giovedì 23 giugno 2016

Scoperto un pianeta 'neonato'.

Rappresentazione artistica del baby pianeta K2-33b contro il disco della sua stella (fonte: NASA/JPL-Caltech)Rappresentazione artistica del baby pianeta K2-33b contro il disco della sua stella (fonte: NASA/JPL-Caltech)


Ha appena 5 milioni di anni e somiglia a Nettuno


Scoperto un pianeta 'neonato', si trova attorno a una stella lontana 500 anni luce, si chiama K2-33b e somiglia al nostro Nettuno, ma si è formato appena 5 o 10 milioni di anni fa. A studiare in dettaglio il baby pianeta è stato il gruppo dell'Istituto di Tecnologia della California (Caltech) coordinato da Trevor David. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, potrebbe chiarire molti dettagli sul processo di formazione dei pianeti.

Scoperto grazie al telescopio spaziale Kepler, il 'cacciatore' di pianeti della Nasa,il pianeta K2-33b può essere considerato un neonato rispetto alla Terra, che ha oltre 4,5 miliardi di anni. Con i suoi 5, o al massimo 10, milioni di anni di vita, K2-33b è il più giovane pianeta mai scoperto. "Così come possiamo capire in modo più facile come si sviluppa un corpo umano - ha spiegato Sasha Hinkley, dell'università di Exeter e fra egli autori del lavoro - se abbiamo la possibilità di studiarlo sin da quando è un bambino, dall'infanzia alla vita adulta, allo stesso modo la nostra comprensione dei pianeti potrà migliorare solo imparando di più durante le prime fasi della loro esistenza". 

Quello che è emerso dai dati è che K2-33b si trova molto vicino alla sua stella, impiega appena 5 giorni per completare un intero 'anno' e che le sue dimensioni sono all'incirca una volta e mezza il nostro Nettuno. Le osservazioni potrebbero portare molti altri dati interessanti, ad esempio farci capire se i pianeti, in particolare quelli gassosi, siano capaci di migrare verso orbite differenti da quelle su cui nascono andando così a trasformare il sistema solare appena formatosi.


http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/spazioastro/2016/06/20/scoperto-un-pianeta-neonato-_b0163645-4b4a-481b-a7d7-9f21057e81f4.html

domenica 19 giugno 2016

Lo studio, i traumi si ereditano. Da genitori a figli e nipoti, fino alla terza generazione.

Lo studio, i traumi si ereditano. Da genitori a figli e nipoti, fino alla terza generazione

I ricercatori del Brain Research Institute dell'Università di Zurigo sono riusciti a identificare piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici.

ROMA - Lasciano cicatrici indelebili, segni che si tramandano per generazioni. I traumi possono essere ereditari, le paure passare da padre in figlio. E segnare vite. Queste trasmissioni genetiche sono state studiate sui topi ma probabilmente hanno effetto anche sull'uomo. 

Il processo per il quale i traumi possono essere tramandati fino alla terza generazione. Il segreto di questa ereditarietà si nasconde nei microRna, molecole genetiche che regolano il funzionamento di cellule, organi e tessuti. Il trauma altera questi 'registi molecolari', e il difetto viene passato alla progenie attraverso i gameti. A svelare un meccanismo finora misterioso è uno studio dell'università di Zurigo, pubblicato su 'Nature Neuroscience'.

Coordinati da Isabelle Mansuy, i ricercatori del Brain Research Institute sono riusciti a identificare alcuni componenti chiave di questo processo, piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, i veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici. "Ci sono malattie come il disordine bipolare che si tramandano in famiglia nonostante non siano riconducibili a un particolare gene", ricorda Mansuy, docente all'Istituto federale di tecnologia (Eth) e dell'ateneo di Zurigo. 


Per identificare il meccanismo sono stati messi a confronto topi adulti che erano stati esposti a condizioni traumatiche nei primi anni di vita con altri topi, non traumatizzati. I ricercatori hanno studiato il numero e il tipo di microRna nei roditori traumatizzati e hanno scoperto che lo stress traumatico altera per eccesso o per difetto la quantità di numerosi microRna nel sangue, nel cervello e nel liquido spermatico. Modificazioni che influenzano il funzionamento delle cellule regolate da queste mini-molecole.

Gli studiosi hanno osservato che i topi traumatizzati modificavano il loro comportamento. Per esempio perdevano la naturale avversione agli spazi aperti e alla luce, e mostravano segni di depressione. Caratteristiche che tramite lo sperma venivano trasferite alla prole, anche se gli esemplari della progenie non subivano stress o traumi. Anche il metabolismo dei cuccioli di topo stressato cambiava: i livelli di insulina e di zuccheri nel sangue, ad esempio, erano inferiori rispetto a quelli dei topolini nati da genitori non traumatizzati.

"Siamo stati in grado di dimostrare per la prima volta - riassume Mansuy - che le esperienze traumatiche influenzano il metabolismo a lungo termine, che i cambiamenti indotti sono ereditari" e che gli effetti del trauma ereditato sul metabolismo e i comportamenti psicologici persistono fino alla terza generazione. "Lo squilibrio dei microRna nello sperma si è dimostrato un fattore chiave per il passaggio degli effetti del trauma da genitore a figlio".

Anche se molte questioni restano aperte e dovranno essere chiarite in studi successivi, puntualizzano gli autori, la conclusione è che "i condizionamenti ambientali lasciano tracce nel cervello, negli organi e nei gameti, e attraverso i gameti queste tracce vengono trasmesse alla generazione successiva". L'èquipe zurighese sta cercando adesso di verificare se anche nell'uomo i 'colpevoli' siano i microRna.


http://www.repubblica.it/scienze/2014/04/13/news/genitori-traumi_figli-83509020/

venerdì 17 giugno 2016

Piano criminale dietro gli incendi a Palermo? Indaga la Procura.

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PALERMO. La Procura di Palermo acquisirà gli elementi raccolti dalle forze dell'ordine sugli incendi scoppiati in città per accertare se dietro alle decine di roghi divampati nelle ultime ore ci sia un piano criminale. Al momento polizia e carabinieri sono concentrati sul soccorso alla popolazione. Sono state decine le case fatte evacuare.
Anche a Cefalù gli investigatori seguono la pista dell'origine dolosa nelle indagini sulla causa degli incendi divampati tra ieri sera e oggi. Il commissariato della polizia di Stato, diretto da Manfredi Borsellino, ha chiesto anche l'intervento della scientifica. L'ipotesi che dietro i roghi ci sia un piano criminale nasce dal fatto che i focolai sono scoppiati contemporaneamente in diversi posti anche lontani. I piromani avrebbero scelto le condizioni più favorevoli per provocare danni maggiori.

Sprechi di Roma, le spese pazze del Comune: 5 milioni l’anno solo per l’acqua delle fontane. - Anna Morgantini




E' il conto che il Campidoglio paga all'Acea. Per rifornire gli impianti che alimentano bellezze monumentali come Piazza Navona o Fontana di Trevi. Una bolletta pesantissima adesso entrata nel mirino del M5S. Che in caso di vittoria al ballottaggio di domenica annuncia tagli  milionari al contratto di servizio con la multiutility.

Ma, in fatto di soldi, il Campidoglio ci è o ci fa? A poche ore dal ballottaggio Raggi-Giachetti, proprio mentre lo scontro si focalizza sul debito, nella capitale scoppia il caso-fontane: consumano oro anziché acqua, a giudicare dalle bollette che Acea ha inviato nel 2012 al comune di Roma e che il Campidoglio ha pagato senza dire neanche beh. Ben 234 mila per la fontana alla salita del Pincio. Quasi 250 mila per piazza Farnese. La fontana di Trevi si beve 294 mila euro l’anno. E Piazza Navona? Tre bollette-monstre: per i Quattro Fiumi del Bernini, ecco la numero 2304625 dell’11 dicembre 2012 che ammonta a 523 mila euro, a cui ancora bisogna aggiungere le fatture numero 2304521 e 2304522  (33 e 31 mila euro) per l’alimentazione delle due fontane laterali. In tutto fanno 590 mila euro, che sommati al costo di tutte le altre fontane e fontanelle dell’Urbe portano a un conto finale clamoroso: 5 milioni 134 mila e 147 euro, regolarmente liquidati dal Campidoglio nell’ottobre 2015 come «debiti fuori bilancio».
E IO PAGO Un conto stratosferico. Ma tutt’altro che chiaro, limpido e trasparente: «Secondo i funzionari del comune, le fontane monumentali di Roma sono alimentate con acqua potabile e sono prive di impianto di ricircolo» spiegano Laura Maragnani, giornalista di Panorama, e  Daniele Frongia, ex presidente M5S della Commissione capitolina per la riforma della spesa, che hanno scovato queste bollette micidiali e le hanno pubblicate nel loro libro“E io pago” (Chiarelettere). A tutto questo si è aggiunta anche la scoperta di Sky tg 24: l’impianto di ricircolo in realtà esiste e le fontane monumentali sono alimentate non dalla rete potabile ma da quella non potabile, quindi i consumi reali non hanno nulla a che vedere con l’importo finito in fattura. Il consumo di piazza Navona, per dire, secondo i tecnici di Acea Ato 2 Spa ammonterebbe a soli 4.757 euro l’anno, a fronte di bollette per quasi 600 mila. Centoventi volte di più.
ACQUA PAZZA Problemino. Siamo di fronte a bollette pazze di cui il Campidoglio è vittima innocente, e che però ha scioccamente pagato senza protestare? O si tratta invece di specifici contratti di fornitura che il Campidoglio ha scientemente firmato, offrendo ad Acea un «minimo annuo (da concessione)» al di fuori da ogni logica di mercato? E chi li ha sottoscritti? Quando? E perché? Il mistero è sempre più fitto. «Come quasi tutto quello che riguarda le spese del Campidoglio», si sfoga Frongia, che oggi è in predicato, se vince Virginia Raggi, di diventare vicesindaco o capo di gabinetto con specifica missione taglia-sprechi: «L’amministrazione capitolina è il trionfo della mancanza di trasparenza, della confusione, della sciatteria, dello spreco sistematico».
LUCE! LUCE! Parole forti. Ma tra il 2013 e il 2015, malgrado il boicottaggio della macchina amministrativa, la commissione Frongia ha scovato sprechi («recuperabili») per almeno un miliardo e 200 milioni l’anno. Tra cui un altro extra-costo targato Acea, quello per l’illuminazione pubblica: «Su un contratto di servizio che garantisce alla multiutility di piazzale Ostiense più di 70 milioni di introiti l’anno, abbiamo stimato che il comune potrebbe risparmiarne addirittura 20. Un euro su quattro».
FRONTE LIQUIDO Non c’è da stupirsi se in questi giorni, all’Acea, la prospettiva di una vittoria dei Cinque Stelle renda tutti un po’ nervosi, a cominciare dall’amministratore delegato e direttore generale Alberto Irace, ex Publiacqua, renzianissimo. Già c’è stato, a marzo, il precedente di Virginia Raggi che ha annunciato di voler rivoltare l’azienda come un calzino in caso di vittoria: «Solo quest’anno l’Acea dovrebbe chiudere con un utile di esercizio di 50 milioni. Sicuramente questo tipo di gestione è in perfetto contrasto con il risultato del referendum del 2011 perché con l’acqua non si devono fare profitti». E nemmeno dividendi. Ma proprio lunedì 20 Acea staccherà una cedola pari a 0,50 centesimi per azione, 20 centesimi in più del 2012. E anche se gli azionisti gongolano (il comune controlla il 51 per cento, seguito dall’editore del Messaggero, Francesco Gaetano Caltagirone, con il 15,86, e da Suez con il 12,48) è facile prevedere che con l’acqua delle fontane pazze si aprirà un altro fronte di scontro.
RISCHIATUTTO Il management di Acea non è però l’unico a correre qualche rischio in caso di vittoria grillina. Tra i macigni che pesano sul bilancio di Roma Capitale c’è anche e soprattutto il Vaticano: sono ben 400 i milioni pagati dai romani per le spese e i servizi «non previsti e non dovuti» forniti gratuitamente alla Chiesa (dalle transenne alla pulizia di piazza San Pietro dopo ogni udienza papale) e per le tasse e i tributi allegramente evasi dal Cupolone Spa, come i 20 milioni di canone per la fognatura che Oltretevere si è sempre rifiutata di pagare all’Acea e che l’Acea – rieccola! – ha trasferito pari pari alle casse del Campidoglio.
BUCHI ROMANI Tra i tanti buchi censiti dalla commissione, ecco il disastro del patrimonio immobiliare: a 216 milioni ammonta «l’evasione di Imu e Tasi che sfugge agli accertamenti perché i dati presenti in catasto sono errati»; altri 100 milioni sono sprecati per il mancato adeguamento degli affitti (memorabile l’inquilino, dotato di Porsche, che paga 7,75 euro al mese per un appartamento in via del Colosseo); una quarantina di milioni se ne vanno per gli affitti irrisori di immobili non residenziali e 20 per le concessioni ridicole degli impianti sportivi (caso record: 5.500 euro al mese per l’intero ippodromo di Capannelle, 170 ettari, uno dei più grandi d’Europa). L’evasione della tassa sui rifiuti marcisce sui 50 milioni e quella sui mezzi pubblici viaggia sui 90.  Altri 10 milioni se ne vanno per le auto blu e 35 per l’evasione della tassa di soggiorno, mentre l’extracosto dei funzionari e dei dirigenti assunti grazie a Parentopoli nelle aziende del gruppo Roma Capitale è di 15 milioni.
DEFICIT MILIARDARIO Un miliardo e 200 milioni di sprechi sono un’enormità. Ma è anche l’ammontare del «disavanzo strutturale» del Campidoglio calcolato dalla società di consulenza Ernst&Young: «Un disavanzo fisso che, insieme alle spese per le somme urgenze e per i debiti fuori bilancio, come quelli per le bollette delle fontane», secondo il revisore legale Massimo Zaccardelli, membro dell’Oref capitolino fino allo scorso febbraio, «ha di nuovo portato Roma praticamente al default, benché non dichiarato». In tre parole: Roma è fallita. Di nuovo. E il suo bilancio fa acqua da tutte le parti, e non solo per colpa delle fontane.