giovedì 7 agosto 2014

IL DODICESIMO PIANETA - NIBIRU E LA FORMAZIONE DELLA TERRA.





Una tavoletta scoperta in Iraq sud orientale appartenente alla civiltà sumerica risalente a 6/8000 anni fa, mostra il nostro sistema solare in modo perfetto.  L'unica differenza è che viene raffigurato anche il pianeta Nibiru posto in alto a sinistra. Narra la tradizione sumera che il pianeta Nibiru collise con un altro di nome Tiamat, la gran parte del quale divenne la nostra Terra ed il resto la fascia degli asteroidi tra il gigante gioviano e il pianeta rosso.


Un sigillo accadico del III millennio a.C., oggi conservato al Vorderasiatische Abteilung del Museo di Stato di Berlino (la sigla è VA/243), raffigura il nostro sistema solare cosi come lo concepivano i Sumeri, cioè composto da dodici corpi celesti. Verso la fine del XVIII secolo, prima ancora della scoperta di Nettuno, diversi astronomi dimostrarono che <>, cioè la Legge di Bode, essa convinse gli astronomi che doveva esserci un pianeta tra Marte e Giove. Dal primo asteroide (Cerere) scoperto il 1° gennaio del 1800 dall’astronomo italiano Giuseppe Piazzi, sono stati contati circa 3.000 asteroidi che ruotano attorno al sole in quella che viene chiamata “la fascia degli asteroidi”; si tratta senza dubbio dei frammenti di un pianeta andato in frantumi, un pianeta che gli astronomi russi hanno chiamato Phayton (“carro”). Gli astronomi però non sanno spiegarne la scomparsa, fosse stata un autoesplosione i pezzi avrebbero dovuto volare in tutte le direzioni e non rimanere tutti in un’unica fascia, se fosse stata la collisione di due pianeti dove si troverebbe il secondo? E’ andato in frantumi? Gli asteroidi non basterebbero nemmeno a formare un pianeta, figuriamoci due! Le risposte naturalmente ci vengono fornite dall’antichità…
L’Epica della Creazione è un testo babilonese, predecessore in molti punti della Bibbia, letto sempre come sola e pura mitologia, ma se lo leggiamo cosi come appare diventa una vera cosmogonia dove si narra di due corpi celesti primordiali da cui ebbero origine una serie di “dèi” celesti. All’inizio esistono solo tre corpi celesti: Apsu (sole), Mummu (Mercurio) e TIAMAT (il pianeta mancante). Poi si formarono Lahmu (Marte) e Lahamu (Venere):

Le loro acque si mescolarono…
E dèi si formarono in mezzo a loro:
nacquero il dio LAHMU e il dio LAHAMU;
per nome furono chiamati.


Poi vennero Anshar (saturno), Kishar (Giove) e Gaga (Plutone) che nelle mappe celesti dei Sumeri si trovava vicino a Saturno e non al di là di Nettuno. Ed infine Anu (Urano) che poi formò un pianeta gemello: Nudimmud (Nettuno).

I divini fratelli si coalizzarono;
disturbavano Tiamat andando avanti e indietro.
Turbavano il “ventre” di Tiamat
Coi loro strani movimenti nelle dimore del cielo.
Apsu non riusciva a frenare il loro clamore;
Tiamat era ammutolita dal loro comportamento.
Essi compivano atti detestabili
E si comportavano in maniera odiosa.


Questo sono riferimenti evidenti a orbite irregolari, dove i nuovi pianeti interferivano con l’orbita di Tiamat. Dopo una momentanea calma, ecco arrivare un nuovo “dio” (pianeta) dallo spazio profondo: il suo nome era Marduk (Nibiru per i Sumeri), ed era ancora un pianeta giovane con uno stato ancora molto plasmabile. Esso viene spinto nel sistema solare da Nettuno grazie alla sua spinta gravitazionale, arrivato nei pressi di Urano frammenti di materia si staccarono dando origine a quattro satelliti (<>). Il fatto di entrar
Lo scontro con Tiamate nel sistema solare passando nelle vicinanze di Nettuno e Urano indica che esso aveva una direzione orbitale opposta a quella del sistema stesso, e quindi oraria. Successivamente Marduk venne spinto ancora più al centro del sistema solare grazie all’immensa forza gravitazionale di Saturno e Giove, formando una traiettoria di collisione con Tiamat. L’avvicinarsi provoca la formazione di ben undici satelliti intorno a Tiamat, dei quali il più grande è Kingu; esso soggetto a spinte gravitazionali contrastanti prese a spostarsi verso Marduk che intanto aveva creato altri tre satelliti. Lo scontro avvenne, ma non fu tra i due pianeti, bensì tra i satelliti di Marduk e il pianeta Tiamat (con gli undici satelliti), esso si squarciò a causa dello scontro e perse tutti i suoi satelliti (tranne Kingu) che si dispersero andando a formare presumibilmente le comete( veri e propri “membri ribelli” viste le loro orbite molto allungate e la loro orbita spesso contraria ai pianeti). Intanto Marduk sottrasse l’orbita a Kingu, avendo cosi un’orbita solare permanente è “costretto” a tornare nel luogo dello scontro: questa volta è Marduk a colpire Tiamat dividendolo in due, poi un altro dei satelliti di Marduk colpì la metà separata (destinata a diventare la Terra) con violenza portandola in un’orbita dove nessun pianeta era stato prima. L’altra parte di Tiamat si ridusse in pezzi andando a formare la fascia degli asteroidi”, mentre Kingu divenne il satellite (Luna) della parte rimasta (Terra). Ed infine spinse un satellite di Saturno, cioè Gaga, in un diverso piano orbitale facendolo diventare Plutone come lo conosciamo oggi (unico pianeta ad avere un orbita molto allungata).

L’Epica della creazione cosi interpretata fornisce una risposta alle domande poste in precedenza, inoltre spiega come mai sulla Terra i continenti siano tutti concentrati da una parte, mentre l’altra parte è occupata da un’immensa cavità (Oceano Pacifico). Numerosi erano infatti i riferimenti alle acque di Tiamat, chiamato anche “mostro d’acqua”: è naturale, quindi, che la terra essendo parte di esso ne sia ricca. Il Profeta Isaia ricordava i “giorni primordiali”, quando la potenza del Signore <>(Tehom-Raba significa “grande Tiamat”). I popoli antichi non soltanto aspettavano il dodicesimo pianeta, ma ne tracciavano anche il percorso; diversi passi biblici, specie di Isaia, Amos, e Giobbe collegano il movimento del Signore celeste a varie costellazioni.
<>, oppure <>.
L'orbita di NibiruQuesti versi ci parlano dunque di un pianeta che spazia nel più alto dei cieli, proveniente da sud e che si muove in senso orario, proprio come affermano i testi mesopotamici. Ma quanto è lungo il periodo orbitale di Marduk? Le fonti mesopotamiche e bibliche sembrano attestare che il periodo orbitale era di 3.600 anni (circa). In lingua sumerica il numero 3.600 era scritto come un grande cerchio, e l’epiteto usato per indicare il pianeta, shar (“supremo sovrano”), significava anche “cerchio perfetto” o “ciclo completo”, e inoltre indicava il numero 3.600: è davvero solo un caso che i tre elementi, pianeta, orbita, numero 3.600, coincidessero? Beroso, sacerdote astronomo ed erudito babilonese, disse che prima del diluvio avevano regnato sulla terra dieci sovrani per una durata complessiva di 120 shar o 432.000 anni. La cosa sorprendente è che i regni divini citati in tavolette sumere riportano durate fantastiche (Aluim 28.800 anni, Alalgar 36.000 anni), ma tutte multiple di 3.600! Da questo possiamo dedurre che la durata degli shar erano collegati al periodo orbitale del Dodicesimo Pianeta, e quindi ogni sovrano regnava e veniva sostituito quando Marduk era nel punto più vicino alla Terra, di conseguenza i periodi di comando dovevano essere misurati in shar. Viene naturale chiedersi come facessero questi Nefilim a rimanere sulla Terra 28.800 o 36.000 anni; ma un anno terrestre è il tempo che la Terra impiega per completare un giro orbitale attorno al Sole, poi diventato metro di misurazione per la vita sul nostro pianeta. Poiché la vita si sviluppò quando la Terra aveva già assunto il suo moto orbitale, il nostro orologio biologico è regolato su di esso, perciò su un altro pianeta la vita sarebbe regolata su cicli di quel pianeta, quindi per gli Anunnaki stare 36.000 anni sulla Terra corrisponderebbe in realtà a starcene dieci. Ma i Nefilim, che verosimilmente non dovevano essere molto diversi da noi, potevano essersi evoluti su un altro pianeta? Potevano essere in grado di viaggiare nello spazio?
Ormai gli scienziati sanno che esistono innumerevoli galassie come la nostra, con milioni di possibili combinazioni di temperatura, atmosfera ed elementi chimici, quindi esistono innumerevoli possibilità di vita nell’universo. Poi si è scoperto che esistono molecole d’acqua nello spazio interplanetario, molecole di base della materia vivente “fluttuanti”, ed inoltre, grazie alla navetta spaziale Pioneer 10, è stato scoperto che il Sole non è l’unica fonte di calore ed energia disponibile, ma alcuni pianeti (come Giove) distanti dal sole sono “caldi” grazie a fonti proprie. Un pianeta che contiene molti elementi radioattivi non soltanto genera da sé il proprio calore, ma manifesta anche un’intensa attività vulcanica; e questa attività produce un’atmosfera. Se il pianeta è grande abbastanza da esercitare una forte attrazione gravitazionale, conserverà la sua atmosfera praticamente per sempre. Il Dodicesimo Pianeta è sempre stato definito “radiante”, “il più luminoso degli dèi” oltre a tantissimi altri nomi “acquatici” riportati nell’Epica della Creazione. Se un problema esiste, è quello della comparsa della vita sulla Terra. Il nostro pianeta si è formato circa 4 miliardi e mezzo di anni fa e secondo gli scienziati le prime, più semplici forme di vita si trovavano già sulla Terra dopo poche centinaia di milioni di anni dalla sua formazione. Sembra davvero troppo poco. Parecchi elementi indicano anche che le più antiche e semplici forme di vita, risalenti a più di 3 miliardi di anni fa, contenevano già molecole di origine biologica, invece che non-biologica. In altre parole ciò significa che la vita presente sulla Terra cosi poco tempo dopo la sua formazione discendeva da altre forme di vita precedenti e non dalla combinazione di gas e sostanze chimiche inerti. In un articolo pubblicato sulla rivista scientifica <> (settembre 1973), il Premio Nobel Francis Crick e il dr. Leslie Orgel avanzarono l’ipotesi che la vita sulla terra possa essere nata da minuscoli organismi provenienti da un altro pianeta. I due scienziati cominciarono i loro studi perché poco convinti delle teorie correnti circa l’origine della vita. Come mai esiste un solo codice genetico per tutte le forme di vita terrestri? Se la vita ebbe inizio dal cosiddetto “brodo” primordiale allora avrebbero dovuto svilupparsi organismi con codici genetici diversi.Come mai l’elemento molibdeno svolge un ruolo chiave nelle reazioni enzimatiche necessarie per la vita, ma allo stesso tempo è un elemento molto raro?
Ed elementi come il cromo e il nichel, che sono abbondanti sulla Terra, perché hanno scarsa rilevanza nelle reazioni biochimiche? La “strana” teoria proposta affermava inoltre che era possibile che la vita fosse stata importata volontariamente da esseri di un altro pianeta. Non si trattò di un’inseminazione volontaria, ma casuale, creata dallo scontro di Marduk con Tiamat. Se poi pensiamo, per fare un esempio, che il Dodicesimo Pianeta sia anteriore alla Terra dell’1%, risalirebbe comunque a 45 milioni di anni prima, quindi facendo le debite proporzioni, è certamente possibile che gli abitanti fossero in grado di viaggiare per lo spazio.
http://www.daltramontoallalba.it/ufologia/dodicesimopianeta6.htm

Orbita del Pianeta X secondo Sitchin 

L'orbita di Nibiru secondo Sitchin

mercoledì 6 agosto 2014

Forame Ovale Pervio (PFO) - a cura del dr. Remo Albiero

Cos'è il Forame Ovale Pervio (PFO)?
Il Forame Ovale Pervio, altrimenti abbreviato con l'acronimo PFO, definisce un'anomalia cardiaca in cui l'atrio destro comunica con il sinistro a livello della fossa ovale tra septum primum e il septum secundum. Statisticamente interessa all'incirca il 25-30% della popolazione adulta.
Il forame ovale
In realtà la comunicazione tra i due atri è assolutamente normale e anzi essenziale durante la vita fetale, prima della nascita.
Durante la vita fetale (vedi figura sopra) i polmoni sono inattivi e l'ossigeno che va ai tessuti proviene dalla madre tramite la placenta e i vasi del cordone ombelicale. Dovendo oltrepassare i polmoni, il sangue fluisce direttamente dalla porzione destra del cuore nella parte sinistra tramite due aperture il dotto di Botallo posto tra l'arteria polmonare e l'aorta toracica e il forame ovale che connette i due atri. Alla nascita, la circolazione placentare viene interrotta, i polmoni iniziano la loro attività respiratoria e il piccolo circolo (cioè quello polmonare) diventa pienamente funzionante. Le modificazioni delle resistenze vascolari fanno si che la pressione atriale sinistra diventa leggermente superiore a quella destra. Questa differenza di pressione fa accollare al forame ovale una piccola membrana chiamata septum primum. Normalmente, entro il primo anno di vita, la membrana si salda alla parete e la chiusura diviene permanente. 
Quando si parla di PFO?
Il forame ovale viene definito pervio (aperto), quando questa saldatura non avviene e la chiusura anatomica risulta imperfetta o manca completamente e quindi il septum primum viene mantenuto in sede soltanto dalla differenza pressoria. È come se avessimo una porta semplicemente accostata e non chiusa con la serratura, che si può aprire in un senso o nell'altro a seconda della pressione esercitata ai due lati. Nelle nornali condizioni di vita, il PFO non comporta nessun problema. Se invece la pressione nell'atrio destra supera quella dell'atrio sinistro, ci può essere un passaggio (shunt) di sangue nell'atrio sinistro. Il volume di sangue che viene deviato dipende, oltre che al gradiente pressorio, anche dalle dimensioni dell'apertura e ambedue variano di volta in volta.
Un forame ovale pervio (PFO) è stato riscontrato a livello autoptico (cioè all'autopsia sul cadavere) nel 25-35% della popolazione adulta senza differenza di sesso 1. Utilizzando l'ecocontrastografia, un PFO si può rilevare nel soggetto vivente ("in vivo") nel 5-20% della popolazione adulta 23. Queste percentuali sono diverse perchè all'autopsia si vede direttamente la parte anatomica (coiè il setto interatriale), mentre l'ecocardiografia con ecocontrasto si basa sulla misura indiretta di un fenomeno fisiologico.
Quali sono le persone che dovrebbero essere interessate al PFO?
  1. Pazienti giovani (di età inferiore ai 60 anni), colpiti da uno o più episodi di ischemia cerebrale la cui causa non sia stata determinata ("criptogenetica") e si sospetti una embolia cerebrale "paradossa"7La causa di un episodio di ischemia cerebrale rimane sconosciuta ("criptogenetica") nel 35-40% dei casi 6.
  2. I subacquei colpiti da forme gravi di malattia da decompressione dopo immersioni eseguite nel rispetto delle tabelle.
Quando va fatto l'esame specifico per il PFO?
Il PFO non provoca alcuna anomalia all'esame fisico e radiologico nè all'elettrocardiogramma. Raramente da manifestazioni patologiche, per cui molti non sanno assolutamente di averlo. Esistono vari metodi di indagine che accoppiano tecniche contrastografiche all'uso di ultrasuoni e che consentono di valutare lo stato delle strutture cardiache e del flusso di sangue, sia normale che patologico (ecocontrastografiabidimensionale ad alta definizione, ecocardiografia color doppler). In pratica, viene iniettata in vena una soluzione salina contenente microbolle che, una volta giunte al cuore, permettono di rilevare il tipo e l'entità di un eventuale shunt. Il metodo Doppler visualizza molto bene le bolle gassose e la direzione del flusso circolatorio, che apparirà in blu quando è in allontanamento dalla sonda e in rosso quando si sposta in direzione opposta. L'uso della soluzione salina con microbolle non ha evidenziato nessuna conseguenza particolare e la metodica è considerata pressochè sicura. La sensibilità diagnostica aumenta se questo esame viene associato alla manovra di Valsalva. Se è presente un PFO, l'ecocardiografia con ecocontrasto metterà in evidenza il passaggio dall'atrio destro a quello sinistro di microbolle nella fase transitoria di aumento della pressione in atrio destro. La dimostrazione di un PFO mediante ecocontrastografia è strettamente correlata con i risultati del cateterismo cardiaco. Quando usata in associazone alla manovra di Valsalva, l'ecocontrastografia ha rilevato il 60% dei PFO che sono stati rilevati al cateterismo cardiaco, e quando usata in associazione al test del colpo di tosse è stato rilevato nel 78% dei casi45. Una tecnica di più recente introduzione è l'ecocardiografia transesofagea color doppler, che si esegue introducendo una sonda in esofago previa una blanda sedazione del paziente. La più stretta vicinanza tra il trasduttore e il cuore porta a migliori risultati con una sensibilità diagnostica del PFO del 100%.

I pazienti con episodi di ischemia cerebrale da sospetta "embolia paradossa"L'embola paradossa viene ritenuta responsabile di un episodio di ischemia cerebrale quando:
  1. non è presente una fonte trombo-emboligena nelle sezioni cardiache di sinistra,
  2. vi è la possibilità di uno shunt (passaggio di sangue) tra le sezioni destre e sinistre del cuore, e
  3. viene rilevato un trombo nel sistema venoso o nell'atrio destro 9.
Dal momento che il rilievo di un trombo all'interno del PFO è di raro riscontro1 , 10 la diagnosi di embolia paradossa è di solito presuntiva. Le condizioni che in presenza di un PFO determinano un'embolia paradossa si ritiene siano le seguenti:
  1. un aumento cronico della pressione nell'atrio destro con conseguente shunt destro-sinistro (ad esempio ipertensione polmonare, BPCO, embolia polmonare) 11,
  2. un aumento transitorio della pressione atriale destra che si verifica al termine di un aumento della pressione dell'aria nei polmoni (manovra di Valsalva, tosse, immersioni12) e
  3. differenze cicliche della pressione tra i due atri con transitori shunt tra l'atrio destro e il sinistro. 
Mentre non c'è attualmente alcuna prova sicura di un rapporto causa-effetto, numerosi studi hanno comunque confermato una forte associazione tra la presenza di un PFO e il rischio di embolia paradossa o di episodi di ischemia cerebrale1314. Quando confrontati con un gruppo di soggetti di controllo senza PFO, i pazienti con PFO hanno un rischio di soffrire di un evento trombo-embolico che è quattro volte più alto; tale rischio è 33 volte maggiore nei pazienti che hanno sia il PFO che un aneurisma del setto interatriale 15. Inoltre, la presenza di un forame ovale ampiamente pervio (con separazione tra septum primum e septum secundum >5mm) o con ampio shunt destro-sinistro (più del 50% dell'atrio sinistro riempito da ecocontrasto) sono state identificati come predittori ecocardiografici di un aumentato rischio di embolia paradossa16. Infine, ci sono sempre più dati che evidenziano come i pazienti con PFO ed embolia paradossa hanno un rischio aumentato di future recidive di ischemia cerebrale.

Uno studio retrospettivo, multicentrico eseguito in Francia ha dimostrato che il rischio annuo di avere una recidiva di ischemia cerebrale transitoria (TIA) è dell'1.2%, e del 3.4% di avere una recidiva di ictus cerebrale o di TIA; le stesse percentuali di recidiva di eventi ischemici cerebrali si verificano anche nei pazienti con PFO e pregressi episodi di ischemia cerebrale "criptogenetica" che assumono una terapia medica profilattica con farmaci anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici 17. I dati di questo studio francese sono confermati da quelli di uno studio svizzero condotto a Losanna, in cui la recidiva di ictus ischemico cerebrale in 140 pazienti con PFO e pregresso ictus è stata dell'1.9% all'anno, mentre la percentuale combinata di ictus e TIA è stata del 3.8% all'anno18 , 19.

I subacquei colpiti da forme gravi di malattia da decompressione dopo immersioni eseguite nel rispetto delle tabelle
Le bolle gassose originate dopo ogni immersione subacque si formano all'interno delle vene e non nel sangue arterioso. Quest'ultimo presenta una pressione più elevata, non è quasi mai sovrasaturo e non riceve gas direttamente dai tessuti. Le bolle formatesi sono piccole e non provocano sintomi poichè si arrestano a livello dei capillari polmonari e vengono gradatamente espulse con la respirazione (microbolle). In definitiva rimangono confinate alla circolazione venosa, la quale non ha nessuna funzione nutrizia ma costituisce una sorta di via di scarico per le sostanze che vanno eliminate dall'organismo. Un PFO consentirebbe a queste bolle altrimenti asintomatiche di entrare nel circolo arterioso, dato che la separazione tra i due atri non è ermetica. Inoltre, questo passaggio potrebbe associarsi a turbolenze e creare nuovi nuclei gassosi. Il filtro polmonare perderebbe così l'importante funzione di blocco ed eliminazione dei gas in eccesso residuati dall'immersione. Queste bolle farebbero come un ospite indesiderato che entra nella porta di servizio, evitando di essere respinto all'ingresso da un cortese ma deciso portiere (i polmoni). Se poi la decompressione è stata inadeguata, la gran quantità di bolle presenti potrebbe congestionare i polmoni far alimentare la pressione in atrio destro e spingerne una certa quantità nel circolo arterioso. L'inversione del gradiente pressorio, per un transitorio alimento della pressione venosa, si potrebbe verificare anche durante una manovra di compensazione forzata come il Valsalva, della quale sono noti gli effetti del piccolo circolo. Il Valsalva alimenta la pressione nella parte destra del cuore e può incrementare uno shunt in caso di PFO o di altro difetto settale. Inoltre, anche rapidi cambi di posizione o di orientamento, sollecitazioni improvvise, stress termici, tosse, vomito, mute o cinghiaggi troppo stretti potrebbero dare origine a transitori aumenti di pressione. Infine, qualche cenno sui possibili effetti indotti dalla posizione di Trendelemburg, ormai peraltro poco usata, nel caso la vittima dell'incidente sia portatore di PFO. È stato visto che gli effetti sullo shunt non sono consistenti, poichè l'innalzamento delle gambe fa aumentare la pressione simultaneamente in ambedue i compartimenti sia destro che sinistro.

Il PFO è realmente un fattore di rischio?
Nel già citato studio di Moon, il 61% dei subacquei colpiti da forme gravi di Mdd (malattia da decompressione) presentava un PFO. Successivamente Wilmhurst trovò che molti individui con sintomatologia da Mdd dopo immersioni nel rispetto delle tabelle evidenziavano shunts destro-sinistri. Venne attribuita un'incidenza di PFO del 66% in coloro che presentavano sintomi precoci di Mdd (entro 30 minuti dall'immersione), a fronte di un dato del 17% tra chi aveva manifestato più tardivamente i segni dell'incidente da decompressione. Il tempo che intercorre tra l'emersione e l'inizio dei sintomi è tanto più breve quanto più rilevante e immediato è l'interessamento del circolo arterioso. Il Divers Alert Network (Dan) definisce come immeritati quegli incidenti non giustificati da chiari errori di risalita o di decompressione. Uno studio specifico compiuto da tale organizzazione considerava la possibilità che tali incidenti venissero favoriti dalla presenza di un PFO. I dati non ancora definitvi evidenziano una significativa, maggiore incidenza del PFO nelle patologie da decompressione di tipo celebrale: la percentuale è del 62% in chi ha subito un incidente da decompressione, del 88% nei casi con ripercussioni cerebrali e del 40% se presenti sintomi neurologici periferici. In un'articolo di Moon diffuso recentemente nella traduzione italiana, viene rilevato come circa il 50%) dei soggetti sofferenti di gravi forme neurologiche di Mdd presenti una pervietà del forame orale, attribuendo loro lma probalità 5 volte maggiore di venir colpiti da forme severe di Mdd. La predisposizione rigllarderebbe anche le fonne cardiorespiratorie e cutanee di Mdd ma non le localizzazioni articolari. Altri studiosi ritengono invece che il legame tra shunt e Mdd continui a rimanere controverso. I dati a sostegno di questa valutazione considerano, per esempio, che dei 50.000 sub praticanti in Gran Bretagna, circa 15.000 dovrebbero presentare un PFO. Ebbene, ogni anno vengono osservati circa 100 casi di Mdd di tipo neurologico, e cioè indica che il fatto di avere lo shunt non necessariamente deve portare a Mdd. Uno shunt potrebbe si incrementare il rischio di incidente con sintomi neurologici, ma tale rischio rimane comunque molto basso in tennini di popolazione.


Terapia medica profilattica contro l'embolia paradossa in presenza di PFO
La presenza di un PFO o di un aneurisma del setto interatriale non necessita di una profilassi farmacologica nei soggetti che non hanno sofferto in precedenza di episodi di ischemia cerebrale. Al contrario, ai pazienti con PFO che hanno già avuto un ictus cerebrale o un TIA e in cui non è stata evidenziata nessun altra causa responsabile dell'evento ischemico cerebrale (forma detta "criptogenetica") viene consigliata una terapia profilattica (preventiva) per diminuire la percentuale annua di recidive tromboemboliche. I pazienti vengono generalmente trattati con anticoagulanti orali (Coumadin, Sintrom) o antiaggreganti piastrinici (aspirina, ticlopidina o clopidogrel, ecc). A tutt'oggi, comunque, non c'è un consenso su quale trattamento sia il più efficace (gli anticoagulanti orali piuttosto che gli antiaggreganti piastrinici), o per quanto tempo la terapia medica debba essere protratta dopo che è comparso un evento ischemico cerebrale. Nello studio di Losanna, ad esempio, non sono state rilevate differenze nella riduzione del rischio di recidive di ictus o TIA tra i differenti tipi di terapia profilattica anticoagulante o antiaggregante assunta18.


Chiusura non chirurgica (per via percutanea) dei PFO
La chiusura non chirurgica dei PFO è diventata possibile con l'avvento dei sistemi di chiusura transcatetere, inizialmente sviluppati per la chiusura percutanea dei difetti interatriali (DIA). LA prima chiusura per via percutanea di un DIA con un doppio-ombrellino di Dacron è stata eseguita nel 1974 2021. Da allora, sono stati introdotti numerosi nuovi sistemi di chiusura percutanea che sono stati utilizzati con successo in ambito clinico (cioè impiantati in esseri umani). Tra i sistemi di chiusura utilizzati in ambito clinico ricordiamo il sistema a bottone Sideris, il sistema Sideris auto-centrante, il sistema Angel Wings e il sistema Cardioseal.

Il principale svantaggio dei primi sistemi di chiusura percutanea dei PFO appena citati consiste nel fatto che alcuni di essi sono tecnicamente difficili da impiantare, oppure sono a rilascio incontrollato, o non sono recuperabili a causa della loro forma e contruzione. Uno degli ultimi sistemi sviluppati (denominato "AMPLATZER PFO Occluder") ha risolto quasi tutti questi svantaggi: è facile da impiantare con un rilascio controllato ed è facilmente recuperabile. E' perciò diventato, nei centri specializzati in questo tipo di interventi, uno dei sistemi più utilizzati in alternativa alla terapia anticoagulante (non esente da effetti indesiderati come emorragie, ematomi, necrosi o gangrena cutanea, o interazione con altri farmaci) o a quella chirurgica (sicuramente più traumatica) nei pazienti con PFO ed episodi di embolia paradossa associata ad ischemia cerebrale.
A cura del Dr. Remo Albiero
Responsabile Emodinamica 
Istituto Clinico San Rocco - Ome (Brescia)

http://www.panvascular.com/pagine/info/pazienti/common/PFO.html

martedì 5 agosto 2014

Chiusura di forame ovale pervio.



Grazie agli angeli del Policlinico Giaccone, reparto Cardiologia Interventistica ed Emodinamica, e nello specifico grazie all'eccellente dr. S. Evola,  abbiamo risolto il problema di "PFO o forame ovale pervio" di mia figlia.
Tre giorni di ansia, ma ne è valsa la pena. 
Ora siamo molto più tranquilli. (31.7.2014 ricovero e intervento - 2.8.2014 dimissioni)

*****
La mia Sara è già al 5° giorno di convalescenza, e tutto fila alla perfezione; deve fare ancora 4 antibiotici per via intramuscolare (povera me), osservare uno stile di vita sereno e tranquillo (abbandonare gli sport estremi, come i tuffi con capriola, etc. etc) per almeno un trimestre, evitare sforzi di alcun genere (e so che ne approfitterà per non far nulla e dedicare le sue attenzioni al gatto ed alla lettura), il cuoricino le batte perfettamente bene, "l'ombrellino" inserito tra i due atri le eviterà ogni probabile ictus o altri problemi... siamo tutti più sereni. Buona notte a tutti e grazie per il conforto e le affettuosità con le quali avete colmato il mio cuore. 
(5.8.2014)

mercoledì 30 luglio 2014

GLI ANTICHI E MISTERIOSI MANUFATTI DI SANXINGDUI CHE RISCRIVONO LA STORIA CINESE.

maschere-Sanxingdui
Nella primavera del 1929, un contadino del villaggio di Sanxingdui, Cina, stava scavando un pozzo, quando si è imbattuto in una grande collezione di manufatti di giada.
Quello fu solo il primo indizio della straordinaria scoperta che ha riportato alla luce una misteriosa cultura risalente a 3,5 mila anni fa e che ha costretto a riscrivere la storia della civiltà cinese.
Il sito, infatti, fu dimenticato per quasi 60 anni. Generazioni di archeologi cinesi hanno cercato la zona senza successo fino al 1986, quando accidentalmente venne trovata una scatola contenente migliaia di reperti che erano stati rotti, bruciati e poi accuratamente sepolti.
Presto gli archeologi scavarono due pozzi sacrificali giganti, nei quali sono stati rinvenuti migliaia di manufatti in oro, bronzo, giada, avorio e ceramica. I manufatti erano così insoliti e diversi da qualsiasi altra cosa mai trovata in Cina che gli archeologi subito si resero conto dell’importanza della scoperta.
Tra i manufatti vi sono incluse sculture di animali e maschere con le orecchie di drago, la bocca aperta e denti ghignati. Nella collezione, inoltre, fu trovata la più grande e meglio conservata figura umana eretta in bronzo al mondo, la quale misura 2,62 metri di altezza.
Come spiega Ancient Origins, i risultati della datazione al radiocarbonio fanno risalire i manufatti intorno al 12° secolo a.C. Essi sono stati prodotti con una tecnologia di fusione del bronzo particolarmente avanzata, capace di creare una sostanza più resistenze che permetteva la creazione di oggetti notevolmente più grandi e più pesanti.
Alcune maschere hanno dimensioni davvero impressionanti, fino a 1,32 metri di larghezza e 0,72 metri di altezza, una delle più grandi maschere in bronzo mai trovate. Certamente lo stile inedito dei manufatti ha lasciato molto sorpresi i ricercatori, i quali si sono trovati di fronte ad uno stile artistico completamente sconosciuto.
La scoperta a Sanxingdui ha trasformato la regione di Sichuan in un punto focale nello studio dell’antica Cina. Come riportato su kimbellart.org, i due pozzi risalgono al tempo della dinastia Shang, fine del 2° millennio a.C. Nessun ritrovamento simile è stato rinvenuto altrove e non esistono iscrizioni che possano far luce sulla misteriosa cultura dell’età del bronzo che ha prodotto i manufatti.
Certamente, la scoperta ha costretto ad un ripensamento fondamentale sul percorso culturale della Cina del nord, suggerendo l’esistenza di molteplici tradizioni culturali, tra cui la Cultura Sanxingdui.
“A giudicare dalle numerose immagini umane in bronzo e oggetti funerari, la cultura Sanxingdui doveva aver unificato e governato il popolo attraverso la religione primordiale. Essi adoravano la natura, i totem e i loro antenati”, spiega Ao Tianzhao del Museo Sanxingdui, il quale ritiene che il grand numero di reperti indica che il sito fosse utilizzato come meta importante di pellegrinaggi.
  
La scoperta ha attirato l’interesse di numerose istituzioni culturali e museali internazionali, come il British Museum, la National Gallery of Art di Washington, l’Art Gallery of New South Wales a Sydney e il Losanna Olympic Museum in Svizzera. Una selezione di manufatti è ora esposta al Museo Bowersa Santa Ana, in California, dove dal 19 ottobre 2014 al 15 marzo 2015 si terrà la mostra intitolata “La civiltà perduta della Cina: il Mistero di Sanxingdui”.

martedì 29 luglio 2014

I pistacchi? Aiutano a combattere il diabete.


Pistacchi contro diabete di tipo 2: arrivano nuove conferme dall’EuropeanCongress on Obesity che si è tenuto a Sofia, in Bulgaria, dal 28 al 31 Maggio. Una ricerca presentata nel corso del convegno e promossa da American Pistachio Growers, l’associazione che rappresenta i coltivatori di pistacchio USA, suggerisce che il consumo di pistacchi potrebbe migliorare la resistenza all'insulina e quindi proteggere contro il diabete di tipo 2. Lo studio è stato condotto dalla Dott.ssa Mònica Bulló , Human Nutrition Unit, Faculty of Medicine and Health Sciences, Pere Virgili Institute for Investigating Health, Rovira i Virgili University, Reus, Spain, e dai suoi colleghi.
“Questa ricerca costituisce un’ulteriore e utile indicazione di come i pistacchi possano inserirsi vantaggiosamente nell’alimentazione quotidiana.” – afferma il professor Giorgio Doneganipresidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare – “Non soltanto per i conosciuti effetti antiossidanti e protettivi verso le malattie cardiocircolatorie, ma anche per la prevenzione di una patologia in preoccupante crescita come il diabete, spesso associata a uno stile di vita poco sano, sia per quanto riguarda l’alimentazione sia per ciò che concerne la scarsa attività fisica.“
Il consumo di frutta secca a guscio avrebbe così un effetto benefico su patologie come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. La frutta secca a guscio è infatti ricca di acidi grassi insaturi che sono stati associati a un minor rischio di malattie croniche, come i disturbi cardiovascolari. Inoltre, contiene altri composti bioattivi con proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti che sono benefici per la salute.
Alcune evidenze ad oggi suggeriscono che il consumo di pistacchi può migliorare il metabolismo del glucosio, ma non ci sono studi che al momento valutino l'effetto della frutta secca a guscio sulla progressione del prediabete, uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di diabete vero e proprio. In questo studio, i ricercatori avevano lo scopo di valutare l'effetto del consumo frequente di pistacchi sul metabolismo del glucosio e la resistenza all’insulina nei soggetti pre-diabetici.
Afferma la dott.ssa Bullò : "La nostra ricerca suggerisce che il consumo regolare di pistacchi ha un effetto importante nel ridurre l’insulina e il glucosio, e potrebbe anche aiutare a contrastare alcune conseguenze metaboliche negative del pre-diabete".
Lo studio 
54 persone sono state destinate a seguire per 4 mesi una dieta di controllo (CD) o una dieta ricca di pistacchi (PD, con 57g di pistacchi al giorno). Lo studio ha previsto 4 mesi di intervento per ciascuna dieta, con un periodo di riposo di due settimane: i partecipanti sono stati sottoposti a una delle due diete CD o PD per quattro mesi, con una pausa di due settimane, per poi sperimentare l’altra nei  4 mesi successivi. Le diete sono state adeguate per calorie e non differivano nella quantità di acidi grassi saturi e colesterolo. All’inizio e mensilmente, sono stati valutati parametri come le misure corporee, la pressione arteriosa, le abitudini alimentari e l'attività fisica. I campioni di sangue sono stati raccolti prima, all'inizio e alla fine di ogni periodo di intervento.
I ricercatori hanno scoperto che non si sono verificate variazioni statisticamente significative nel BMI (indice di massa corporea) tra i periodi di osservazione. Il livello di glucosio a digiuno, l’insulina e i marcatori di insulino resistenza sono diminuiti  significativamente dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta di controllo. Rispetto ai partecipanti al gruppo CD , quelli del gruppo PD hanno mostrato una non statisticamente significativa diminuzione dei valori dell'emoglobina glicosilata (HbA1c), e una più alta ma non significativa riduzione nei livelli di colesterolo cattivo LDL , che è  diventata però significativa quando alcuni partecipanti sono stati esclusi dalle analisi (5 partecipanti hanno abbandonato lo studio per motivi personali). Altri marker di rischio metabolico come fibrinogeno, GLP - 1, LDL ossidato e fattore  piastrinico hanno mostrato tutti una riduzione statisticamente significativa dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta controllo.
Gli autori concludono: "Il consumo regolare di pistacchi potrebbe diminuire la resistenza all'insulina suggerendo un potenziale ruolo protettivo del pistacchio contro lo sviluppo del diabete di tipo 2 ."

In ricordo di un eroe presto dimenticato: Giuseppe Girolamo.


ROMA – Giuseppe Girolamo cedette il suo posto nella scialuppa di salvataggio della Costa Concordia ad un bambino. Il batterista è morto da eroe nel naufragio del 13 gennaio scorso. Non solo un eroe, ma l’unico eroe in 300 anni di storie di naufragi. La conferma arriva da una ricerca svedese-americana della Uppsala University e della California University di Berkeley. La ricerca ha evidenziato che il “prima le donne e i bambini” non vale e in caso di pericolo tra i passeggeri scatta la regola “ognuno per sé”.
Analizzando i dati di 18 naufragi avvenuti negli ultimi 3 secoli i ricercatori hanno valutato i comportamenti di passeggeri e equipaggio mentre la nave colava a picco. Lo studio ha tenuto conto anche del tempo di affondamento in modo da tenere in considerazione anche le eventuali influenze dettate dalle interazioni tra passeggeri prima del naufragio.  Tenendo conto poi di età, sesso, stato sociale, nazionalità e modo di viaggiare, sia esso da solo o con la famiglia, i ricercatori hanno scoperto che su un campione di 15mila persone di 30 Paesi vige il motto “ognuno per sé”.
Un capitano non abbandona mai la sua nave? Solo nei film ad alto tasso di coraggio e commozione. La ricerca ha mostrato che il capitano e l’equipaggio hanno indici di sopravvivenza maggiori rispetto ai passeggeri. Su 16 capitano solo 9 non hanno abbandonato la nave. Prima le donne e i bambini? Falso anche questo, gli uomini sopravvivono il doppio delle donne, soprattutto sulle navi che battono bandiera inglese.
I bambini sono poi la categoria più a rischio durante i naufragi e dal Titanic, che colò a picco il 15 aprile 1912, fino alla Concordia l’unica vera storia di coraggio ed eroismo che si può raccontare è quella di Girolamo. Solo il batterista ha contrastato l’ognuno per sé insito nella natura umana e vinto gli istinti, donando la sua vita per salvare quella di un bambino.

Norman G. Finkelstein.




Norman Finkelstein : per rispetto dei miei genitori sterminati nei lager nazisti non starò in silenzio sui crimini d'Israele verso i Palestinesi .

Norman G. Finkelstein, ebreo scienziato politico americano e autore, specializzato in questioni legate al conflitto israelo-palestinese.