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martedì 19 maggio 2020

La sindaca Raggi a Ostia bloccata dentro la sua auto: attacco squadrista di Casapound.

La sindaca Raggi a Ostia bloccata dentro la sua auto: attacco squadrista di Casapound

Con la mascherina tricolore sul volto Luca Marsella, il leader ostiense di Casapound e consigliere municipale, ha bloccato l'auto della sindaca e poi rivendicato il gesto: "Ed ora denunciatemi, multatemi, la mia risposta è sempre quella: me ne frego". L'indignazione dell'Anpi e il monito della presidente della Comunità ebraica di Roma. 

"State a fa' le passerelle, venga a piazza Anco Marzio o a Ostia non ci viene più. Perché qui non scende, non la facciamo scendere", ha minacciato il consigliere di CasaPound al municipio X, Luca Marsella. La sindaca Virginia Raggi ha incassato le invettive protetta dai vetri dell'auto di servizio ma intorno la tensione è stata alta e la scorta ha avuto il suo da fare per contenere Marsella ed altri militanti che continuavano ad agitare la piccola folla di commercianti e imprenditori del lido.
La sindaca Raggi contestata a Ostia da Casapund "State a fa' le passerelle". Coia: "Aggressione gravissima"


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È stato il leader ostiense di Casapound a guidare la protesta di questa mattina - con modalità da attacco squadrista-  nei confronti della sindaca di Roma, Virginia Raggi, durante la visita in un mercato per l'avvio della Fase 2. Mezz'ora di tensione, con la sindaca rimasta in auto, poi risolta dagli agenti di scorta della prima cittadina, con la mediazione della presidente del X Municipio, la pentastellata Giuliana Di Pillo. "È l'ennesimo episodio di violenza di cui si rende protagonista questo gruppo di squadristi. Ora basta, la misura è colma", il commento dell'Anpi. "La strumentalizzazione della crisi è un campanello d'allarme che ci impone di mantenere alta l'attenzione affinché la violenza e l'impunità non trovino spazio di imporsi", gli fa eco la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello.

Non è certo la prima volta che il movimento di estrema destra va allo scontro con l'amministrazione a cinque stelle. Su tutte basti ricordare le polemiche nate ormai un anno fa quando la Raggi fece togliere la scritta "Casapound" dalla sede del movimento, un edificio occupato nel cuore della Capitale. Ne nacque un fitto botta e risposta con tanto di manifestazione da parte degli estremisti, scesi in strada per protestare contro la sindaca. Sul litorale a condurre la battaglia è sempre Luca Marsella, più volte protagonista di occupazioni dell'aula consiliare. Qualche settimana fa, invece, annunciò anche l'occupazione di ex palazzi militari da parte dei famiglie in difficoltà. Un'azione definita "irresponsabile" sia dal M5S che dal Partito Democratico. Oggi l'ennesima protesta, questa volta nel cuore di Ostia.

a mascherina tricolore sul volto, ha bloccato l'auto della sindaca, urlandole contro e invitandola a visitare i commercianti che stanno soffrendo per la crisi. "Basta passerelle, da 'sta macchina non vi facciamo scendere", ha urlato più volte. Il Movimento 5 Stelle fa quadrato attorno alla sindaca e, attraverso una nota dei parlamentari, parla di "intimidazione da parte degli estremisti di destra". "Non è possibile tollerare questa prepotenza da parte di chi evidentemente non è in grado di sostenere un dialogo diverso dalla violenza", le parole della minisindaca di Ostia, Giuliana Di Pillo. "Ma quali minacce - la replica di Marsella -, stamattina ad Ostia è esplosa soltanto la rabbia sacrosanta dei romani contro un sindaco inadeguato. E da consigliere mi sono fatto sentire anch'io, perché mi hanno votato per questo. Ed ora denunciatemi, multatemi, la mia risposta è sempre quella: me ne frego".

https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/05/18/news/raggi_a_ostia_attacco_squadrista_di_casapound-257026162/

domenica 11 novembre 2018

La marcia funebre. - Marco Travaglio





“Hanno perso la Virginità” (Il Tempo, 19.12.2016).

“Il bivio di Raggi: ammettere la bugia col patteggiamento o rischiare il posto”, “L’ultima spinta che avvicina di un’altra spanna Virginia Raggi al suo abisso insieme giudiziario e politico è arrivata dalla testimonianza dell’assessore Meloni” (Carlo Bonini, Repubblica, 26.1.2017).

“La Raggi teme l’arresto. C’è aria di autosospensione” (il Giornale, 27.1.2017).

“Mutande verdi di Virginia” (Libero, 31.1.2017).

“La fatina e la menzogna”, “mesto déjà vu di una stagione lontana, quella della Milano di Mani Pulite”, “la Raggi è inseguita dallo schianto dell’ennesimo, miserabile segreto, custodito dai ‘quattro amici al bar’: una polizza sulla vita”, “Romeo ha un legame privato, privatissimo con la Raggi, in pieno conflitto d’interesse”, “Quelle polizze potrebbero avere un’origine non privata, ma politica… una ‘fiche’ puntata su una delle anime del M5S romano, quella ‘nero fumo’”, “il rebus della provenienza dei fondi”, “Soldi di chi? Per garantirsi quale ritorno?”, “tesoretti segreti e ricatti” per “garantire un serbatoio di voti a destra” (Repubblica, 3.2.2017).

“Spunta la pista dei fondi elettorali”, “Fondi coperti”, “L’ombra dei voti comprati”, “I pm a caccia dei contributi privati inferiori a 5mila euro e mai registrati” (Messaggero, 3.2.2017).

“La pista che porta alla compravendita di voti”, “Romeo potrebbe aver agito per conto di altri… Il sospetto di finanziamenti occulti giunti al Movimento 5Stelle” (Corriere della sera, 3.2.2017).

“Come in House of Cards”, “L’accusa di corruzione è vicina”, anzi “potrebbe emergere” (La Stampa, 3.2.2017).

“Patata bollente. La vita agrodolce della Raggi nell’occhio del ciclone per le sue vicende comunali e personali. La sua storia riguarda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine, che finì malissimo” (Libero, prima pagina, 10.2.2017).

“Dopo via Almirante, via Raggi” (Il Foglio, 16.6.2018).

“Sindaca sempre più sola. Quei consiglieri tentati di toglierle la fiducia. L’idea dell’addio prima del giudizio per falso” (Repubblica, 19.6.2018).

“La Raggi fa perdere voti. M5S vuole cacciarla” (Libero, 20.6.2018).

“Al Campidoglio il piacere dell’omertà” (Repubblica, 15.7.2018).

“Virginia, la paura della condanna e l’ipotesi dell’auto-sospensione” (Messaggero, 22.9.2018).

“L’archiviazione per il reato di abuso può fornire nuovi elementi all’accusa del pm” (Messaggero, 6.10).

“Processo Raggi, la funzionaria di polizia contraddice la linea difensiva della sindaca” (Corriere della sera, 20.10).

“‘Marra decise per il fratello’. Altro colpo alla difesa Raggi”, “L’exit strategy se arriva la condanna. Abbandonare, autosospendersi o provare a tirare avanti senza simbolo” (Repubblica, 20.10).

“Assist di Marra a Raggi, ma Meloni lo smentisce” (Messaggero, 23.10).

“L’Opa leghista su Roma” (Il Foglio, 25.10).

“Se condannata, la carta Rousseau. ‘Voto web per andare avanti’” (Messaggero, 26.10).

“Raggi-Raineri, colpo di scena al processo” (Repubblica, 26.10).

“I partiti si preparano alla caduta”, “Il gioco di Salvini in Campidoglio”, “La sindaca nel suo labirinto. Nel momento più difficile, Virginia Raggi è sola e sembra non poter contare più nemmeno su Di Maio… È come scomparsa” (Il Foglio, 1.11).

“Sindaca a rischio condanna” (il Giornale, 2.11).

“L’ultima tentazione dei 5S: crisi pilotata per non votare” (Repubblica, 8.11).

“La Lega e la corsa per il Campidoglio. Parte l’offensiva social e nei municipi” (Messaggero, 8.11).

“Passo indietro o giunta ‘no logo’, le vie per Virginia in caso di sconfitta. No al perdono web” (Corriere della sera, 10.11).

“Raggi in bilico, un guaio per il M5S”, “La crisi in Campidoglio e gli effetti sul governo” (La Stampa, 10.11).

“Raggi, chiesti 10 mesi. Il M5S la molla” (il Giornale, 10.11).

“Pure Di Maio si prepara a scaricare la Raggi inguaiata dai giudici. Anche lei non vede l’ora di levare le tende” (Libero, 10.11).

“La Capitale, il malgoverno da cancellare”, “Con Virginia Raggi la situazione è precipitata. Ora che la conosciamo possiamo dire che in realtà tutto la predisponeva a questo esito. Giovane piccolo-borghese romana dall’abbigliamento e dalle maniere che ‘fanno tanto perbene’ nel quartiere Appio Latino dove è cresciuta, è centaura provetta e con l’aria sempre annoiata e il tratto vagamente indolente che ricorda la protagonista di un racconto di Moravia” (Ernesto Galli della Loggia, Corriere della sera, 10.11).

“L’esperimento romano può dichiararsi concluso con un sostanziale fallimento. Il tramonto di Virginia Raggi può intrecciarsi con un colpo al populismo municipale. Comunque vada, la sindaca è già fuori gioco” (Stefano Folli, Repubblica, 10.11).

“La Raggi è riunita con i suoi legali per l’ultimo disperato tentativo di salvarsi” (SkyTg24, 10.11).

“Il Tribunale di Roma assolve l’imputata Raggi Virginia perché il fatto non costituisce reato” (il giudice Roberto Ranazzi, 10.11.2018, ore 15.10).

Ps. Subito dopo il verdetto, quelli di SkyTg24 informano che la Raggi “è scoppiata a piangere perché non si aspettava una sentenza del genere” e il giudice ha stabilito che “la sindaca non si rendeva conto di quel che succedeva in Campidoglio”.

Vergogniamoci (anche) per loro.

Fonte: Marco Travaglio FQ 11 novembre 2018

sabato 10 novembre 2018

Raggi assolta per l'inchiesta sulle nomine: 'Spazzati via due anni di fango'.

Virginia Raggi lascia la procura di Roma dopo la sentenza di assoluzione © ANSA
Virginia Raggi lascia la procura di Roma dopo la sentenza di assoluzioneRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

La Procura aveva chiesto 10 mesi. La sindaca è scoppiata in un pianto liberatorio: 'Spazzati via due anni di fango'. Di Maio: "Forza Virginia! Contento di averti sempre difesa".


E' scoppiata in un pianto liberatorio e ha abbracciato tra gli applausi i suoi avvocati. Cosi la sindaca di Roma Virginia Raggi ha accolto la sentenza di assoluzione nel processo sulla nomina di Renato Marra con l'accusa di falso. 
Il giudice Roberto Ranazzi, durante la lettura della sentenza di assoluzione , ha detto che 'il falso del quale Raggi era accusata non costituisce reato". 
Dopo l'emozione per essere stata assolta, la sindaca ha stretto la mano al giudice Roberto Ranazzi e al pm Francesco dall'Olio. "Questa sentenza - le prime parole di Raggi - spazza via due anni di fango. Andiamo avanti a testa alta per Roma, la mia amata città, e per tutti i cittadini".  "Per i miei cittadini sono andata avanti testa alta. Ho fatto tutto con correttezza e trasparenza nell'interesse di Roma. Umanamente è stata un a prova durissima ma non ho mai mollato. Credo in quel che faccio, nel lavoro, nell'impegno costante, nel progetto che nel 2016 mi ha portata alla guida della città che amo. Un progetto che può andare con maggiore determinazione". Così in un post su Facebook la sindaca Virginia Raggi dopo la sua assoluzione.
Raggi: contro me violenza inaudita - "Assolta. Con questa parola il Tribunale di Roma, che ringrazio e rispetto per il lavoro svolto, ha messo fine a due anni in cui sono stata mediaticamente e politicamente colpita con una violenza inaudita e con una ferocia ingiustificata. Due anni durante i quali, però, non ho mai smesso di lavorare a testa alta per i miei cittadini. Li ringrazio per il sostegno e l'affetto che mi hanno dimostrato". Così la sindaca di Roma Virginia Raggi nell'esordio del suo post su Fb. "Vorrei liberarmi in un solo momento del fango che hanno prodotto per screditarmi, delle accuse ingiuriose, dei sorrisetti falsi che mi hanno rivolto, delle allusioni, delle volgarità, degli attacchi personali che hanno colpito anche la mia famiglia. Vorrei, soprattutto, che questo fosse un riscatto per tutti i romani, di qualsiasi appartenenza politica, perché il loro sindaco ce la sta mettendo tutta per far risorgere la nostra città". Così la sindaca di Roma Virginia Raggi su Fb.
Di Maio: forza Virginia, sempre con te - "Forza Virginia! Contento di averti sempre difesa e di aver sempre creduto in te". Così il vicepremier Luigi Di Maio, Capo Politico del Movimento 5 Stelle, commenta a caldo l'assoluzione di Virginia raggi su Fb. "La vera piaga di questo Paese è la stragrande maggioranza dei media corrotti intellettualmente e moralmente. Gli stessi che ci stanno facendo la guerra al Governo provando a farlo cadere con un metodo ben preciso: esaltare la Lega e massacrare il Movimento sempre e comunque. Presto faremo una legge sugli editori puri, per ora buon Malox a tutti!". Lo afferma in un post su facebook il vicepremier Luigi Di Maio commentando l'assoluzione della sindaca di Virginia Raggi. 
"Oggi la verità giudiziaria ha dimostrato solo una cosa: che le uniche puttane qui sono proprio loro, questi pennivendoli che non si prostituiscono neppure per necessità, ma solo per viltà. Ma i colpevoli ci sono e vanno temuti. I colpevoli sono quei pennivendoli che da più di due anni le hanno lanciato addosso tonnellate di fango con una violenza inaudita. Sono pennivendoli, soltanto pennivendoli, i giornalisti sono altra cosa". Lo afferma in un post su facebook Alessandro Di Battista commentando l'assoluzione di Virginia Raggi.

Salvini, bene Raggi assolta, ora giudichino cittadini - L'assoluzione del sindaco di Roma Virginia Raggi "è buona notizia". Lo ha detto il ministro dell'Interno e e vicepremier Matteo Salvini arrivando a Eicma, il salone della ruote che si tiene a Milano. "È giusto che i cittadini giudichino una amministrazione non in base alle indagini che finiscono in nulla come in questo caso ma in base alla qualità della vita. Quindi i romani giudicheranno l'amministrazione dei 5 Stelle in base a come è messa Roma. È giusto che non siano le sentenze e i magistrati a decidere chi governa e chi va a casa".
Fonte: ansa 10 novembre 2018

lunedì 20 febbraio 2017

Roma Metropolitane, pignorati 10 milioni di euro: azienda sull’orlo del baratro. A rischio Metro C e conti del Comune. - Vincenzo Bisbiglia

Roma Metropolitane, pignorati 10 milioni di euro: azienda sull’orlo del baratro. A rischio Metro C e conti del Comune

Giovedì la Salini-Impregilo ha ottenuto dal giudice il blocco dei conti della municipalizzata, che da tempo in perdita costante, non ha mai approvato il bilancio 2015 e non ha proceduto alla ricapitalizzazione da 11 milioni di euro fondamentale per mantenerla in vita. Il fallimento dell'azienda, che ha contenziosi per 1 miliardo di euro, comporterebbe un effetto domino sulle casse del Campidoglio.

Un pignoramento da 10 milioni di euro rischia di far fallire la società del Comune di Roma che realizza le opere di trasporto pubblico (metro, tram, filobus, funivie, ecc). Conti correnti bloccati, azienda sull’orlo del baratro e l’amministratore unico – nominato appena 2 mesi fa da Virginia Raggi – che attacca la giunta grillina e minaccia le dimissioni. Roma Metropolitane è una polveriera e, se non accadrà qualcosa nei prossimi giorni, rischierà seriamente di essere al centro del prossimo ciclone di questa tempesta infinita che sta mettendo a dura prova l’amministrazione pentastellata. Anche perché in gioco c’e’, ancora una volta, la grande opera per eccellenza della Capitale: la metro C.
I CONTI IN ROSSO – Partiamo dalla fine. Giovedì scorso la Salini-Impregilo, nota società di costruttori romani, ha ottenuto dal giudice il pignoramento dei conti della municipalizzata, in virtù di un credito vantato di “appena” 10 milioni di euro, relativo alla costruzione (ultimata nel 2015) della linea B1 del metrò. 
Nonostante Roma Metropolitane abbia contenziosi aperti per quasi 1 miliardo di euro con varie aziende del settore, la visita pomeridiana dell’ufficiale giudiziario è bastata a bloccare definitivamente i flussi di cassa, già da tempo sono pressoché nulli.
Da dove nascono le difficoltà? L’azienda, da tempo in perdita costante, non ha mai approvato il bilancio 2015 e, seguendo l’indirizzo di una mozione presentata dalla maggioranza M5S e approvata a novembre in Assemblea Capitolina, non ha proceduto alla ricapitalizzazione da 11 milioni di euro fondamentale per mantenerla in vita. Tuttavia, a causa delle forti diversità di vedute fra l’assessore ai Trasporti, Linda Meleo, e quello alle Partecipate, Massimo Colomban, la sindaca Raggi ha comunque deciso di nominare un nuovo amministratore unico, Pasquale Cialdini, in attesa di varare un piano complessivo di riordino delle società capitoline, che però tarda ad arrivare.
TENSIONE AI VERTICI – La tensione si taglia a fette. E’ probabile che questo mese i circa 200 dipendenti fra ingegneri e impiegati non prenderanno lo stipendio, motivo per il quale da giorni sono in assemblea permanente. Durante un incontro con i sindacati, l’amministratore Cialdini – già dirigente del Mit – ha avuto parole durissime nei confronti della giunta, minacciando di dare dimissioni e di portare i libri contabili in tribunale se entro la fine di febbraio non arriveranno direttive sul futuro della società. I lavoratori venerdì pomeriggio hanno occupato simbolicamente il cantiere della metro C a San Giovanni, ma finora nessuno della maggioranza M5S si è espresso sul tema.
RISCHIO EFFETTO DOMINO – Ma cosa accadrebbe con il (possibile) fallimento di Roma Metropolitane? Il rischio è una specie di effetto domino che andrebbe a pesare direttamente sulle casse del Campidoglio, con ripercussioni economiche ben superiori all’effettivo valore della municipalizzata stessa. Come detto, Roma Metropolitane funziona da “stazione appaltante” per le grandi opere; questo significa che la società si accolla per conto del Comune tutti i rapporti finanziari con le aziende private che svolgono materialmente i lavori legati ai trasporti della Capitale.
Solo con il consorzio di imprese che sta costruendo la metro C – Vianini Caltagirone, Ansaldo Sts, Astaldi, Ccc e Cmb – la municipalizzata oggi diretta da Cialdini ha un debito certificato di quasi 200 milioni e un contenzioso aperto in tribunale civile per almeno altri 300 milioni. L’ex amministratore unico, Paolo Omodeo Salè, stimava in 1 miliardo di euro l’importo totale di questi contenziosi, che in caso di fallimento andrebbero a pesare tutti sul Campidoglio, mandandone in tilt i flussi di cassa.
GLI EFFETTI SULLA LINEA C – Come noto, la metro C di Roma ad oggi è in funzione in un tratto ancora piuttosto decentrato, ovvero dall’estrema periferia est di Pantano fino a piazza Lodi (appena dentro le mura Aureliane). Dopo molti tentennamenti, pare che Virginia Raggi e i suoi si siano convinti di portare avanti l’opera lungo il tracciato previsto, nonostante gli sprechi (extracosti per quasi 1 miliardo), i ritardi (ben 6 anni sulla tabella di marcia) e le inchieste aperte da Procura di Roma e Corte dei Conti.
In questo momento, il Campidoglio punta tutto sull’apertura della stazione di San Giovanni, ipotizzata per fine 2017, che permetterebbe alla linea C di incrociare la linea A. Un risultato che potrebbe essere messo in dubbio proprio dall’eventuale fallimento di Roma Metropolitane, punto di riferimento per il contraente generale e parafulmine economico per il Comune.

mercoledì 28 dicembre 2016

Bilancio Comune di Roma, il revisore che l’ha bocciato è a processo per bancarotta. - Andrea Palladino

Bilancio Comune di Roma, il revisore che l’ha bocciato è a processo per bancarotta


Marco Raponi, commercialista vicino al centrodestra, è membro dell'Oref, l'organismo che per la prima volta ha respinto i conti della Capitale, "firmati" dalla giunta Raggi. Ilfattoquotidiano.it è in grado di rivelare che lo stesso professionista è imputato per il crac del Latina calcio. Con accuse pesanti. Comprese quelle di aver fatto sparire documenti. La replica: "Processo in corso, non commento".

E’ membro del collegio che ha bocciato pochi giorni fa il bilancio del Comune di Roma, il primo dell’era Raggi, e allo stesso tempo è imputato per bancarotta fraudolenta, con l’accusa di aver “sottratto o distrutto” i verbali del collegio sindacale del Latina Calcio, con l’obiettivo di nascondere il crac in corso. Marco Raponi, commercialista di Cori (Latina) con la passione per la politica (di centrodestra), mai avrebbe immaginato un giorno di trovarsi con in mano un bilancio pubblico pesantissimo da valutare. La città di Cori che negli anni passati ha amministrato – appoggiato da una lista civica vicina all’epoca a Forza Italia e Alleanza nazionale – ha appena 11mila abitanti, e un bilancio che neanche sfiora quello del più piccolo municipio della capitale. Ma a volte è il caso che gioca curiosi scherzi: dallo scorso febbraio è uno dei tre revisori dei conti del Campidoglio, componente dell’Oref, l’organismo che poco prima di Natale ha bocciato il primo bilancio firmato dalla giunta Raggi. Nominato nel febbraio scorso dal commissario straordinario, attraverso una selezione basata sul sorteggio informatico, come raccontano i verbali di Roma capitale firmati dal prefetto Tronca.
Raponi nel curriculum pubblicato sul sito del Comune di Roma non ha inserito quella che lui definisce con un certo pudore “una situazione professionale”. Per la Procura di Latina è in realtà una pesante imputazione per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta del vecchio Latina Calcio, fallito nel 2009. Le indagini condotte dal pubblico ministero Marco Giancristofaro portarono a individuare pesanti ipotesi di responsabilità per l’intero collegio sindacale della squadra di calcio (la cui attuale gestione nulla ha che vedere con il fallimento di sette anni fa), presieduto proprio da Raponi: “In concorso tra loro – scrive la Procura nel capo d’imputazione – sottraevano o distruggevano, allo scopo di crearsi ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale”.
Non solo. Per i magistrati quel collegio di sindaci presieduto da Raponi avrebbe evitato di “richiedere l’intervento del Tribunale di Latina affinché venisse dichiarato il fallimento della As Latina spa, appena venuti a conoscenza dell’insolvenza”, evidente già nel 2006, tre anni prima del fallimento. In altre parole Raponi – per i magistrati di Latina – invece di vigilare sulla tenuta dei conti del Latina calcio avrebbe aiutato l’amministratore a far sparire le scritture contabili e i registri della società, non segnalando poi in tempo l’imminente crac. Il processo per la bancarotta fraudolenta iniziato da pochi mesi è ancora in corso: “Siamo nel primo dibattimento – spiega a ilfattoquotidiano.it Raponi – speriamo di uscirne fuori”. Una situazione che avrebbe magari consigliato di rinunciare all’incarico delicato di revisore dei conti del Comune di Roma? “C’è un processo in corso – risponde Raponi – non è opportuno commentare”.
Il destino giudiziario e la carriera di revisore dei conti di Marco Raponi sono legati a doppio filo con due nomi noti in provincia di Latina e di Roma, quello di Antonio Sciarretta, patron del Latina calcio tra il 2002 e il 2006 (anno horribilis, quando la squadra venne radiata dopo essersi vista respingere la domanda d’iscrizione al campionato), con velleità politiche nel centrodestra – area Alleanza nazionale – andate spesso a vuoto, e quello di Marcello Ilardi, imprenditore della sanità privata laziale morto tre anni fa. Sciarretta e Ilardi gestivano insieme la Life Hospital spa, società finita fallita nel 2008, dopo appena sette anni di attività, socio unico a sua volta del vecchio Latina calcio. Anche in questo caso il presidente del collegio sindacale era il commercialista Marco Raponi.
Il suo nome appare ancora oggi nelle visure di alcune società legate al gruppo Ilardi (gestite oggi dagli eredi), come la Clinica Madonna delle Grazie di Velletri. Sciarretta era l’amministratore delegato del Latina Calcio al momento del fallimento ed è il principale imputato nel processo per bancarotta fraudolenta. Nel suo caso la procura gli ha contestato anche la distrazione di alcuni beni della società di calcio: “Un automezzo Fiat Ducato, un respiratore, un elettrocardiografo, un trattorino, attrezzi da palestra, armadi e una stampante”, per un valore complessivo di circa 25mila euro. Nel processo dovrà rispondere – insieme al revisore contabile del Comune di Roma Marco Raponi – anche per la distruzione dei registri e di alcuni documenti contabili.

sabato 24 settembre 2016

Olimpiadi 2024: viaggi, contratti e consulenze (d’oro). Come ha speso i soldi il comitato organizzatore del Coni. - Lorenzo Vendemiale

Olimpiadi 2024: viaggi, contratti e consulenze (d’oro). Come ha speso i soldi il comitato organizzatore del Coni

La cifra dei 20 milioni di danno erariale che l'organizzazione guidata da Malagò sarebbe pronta a chiedere alla Raggi non è ricostruibile nei dettagli. Ma nel bilancio del Coni 2015 e in quello di previsione 2016 si trovano tracce di almeno 10 milioni di spese già stanziate o effettuate: dal rifacimento degli uffici, a 450mila euro di supporto tecnico legale, fino alle diverse figure professionali arruolate con contratti biennali da 200mila euro più "quote variabili". E ancora, 150mila euro di trasferte e 785mila euro di "altri costi per servizi".

Viaggi e campagne promozionali, nuovi uffici e convegni, contratti e consulenze d’oro. Anche da 200mila e passa euro all’anno. Vincere le Olimpiadi ha un prezzo. E per aggiudicarsi quelle di Roma 2024 il Comitato promotore ha già speso diversi milioni di euro. Su cui adesso che la candidatura sembra ormai arrivata a fine corsa, rischia di spostarsi la battaglia con il Campidoglio. Se il consiglio approverà la delibera di revoca della candidaturaGiovanni Malagò è intenzionato a rivolgersi alla Corte dei Conti per “danno erariale”: “Qualcuno dovrà rispondere del fatto che sono stati spesi dei soldi pubblici”. Già, ma come?
LA MINACCIA DEL DANNO ERARIALE – È questa la domanda che è stata posta da più parti, specie dal Movimento 5 stelle: “Visto che il presidente Malagò ha tirato in ballo la sindaca dicendo che chiederà questi 20 milioni di euro di danni, vorrei sapere come sono stati spesi e se ha intenzione di rendicontare”, ha detto il deputato Simone Valente. “Il Coni è un ente pubblico e tutte le spese sono online”, la replica del numero uno dello sport italiano. A inizio 2016 il presidente Luca Cordero di Montezemolo aveva stimato il costo complessivo della candidatura in 24,9 milioni di euro, di cui 5 privati. Di qui la cifra dei 20 milioni di cui si parla. Alcuni progetti non vedranno mai la luce, altri sono già stati realizzati: difficile quantificare con esattezza il totale, che poi è la cifra che potrebbe essere eventualmente contestata davanti alla Corte dei Conti. Forse superiore ai 10 milioni di euro: una rendicontazione al dettaglio, infatti, ancora non è disponibile. Sicuramente non sul sito del Comitato promotore (che però è solo una branca della Coni Servizi Spa). Ma cercando fra le pieghe del bilancio Coni 2015 e della previsione per il 2016 è possibile farsi un’idea di come siano stati spesi i soldi per promuovere una candidatura ormai quasi fallita.
spese-roma-2024-2015
LA SEDE AL FORO ITALICO E LE CONSULENZE D’ORO – Gli sforzi della Coni Servizi si sono mossi essenzialmente in tre direzioni: mettere a disposizione del Comitato una sede e uno staff, predisporre il dossier olimpico nelle sue varie fasi e step (lo stesso che è stato consegnato al Cio e bocciato dalla giunta M5s), realizzare le attività di comunicazione del progetto. Tutti e tre i punti hanno avuto i loro costi. Di viaggi in giro per il mondo per promuovere l’immagine di Roma e la sua candidatura, ad esempio, solo nel 2015 (ancora di rodaggio) se ne sono andati circa 150mila euro. Tra gli investimenti strutturali dello scorso anno ci sono anche 590mila euro, di cui una parte è servita per riqualificare l’immobile adibito a sede dell’unità operativa per Roma 2024. Malagò aveva promesso di fare tutto “in house”, e così è stato: la casa del Comitato è stata individuata all’interno del Parco del Foro Italico, già di proprietà del Coni. Uffici comunque nuovi di zecca. Ma a colpire l’attenzione sono soprattutto i costi del personale. Se Montezemolo ha svolto il suo incarico da presidente a titolo gratuito, lo stesso non si può dire degli altri rappresentanti e collaboratori vari del Comitato. La coordinatrice Diana Bianchedi, ad esempio, ha firmato un contratto biennale dal valore di 190mila euro (l’anno, ovviamente), a cui bisogna aggiungere altri 38mila euro di quota variabile. Per il direttore della Comunicazione Fabio Guadagnini, volto noto di Sky e Fox Sports, sono previsti 200mila euro, più 40mila di possibili premi (chissà se raggiunti, a questo punto). E ancora: 90mila euro per Roberto Daneo, advisor del dossier che aveva già svolto lo stesso incarico per Expo 2015; 100mila euro per il planning manager Simone Perillo, 45mila euro per il programma multimediale di valorizzazione artistico/sportiva della città. Ma anche 40mila euro per chi ha curato il progetto del bacino remiero, o 25mila euro per quello delle gare di vela (che non si disputeranno mai). Alcuni di questi contratti erano a progetto, altri sono già stati stipulati fino al 31 dicembre 2017. E salvo sorprese o rinunce dovranno essere onorati.
2,2 MILIONI NEL 2015, PIÙ DEL TRIPLO NEL 2016 – Dal punto di vista tecnico, funziona più o meno così: il governo stanzia dei fondi, il Comitato promotore di Roma 2024 spende quei soldi attraverso la Coni Servizi (la società per azioni che rappresenta il braccio operativo economico del Comitato olimpico). E quest’ultima al termine delle operazioni si fa riaddebitare dall’Ente i costi sostenuti. Il tutto ovviamente al di fuori del contratto di servizio, che vale da solo 124 milioni di euro di contributi pubblici l’anno. Nel bilancio 2015, già approvato e pubblicato, si legge che lo scorso anno sono stati spesi 2,2 milioni di euro per le attività di Roma 2024. La voce più alta è tutt’altro che definita nel dettaglio: 785mila euro di “altri costi per servizi”. Ma ci sono anche 450mila euro di supporto tecnico legale, 485mila euro di collaborazionie prestazioni professionali, 150mila euro di viaggi e di trasferte, più altre uscite minori riconducibili a catering, convegni, materiali, merci. Solo un anticipo delle spese ben più consistenti del 2016: nel budget per l’anno corrente, infatti, sono segnati 7,5 milioni di euro di costi previsti. Un +5,1 rispetto al 2015, visto che le attività “avranno particolare impulso considerando che si tratta dell’anno precedente a quello in cui il Cio designerà la città ospitante l’evento”. Quando verrà approvato il consuntivo 2016 si saprà cosa e quanto è stato speso con precisione. Al conto, poi, manca anche il 2017: nell’ultima legge di stabilità il governo aveva stanziato 8 milioni di euro con vincolo di destinazione per le attività del Comitato promotore nel prossimo anno. Almeno questi verranno recuperati, anche se una parte potrebbe essere già stata impegnata. Come più volte ribadito dal Coni, sono tutte spese lecite, autorizzate dalla legge e da quella mozione con cui proprio il Campidoglio aveva presentato domanda di candidatura. La stessa che ora la Giunta guidata da Virginia Raggi deve revocare per chiudere ogni discorso su Roma 2024. Nell’ottica del Comitato solo un investimento (inferiore rispetto a quello sostenuto da Los Angeles e Parigi) per vedersi assegnata la manifestazione (e con essa 1,7 miliardi di contributi dal Cio). Adesso, però, la candidatura di Roma 2024 se ne va, i costi restano. In fondo è proprio questa la tesi del danno erariale.

giovedì 22 settembre 2016

Olimpiadi Roma 2024, “danno erariale da 20 milioni”: la carta del Coni contro Raggi. - Lorenzo Vendemiale

Olimpiadi Roma 2024, “danno erariale da 20 milioni”: la carta del Coni contro Raggi

La sindaca del M5S ha detto no alla candidatura della Capitale e Giovanni Malagò, presidente del Comitato Olimpico, avverte: "Le consiglio di non presentare la mozione" per mettere fine alla procedura. Perché "gli amministratori che firmeranno quella delibera dovranno assumersi le loro responsabilità".

“Consiglio alla Raggi di non presentare la mozione per dire no alla candidatura”. Dopo la giornata che ha (quasi) posto la parola fine all’avventura di Roma 2024, il suggerimento di Giovanni Malagò suona come una minaccia. O quantomeno un avvertimento: al Coni sperano ancora di riaprire in extremis il sogno olimpico. Ma se davvero bisognerà rinunciare alla candidatura, non intendono arrendersi senza combattere: l’ultima carta che il comitato promotore può giocare è lo spauracchio di un procedimento per danno erariale contro la sindaca Virginia Raggi (e contro tutti i consiglieri che dovessero votare a favore della sua decisione).
LO SPAURACCHIO DEL DANNO ERARIALE – Dopo l’annuncio della Raggi, resta un ultimo passo formale da compiere per archiviare Roma 2024: una delibera della Giunta comunale, da ratificare anche in Assemblea, che annulli l’analogo provvedimento con cui il Campidoglio aveva votato a favore di Roma 2024. La candidatura è nata sull’asse Renzi-Malagò, entrambi entusiasti del progetto. Ma formalmente a suo tempo fu proprio l’amministrazione capitolina (allora guidata da Ignazio Marino) a chiedere a Coni e governo di candidare Roma all’edizione del 2024 e allo Stato di impegnare fondi pubblici. Cosa che è avvenuta: circa 20 milioni di euro sono stati spesi negli ultimi due anni dal comitato promotore. A questo fa riferimento Malagò quando dice che “ora gli amministratori che eventualmente firmeranno quella delibera dovranno assumersi le loro responsabilità”. La legge, infatti, prevede la responsabilità individuale per chi cagiona un danno alle casse dello Stato, in questo caso causato dalla “discontinuità amministrativa” rispetto alla precedente gestione. Venti milioni di euro non sono pochi spiccioli per un Comune con un debito miliardario, ma sono un patrimonio per dei semplici consiglieri comunali, che (sempre a detta del Coni) potrebbero doversi trovare a rispondere per circa 500mila euro a testa.
SPADA DI DAMOCLE SUL VOTO DECISIVO – Per ora l’argomento non sembra aver fatto molta presa sul governo del Campidoglio: “Il danno erariale c’è stato per i Mondiali di nuoto nel 2009 e per tutti i grandi eventi fatti a Roma, questo è certo”, ha ribattuto Daniele Frongia. Esponenti del Movimento 5 stelle romano spiegano di essere “tranquilli”: “Non abbiamo potuto chiedere un parere all’avvocatura capitolina, non c’erano i tempi tecnici. Ma lo staff che coadiuva il sindaco ci ha rassicurato a riguardo: non ci saranno problemi”. Anche al Coni, però, sono sicuri del fatto loro: avrebbero già contatto esperti contabili e ci sarebbe anche un precedente a rafforzare la loro tesi. Di qui il consiglio “spassionato” di Malagò alla sindaca. Il Comitato promotore spera ancora che la ratifica della mozione (che è già stata presentata) fino alla fine non arrivi. “Per la Raggi passare dal Consiglio sarà un problema: chi se la sentirà di votare un provvedimento sapendo che rischia di rovinarsi?”. D’altra parte, pare anche difficile che la giunta possa fare marcia indietro dopo la conferenza stampa di oggi. Ma se davvero ci sarà l’ok da parte del Consiglio, il giorno dopo il Coni si rivolgerà alla Corte dei Conti. “Noi siamo amministratori pubblici, è chiaro che abbiamo avuto dei fondi tramite una legge dello Stato e siamo soggetti ai controlli del Mef” –ha spiegato il numero uno dello sport italiano – quindi giuridicamente ed economicamente è evidente che dobbiamo girare l’azione di responsabilità verso gli amministratori che firmeranno quella delibera”.
LA RABBIA DEL COMITATO – Certo, il Coni potrebbe anche lasciar cadere la questione nel vuoto, incassando la fine della candidatura come successo altrove. Ma è davvero difficile che ciò accada dopo quando accaduto. Non tanto l’annuncio, quanto le sue modalità sono state recepite come un vero e proprio affronto personale sia nel Comitato olimpico che in quello promotore. Il ritardo all’appuntamento fissato in Campidoglio e l’attesa di circa 40 minuti, la conferenza stampa con lo sfondo delle Vele di Calatrava (simbolo dello spreco dei Mondiali di nuoto organizzati proprio da Malagò): la Raggi sembra aver scelto il modo più plateale possibile per dire no alla candidatura. Il suo staff sostiene che la sindaca ha avuto un semplice contrattempo, ed era praticamente arrivata quando la delegazione ha deciso di andarsene. Per altri, la prima cittadina si sarebbe infastidita per la domanda della diretta streaming dell’incontro da parte di Malagò. Una richiesta parte di una strategia precisa: il presidente del Coni avrebbe voluto inchiodare in pubblico la sindaca, proponendo di rimettere la questione ai cittadini con un referendum (a cui la stessa Raggi si era dichiarata favorevole in campagna elettorale). Solo voci. I fatti sono quelli di un incontro programmato da prima dell’estate, fissato per un’ora prima di una decisione già presa e saltato all’ultimo minuto. Col senno di poi, anche la riunione tecnica della sera precedente viene giudicata una “farsa” da ambienti Coni: “Era già tutto deciso, ci hanno preso in giro”.
ROTTURA TOTALE – Tutto questo non ha fatto altro che esacerbare gli animi. La Raggi ha parlato, il Movimento 5 stelle si è ricompattato attorno a lei (sono arrivati anche i complimenti di Beppe Grillo), il Coni ha perso. Al di là delle parole di facciata "vedremo, fino a che non arriva un atto formale la candidatura è ancora in piedi”, a Palazzo H il clima si respirava clima da fine viaggio. Abbracci, dirigenti commossi, frasi di circostanza: “ È stato bello”, “Bravi lo stesso”. Andare avanti senza il sostegno del Campidoglio dal punto di vista tecnico sarebbe anche possibile, ma non viene ritenuta una pista percorribile: “Perché sarebbe controproducente: potremmo anche arrivare a Lima, ma perderemmo di sicuro. Chi voterebbe una città che non vuole i Giochi?”. Allora la candidatura di Roma 2024 a questo punto ha davvero avere le ore contate. Anche se il suo strascico potrebbe essere molto lungo.
A prescindere dal fatto che la Raggi sa quel che fa, considerato che è laureata in giurisprudenza, il danno erariale che millanta Malagò deriva dalle promesse fattegli da chi ha preceduto l'attuare sindaco, quindi, a rigor di logica, dovrebbe essere la vecchia giunta comunale a far fronte ai danni provocati dalle promesse mancate.
Oltretutto, Malagodi, prima di chiedere il risarcimento per danno erariale, dovrà spiegare coma ha speso i 20 milioni dei nostri soldi già erogatigli dalla precedente giunta comunale.
Ma la giurisprudenza, si sa, è infarcita di cavilli studiati e varati dai volponi della politica, quindi, il guazzabuglio è assicurato.
La giustizia, in Italia, non esiste, è lungi da venire.

giovedì 8 settembre 2016

M5s a Roma, perché stavolta sto con la Raggi e coi Cinque Stelle. - Diego Fusaro

M5s a Roma, perché stavolta sto con la Raggi e coi Cinque Stelle


Non sono del Movimento Cinque Stelle. Sono un osservatore esterno, che da sempre guarda con curiosità e interesse al Movimento, pur senza aderirvi e, spesso, senza risparmiare critiche anche serrate. In questo caso, tuttavia, la mia solidarietà al Movimento e alla Raggi è incondizionataQuello che sta accadendo a Roma è indecoroso. Stanno cercando, mediante l’opinione pubblica manipolata e la leva degli illeciti (i quali, ove vi siano, vanno ovviamente puniti a norma di legge), di delegittimare integralmente un movimento politico che ha democraticamente vinto le elezioni e che, peraltro, nemmeno ha ancora avuto modo di iniziare davvero ad amministrare Roma.
Con le parole di Gramsci, che ovviamente non era (né avrebbe potuto essere) del Cinque Stelle e che sicuramente oggi sarebbe bollato come “complottista” e “populista” dal Ministero della Verità, “lo Stato quando vuole iniziare un’azione poco popolare crea preventivamente l’opinione pubblica adeguata” (Quaderni del carcere). Questo è il punto. I poteri forti e, con essi, quel Pd che è loro servo fedele e che non fa mistero di tutelare gli interessi del capitale contro il lavoro (leopolde varie con Serra, attacco ai lavoratori del Colosseo, elogi sperticati di Marchionne, ecc.), hanno già deciso: il Cinque Stelle deve essere abbattuto e delegittimato. Perché è di impaccio rispetto a essi.
Non ho mai fatto mistero dei limiti del Cinque Stelle (assenza di una linea cultural-politica precisa, di una chiara forma partitica, ecc.), né dei suoi meriti: tra questi ultimi, il superamento della dicotomia obsoleta di destra e sinistra, l’individuazione del nemico principale nel capitale finanziario e nelle sue propaggini (Unione europea, Usa, ecc.). Il fatto che oggi il Cinque Stelle stia subendo questo vile e abominevole linciaggio mediatico a reti unificate è la spia che ci segnala evidentemente quanto esso sia sgradito ai poteri forti e, di conseguenza, ai loro cani da guardia, in primis al circo mediatico, al clero giornalistico prezzolatissimo e agli intellettuali a guinzaglio più o meno corto.
La vicenda delle Olimpiadi di Roma mi pare dirimente: la Raggi s’è giustamente opposta alle Olimpiadi, andando a toccare interessi immensi di poteri forti che ora, com’è naturale, hanno deciso di prenderla di mira. Questo è il punto. Proprio come accadde con Marino, sempre a Roma. È, ancora una volta, il modello di Mani Pulite (1992), colpo di stato giudiziario ed extraparlamentare con cui, in nome della lotta alla corruzione, si eliminò una prima Repubblica centrata sui diritti sociali e sul lavoro per aprire la strada alla “rivoluzione liberista” della distruzione del sociale, del lavoro e dei diritti.
Svegliamoci, prima che sia troppo tardi. E, soprattutto, aderiamo al movimento degli “apoti”, come li chiamava Prezzolini: ossia di quelli che non si bevono tutte le menzogne che il circo mediatico senza tregua propina.

venerdì 17 giugno 2016

Sprechi di Roma, le spese pazze del Comune: 5 milioni l’anno solo per l’acqua delle fontane. - Anna Morgantini




E' il conto che il Campidoglio paga all'Acea. Per rifornire gli impianti che alimentano bellezze monumentali come Piazza Navona o Fontana di Trevi. Una bolletta pesantissima adesso entrata nel mirino del M5S. Che in caso di vittoria al ballottaggio di domenica annuncia tagli  milionari al contratto di servizio con la multiutility.

Ma, in fatto di soldi, il Campidoglio ci è o ci fa? A poche ore dal ballottaggio Raggi-Giachetti, proprio mentre lo scontro si focalizza sul debito, nella capitale scoppia il caso-fontane: consumano oro anziché acqua, a giudicare dalle bollette che Acea ha inviato nel 2012 al comune di Roma e che il Campidoglio ha pagato senza dire neanche beh. Ben 234 mila per la fontana alla salita del Pincio. Quasi 250 mila per piazza Farnese. La fontana di Trevi si beve 294 mila euro l’anno. E Piazza Navona? Tre bollette-monstre: per i Quattro Fiumi del Bernini, ecco la numero 2304625 dell’11 dicembre 2012 che ammonta a 523 mila euro, a cui ancora bisogna aggiungere le fatture numero 2304521 e 2304522  (33 e 31 mila euro) per l’alimentazione delle due fontane laterali. In tutto fanno 590 mila euro, che sommati al costo di tutte le altre fontane e fontanelle dell’Urbe portano a un conto finale clamoroso: 5 milioni 134 mila e 147 euro, regolarmente liquidati dal Campidoglio nell’ottobre 2015 come «debiti fuori bilancio».
E IO PAGO Un conto stratosferico. Ma tutt’altro che chiaro, limpido e trasparente: «Secondo i funzionari del comune, le fontane monumentali di Roma sono alimentate con acqua potabile e sono prive di impianto di ricircolo» spiegano Laura Maragnani, giornalista di Panorama, e  Daniele Frongia, ex presidente M5S della Commissione capitolina per la riforma della spesa, che hanno scovato queste bollette micidiali e le hanno pubblicate nel loro libro“E io pago” (Chiarelettere). A tutto questo si è aggiunta anche la scoperta di Sky tg 24: l’impianto di ricircolo in realtà esiste e le fontane monumentali sono alimentate non dalla rete potabile ma da quella non potabile, quindi i consumi reali non hanno nulla a che vedere con l’importo finito in fattura. Il consumo di piazza Navona, per dire, secondo i tecnici di Acea Ato 2 Spa ammonterebbe a soli 4.757 euro l’anno, a fronte di bollette per quasi 600 mila. Centoventi volte di più.
ACQUA PAZZA Problemino. Siamo di fronte a bollette pazze di cui il Campidoglio è vittima innocente, e che però ha scioccamente pagato senza protestare? O si tratta invece di specifici contratti di fornitura che il Campidoglio ha scientemente firmato, offrendo ad Acea un «minimo annuo (da concessione)» al di fuori da ogni logica di mercato? E chi li ha sottoscritti? Quando? E perché? Il mistero è sempre più fitto. «Come quasi tutto quello che riguarda le spese del Campidoglio», si sfoga Frongia, che oggi è in predicato, se vince Virginia Raggi, di diventare vicesindaco o capo di gabinetto con specifica missione taglia-sprechi: «L’amministrazione capitolina è il trionfo della mancanza di trasparenza, della confusione, della sciatteria, dello spreco sistematico».
LUCE! LUCE! Parole forti. Ma tra il 2013 e il 2015, malgrado il boicottaggio della macchina amministrativa, la commissione Frongia ha scovato sprechi («recuperabili») per almeno un miliardo e 200 milioni l’anno. Tra cui un altro extra-costo targato Acea, quello per l’illuminazione pubblica: «Su un contratto di servizio che garantisce alla multiutility di piazzale Ostiense più di 70 milioni di introiti l’anno, abbiamo stimato che il comune potrebbe risparmiarne addirittura 20. Un euro su quattro».
FRONTE LIQUIDO Non c’è da stupirsi se in questi giorni, all’Acea, la prospettiva di una vittoria dei Cinque Stelle renda tutti un po’ nervosi, a cominciare dall’amministratore delegato e direttore generale Alberto Irace, ex Publiacqua, renzianissimo. Già c’è stato, a marzo, il precedente di Virginia Raggi che ha annunciato di voler rivoltare l’azienda come un calzino in caso di vittoria: «Solo quest’anno l’Acea dovrebbe chiudere con un utile di esercizio di 50 milioni. Sicuramente questo tipo di gestione è in perfetto contrasto con il risultato del referendum del 2011 perché con l’acqua non si devono fare profitti». E nemmeno dividendi. Ma proprio lunedì 20 Acea staccherà una cedola pari a 0,50 centesimi per azione, 20 centesimi in più del 2012. E anche se gli azionisti gongolano (il comune controlla il 51 per cento, seguito dall’editore del Messaggero, Francesco Gaetano Caltagirone, con il 15,86, e da Suez con il 12,48) è facile prevedere che con l’acqua delle fontane pazze si aprirà un altro fronte di scontro.
RISCHIATUTTO Il management di Acea non è però l’unico a correre qualche rischio in caso di vittoria grillina. Tra i macigni che pesano sul bilancio di Roma Capitale c’è anche e soprattutto il Vaticano: sono ben 400 i milioni pagati dai romani per le spese e i servizi «non previsti e non dovuti» forniti gratuitamente alla Chiesa (dalle transenne alla pulizia di piazza San Pietro dopo ogni udienza papale) e per le tasse e i tributi allegramente evasi dal Cupolone Spa, come i 20 milioni di canone per la fognatura che Oltretevere si è sempre rifiutata di pagare all’Acea e che l’Acea – rieccola! – ha trasferito pari pari alle casse del Campidoglio.
BUCHI ROMANI Tra i tanti buchi censiti dalla commissione, ecco il disastro del patrimonio immobiliare: a 216 milioni ammonta «l’evasione di Imu e Tasi che sfugge agli accertamenti perché i dati presenti in catasto sono errati»; altri 100 milioni sono sprecati per il mancato adeguamento degli affitti (memorabile l’inquilino, dotato di Porsche, che paga 7,75 euro al mese per un appartamento in via del Colosseo); una quarantina di milioni se ne vanno per gli affitti irrisori di immobili non residenziali e 20 per le concessioni ridicole degli impianti sportivi (caso record: 5.500 euro al mese per l’intero ippodromo di Capannelle, 170 ettari, uno dei più grandi d’Europa). L’evasione della tassa sui rifiuti marcisce sui 50 milioni e quella sui mezzi pubblici viaggia sui 90.  Altri 10 milioni se ne vanno per le auto blu e 35 per l’evasione della tassa di soggiorno, mentre l’extracosto dei funzionari e dei dirigenti assunti grazie a Parentopoli nelle aziende del gruppo Roma Capitale è di 15 milioni.
DEFICIT MILIARDARIO Un miliardo e 200 milioni di sprechi sono un’enormità. Ma è anche l’ammontare del «disavanzo strutturale» del Campidoglio calcolato dalla società di consulenza Ernst&Young: «Un disavanzo fisso che, insieme alle spese per le somme urgenze e per i debiti fuori bilancio, come quelli per le bollette delle fontane», secondo il revisore legale Massimo Zaccardelli, membro dell’Oref capitolino fino allo scorso febbraio, «ha di nuovo portato Roma praticamente al default, benché non dichiarato». In tre parole: Roma è fallita. Di nuovo. E il suo bilancio fa acqua da tutte le parti, e non solo per colpa delle fontane.