progetto di ampliamento e ristrutturazione era un pilastro del dossier di candidatura per il 2015. E nonostante l’evento sia saltato, in soli 21 mesi è stato terminato con un investimento di 250 milioni di euro. Il nuovo terminal può contare su una superficie coperta di 200 mila metri quadri e su due parcheggi, uno coperto da 2.350 veicoli e uno scoperto che può ospitare fino a tremila veicoli. A questi si aggiungono: 64 postazioni per il check-in, 40 ascensori, 30 scale mobili e 666 metri di tapis roulant. Roba grossa, insomma. Anche la nuova Fiera era un progetto targato Expo. Sembrava anzi scimmiottare le scelte del capoluogo lombardo che, nella prima decade del nuovo millennio, ha spostato il polo fieristico dall’area di San Siro a Rho. “Ma la stanno facendo davvero”, racconta Favaro. Costerà 220 milioni di dollari e avrà una collocazione più strategica rispetto all’attuale Külturpark Fuarı, situata nel centro città. Infatti, sebbene spostata dal centro, disterà solo 7 km dall’aeroporto, 10 dal centro città e a 3 dalla metropolitana di superficie che la collega al centro e ai quartieri collocati a nord di Izmir. Non come a Rho, che per essere raggiunta da Milano richiede un viaggio. 
Università, turismo e giovani. A Milano si fugge, qui si viene a vivere 
Ora c’è pure l’università. Anzi sono nove in tutto. Nel 2008 è stata anche creata quella di raccordo, la Izmir Universities Platform, per posizionare la metropoli come “città delle università”, attraverso collaborazioni con altri atenei (tra gli aderenti l’Università Ege, l’Università Dokuz Eylul, L’Istituto di Tecnologia di Izmir, Izmir University of Economics, Yasar University, Gediz University, Izmir Katip Celebi University  e Sifa University. Nei laboratori di Izmir si fa sopratutto ricerca avanzata: si sta progettando la prima auto a energia solare mentre sono già una realtà i guanti digitali in grado di interpretare il linguaggio dei segni e di trasformarlo in voce. 
A Milano siamo ancora fermi al primato della Bocconi, alla gloria novecentesca del grande Politecnico. Per chiudere, mentre l’eredità di Milano che ha vinto è tutta da scrivere, quella di Smirne che ha perso è li da vedere, nei saldi positivi e negativi delle due metropoli. Uno per tutti. Mentre il capoluogo lombardo, sempre meno vivibile, continua a “spalmare” i suoi residenti nell’area vasta della “città metropolitana” e delle periferie dormitorio della sua provincia, la nuova Smirne si sta popolando, soprattutto di giovani attratti da lavoro, commercio e turismo. I residenti erano 3,7 milioni nel 2008, a dossier Expo ancora caldo. Da allora sono aumentati del 17,7% e ora superano i 4 milioni. 
La gente a Smirne ci va a vivere, anche senza Expo. 
Dalla Milano delle banche e delle bustarelle, invece, continua a scappare. 
Anche con Expo.