venerdì 25 novembre 2016

Ars, il mistero di Riggio e Cascio Condannati, ma non ancora sospesi. - Accursio Sabella

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Per la legge Severino, i due parlamentari condannati oltre un mese fa devono lasciare Sala d'Ercole. Ma la procedura è ferma a Palazzo Chigi.

PALERMO - La condanna a due anni e otto mesi per corruzione nei confronti di Francesco Cascio è arrivata 34 giorni fa. 
Quella a Francesco Riggio (5 anni e 8 mesi) per la truffa relativa ai fondi del Ciapi, addirittura 38 giorni fa. Per la legge Severino, entrambi i deputati regionali dovranno essere sospesi dalla carica per 18 mesi. In pratica, dovranno decadere, visto che la fine della legislatura è prevista tra meno di un anno. Ma entrambi sono ancora lì, a Sala d'Ercole, da 34 e 38 giorni. Giorni in cui, oltre ovviamente a ricevere indennità e bonus, che nel caso di Cascio si “estendono” all'intero ufficio di “past president”, i deputati avranno potuto esaminare, votare, approvare e bocciare provvedimenti importanti come ad esempio la manovra di assestamento.

Un mistero. Perché in altri casi, i deputati condannati sono stati “sospesi” in tempi molto più brevi. Persino nell'arco di una settimana. Ma stavolta, tutto procede a rilento. Come mai? Giorni addietro il deputato nazionale del Pd Francesco Boccia aveva puntato il dito contro l'Assemblea regionale siciliana, guadagnandosi però una piccata risposta del presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone che ha, di fatto, svelato dove si è inceppato il meccanismo: “L'onorevole Boccia – la replica di Ardizzone all'Adnkronos - ha commesso un errore di persona. Sarebbe stato più corretto, infatti, rivolgersi alla presidenza del Consiglio dei ministri, piuttosto che a quella dell'Assemblea regionale siciliana”. Da allora, sono passati quasi dieci giorni. Ma nulla si è mosso. E contattato da Livesicilia, Ardizzone allarga le braccia: “Per procedere – spiega – serve un decreto di sospensione della Presidenza del consiglio dei ministri. Un decreto che dovrà essere trasmesso al Commissario dello Stato, quindi quest'ultimo dovrà trasmetterlo all'Ars”. A quel punto, non è chiaro se la sospensione avviene attraverso la semplice presa d'atto e comunicazione in Aula o tramite la convocazione della commissione per la Verifica dei poteri, come era avvenuto nel caso della prima “vittima” della Legge Severino, cioè l'ex deputato del Pdl Salvino Caputo.

Di certo c'è che il procedimento è fermo a Palazzo Chigi. E di giorni, come detto, ne sono passati parecchi. Al punto che qualcuno ha iniziato a sollevare qualche dubbio di natura “politica”. Riggio, infatti, è un ex deputato del Pd che si sarebbe avvicinato a movimenti politici vicini ai renziani. 

Cascio, invece, è il coordinatore regionale del Nuovo centrodestra, il partito del ministro dell'Interno Angelino Alfano. Contro quest'ultimo ha puntato il dito, tra gli altri, il deputato nazionale di Sinistra Italiana, Erasmo Palazzotto: “Non vorremmo – ha detto - che il Ministro dell'interno confonda il suo ruolo istituzionale con quello di capo del Ncd, partito di cui Francesco Cascio è uno dei principali esponenti”. A dire il vero, Alfano, da capo dell'Ncd, sul tema si era espresso, ribadendo “amicizia, stima e fiducia” a Cascio e dicendosi certo della “sua innocenza che sono convinto riuscirà a provare in appello. L’articolo 27 della Costituzione – ha aggiunto - è tuttora in vigore e ci consente, e al tempo stesso impone, di considerarlo innocente”. Il ministro ha poi annunciato di aver “convintamente respinto” le dimissioni del deputato siciliano da coordinatore regionale di Ncd.

In realtà, però, le dimissioni non servirebbero nemmeno, in questo caso. Basterebbe applicare la legge. Che invece tarda a diventare operativa nei casi di Cascio e a maggior ragione di Riggio, condannato prima del suo collega di Ncd. E intanto, i parlamentari che dovrebbero subentrare ai due deputati, ossia Giuseppe Di Maggio e Pino Apprendi, attendono. “Inizio ad avere l'impressione – denuncia Apprendi – che in questi casi la politica interferisca, rallentando o accelerando le procedure. Devo anche prendere purtroppo atto che il mio partito non si è mobilitato per far rispettare la regolarità del procedimento. Anzi, - conclude – devo constatare che il Pd si è proprio disinteressato di questa questione”. E il mistero dei deputati “intoccabili” continua.


http://livesicilia.it/2016/11/25/ars-il-mistero-di-riggio-e-cascio-condannati-ma-non-ancora-sospesi_803821/

L’INCOERENZA DI NAPOLITANO. - Tomaso Montanari

L’incoerenza di Napolitano

Per l’ennesima volta, il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano entra a gamba tesa nel gioco politico, prendendo posizione a fianco di una sola delle due metà in cui lui e Matteo Renzi stanno spaccando il Paese. Lo fa dichiarando che vota Sì, “coerentemente con le mie posizioni di questi anni”.
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Non so sull’arco di quanti anni sia lecito misurare questa coerenza, ma se nel computo rientra ancora, non dico il 1956 ma almeno il 1995, Napolitano è – al contrario – del tutto incoerente. In quell’anno, infatti, egli firmò una proposta di legge costituzionale (2115/1995) che, se fosse stata approvata, oggi avrebbe impedito a Renzi di imporre a maggioranza questa “riforma” e, in ogni caso, ci obbligherebbe a un voto referendario “spacchettato” per temi.

In quel momento la maggioranza era nelle mani di Berlusconi, Bossi e Fini e un fitto drappello di parlamentari del Centrosinistra affermò con forza che la costituzione non doveva essere nella disponibilità del governo del momento. Tra quei parlamentari figuravano anche Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella.
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Ma cosa diceva quella sacrosanta proposta di modifica che toccava gli articoli 64, 83, 136 e 138 della costituzione? Essa muoveva dalla convinzione – cito dalla relazione introduttiva – che “il principio maggioritario trovi un limite invalicabile nel rispetto dei principi costituzionali, delle regole democratiche, dei diritti e delle libertà dei cittadini: principi, regole, diritti, libertà che non sono e non possono essere rimessi alle discrezionali decisioni delle maggioranze pro tempore”.
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Perché – cito ancora – “è questo il pilastro principale del costituzionalismo moderno, prodotto maturo di una lunga e contrastata stagione storica terminata con l’affermazione dei principi e dei valori della cultura democratica e liberale”.
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Essendo queste le premesse, si capisce che tutti gli articoli di quella proposta di legge firmata da Napolitano (e da Mattarella) meritino di essere commentati.
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L’articolo 4 cambiava il primo comma del fatidico articolo 138, elevando a due terzi la soglia minima per cambiare la costituzione, e continuando a prevedere due deliberazioni separate da almeno tre mesi. Tradotto in termini odierni: se quella riforma Napolitano fosse stata approvata, oggi non avremmo la riforma Napolitano-Boschi-Renzi, approvata a maggioranza.
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Si proponeva poi di cambiare anche il terzo comma dello stesso articolo 138, che manteneva il referendum popolare (in aggiunta ai due terzi del parlamento), prevedendo che si votasse “per ciascuna delle disposizioni sottoposta a revisione, o per gruppo di disposizioni tra loro collegate per identità di materie”. Tradotto in termini odierni: se quella riforma Napolitano fosse stata approvata, oggi si sarebbe votato come avrebbe (giustamente!) voluto Valerio Onida.
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Ancora due altri punti, diametralmente opposti alla riforma odierna. Napolitano proponeva che il presidente della Repubblica fosse eletto “a maggioranza di due terzi dell’assemblea”. Sempre: dal primo all’ultimo scrutinio. Tradotto nei termini della riforma renziana farebbero 487 voti: quando invece oggi ne bastano 221, dal settimo scrutinio.
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Al Napolitano di oggi la velocità sembra un valore cui sacrificare le garanzie democratiche, ma al Napolitano del 1995 era venuta un’ottima idea: “Se, alla scadenza del mandato del presidente uscente, l’assemblea non ha ancora provveduto alla elezione del suo successore, le funzioni di presidente della Repubblica sono provvisoriamente assunte dal presidente della Corte Costituzionale”.
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Infine, un’altra chicca: si stabiliva che le Camere adottassero i propri regolamenti a maggioranza dei due terzi dei componenti. Questo sì che era uno statuto delle minoranze! Mentre oggi la riforma Napolitano-Renzi-Boschi prevede che ciò avvenga a maggioranza semplice: mettendo di fatto la minoranza nelle mani della maggioranza e, per esempio, vanificando totalmente la possibilità che le leggi di iniziativa popolare vadano avanti speditamente anche se non gradite al governo.
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Insomma, Giorgio Napolitano può dire tutto tranne che il suo Sì di oggi sia coerente con il Napolitano del 1995. Allora Napolitano era in minoranza, e pensava ai diritti della minoranza. Oggi è il capo della maggioranza e non pensa più ai diritti della minoranza.
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Ma noi siamo ancora d’accordo con il Napolitano di allora, e votiamo No perché pensiamo che cambiare la costituzione a maggioranza abbatta “il pilastro principale del costituzionalismo moderno”: parola di Giorgio Napolitano.

Conti correnti, come evitare i controlli del fisco.

Conti correnti, come evitare i controlli del fisco


Dal 31 marzo scorso, ossia dalla creazione dell'Anagrafe dei conti correnti (bancari o postali), il fisco viene a conoscenza di ogni versamentoprelievo, bonifico e operazione fatta con il Bancomat o con la carta di credito, ogni movimento di titoli, prodotti finanziari o assicurativi. Ciò significa che muovere i propri depositi di credito o di debito è, potenzialmente, un'operazione a rischio, come ricorda il portale 'LaLeggePerTutti.it'.
Il decreto Salva Italia di fine 2011 ha consentito l'ingresso nei database del fisco dei dati di sintesi dei conti correnti (saldo a inizio e fine anno, totale degli accrediti e degli addebiti effettuati e la giacenza media annua). Ma ci sono anche altre informazioni relative a rapporti finanziari come, ad esempio, carte di credito, di debito o prepagate, cassette di sicurezza, che in realtà non possono essere usate per controlli a tappeto ma per quella che viene chiamata 'analisi di rischio'. Attraverso una serie di algoritmi, vengono individuate le posizioni più sospette di evasione e su quelle si concentrano le indagini e i successivi accertamenti fiscali.
L'obiettivo dell'Agenzia delle Entrate è quello di capire se ci sono dei movimenti 'in nero' sui conti correnti, cioè entrate o uscite di denaro non dichiarate al fisco. La legge di Stabilità fissa in 3mila euro il tetto del prelievo in contantipresso lo sportello bancario senza dover dare delle spiegazioni. Ma, in realtà, il titolare di un conto corrente potrebbe prelevarne di più: il rischio però è che l'impiegato della banca faccia una segnalazione per verificare un eventuale riciclaggio.
Nel caso ci fossero dei sospetti concreti su un caso simile, l'avviso finirebbe sul tavolo del procuratore della Repubblica, ma se il correntista ha la coscienza tranquilla non ha nulla da temere.
Se è vero che il titolare di un conto corrente può prelevare più di 3mila euro in un colpo solo, su richiesta della banca deve darne giustificazione: tuttavia, i movimenti superiori ai 12.500 euro (soglia oltre la quale scatta l'obbligo del bonifico bancario) possono essere realizzati solo attraverso un intermediario finanziario.
Nessuna soglia per i prelievi, dunque, e sogni tranquilli per chi non è un farabutto. Ma il fisco può intervenire lo stesso di fronte a un prelievo consistente, magari ripetuto più volte nell'arco di un tempo relativamente breve: all'Agenzia delle Entrate può venire il sospetto che quel denaro sia utilizzato per un investimento che ci serve a fare un po' di soldi in nero.
Quindi, al momento di entrare in banca per prelevare una somma importante, bisogna sapere quale rischio si corre e come evitarlo. Soprattutto se, per colpa del redditometro, l'Agenzia delle Entrate scopre che i soldi che prelevo dal conto sono superiori a quelli che dichiaro. Se questa differenza eccede del 20% non c'è scampo: l'Agenzia busserà alla porta del correntista. In ogni caso, conviene evitare di fare prelievi troppo elevati dal conto e spendere quei soldi in un bene che non si riesce a mantenere.
Un altro 'trucco' per evitare controlli fiscali sui prelievi è tenere sempre in archivio tutta la documentazioneriguardante i soldi portati via dal conto. E' importante poter giustificare il denaro prelevato, soprattutto quando si ha un'attività commerciale o imprenditoriale, nei confronti delle quali c'è sempre una presunzione del nero. Non c'è modo migliore per evitare i controlli del Fisco che effettuare i pagamenti più importanti tramite bonifico, assegno o carta di credito anziché in contanti: ne resta sempre traccia, anche a distanza di tempo, anche quando, a memoria, vai a sapere perché è stato fatto quel prelievo e dove sono andati a finire i soldi.
Chi pensa però che, per spendere 5mila euro in nero in un dato giorno, possa evitare di dare nell'occhio prelevando dal conto corrente 250 euro per volta, si sbaglia. Si pone sempre il problema del reddito: il correntista può permettersi di prelevare quella somma in un mese? Se la risposta è no, scatta l'accertamento.
Se il denaro invece serve per un prestito o una donazione, meglio fare una scrittura privata con data certa che possa giustificare il movimento di soldi. Esistono diversi metodi per fornire tale certificazione a un documento, ma il più utilizzato è la spedizione dello stesso, con plico piegato su se stesso (quindi senza busta), ove viene fatto apporre il timbro postale: timbro che, essendo certificato da un pubblico ufficiale, farà piena prova della data. Questo documento, sigillato e munito del timbro postale di data certa, andrà conservato per almeno cinque anni.
Quali sono i rischi per chi viene sorpreso a prelevare contante oltre la soglia consentita? Per le violazioni è prevista una specifica sanzione amministrativa dall'1% al 40% dell'importo trasferito. La sanzione non è mai inferiore a 3mila euro, mentre le violazioni che superano i 50mila euro vengono punite con una sanzione pari a cinque volte il minimo.
Rischia anche l'operatore di banca che viene a conoscenza della violazione ma sta zitto: può ricevere una sanzione pecuniaria dal 3 al 30% dell'importo dell'operazione, partendo sempre da un minimo di 3mila euro.
Per il fisco, inoltre, non c'è più il segreto bancario. La lotta all'evasione fiscale portata avanti dall'Agenzia delle Entrate autorizza i suoi funzionari a sapere ogni dettaglio dei conti correnti, ma anche di qualsiasi tipo di investimento, compresa la compravendita d'oro. Pertanto la privacy di un correntista non è più esclusiva della banca o delle Poste, dove sono depositati i risparmi. Banca e Poste sono tenute a dare al fisco qualsiasi tipo di informazione venga richiesta. Il Garante ha lanciato l'allarme ma, per ora, non ha ottenuto risposte.

mercoledì 23 novembre 2016

La contro-riforma putiniana di Renzi, Boschi e Verdini. - Paolo Flores d'Arcais




Amici lettori, pensate davvero che la “riforma” costituzionale Renzi-Boschi-Verdini non costituisca un pericolo per le vostre libertà? Provate a ragionare su questi ineludibili dati di fatto.

Oggi in Italia vi sono tre schieramenti che ottengono grosso modo il 25/30% dei voti (il resto si disperde tra forze minori). Poiché ormai un terzo degli italiani non va a votare (e il fenomeno è in crescita), con la “riforma” suddetta e la concomitante nuova legge elettorale (sia nella versione Italicum che, forse ancora peggio, in quella “corretta Cuperlo”), chi rappresenta solo il 17/20% dei cittadini otterrà una schiacciante maggioranza assoluta in Parlamento (di nominati, dunque fedeli al Capo “perinde ac cadaver”), il controllo della Corte Costituzionale, del Consiglio Superiore della Magistratura (da cui dipendono tutte le nomine ai vertici di Procure Tribunali e Cassazione), la scelta del Presidente della Repubblica (e la possibilità di facile impeachment nel caso non piacesse più e non si “allineasse”), il controllo della Rai, tutte le nomine delle Authority di “garanzia” (Consob, Privacy, ecc.), oltre ovviamente al governo.

Potrebbe vincere Renzi, potrebbe vincere Grillo, potrebbe vincere la destra-destra (in declinazione Berlusconi/Salvini o Berlusconi/Parisi, a seconda degli umori di Arcore). Io voterò M5s, come faccio già da tempo, ma avrei paura se a questa forza andassero i poteri previsti dalla contro-riforma (chiamiamola col suo nome, vivaddio!) Renzi-Boschi-Verdini. E ne avrebbero anche i “cinquestelle”, responsabilmente, visto che hanno proposto una legge elettorale “proporzionale corretta” (tipo Spagna e in parte Germania) e sono impegnati per il No.

Perché con la contro-riforma costituzional-elettorale (le due cose sono inscindibilmente intrecciate proprio nel disegno dei promotori), un leader da 17/20% di consenso dei cittadini avrebbe un potere che sfiora quello di Putin e di Erdogan, senza necessità di ricorrere alla galera e alla violenza. E, ripeto, chi sia questo leader dipenderebbe da spostamenti minimi di voti (nel caso del turno unico saremmo addirittura alla roulette). Davvero questa prospettiva non vi gela il sangue?

Se non vi fa paura vuol dire che avete superato in atarassica serenità zen il più “disincarnato” dei monaci orientali, il che sarà magari ottimo per la vostra psiche e le vostre future reincarnazioni, ma per il funzionamento di una democrazia è micidiale. In ogni democrazia fondamentale è il rispetto delle minoranze, le garanzie per i bastian-contrari, i diritti civili e gli spazi di comunicazione reale di quella minoranza delle minoranze che è il singolo dissidente. Niente di tutto questo resta in piedi con le contro-riforme Renzi-Boschi-Verdini.

Vi flautano nelle orecchie: ma è il prezzo da pagare per l’efficienza, per la velocità del processo legislativo. Davvero ci siete cascati? Non l’avete ancora letto l’articolo 70 controriformato? Claudio Santamaria lo ha recitato in pubblico, alla manifestazione indetta da MicroMega con Maltese, Rodotà, Zagrebelsky, Carlassare, Ovadia e tanti altri, lo ha letto come si conviene a un grande attore e come esige la punteggiatura di quella pagina e mezzo (attualmente l’articolo 70 è di una riga): un incomprensibile labirinto mozzafiato di commi e sottocommi, su cui i giuristi hanno già dato una dozzina di interpretazioni diverse, una sbobba procedurale che garantirà ricorsi su ricorsi fino alla Corte Costituzionale. Santamaria ha detto che sembrava scritta da Gigi Proietti in uno dei suoi momenti satirici di grazia. Forse, ma certamente con la collaborazione del notissimo e manzoniano dottor Azzeccagarbugli.

Vi sventolano davanti agli occhi lo specchietto per le allodole dei costi della politica che diminuiscono, davvero ve la siete bevuta? Qualche decina di milioni in meno: costa assai di più ogni settimana semplicemente tener in vita l’ipotesi del Ponte sullo Stretto (se poi, con il Sì nelle vele, lo costruiranno davvero, saremmo a una tragedia da piangere per generazioni). E se i senatori saranno un pochino di meno, in compenso i politici regionali e comunali che andranno in quegli scranni godranno del premio più ambito per i troppi politicanti che della politica fanno mercimonio e profitto: l’amatissima immunità. I costi della politica si tagliano in radici riducendo a zero le migliaia e migliaia di consigli di amministrazioni delle “partecipate”, le migliaia e migliaia di consulenze di nomina politica, il groviglio ciclopico di enti inutili, e insomma i milioni di persone che “vivono di politica”, e lautamente, per meriti che con il merito hanno ben poco a che fare.

Millantano che con il Sì combatterete la Casta, ma la Casta sono loro, ormai, il giglio magico e le sue infinite propaggini, l’indotto di nuovi piccoli satrapi messo in moto dalle Leopolde, le incredibili mediocrità assurte a posizioni apicali, le imbarazzanti nullità innalzate nell’Olimpo dell’intreccio affaristico-politico, che ormai fanno apparire uno statista perfino Cirino Pomicino.


Col No, il No che conta, vince invece la società civile di questo quarto di secolo di lotte. Che ha come programma l’unica grande riforma necessaria: realizzare la Costituzione, che i conservatori di sempre hanno bloccato, edulcorato, sfigurato, avvilendola nella camicia di forza della “Costituzione materiale”, democristiana prima, del Caf (Craxi Andreotti Forlani) poi, infine di Berlusconi (che con le sue televisioni ammicca al Sì e a chiacchiere sta col No, il solito piede in due scarpe), e oggi del suo nipotino Renzi.

Se col tuo voto vincerà il No, amico lettore, non ci sarà nessuna instabilità, semplicemente diventerà inevitabile un governo di coerenza costituzionale, e si aprirà la strada per l’unico rinnovamento di cui l’Italia ha bisogno, quello che porta scritto “giustizia e libertà” e come stella polare ha l’eguaglianza incisa nella Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.


http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-contro-riforma-putiniana-di-renzi-boschi-e-verdini/

Mandiamoli a casa.

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Per capire come ci ingannano i nostri governanti basta pensare che le riforme costituzionali presentate da Berlusconi illo tempore, le stesse presentate dal governo PD oggi, sono state ricusate illo tempore dal PD, oggi dallo stesso Berlusconi.
Questa è la prova del fatto che questi loschi individui non hanno alcuna intenzione di prodigarsi per migliorarci la vita, ma per mettere a punto gli interessi dei loro padroni in cambio di agevolazioni di varia natura.
Sono, pertanto, servi servili dei quali non abbiamo alcun bisogno e che ci procurano solo nocumento.
Mandiamoli a casa.

Votiamo NO!

Cetta.

martedì 22 novembre 2016

Castelli nel mondo.


Castello di Neuschwanstein - Bavaria, Germania

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Castello di Hohenschwangau, Bavaria - Germania
Castelli del mondo
Castello nido di rondine, Ucraina
Guaita Fortress. San Marino.
Conwy Castle. Galles
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Castello di Alcatraz. Segovia - Spagna
Castello di Bodiam - Inghilterra
Castello di Bodiam. East Sussex, in Inghilterra.
Castello di Kilchurn, Loch Awe, Scozia

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Burg Liechtenstein, Austria

lunedì 21 novembre 2016

PADRI RICOSTITUENTI. - SANDRA BONSANTI

Padri ricostituenti


Ma come è potuto accadere che fosse un signore imputato per appartenenza a un’associazione segreta, per il quale il Pm ha chiesto quattro anni di carcere, a concordare la riforma della costituzione con il governo Renzi? Uno come Denis Verdini che rivendica a ogni piè sospinto la sua partecipazione decisiva al tentativo di indebolire il nostro Parlamento e rafforzare il potere del governo e del suo capo?
E come è potuto accadere che un banchiere del vertice di Banca Etruria chiamato Boschi si rivolgesse in cerca di grandi nomi per il governo della banca, a un tal Flavio Carboni per il quale, nella stessa inchiesta sulla P3, il Pm ha chiesto nove anni e mezzo di carcere? Verdini, padre costituente, accusato di aver fatto parte “di un’aggregazione stabile che aveva scelto la segretezza come forma strutturale e sistematica per poter penetrare negli apparati dello Stato, a tutti i livelli…”.

Cosa c’è di malato in questa Italia avvinghiata agli spettri di un passato tutt’altro che glorioso proprio quando predica il cambiamento derivante da una nuova Costituzione? Ci aiuta a trovare una spiegazione, una intervista che Carlo Azeglio Ciampi dette a Mario Calabresi nel gennaio del 2013. Disse Ciampi: “In Italia non si è data sufficiente importanza a cosa è stata la P2, ma villa Wanda è ancora aperta e il titolare è ancora lì (Gelli morì due anni dopo, nel 2015, ndr) e molti degli aderenti a quella loggia massonica sono ancora in circolazione. La stagione della P2 non è mai finita, ha continuato ad agire sotto traccia, continuando a inquinare le istituzioni italiane. Il fatto di non aver estirpato fino in fondo questo cancro è un grande cruccio”.

Mi sono chiesta se fosse soltanto il grido di allarme un po’ generico e un po’ ripetitivo di un padre della patria… oppure, invece, la denuncia del politico accorto e informato, che visse in prima persona gli anni della Banca d’Italia, le vicende legate a Sindona e Calvi, a Sarcinelli e Baffi, a Giorgio Ambrosoli… a Gelli, a Andreotti…
Me lo sono chiesta poche settimane fa, alla morte di Tina Anselmi, quando in molti hanno voluto ricordarla per i tanti motivi per i quali dobbiamo esserle grati, ma pochi hanno nominato la commissione P2 e l’ansia che ha sempre tormentato quella grande donna perché vedeva che la sua sfida era persa e l’antistato era più vivo che mai.
Lo tenevano sempre attivo coloro che da sempre avevano sostenuto il piano di rinascita della P2: un progetto che arrivava da lontano, dai primi anni del dopoguerra, alimentato da spezzoni della politica italiana che si muovevano verso una destra eversiva. E che sono sopravvissuti alimentando molti dei progetti di riforme della costituzione volte a rafforzare l’esecutivo nella mani di un sol uomo, venendo finalmente alla luce della ribalta con la grande riforma di Craxi e i progetti di repubblica presidenziale.

Ecco perché le preoccupazioni di Carlo Azeglio Ciampi non posso e non devono essere sottovalutate. 
Ecco perché le trame di Verdini e Carboni possono essere una cosa seria. 
Ecco perché non c’è assolutamente nulla di nuovo nella costituzione Boschi-Renzi-Verdini. 
Ecco perché deve essere respinta.