sabato 25 ottobre 2014

Tasse, previdenza e burocrazia: per le imprese un conto da 248,8 miliardi di euro l’anno.



La Cgia: oltre 30 miliardi tra timbri, certificati, moduli e pratiche varie. Le aziende italiane contribuiscono al gettito fiscale nazionale per oltre 110 miliardi di euro.

Tra tasse, contributi previdenziali e burocrazia le imprese italiane sopportano un costo annuo di 248,8 miliardi di euro. Un peso eccessivo che, in linea di massima, non ha eguali nel resto d’Europa. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha stimato il contributo fiscale e i costi burocratici che le nostre imprese si fanno carico ogni anno. «In nessun altro Paese d’Europa - segnala Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA - viene richiesto un simile sforzo fiscale. Nonostante la giustizia civile sia lentissima, il credito sia concesso con il contagocce, la burocrazia abbia raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione rimanga la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, la fedeltà fiscale delle nostre imprese è massima». 

Le aziende italiane contribuiscono al gettito fiscale nazionale per oltre 110 miliardi di euro. Seppur calcolata per difetto, ci troviamo di fronte ad una cifra «spaventosa». La stima è stata determinata secondo le metodologie utilizzate da Eurostat; in questo importo, però, mancano alcune tasse «minori», come il prelievo comunale sugli immobili strumentali e altri «piccoli» tributi locali. Complessivamente questa voce ammonta ad almeno 12,5 miliardi di euro. 
Inoltre, vanno aggiunti anche i contributi a carico delle imprese versati per la copertura previdenziale dei propri dipendenti, una cifra che stimiamo in circa 95 miliardi di euro. Integrando queste ultime informazioni con le statistiche Eurostat, si può affermare che complessivamente le imprese italiane subiscono un peso tributario e contributivo pari a 217,8 miliardi di euro (anno 2012).  

Se allo sforzo fiscale aggiungiamo altri 31 miliardi di euro che, secondo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono i costi amministrativi che le Pmi italiane patiscono ogni anno per districarsi tra timbri, certificati, formulari, bolli, moduli e pratiche varie, l’ammontare complessivo del carico fiscale e burocratico sale a 248,8 miliardi di euro: una cifra che solo a pensarci fa tremare i polsi. Secondo i calcoli della Cgia, se disaggreghiamo la voce tasse, scopriamo che l’imposta che produce il maggior gettito per le casse dello Stato è l’Ires: l’imposta sui redditi delle società garantisce all’Erario quasi 33 miliardi di euro all’anno. L’Irpef versata dai lavoratori autonomi, invece, pesa ben 26,9 miliardi, mentre l’Irap in capo alle imprese private «garantisce» un gettito di 24,4 miliardi di euro. Infine, gli autonomi versano per i contributi previdenziali altri 23,6 miliardi di euro.  

Stretta in arrivo per le auto aziendali, multa da 705 euro per chi non registra il nome dell'utente.

Patente e libretto, multe da 705 euro dal 3 novembre

ROMA - A partire da lunedì 3 novembre scatta l’obbligo di registrare presso la Motorizzazione e annotare sulla carta di circolazione il nome di chi non è intestatario di un veicolo ma ne ha la disponibilità per più di 30 giorni. E, per chi è intestatario, obbligo di registrare e annotare le variazioni quando «si cambia nome» (generalità per le persone fisiche e denominazione per quelle giuridiche). Sono novità che riguardano essenzialmente le flotte aziendali, previste sin dall'ultima riforma del Codice della strada e regolate da un decreto ministeriale entrato in vigore il 7 dicembre 2012.

E’ peraltro prevista una sanzione molto dura per chi viola la legge: multa di 705 euro e ritiro della carta di circolazione. Il ritardo nell'applicazione degli obblighi deriva anche dallo scarso favore che la norma – nata per limitare truffe e abusi e per identificare meglio i responsabili di incidenti e infrazioni – ha riscosso presso varie parti in causa. Così il tempo è trascorso anche per limitarne l'ambito. Un compromesso è arrivato con una maxi-circolare del 10 luglio scorso dalla Motorizzazione per disciplinare in dettaglio le procedure.

La limitazione più importante è temporale: gli obblighi scatteranno infatti solo per gli atti posti in essere dal 3 novembre. Quindi, chi usa già un veicolo non proprio o ha un'intestazione non aggiornata non dovrà far nulla; se lo vorrà, comunque, potrà effettuare lo stesso la registrazione. La data del 3 novembre non vale per chi svolge attività di autotrasporto soggetta a titolo autorizzativo. È il caso per esempio dell'iscrizione all'Albo autotrasportatori, della licenza conto proprio e dell'autorizzazione per autobus, taxi o noleggio con conducente.

Altra limitazione riguarda i soggetti su cui grava l'obbligo: nel caso di comodato di veicoli aziendali (sia a dipendenti assegnatari a titolo gratuito sia quando i mezzi sono intestati a una casa costruttrice e dati a istituzioni, eccetera), il nome dell'utilizzatore non va annotato sulla carta di circolazione, ma solo registrato alla Motorizzazione e la ricevuta dell'adempimento non va tenuta a bordo (e lo stesso vale per tutti i veicoli in noleggio senza conducente, con assenso del locatore).

Va detto che a causa di un testo non molto chiaro della legge, taluni sono stati tratti in inganno al punto da pensare a un raggio di copertura della norma assai più ampio di quanto in realtà previsto. E’ bene perciò chiarire che il comodato non va registrato se a beneficiarne è un familiare convivente dell'intestatario. In altre parole, di fatto la legge non si applica nel caso di veicoli privati.

http://motori.ilmessaggero.it/motori/patente_libretto_intestatario_multa_motorizzazione/notizie/973765.shtml

Corruzione, delibera di Cantone su ordini professionali: “No incarichi a politici”. - Elena Ciccarello

Corruzione, delibera di Cantone su ordini professionali: “No incarichi a politici”

Il presidente dell'Anticorruzione: "Sono enti pubblici, devono adeguarsi alla legge Severino anche su incompatibilità". Ma le resistenze sono forti e quasi un parlamentare su due appartiene a un albo. Dossier 5 Stelle: "68 persone si spartiscono 450 ruoli".

Anche gli ordini e i collegi professionali devono adeguarsi alle norme anticorruzione previste dalla legge Severino. Lo ha stabilito con un’apposita delibera il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, mettendo fine al braccio di ferro in corso da mesi tra gli ordini professionali e il ministero della Salute. Tra i nuovi obblighi degli enti anche il divieto di assegnare ruoli dirigenziali negli ordini a chi già ricopre o ha ricoperto altre cariche amministrative o politiche. Gli ordini avranno un mese di tempo per organizzarsi e non incorrere in sanzioni, ma l’adeguamento si annuncia accompagnato da un fiume di polemiche.
Polemiche anzitutto politiche, visto che secondo un dossier del Movimento 5 stelle (leggi) il 45% dei parlamentari italiani appartiene ad un ordine professionale e diversi di loro ne sono anche i rappresentanti. Secondo il dossier, i 68 professionisti che dirigono i 17 ordini professionali aderenti al Cup (Comitato Unitario delle Professioni) ricoprono complessivamente circa 450 ruoli, con una media di 6 incarichi a professionista e la possibilità per il 30% di loro di rientrare in un possibile conflitto di interesse in base alla normative anticorruzione. Secondo lo studio in alcuni ordini professionali (medici, farmacisti, odontoiatri e infermieri) delle province di MilanoNapoli e Roma sarebbero almeno 13 le situazioni di anomalia, con doppi ruoli da dirigenti dell’ordine e carica politica (presente o passata). Tutte situazioni sanzionabili a partire dalla normativa anticorruzione che vieta a politici ed ex politici di riciclarsi in incarichi dirigenziali degli ordini ed agisce dove possano crearsi interferenze e conflitti di interesse.
La prima a opporsi è stata la Federazione Farmacisti, presieduta dal senatore Fi Andrea Mandelli
La prima ad opporsi all’applicazione delle norme anticorruzione è stata la Federazione Ordini Farmacisti Italiani, presieduta dal senatore Fi Andrea Mandelli e dal suo vice Luigi D’Ambrosio Lettieri, anch’egli senatore Fi. Seguita a ruota dall’Ordine degli Infermieri professionali, presieduto dalla senatrice Pd Annalisa Silvestro.
All’inizio del 2014 gli ordini e i collegi professionali, guidati dal Cup, hanno chiesto e ottenuto dal giudice Piero Capotosti, già presidente della Corte Costituzionale (deceduto nell’agosto scorso), un parere pro-veritate che li sollevasse definitivamente da questa incombenza. Su questo il Ministero della Salute aveva risposto con una lettera istituzionale ma piccata: “Questa Amministrazione non si sottrae ad un confronto e approfondimento circa la portata sulla trasparenza e anticorruzione rispetto agli Ordini e Collegi professionali”, scriveva il 21 marzo il Ministero della Salute, “tuttavia non si può sottacere che appellarsi a pareri pro-veritate, per quanto autorevolissimi, al fine di sottrarsi a specifiche indicazioni del Ministero Vigilante.. appare procedura irrituale”.


Adesso la delibera dell’Anticorruzione, firmata da Cantone, scrive la parola fine sul contenzioso. Secondo il presidente Anac gli ordini sono enti pubblici “non economici” e perciò devono sottostare alle norme per la trasparenza e anticorruzione. Non è dunque condivisibile il parere di Capotosti che considera gli ordini come “enti associativi”. La delibera Anac stabilisce che gli enti professionali, che secondo il dossier del Movimento 5 stelle sommano circa 2milioni di iscritti, per 600 milioni di euro di incassi annuali e 50 miliardi di patrimonio, avranno un mese di tempo per  “predisporre il piano triennale di prevenzione della corruzione, il piano triennale della trasparenza e il codice di comportamento del dipendente pubblico, nominare il responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza.. e infine attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi..”. Altrimenti saranno sanzionati.

mercoledì 22 ottobre 2014

Studi Scientifici: I Complottisti Sono Più Sani di Mente. - K. Barrett








                     














Pensatore - cospirazionista                                                                              convenzionalista  

Recenti studi scientifici realizzati da psicologi e sociologi statunitensi e britannici hanno chiarito che, al contrario di quanto tradizionalmente affermato dagli stereotipi diffusi dalla cultura di massa, le persone etichettate come 'teorici della cospirazione' siano più sane ed equilibrate rispetto a chi accetti supinamente le versioni ufficiali dei fatti contestati.

Lo studio più recente è stato pubblicato lo scorso 8 luglio dagli psicologi Michael J. Wood e Karen M. Douglas dell'Università del Kent (Regno Unito), ed intitolato E l'edificio 7? Studio Psicologico Sociale di Discussione Online sulle Teorie del Complotto sull'11 Settembre. Lo studio ha confrontato numerosi commenti di tipo 'cospirazionista' e 'convenzionalista' (anti-cospirazione) postati da utenti di siti di notizie online.

Con grande stupore i ricercatori hanno scoperto che i commenti a supporto della teoria del complotto fossero numericamente maggiori rispetto a quelli che continuano a reputare valide le versioni dei fatti diramate dai media convenzionali. "Dei 2.174 commenti raccolti, 1.459 sono stati catalogati come cospirazionisti e 715 come conventionalisti." In altri termini, coloro che non credono alle versioni ufficiali di eventi come l'11 Settembre e l'omicidio di JFK sono risultati essere più del doppio rispetto a quelli che credono alle versioni ufficiali. Il che in parole povere significa che il rapporto si è invertito, e che la saggezza convenzionale oggi è espressa dai cosiddetti 'complottisti' mentre le persone che non credono alle cospirazioni stanno diventando una sparuta minoranza.

Forse anche perché il loro parere ha smesso di essere espressione della  maggioranza,i commentatori anti-cospirazione tendono a tradire una forte rabbia ed ostilità: "Lo studio ha dimostrato che i soggetti che supportano la versione ufficiale dei fatti dell'11 Settembre si esprimano generalmente in modo più ostile nel tentativo di persuadere chi la pensi in modo diverso da loro."

Si è inoltre appurato che gli avversatori delle teorie del complotto, oltre che fortemente ostili siano anche più tendenti al fanatismo. Secondo costoro la versione in base a cui 19 arabi - nessuno dei quali provvisto di adeguate competenze di pilotaggio aereo - sarebbero riusciti a commettere il crimine del secolo sotto la direzione di un dializzato nascosto in una grotta in Afghanistan - sia indiscutibilmente vera. I cosiddetti cospirazionisti - dal canto loro - non pretendono di avere una teoria del tutto esplicativa degli eventi: "Coloro che sostengono che gli attentati dell'11 Settembre siano stati in realtà una cospirazione governativa, non mirano a promuovere una specifica teoria esaustiva, ma solo a smentire la versione ufficiale. "

In breve, lo studio scientifico elaborato da Wood e Douglas suggerisce che lo stereotipo negativo del 'complottista' - un fanatico ostile che sostiene con piglio ideologico le versioni ipotizzate dalla propria 'setta' di appartenenza - in realtà descriva accuratamente le persone che difendono le versioni ufficiali, non quelle che le contestano.

Lo studio ha anche rilevato come i cosiddetti 'complottisti' abbiano una migliore visione d'insieme e discutano il contesto storico (ad esempio la contestualizzazione dell'assassinio di JFK rispetto ai fatti dell'11 Settembre) in misura maggiore degli anti-cospirazionisti. Ed ha verificato che i cosiddetti complottisti non amino sentirsi definire 'complottisti' o 'teorici della cospirazione.'

Questi risultati sono amplificati nel nuovo libro Conspiracy Theory in America del politologo Lance DeHaven-Smith, pubblicato all'inizio di quest'anno dalla University of Texas Press. Il prof. DeHaven-Smith spiega come mai la gente non gradisca essere definita: 'complottista.' L'espressione - infatti - fu coniata ed ampiamente diffusa dalla CIA per diffamare coloro i quali sollevassero dei dubbi sulla versione ufficiale dell'assassinio di JFK! 
"La campagna della CIA per diffondere l'espressione 'teoria del complotto' ebbe l'obiettivo di rendere chi non credesse alle versioni ufficiali oggetto di scherno e ostilità da parte del resto della collettività, e bisogna ammettere - purtroppo - che si sia rivelata una delle iniziative di propaganda di maggior successo di tutti i tempi."
In altri termini, coloro i quali usino sotto forma di insulto le espressioni 'teoria del complotto' e 'complottista' stanno reagendo nel modo preventivato ad una documentata, indiscussa, storicamente reale cospirazione posta in essere dalla CIA per coprire l'assassinio di JFK. Quella campagna, tra l'altro, era completamente illegale, e gli agenti della CIA che vi furono coinvolti erano dei criminali; alla CIA infatti è legalmente proibito di condurre operazioni sul territorio 'amico', tuttavia è dimostrato che essa infranga regolarmente il divieto, compiendo operazioni su territorio nazionale che spaziano dalla propaganda agli omicidi.

DeHaven-Smith spiega anche il motivo per cui coloro che dubitano delle versioni ufficiali di eventi criminali tendano ad analizzare il contesto storico. Nel suo testo fa notare che un gran numero di sinistre cospirazioni che si rivelarono autentiche appaiano fortemente relazionate a molti crimini di stato contro la democrazia non ancora provati. Un esempio evidente è il legame tra gli omicidi di JFK ed il fratello Robert FK, i quali hanno dato via libera a presidenze intenzionate a proseguire la guerra del Vietnam (e a delegare l'emissione della moneta a banche private - n.d.t.). Secondo DeHaven-Smith, è necessario discutere gli "omicidi Kennedy" al plurale, in quanto i due omicidi sembrano essere aspetti di uno stesso grande crimine.

La psicologa Laurie Manwell della University of Guelph concorda sul fatto che l'etichetta coniata dalla CIA: "teoria della cospirazione" ostacoli le normali funzioni cognitive. In un articolo pubblicato sulla rivista America Behavioral Scientist (2010), asserisce che le persone 'anti-complottiste' non siano in grado di ragionare con lucidità su tali apparenti crimini contro la democrazia proprio per effetto della loro incapacità di elaborare informazioni che siano in conflitto con una linea di pensiero che è stata loro inculcata precedentemente.

Nello stesso numero di ABS, il professor Steven Hoffman dell'Università di Buffaloaggiunge che gli individui avversi alle teorie cospirative siano soggetti a un forte bias di conferma (v. correlati) - cioè, piuttosto che prendere atto della realtà dei fatti cercano informazioni che confermino le loro convinzioni preesistenti facendo ricorso a meccanismi irrazionali (come l'etichetta di 'complottista') per evitare di confrontarsi con informazioni contrastanti.

L'estrema irrazionalità di chi attacca le 'teorie della cospirazione' è stata abilmente esposta anche dai docenti di comunicazione della Boise State University Ginna Husting e Martin Orr. In un articolo del 2007 dal titolo Meccanismi Pericolosi: l'Idea di Complottismo Come Strategia di Esclusione Transpersonale hanno scritto:
«Se io ti definisco complottista, mi importa ben poco se tu stia effettivamente dibattendo di una cospirazione realmente esistente o se hai semplicemente sollevato una questione che preferisco non vedere ...Attraverso questa etichetta sto strategicamente escludendoti dalla sfera in cui discorsi pubblici e dibattiti generano dei conflitti."
Ma ora, grazie a internet, le persone che mettono in dubbio le versioni ufficiali non sono più escluse dal dibattito pubblico; dopo 44 anni di dominio la campagna ordita dalla CIA per soffocare il dibattito pubblico con la scusa del complottismo è giunta alla frutta. Negli studi accademici, così come nei commenti postati sotto le notizie, le voci che sostengono la possibilità del complotto sono ormai più numerose - e più razionali - di quelle che continuano a supportare le versioni ufficiali.
Per cui c'è poco da meravigliarsi se i cosiddetti 'anti-complottisti' appaiano sempre di più come una setta di ostili, paranoici individui manovrabili.

Articolo in lingua inglese, pubblicato sul sito Veterans Today
Link diretto:

martedì 21 ottobre 2014

Aloe Polyphylla Spiral.




Le nuove case ecologiche a base di batteri - futuris.



Pubblicato il 20/ott/2014
"Qui ci sono dei batteri vivi - spiega Julián López Gómez, euronews - Che ci crediate o meno, presto potrebbero essere utilizzati per costruire gli edifici".

Christophe De Margerie, morto l’ad di Total. Jet si schianta vicino a Mosca.

Christophe De Margerie, morto l’ad di Total. Jet si schianta vicino a Mosca

Il Falcon-50 di Christophe de Margerie, numero uno del gruppo petrolifero francese, si è schiantato contro uno spazzaneve mentre decollava dall'aeroporto di Vnukovo. Hanno perso la vita anche i tre membri dell'equipaggio. Secondo il portavoce del comitato di investigazione russo il conducente del mezzo spazzaneve, che non è rimasto neanche ferito, era "sotto l’influenza dell’alcol".
Christophe de Margerie, amministratore delegato del gruppo petrolifero francese Total, è morto nello schianto del suo jet privato nello scalo di Vnukovo, vicino a Mosca. 
Ne danno notizia i media russi, citando fonti aeroportuali e di polizia. 
L’aereo, un Falcon-50, si è scontrato contro uno spazzaneve mentre decollava. Nell’incidente sono morti anche i tre membri francesi dell’equipaggio. 
L’incidente è avvenuto alle 11.57 di lunedì sera. La visibilità al momento della tragedia era di 350 metri, hanno spiegato le autorità aeroportuali all’agenzia Tass. 
Il portavoce del comitato di investigazione russo, Vladimir Markin, ha detto che il conducente dello spazzaneve, che non è rimasto neanche ferito, era ”sotto l’influenza dell’alcol”. 
Arrivano anche le condoglianze alla famiglia dell’imprenditore da parte di Vladimir Putin che aveva trovato in de Margerie un alleato importante contro le sanzioni imposte dall’Unione Europea. Il presidente russo “conosceva de Margerie da molto tempo e ha mantenuto uno stretto contatto di lavoro con lui”, ha detto il portavoce del CremlinoDmitry Peskov. Putin, ha aggiunto il portavoce, “apprezzava molto le qualità imprenditoriali di de Margerie, così come il suo impegno convinto per la promozione delle relazioni tra Russia e Francia e della loro mutua cooperazione”.
La notizia della morte di de Margerie, che aveva 63 anni e guidava Total dal 2007, è stata confermata dalla società in due note: la prima esprime cordoglio e vicinanza alla famiglia del manager e dei membri dell’equipaggio del Falcon, la seconda annuncia l’immediata convocazione del consiglio di amministrazione. La Total, dopo l’annuncio della morte, ha perso il 2,2% sulla Borsa di Parigi.