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sabato 4 settembre 2021

Cartelle fiscali, come e quando pagare dopo la fine della tregua di agosto. - Marco Mobili e Giovanni Parente

 

Non c’è solo la ripresa graduale delle notifiche. Attenzione agli atti scaduti prima dell’8 marzo 2020: bisogna pagare subito o chiedere una rateizzazione. Per gli atti in scadenza dopo l’8 marzo 2020 c’è tempo fino al 30 settembre 2021.

Ripresa graduale delle notifiche e pagamenti da recuperare. Dopo la tregua di Ferragosto, riprende l’attività della riscossione. Nonostante sia salendo il pressing di alcune forze della maggioranza per un nuova sospensione, il 1° settembre segna lo spartiacque dal quale l’agente della riscossione può riprendere l’attività di notifica di cartelle e altri atti (dalle ipoteche ai pignoramenti, compresi quelli di stipendi e pensioni) rimasti fermi dall’8 marzo 2020 per le moratorie concesse a causa dell’emergenza Covid. Ma non solo, perché bisognerà tornare anche a versare per le cartelle che erano state già consegnate prima del lockdown di marzo 2020. A ricordare tutte le scadenze in calendario è un comunicato di agenzia delle Entrate-Riscossione.

Cartelle e avvisi già scaduti prima dell’8 marzo 2020.

Per il pagamento di cartelle e avvisi già scaduti prima dell'8 marzo 2020 (21 febbraio per i comuni della «zona rossa»), agenzia Riscossione ricorda che «il contribuente dovrà procedere con il tempestivo versamento delle somme dovute o richiedere e ottenere un provvedimento di rateizzazione per evitare l'avvio delle procedure di recupero».

Atti in scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021.

Per gli atti in scadenza nel periodo dall'8 marzo 2020 (21 febbraio per i comuni della «zona rossa») al 31 agosto 2021, il pagamento invece dovrà essere effettuato entro il 30 settembre 2021 (mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione).

I piani di rateizzazione.

Per i piani di dilazione Ader ricorda che il pagamento delle rate in scadenza dall'8 marzo 2020 (21 febbraio per i comuni della «zona rossa») al 31 agosto 2021 deve essere effettuato entro il 30 settembre 2021 versando almeno un numero di rate sufficiente a evitare la decadenza degli stessi, fissata in dieci rate anche non consecutive dal decreto Ristori (Dl 137/2020). Mantengono invece l'originaria data di pagamento le rate con scadenza successiva al 31 agosto 2021.

Le possibilità di dilazionare i pagamenti.

I contribuenti che non riescono a pagare quanto dovuto in un'unica soluzione possono chiedere la rateizzazione del debito e avvalersi, in questo particolare momento, delle agevolazioni introdotte dal decreto Ristori (Dl 137/2020) fino al 31 dicembre 2021.

• Tolleranza fino a 10 rate. Per le rateizzazioni attive all'8 marzo 2020 e per tutte le richieste che perverranno entro il 31 dicembre 2021, la legge ha disposto la possibilità di beneficiare di un periodo più lungo per la decadenza che si verificherà con il mancato pagamento di 10 rate, anche non consecutive (anziché le 5 ordinariamente previste). Pertanto, in vista della scadenza di pagamento di fine settembre è necessario prestare molta attenzione al calcolo esatto delle rate che non sono state versate durante il periodo di sospensione (protrattosi per 18 mesi) e provvedere al saldo di quelle che consentono di non superare il limite consentito di 10 rate per rimanere in regola con la rateizzazione.

• Basta la domanda fino a 100mila euro. Per le richieste presentate entro il 31 dicembre 2021, il decreto Ristori ha innalzato da 60 a 100 mila euro la soglia di debito per il quale basta una semplice domanda, senza la necessità di dover presentare la documentazione che attesti lo stato di difficoltà economica, per ottenere l'ammissione automatica alla dilazione ordinaria fino a 6 anni (72 rate).

 Nuova chance per chi è decaduto. Agenzia delle Entrate-Riscossione fa notare che può presentare una richiesta di dilazione anche chi era decaduto da una precedente rateizzazione prima della fase emergenziale, senza il vincolo del versamento delle rate scadute. Stessa possibilità anche per coloro che al 31 dicembre 2019 erano decaduti dalle definizioni agevolate (le tre edizioni delle «rottamazioni» e il «saldo e stralcio») che possono rateizzare le somme ancora dovute.

Le modalità di pagamento.

È possibile pagare presso la propria banca, agli sportelli bancomat (Atm) abilitati ai servizi di pagamento Cbill, con il proprio internet banking, agli uffici postali, nei tabaccai aderenti a Banca 5 SpA e tramite i circuiti Sisal e Lottomatica, sul portale www.agenziaentrateriscossione.gov.it e con l’App Equiclick tramite la piattaforma PagoPa.

Si può pagare anche direttamente agli sportelli ma esclusivamente su appuntamento da prenotare sul sito nella sezione «Trova lo sportello e prenota».

Infine, è possibile effettuare il versamento mediante compensazione con i crediti commerciali non prescritti, certi, liquidi ed esigibili (crediti certificati) maturati per somministrazioni, forniture, appalti e servizi nei confronti della Pubblica amministrazione.

IlSole24Ore


mercoledì 26 agosto 2020

Serve una grande riforma del fisco. La chiede anche il numero uno dell’Agenzia delle Entrate Ruffini. “Il nostro sistema è una giungla impossibile da comprendere per chiunque”.

ERNESTO MARIA RUFFINI

“Il nostro non è un sistema fiscale. È una giungla impossibile da comprendere per chiunque, del tutto incontrollabile. E questo perché nel corso degli anni le leggi finanziarie l’hanno letteralmente terremotato, creando frammentazioni assurde. Adesso c’è da rifare l’edificio ed è, ripeto, un’occasione da non perdere. Il coronavirus ci offre la possibilità di fare la grande riforma del fisco, come nel giugno 1969: quando sono nato io”. E’ quanto ha detto a Repubblica il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.
“Innanzitutto – ha aggiunto il numero uno delle Entrate – bisogna fare cinque testi unici per riunire organicamente una materia immensa, di cui nemmeno gli esperti conoscono i confini. Cinque testi unici, per le imposte dirette, le indirette, l’accertamento, la riscossione e il contenzioso, cioè la giustizia tributaria. Una volta fatto ordine, ecco che bisogna iniziare a sfrondare. E cambiare. È arrivato il momento di mettere non i tributaristi, ma ogni cittadino nelle condizioni di conoscere il sistema fiscale. Il patto fiscale, del resto, è alla base del patto democratico e non permettere a ogni cittadino di conoscere il contenuto di quel patto è un pessimo segnale dello stato in cui versa la democrazia”.
Poi, ha detto ancora Ruffini, “ridurre le imposte in un Paese come il nostro dove l’imposizione è così elevata sarebbe doveroso. Ma la semplificazione del rapporto fra fisco e cittadini è altrettanto importante”. “Non è soltanto una questione di aliquote – ha concluso il direttore dell’Agenzia delle Entrate -, né di maquillage. Un sistema vessatorio e difficile da interpretare rappresenta un freno micidiale per gli investimenti, anche dall’estero. Come segassimo il ramo sul quale siamo seduti”.

venerdì 25 novembre 2016

Conti correnti, come evitare i controlli del fisco.

Conti correnti, come evitare i controlli del fisco


Dal 31 marzo scorso, ossia dalla creazione dell'Anagrafe dei conti correnti (bancari o postali), il fisco viene a conoscenza di ogni versamentoprelievo, bonifico e operazione fatta con il Bancomat o con la carta di credito, ogni movimento di titoli, prodotti finanziari o assicurativi. Ciò significa che muovere i propri depositi di credito o di debito è, potenzialmente, un'operazione a rischio, come ricorda il portale 'LaLeggePerTutti.it'.
Il decreto Salva Italia di fine 2011 ha consentito l'ingresso nei database del fisco dei dati di sintesi dei conti correnti (saldo a inizio e fine anno, totale degli accrediti e degli addebiti effettuati e la giacenza media annua). Ma ci sono anche altre informazioni relative a rapporti finanziari come, ad esempio, carte di credito, di debito o prepagate, cassette di sicurezza, che in realtà non possono essere usate per controlli a tappeto ma per quella che viene chiamata 'analisi di rischio'. Attraverso una serie di algoritmi, vengono individuate le posizioni più sospette di evasione e su quelle si concentrano le indagini e i successivi accertamenti fiscali.
L'obiettivo dell'Agenzia delle Entrate è quello di capire se ci sono dei movimenti 'in nero' sui conti correnti, cioè entrate o uscite di denaro non dichiarate al fisco. La legge di Stabilità fissa in 3mila euro il tetto del prelievo in contantipresso lo sportello bancario senza dover dare delle spiegazioni. Ma, in realtà, il titolare di un conto corrente potrebbe prelevarne di più: il rischio però è che l'impiegato della banca faccia una segnalazione per verificare un eventuale riciclaggio.
Nel caso ci fossero dei sospetti concreti su un caso simile, l'avviso finirebbe sul tavolo del procuratore della Repubblica, ma se il correntista ha la coscienza tranquilla non ha nulla da temere.
Se è vero che il titolare di un conto corrente può prelevare più di 3mila euro in un colpo solo, su richiesta della banca deve darne giustificazione: tuttavia, i movimenti superiori ai 12.500 euro (soglia oltre la quale scatta l'obbligo del bonifico bancario) possono essere realizzati solo attraverso un intermediario finanziario.
Nessuna soglia per i prelievi, dunque, e sogni tranquilli per chi non è un farabutto. Ma il fisco può intervenire lo stesso di fronte a un prelievo consistente, magari ripetuto più volte nell'arco di un tempo relativamente breve: all'Agenzia delle Entrate può venire il sospetto che quel denaro sia utilizzato per un investimento che ci serve a fare un po' di soldi in nero.
Quindi, al momento di entrare in banca per prelevare una somma importante, bisogna sapere quale rischio si corre e come evitarlo. Soprattutto se, per colpa del redditometro, l'Agenzia delle Entrate scopre che i soldi che prelevo dal conto sono superiori a quelli che dichiaro. Se questa differenza eccede del 20% non c'è scampo: l'Agenzia busserà alla porta del correntista. In ogni caso, conviene evitare di fare prelievi troppo elevati dal conto e spendere quei soldi in un bene che non si riesce a mantenere.
Un altro 'trucco' per evitare controlli fiscali sui prelievi è tenere sempre in archivio tutta la documentazioneriguardante i soldi portati via dal conto. E' importante poter giustificare il denaro prelevato, soprattutto quando si ha un'attività commerciale o imprenditoriale, nei confronti delle quali c'è sempre una presunzione del nero. Non c'è modo migliore per evitare i controlli del Fisco che effettuare i pagamenti più importanti tramite bonifico, assegno o carta di credito anziché in contanti: ne resta sempre traccia, anche a distanza di tempo, anche quando, a memoria, vai a sapere perché è stato fatto quel prelievo e dove sono andati a finire i soldi.
Chi pensa però che, per spendere 5mila euro in nero in un dato giorno, possa evitare di dare nell'occhio prelevando dal conto corrente 250 euro per volta, si sbaglia. Si pone sempre il problema del reddito: il correntista può permettersi di prelevare quella somma in un mese? Se la risposta è no, scatta l'accertamento.
Se il denaro invece serve per un prestito o una donazione, meglio fare una scrittura privata con data certa che possa giustificare il movimento di soldi. Esistono diversi metodi per fornire tale certificazione a un documento, ma il più utilizzato è la spedizione dello stesso, con plico piegato su se stesso (quindi senza busta), ove viene fatto apporre il timbro postale: timbro che, essendo certificato da un pubblico ufficiale, farà piena prova della data. Questo documento, sigillato e munito del timbro postale di data certa, andrà conservato per almeno cinque anni.
Quali sono i rischi per chi viene sorpreso a prelevare contante oltre la soglia consentita? Per le violazioni è prevista una specifica sanzione amministrativa dall'1% al 40% dell'importo trasferito. La sanzione non è mai inferiore a 3mila euro, mentre le violazioni che superano i 50mila euro vengono punite con una sanzione pari a cinque volte il minimo.
Rischia anche l'operatore di banca che viene a conoscenza della violazione ma sta zitto: può ricevere una sanzione pecuniaria dal 3 al 30% dell'importo dell'operazione, partendo sempre da un minimo di 3mila euro.
Per il fisco, inoltre, non c'è più il segreto bancario. La lotta all'evasione fiscale portata avanti dall'Agenzia delle Entrate autorizza i suoi funzionari a sapere ogni dettaglio dei conti correnti, ma anche di qualsiasi tipo di investimento, compresa la compravendita d'oro. Pertanto la privacy di un correntista non è più esclusiva della banca o delle Poste, dove sono depositati i risparmi. Banca e Poste sono tenute a dare al fisco qualsiasi tipo di informazione venga richiesta. Il Garante ha lanciato l'allarme ma, per ora, non ha ottenuto risposte.

sabato 5 novembre 2016

Decreto fiscale, gli emendamenti: fino a 20 rate per chi rottama una cartella Equitalia e dimezzamento delle sanzioni.

Decreto fiscale, gli emendamenti: fino a 20 rate per chi rottama una cartella Equitalia e dimezzamento delle sanzioni

Oltre mille le proposte di modifica presentate nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. In testa il Pd, che sulle sanzioni vuole "promuovere una riflessione". L'M5S chiede la cancellazione della voluntary disclosure bis e fino a 20 rate per pagare il dovuto aderendo al condono deciso dal governo: "Quattro non possono andar bene a chi ha problemi veri di liquidità". Scelta civica vuole il "superamento dell'onere di riscossione".


Dall’aumento del numero di rate previsto per la “rottamazione” delle cartelle Equitalia al dimezzamento strutturale delle sanzioni dopo il passaggio delle funzioni alla nuova Agenzia delle Entrate – Riscossione. E’ il contenuto di alcuni dei 1.043 emendamenti presentati nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera al decreto Fisco, collegato alla manovra e dalle cui misure il governo conta di ricavare oltre 4 miliardi di coperture. La maggior parte delle proposte di modifica (313) è stato presentato dal Pd, che chiede tra l’altro la riduzione delle sanzioni. Seguono Forza Italia e il Movimento 5 Stelle, con quest’ultimo che auspica per prima cosa “una vera abolizione di Equitalia” invece del “maquillage superficiale” previsto dal governo ma chiede anche “la cancellazione tout court del condono ai furbi che loro chiamano voluntary disclosure bis” e lo stop agli smisurati poteri di accesso alle banche dati concessi al braccio della riscossione.
Dalla maggioranza “emendamenti bandiera” su aggi e sanzioni – Per Area popolare occorre fissare un tetto in modo che aggi e sanzioni non possano “superare il 50% della somma dovuta”. Il Pd punta invece, con un emendamento firmato da tutto il gruppo in commissione Finanze, al dimezzamento delle sanzioni, che oggi vanno dal 90 al 360%. Secondo il capogruppo Michele Pelillo l’emendamento “vuole promuovere una riflessione sul tema. E’ una proposta aperta a qualunque soluzione. L’essenziale è che si apra questo capitolo”. Anche Ap parla di “un ‘emendamento bandiera‘ per aprire il dibattito”. Pare di capire, dunque, che la maggioranza punta a cambiare nel profondo i contenuti del testo. A partire dalle regole entro cui dovrà muoversi il nuovo ente pubblico che prenderà il posto di Equitalia.
Se non cambia il quadro normativo, infatti, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si comporterà esattamente come il predecessore, continuando per esempio a chiedere al contribuente oneri di riscossione (il vecchio aggio) pari al 6% dell’importo dovuto. Misura fissata dal governo Renzi in uno dei decreti attuativi della delega fiscale, quello su “Misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione” pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 settembre 2015. Del resto lo stesso capogruppo Pd della commissione Bilancio, Francesco Boccia, due giorni fa ha detto che “è necessario superare in maniera definitiva il pagamento dell’aggio, oggettivamente troppo oneroso alle attuali condizioni”. Eliminarlo significa però dover trovare i circa 500 milioni annui che ne derivano: l’alternativa è caricarli sulla fiscalità generale, come ha fatto notare la direttrice delle Entrate Rossella Orlandi
“Giù gli interessi in modo strutturale e cancellazione della voluntary bis” – I deputati M5S chiedono che le funzioni di Equitalia tornino “in seno all’Agenzia delle entrate, come accade in tutti i maggiori Paesi Ue. Il governo invece si limita a un maquillage superficiale, un cambio di etichetta sulla carcassa del carrozzone che vessa gli italiani onesti”. Per quanto riguarda le norme della riscossione, “chiediamo di introdurre le migliorie della legge Sibilia: da un rafforzamento dell’autotutela a misure contro le cosiddette ‘cartelle pazze’, da un alleggerimento strutturale degli interessi allo stop ai ruoli per cifre molto basse”. In più il M5s dice “no ai nuovi, smisurati poteri di accesso alle banche dati” e chiede. E chiediamo la cancellazione tout court del condono ai furbi che loro chiamano voluntary disclosure bis”. Da cui il governo però punta a ricavare 1,6 miliardi.
“Quattro rate non bastano a chi ha problemi veri di liquidità” – Per quanto riguarda la rottamazione delle cartelle i pentastellati chiedono che, al posto delle attuali quattro, “si arrivi a 20 rate per le violazioni meno gravi” perché “quattro rate appena, con l’ultima da coprire entro il 15 marzo 2018, non possono andar bene a chi ha problemi veri di liquidità“. E vogliono che “lo Stato restituisca la quota corrispondente alle sanzioni, versata nell’ambito di una rateazione ordinaria delle cartelle Equitalia, in favore di chi punta adesso ad accedere alla definizione agevolata del pagamento dei ruoli”, proseguono. Il governo, invece, “cancella sì le sanzioni e gli interessi di mora, ma si tiene quanto già pagato nel piano di ammortamento precedentemente attivato. Il M5S chiede quindi di compensare la quota sanzioni già versata con il capitale da saldare nell’ambito della sanatoria”. Infine,in merito alla trasmissione telematica trimestrale delle fatture suggeriamo al governo di tutelare le imprese a fronte di questo nuovo onere, prevedendo l’esclusione dagli accertamenti presuntivi semplici. Una fattura passiva comunicata alle Entrate, infatti, non può essere contestata perché il soggetto fornitore non l’ha comunicata a sua volta tra le sue fatture attive, come avverrebbe senza la nostra previsione”.
Scelta Civica – Ala: “Superare il modello basato sull’onere di riscossione” – Scelta civica – Ala, con un emendamento a prima firma del capogruppo Giulio Sottanelli, chiede il “definitivo superamento dell’attuale modello di finanziamento basato sull’onere di riscossione a carico dei destinatari degli atti di riscossione”, con la finalità di “esplicitare in modo inequivoco l’indirizzo programmatico volto al superamento dell’attuale modello basato sull’addebito dell’aggio al debitore, in coerenza alla trasformazione dell’ente riscossore da società per azioni ad ente pubblico economico”. Il gruppo ha presentato anche proposte “per includere nella rottamazione delle cartelle l’anno 2016, per abolire gli interessi di mora e sostituirli con gli interessi legali e per allungare il periodo di pagamento del debito residuo per chi accede alla definizione agevolata”.

venerdì 21 dicembre 2012

Cinque per mille, mancano all’appello 80 milioni di euro donati dai contribuenti.


Cinque per mille, mancano all’appello 80 milioni di euro donati dai contribuenti


Il Forum del Terzo Settore: "Risposte incoerenti e ambigue dal ministro Grilli. Lo Stato non ha alcun diritto o potere di trattenere o decurtare gli importi incassati, essendo invece obbligato a trasferirli interamente ai soggetti indicati dal contribuente".

Sono 463 i milioni di euro che i contribuenti hanno assegnato al 5 per mille per l’anno 2010, ma sono solamente 383 quelli che sono stati ripartiti alle associazioni. Mancano quindi all’appello 80 milioni. E’ quanto emerge dalla risposta che il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha inoltrato al Forum del Terzo Settore in seguito alle ripetute richieste di chiarimenti circa l’effettivo ammontare delle erogazioni del 5 per mille del 2010 e delle modalità con cui questi fondi verranno distribuiti. Lo ha reso lo stesso Forum in una nota.
Nel maggio scorso, ricorda il Forum, era stato lanciato l’allarme da alcuni organi di stampa sul fatto che dal totale della somma complessivamente raccolta in base alle scelte dei contribuenti, vi era una riduzione di circa il 17% nella erogazione a favore dei soggetti beneficiari. Il Forum aveva allora chiesto spiegazioni, che sono arrivate ora. La documentazione allegata alla risposta del ministro Grilli, che riporta un carteggio tra la Ragioneria di Stato e l’Agenzia delle Entrate, secondo il Forum “è incoerente e ambigua”.
Se infatti da un lato l’Agenzia delle Entrate conferma la somma dei 463 milioni di euro che i contribuenti hanno destinato al 5 per mille, dall’altro ribadisce che l’effettiva disponibilità è di soli 383 milioni. D’altro canto la nota del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato segnala  invece una disponibilità totale di risorse per 409,3 milioni di euro. “Oltre a un ritardo inaccettabile nei tempi di pagamento, si aggiungono risposte confuse che destano allarme e preoccupazione tra i soggetti che hanno ricevuto o sono in attesa di ricevere l’erogazione del 5 per mille. Sappiamo bene quanto questo strumento sia di vitale importanza per il mondo degli enti non profit” si legge nella nota.
Il Forum sottolinea che lo Stato non ha alcun diritto o potere di trattenere o decurtare gli importi incassati – come ribadito anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 202 del 2007 – essendo invece obbligato a trasferirli interamente ai soggetti indicati dal contribuente. “Se così fosse ci troveremmo di fronte a una violazione gravissima delle leggi e del patto di fiducia tra Stato e cittadini”, sostiene il Forum, che chiede “risposte urgenti e definitive in merito alla reale distribuzione delle risorse del 5 per mille. Porteremo avanti il nostro impegno perché uno strumento di sussidiarietà fiscale, così importante per le associazioni venga applicato come previsto dalla legge”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/21/cinque-per-mille-mancano-allappello-80-milioni-di-euro-donati-dai-contribuenti/452902/

E' inaccettabile che il Governo calpesti in continuazione quanto sancito dalla Costituzione!

giovedì 13 settembre 2012

STATO DI POLIZIA TRIBUTARIA. - Eugenio Benetazzo


Eugenio Benetazzo

Col nuovo redditometro, l'agenzia delle Entrate potrà determinare il potenziale di reddito di ogni contribuente sulla base di un elenco di voci di spesa. Uno strumento oppressivo, che ha già prodotto una contrazione dei consumi e la delocalizzazione di famiglie e imprese. Una perdita di risorse che aggraverà la crisi.

"Sarà pronto entro fine ottobre il nuovo redditometro, strumento messo a punto dall'Agenzia delle Entrate per valutare la compatibilità delle spese dei contribuenti con il reddito dichiarato prima di far scattare eventuali controlli. Nel mirino, colf, palestre, asili, automobili. E c'è chi teme che il nuovo strumento possa diventare troppo invasivo, e che si trasformi in uno studio di settore applicato a 22 milioni di famiglie e 50 milioni di contribuenti.
Come valuta il nuovo redditometro? E' uno strumento efficace secondo Lei? "


Il redditometro è uno di quegli strumenti di accertamento coatto che caratterizzano il modus operandi dell'autorità di vigilanza fiscale italiana, molto conosciuto anche all'estero per la sua capacità di essere particolarmente opprimente nei confronti del contribuente, forte di una presunzione oggettiva che conferisce potere all'autorità e all'amministrazione finanziaria, a fronte dei processi di accertamento fiscale. Il redditometro presuppone un elenco di voci di spesa che, per presunzione oggettiva, consentono all'autorità finanziaria di determinare il potenziale di reddito che scaturisce da un contribuente a fronte della sua attività di consumo, della fruizione di determinati servizi e della detenzione di determinati beni che possano manifestare un determinato tenore di vita.

Colf, palestre, persino le donazioni alle Onlus. Il redditometro non rischia di colpire chi già paga le tasse?

L'esecutivo attuale all'interno del piano di rilancio e di risanamento dell'economia italiana, ha individuato nell'ampliamento della sfera d'azione del redditometro, uno strumento utile atto a contrastare il fenomeno evasivo in Italia. Questo ampliamento della sfera d'azione presuppone un aumento delle voci che l'autorità fiscale può utilizzare in fase di predeterminazione del reddito attraverso il ricorso alla presunzione oggettiva. Ciò significa che a fronte di determinate spese o detenzione di determinati beni, l'Agenzia delle entrate può presupporre che il contribuente possa avere un tenore reddituale particolarmente elevato o agiato. Nello specifico, possiamo indicare come recentemente siano state inserite voci di spesa quali le iscrizioni a circoli sportivi, a palestre, oppure anche il ricorso a badanti per il supporto ai propri parenti alla terza e quarta età. 
L'italiano medio si trova ancora una volta a vivere in uno Stato di Polizia tributaria con un aumento e un'oppressione fiscale che probabilmente non ha precedenti storici, e contribuente medio si trova nelle condizioni di evitare di effettuare determinati consumi che possano generare eventuali fenomeni di accertamento tributario da parte dell'Agenzia. Non dimentichiamo, tanto per fare determinati esempi, come anche un viaggio - vacanza tanto desiderato, a fronte di risparmi e di rinunce accantonati nei mesi precedenti, per un importo superiore a 3600 Euro, oggi rappresenti una di quelle voci che consentono allo strumento del redditometro delle valutazioni da parte dell'agenzia sul tenore di reddito del contribuente. Dopodoché, non dobbiamo confondere tra attività di accertamento e evasione fiscale, in quanto se una persona ha un profilo reddituale certo, sano, a fronte del quale vengono onorate e regolarmente pagate le imposte dovute, ogni tipo di fenomeno di consumo o di spesa rientra e è giustificabile nei confronti di qualsiasi terzo. 

Quali sono i rischi di uno strumento del genere in piena recessione?
L'utilizzo del redditometro come strumento di accertamento coercitivo da parte del governo è stato in più occasioni contestato da autorità istituzionali, anche non italiane, e soprattutto anche da personalità e autorità del mondo accademico internazionale come i Nobel Stiglitz e Krugman, i quali mettono in profonda discussione l'utilizzo di questi strumenti. 
Il consenso a questa lettura è condivisibile, perché un comportamento di questa portata da parte dell'esecutivo, produce una contrazione dei consumi: il consumatore medio, intimorito da un possibile peggioramento del quadro sul piano fiscale da parte delle autorità di vigilanza italiane, tende a evitare determinati consumi, oppure a spostarli più avanti nel tempo o peggio ancora a 'dissimularli' utilizzando, per esempio, veicoli societari paralleli che consentono di eludere sia i controlli sia la generazione di determinato gettito fiscale. 
Le recenti dinamiche sull'evoluzione del Pil italiano dimostrano come la domanda aggregata, soprattutto per quanto riguarda il livello dei consumi medi, abbia subito una pesante battuta d'arresto dovuta proprio a un'eccessiva ingerenza e un'appesantita oppressione da parte dell'Agenzia delle entrate. 
Quello che posso aggiungere io, in qualità di economista indipendente, è il sentiment e i messaggi che mi mandano molti lettori, i quali mi trasmettono non solo un senso di astio e diffidenza nei confronti di chi ci sta governando, ma addirittura nei confronti dell'intero Paese. E' proprio per questo motivo che vi sono sistematicamente ogni mese centinaia di italiani che abbandonano il nostro paese, se ne vanno via, delocalizzano la propria vita, non solo sul piano finanziario, ma anche sul piano imprenditoriale o professionale, trasferendosi in altri paesi che sono molto più accondiscendenti e incentivando addirittura gli ingressi all'interno del proprio territorio. Penso anche a Paesi all'interno dell'Unione Europea che, letteralmente, attraggono il buon contribuente italiano, il buon imprenditore italiano, sapendo che questo nel tempo è generatore di gettito fiscale, è generatore di risparmio, è generatore di posti di lavoro
Purtroppo noi italiani in questo momento stiamo vivendo una forte perdita di capitali e risorse di natura finanziaria che, per timore dei fenomeni aggressivi e oppressivi di accertamento da parte delle autorità, preferiscono migrare e andare su giurisdizioni diverse, molto più compiacenti e favorevoli alla spesa, alla messa in circolo di questo denaro. La stessa cosa sta avvenendo per quanto riguarda anche le imprese, stanche di questi comportamenti oppressivi da parte delle autorità, che decidono di chiudere a chiave i propri stabilimenti, le proprie fabbriche, i propri opifici e si trasferiscono altrove, questo rappresenta il vero danno che al momento attuale sta colpendo il nostro paese. 
Per tornare alla Sua domanda iniziale: in questo momento si dovrebbe riflettere se questa strada sia effettivamente efficace, cioè porti a generare dei consistenti benefici nel medio - lungo termine. Non vorrei che per raccogliere un importo stimato di 100, magari nei prossimi 3 o 4 anni ne perderemo 500 di gettito indotto da attività e capitali che anziché rimanere in Italia lasciano i nostri confini e vanno a insediarsi altrove.