domenica 29 luglio 2018

Tav, il governo ammette: sui numeri ci siamo sbagliati, ma si farà lo stesso. - Francesco Ramella



Tanto paghiamo noi - Secondo il rapporto della Presidenza del Consiglio i numeri non giustificano l’opera: “Previsioni ormai smentite dai fatti”.

Dicono che il tempo è galantuomo. Forse è così. Un esempio è quello che emerge dalla lettura di un recente documento dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino – Lione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri: “Non c’è dubbio che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica… Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni”.
Scusateci, sembrano dire i tecnici dell’Osservatorio, ma dieci anni fa era impossibile prevedere quanto sarebbe emerso in seguito. Verrebbe da domandarsi il perché, allora, fare delle previsioni. Ma la realtà è molto diversa da quella narrata nel documento. A più riprese, fin dal 2005, ben prima dunque del manifestarsi della recessione economica, sono stati pubblicati numerosi contributi di economisti dei trasporti che mostravano come le previsioni di crescita dei traffici fossero del tutto irrealistiche. Vediamo alcuni numeri: in base alle previsioni governative, nel 2035 lungo il corridoio di progetto del Tav avrebbero dovuto transitare oltre 43 milionidi tonnellate di merci su strada e 15 su ferrovia; a metà secolo i flussi su strada avrebbero dovuto superare gli 80 milioni di tonnellate. Tali previsioni erano incoerenti con l’evoluzione storica dei traffici. La strada aveva conosciuto una rapida crescita fino alla prima metà degli anni ‘90 dello scorso secolo per poi declinare, anche in ragione del forte aumento dei pedaggi praticati lungo i trafori del Monte Bianco e del Fréjus, nella decade successiva e ulteriormente in quella immediatamente alle nostre spalle. Il traffico su ferrovia ha oscillato tra gli 8 e i 10 milioni di tonnellate tra il 1980 e il 2000. Tra il 2003 e il 2011 la galleria è stata ammodernata con forte limitazione della circolazione dei convogli. Nel periodo successivo alla conclusione dei lavori non si è registrata alcuna ripresa dei flussi che si attestano attualmente intorno ai 3 milioni di tonnellate (lo stesso valore registrato a fine anni ‘60).
Seppure in clamoroso ritardo, sono ora gli stessi proponenti del progetto a porsi l’interrogativo. Leggiamo ancora nel documento: “La domanda che i decisori devono farsi è invece un’altra: ‘Al punto in cui siamo arrivati, avendo realizzato ciò che già abbiamo fatto, ha senso continuare come previsto allora? Oppure c’è qualcosa da cambiare? O, addirittura, è meglio interrompere e rimettere tutto com’era prima?’ ”.
Purtroppo, la risposta che viene data all’interrogativo sembra dare ragione a quanto scrisse Henry Kissinger: “Quando un ragguardevole prestigio burocratico è stato investito in una politica è più facile vederla fallire che abbandonare”. Si riesuma la retorica dell’anello mancante della rete ferroviaria europea, si ripropongono le già più volte confutate motivazioni ambientali a favore del trasferimento modale dalla strada alla ferrovia. La qualità dell’aria, a Torino, in Valsusa come in tutta Europa è in miglioramento da decenni. Tale tendenza proseguirà in futuro grazie alla progressiva sostituzione dei mezzi più inquinanti: dieci veicoli pesanti a standard Euro VI emettono come uno solo Euro 0. Gli storici utenti del Fréjus e del Monte Bianco sanno molto bene come la qualità dell’aria nei trafori un paio di decenni fa fosse ben peggiore di oggi. Si può aggiungere, tra parentesi, che la qualità dell’aria al confine italo-francese dove il 93%delle merci utilizza la strada è migliore rispetto a quella lungo il confine svizzero.
Si riafferma di voler proseguire lungo il percorso intrapreso senza peraltro fornire alcun nuovo elemento quantitativo a sostegno della fattibilità economica del progetto. Per molti decenni non si registrerà infatti alcun vincolo di capacità sulla rete stradale, unico fattore che potrebbe, a determinate condizioni, giustificare l’opera. I tunnel stradali sul versante occidentale delle Alpi sono infatti utilizzati all’incirca per un terzo ed è in fase di realizzazione una seconda “canna” del traforo del Fréjus che allontanerà ulteriormente la prospettiva di saturazione delle infrastrutture esistenti.
Come dimostra l’esperienza svizzera, neppure con il tunnel di base la ferrovia potrebbe diventare competitiva con la strada e dovrà continuare a essere pesantemente sussidiata. Non solo, come ebbe a dire tempo fa l’ex presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta: “Toccherà al governo mettere in campo politiche di disincentivo economico del trasporto su gomma a favore di un trasferimento modale, specie delle merci, verso il ferro”. Politiche di disincentivo economico significano un incremento artificiale dei costi del trasporto: è come se un’impresa incapace di contrastare un concorrente di maggior successo chiedesse al governo di incrementare il livello di tassazione che grava sui servizi prodotti da quest’ultimo per metterlo fuori mercato o, peggio, ne impedisse l’acquisto.
La conferma del progetto non può che essere giudicata un pessima scelta: costosa per i contribuenti che pagheranno prima per la costruzione e dopo per incentivare l’uso dei servizi, dannosa per l’economia come dimostrano le analisi costi-benefici indipendenti e irrilevante per l’ambiente. Ma assai gradita dai costruttori e da un manipolo di operatori ferroviari che vorrebbero prosperare a nostre spese.
25 febbraio 2018
Invece di fare la TAV, inutile e dispendiosa, ed evitare anche che le ditte appaltatrici, sempre che siano già state appaltate, facciano ricorso e chiedano eventuali penali, perchè non appaltiamo il rifacimento della rete ferroviaria del sud ormai in disfacimento?
Perchè in Italia, da tempo immemorabile, prolificano i lavori per migliorare il nord e non si fa niente di buono per il sud?

sabato 21 luglio 2018

Francia, moneta uso coloniale

L'immagine può contenere: 4 persone, persone che sorridono, persone in piedi
(nella foto Christine Lagarde, ministro delle finanze e al commercio estero di Sarkozy oggi presidente del Fondo Monetario Internazionale, una delle tre teste della Troika, in una recente visita in Africa)...

Ieri sera, proprio mentre il mondo scopriva i reali motivi per cui la Francia di feccia-Sarkozy avesse deciso di scatenare l'inferno in Libia, sono andato a una cena con discussione organizzata da un collettivo di migranti del West e Centro Africa francofoni qui a Berlino: il Corasol.
Il dibattito era sul CAF: il Franco Centro Africano. Vale a dire la moneta utilizzata in 14 stati africani ancora oggi.
Incredibile per me che non ne sapevo nulla è stato capire quanto 14 stati, formalmente indipendenti dal 1960, siano ancora oggi colonie francesi e quindi europee de facto, per via monetaria ed economica. Parliamo di Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo.
Questi paesi, un po' come la Grecia della Troika, non hanno alcuna libertà economica, non hanno libertà di poter commerciare tra loro, le loro monete vengono anche materialmente prodotte in Francia (cioè in Unione Europea), le loro banche centrali, le loro istituzioni economiche e finanziarie devono ancora oggi prevedere la presenza di un rappresentante francese con diritto di veto.

La moneta ad uso coloniale è usata da centinaia di milioni di africani e il 65% degli interessi su ogni scambio, deposito ed operazione va dritta dritta nelle casse dello stato francese.
Estrazione pura di ricchezza, dai molti (poveri e africani) ai pochi (ricchi e bianchi europei).
La moneta è legata con un cambio fisso in Euro (1 euro vale 655 CAF) e per essere cambiata in Yuan, Dollari, Pesos ecc deve essere prima tramutata in Euro. Questi vincoli economici coloniali rendono queste economie sempre più indebitate con l'UE malgrado non spendano nulla e le vincolano ad una moneta forte come l'euro che rende impossibile qualunque export e limitato qualunque import (ad un Camerunense conviene comprare pomodori cinesi invece che i propri).
Merci e capitali Westafricani e Centroafricani DEVONO, non "possono" ma DEVONO, passare per Parigi e Francoforte, gli esseri umani ovviamente no, a loro tocca morire nel deserto o nel Mediterraneo o essere chiamati con disprezzo "migranti economici"!
Per me che non conoscevo la questione, una verità odiosa e sconvolgente che mi da un motivo in più per tirare una testata al primo coglione cui sento dire "aiutiamoli a casa loro".
Nella storia, da Lumumba a Sankara, fino al recente ministro dell'economia del Mali tre anni fa o alla Costa d'Avorio 7 anni fa, chiunque abbia provato a liberarsi da questo giogo economico ha pagato con la vita sua o della gente del suo paese.
Consiglio di dare un'occhiata qui:

venerdì 20 luglio 2018

Trattativa Stato-mafia, i giudici: “Da Berlusconi soldi a Cosa nostra tramite Dell’Utri anche da premier e dopo le stragi”. - Giuseppe Pipitone

Trattativa Stato-mafia, i giudici: “Da Berlusconi soldi a Cosa nostra tramite Dell’Utri anche da premier e dopo le stragi”

Nelle motivazioni della sentenza Trattativa vengono dettagliate le elargizioni di Silvio Berlusconi (già a Palazzo Chigi) ai mafiosi tramite il co-fondatore di Forza Italia: "È determinante rilevare che tali pagamenti sono proseguiti almeno fino al dicembre 1994". Non solo. Secondo i giudici, lo stalliere di Arcore - e rappresentante dei clan - Vittorio Mangano era informato in anteprima di novità legislative relative alla custodia cautelare direttamente dal fondatore di Publitalia "per provare il rispetto dell'impegno assunto con i mafiosi".

L’Italia ha avuto un presidente del consiglio che pagava Cosa nostra mentre sedeva a Palazzo Chigi. E non negli anni Cinquanta, ma almeno fino alla fine del 1994 quando la mafia aveva già mostrato il suo volto più feroce: aveva fatto a pezzi Giovanni FalconeFrancesca Morvillo, Paolo Borsellino, otto agenti di scorta, dieci civili, comprese due bambine. Quel presidente del consiglio si chiama Silvio Berlusconi ed elargiva denaro ai mafiosi sempre nello stesso modo: tramite il fido Marcello Dell’Utri. Ne sono sicuri i giudici della corte d’Assise di PalermoE lo scrivono nelle motivazioni della sentenza che ha condannato l’ex senatore di Forza Italia a dodici anni di carcere alla fine del processo sulla Trattativatra pezzi dello Stato e Cosa nostra.
L’ex parlamentare – recentemente scarcerato per motivi di salute – è stato condannato per violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato. Ha cioè trasmesso al primo governo della Seconda Repubblica la minaccia di Cosa nostra: la promessa di altre bombe e altre stragi se non fosse cessata l’offensiva antimafia dell’esecutivo. Che in qualche modo cede. E inserisce una piccola leggina pro mafia in un decreto legge che non aveva visto nessuno. Ma della cui esistenza Vittorio Mangano fu informato da Marcello Dell’Utri. Che di quel governo non faceva parte.

“Berlusconi sapeva dei contatti tra Dell’Utri e Cosa nostra” – D’altra parte quell’esecutivo minacciato dai boss era presieduto da un uomo che i boss li paga da anni. Almeno fino al 1992, diceva la Corte di Cassazione che ha condannato in via definitiva Dell’Utri per concorso esterno. I giudici presieduti da Alfredo Montalto, però, la pensano diversamente. Ci sono “ragioni logico-fattuali che conducono a non dubitare che Dell’Utri abbia effettivamente riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano (ma, in altri casi, anche da Gaetano Cinà). Il fatto che Berlusconi fosse stato sempre messo a conoscenza di tali rapporti è, d’altra parte, incontestabilmente dimostrato dal ricordato esborso, da parte delle società facenti capo al Berlusconi medesimo, di ingenti somme di denaro, poi, effettivamente versate a  Cosa nostra. Dell’Utri, infatti, senza l’avallo e l’autorizzazione di Berlusconi, non avrebbe potuto, ovviamente, disporre di così ingenti somme recapitate ai mafiosi”, scrivono nelle 5252 pagine delle motivazioni della sentenza depositate nel giorno dell’anniversario della strage di via d’Amelio.
“Da Berlusconi soldi a Cosa nostra fino al dicembre del 1994” – Il fatto che Berlusconi pagasse Cosa nostra, come detto, era noto ma fino ad oggi ritenuto provato solo fino al 1992, cioè prima dell’inizio delle stragi e a due anni dall’impegno politico dell’imprenditore. “È determinante rilevare che tali pagamenti sono proseguiti almeno fino al dicembre 1994 quando a Di Natale fu fatto annotare il relativo versamento di L. 250.000.000 nel libro mastro che in quel momento egli gestiva, perché ciò dimostra inconfutabilmente che ancora sino alla predetta data (dicembre 1994) Dell ‘Utri, che faceva da intermediario, riferiva a Berlusconi riguardo ai rapporti con i mafiosi, attenendone le necessarie somme di denaro e l’autorizzazione a versare e a Cosa nostra”.

Il pentito: “Soldi dal serpente”. Cioè dal Biscione – I giudici si riferiscono a Giusto Di Natale, pentito della famiglia di Resuttana che ha raccontato di come Cosa nostra etichettasse con la parola “sirpiente” – cioè dal siciliano, serpente – il denaro ricevuto come “pizzo” dalle aziende dal Biscione e cioè da Berlusconi. “Una volta venne il Guastella (il killer Pino Guastella ndr) , non mi portò il denaro, ma mi disse di annotare 250 milioni di lire, dice: Scrivici u sirpiente, che queste sono le antenne televisive di Berlusconi che si trovano a Monte Pellegrino. Il serpente stava per il Biscione, insomma, volgarmente il Biscione che c’era nella pubblicità di Mediaset e invece di scrivere Biscione mi ha detto scrivi u sirpiente, in siciliano, per capire che si trattava delle antenne televisive”. A che periodo si riferisce Di Natale? “Siamo a fine anno, le grosse cifre entravano ogni volta a fine anno: ’94 siamo … nel fatto delle antenne televisive. Ogni gruppo di estorsioni, ogni estorsione aveva il suo referente diciamo”. E il referente di quell’estorsione è Vittorio Mangano.
“Dell’Utri parlava con Mangano parlava di legge” – Se Dell’Utri è la cinghia di trasmissionedella minaccia di Cosa nostra al governo Berlusconi, nel 1994 Mangano – lo stalliere di Arcore – rappresenta direttamente la volontà della Piovra. “Dell’Utri interloquiva con Berlusconi anche riguardo al denaro da versare ai mafiosi ancora nello stesso periodo temporale (1994) nel quale incontrava Vittorio Mangano per le problematiche relative alle iniziative legislative oggetto dei suoi colloqui con il medesimo Mangano, così che non sembra possibile dubitare che Dell’Utri abbia informato Berlusconi anche di tali colloqui e, in conseguenza, della pressione o dei tentativi di pressione che, come si detto, anche secondo la Corte di Cassazione, erano inevitabilmente insiti negli approcci di Vittorio Mangano e che, altrettanto inevitabilmente per la caratura criminale dei richiedenti, portavano seco l’implicita minaccia di ritorsioni, d’altra parte, già espressamente prospettata, come si è visto sopra, durante la precedente campagna elettorale”. Per i giudici è il passaggio fondamentale, cioè la prova che effettivamente il governo Berlusconi percepì la minaccia mafiosa.

Le leggi a favore dei boss raccontate “in anteprima” ai boss – Talmente tanto che – in almeno un’occasione – il primo esecutivo guidato da Forza Italia portò avanti iniziative legislative favorevoli a Cosa nostra. E Cosa nostra venne informata prima degli stessi ministri del governo Berlusconi. “Ci si intende riferire al fatto che in quella occasione del giugno – luglio 1994 Dell’Utri ebbe a riferire a Mangano ‘in anteprima’ di una imminente modifica legislativa in materia di arresti per gli indagati di mafia(lo racconta il pentito Salvatore Cucuzza: “Per quanto riguardava il 416 bis, per quanto riguarda l’arresto sul 416 bis c ‘era stata una piccola modifica … “) senza clamore, o per meglio dire nascostamente tanto che neppure successivamente fu rilevata, inserita nelle pieghe del testo di un decreto legge che rimase pressoché ignoto, nel suo testo definitivo, persino ai Ministri sino alla vigilia, se non in qualche caso allo stesso giorno, della sua approvazine da parte del Consiglio dei Ministri del Governo presieduto da Berlusconi”. In pratica Mangano sapeva di modifiche di legge decise dal governo prima che ne fossero informati gli stessi ministri. Di che cosa si parla? “È stato effettivamente riscontrato che tra le pieghe nascoste del decreto 14 luglio 1994 n. 440, v’era anche una ‘piccola modifica‘ dell’art. 275 c.p.p. nella parte in cui stabiliva che per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. dovesse essere sempre applicata la misura della custodia cautelare in carcere salvo che non fossero acquisiti elementi tali da escludere la sussistenza delle esigenze cautelari. Si trattava, in sostanza, di quella presunzione di legge che, di fatto, imponeva sempre il carcere per gli indagati di mafia arrestati”. Tradotto: Mangano sapeva prima di molti ministri che il governo voleva alleggerire la norme antimafia e lo sapeva nonostante si trattasse di una norma “mai pubblicizzata e, anche per la sua tecnicalità, non ricavabile dalla lettura di giornali”.
“Leggi anticipate a Mangano per provare il rispetto degli impegni” – Cosa nostra sapeva di proposte di legge che non conosceva nessuno. E lo sapeva perché gliele raccontava Dell’Utri. “A ciò si aggiunga che quel decreto legge era stato deciso per intervenire su reati del tutto diversi da quelli di mafia (v. anche testimonianza Maroni, già riportata,a proposito della sua sorpresa quando gli fu fatta notare dal Procuratore Caselli la modifica concernente la comunicabilità delle iscrizioni nel registro degli indagati: “E io gli chiesi: come è possibile, che cosa c’entra la corruzione e la concussione, la custodia cautelare?”) e che, pertanto, non vi era ragione per la quale un soggetto estraneo al Governo, qual era Dell ‘Utri, fosse informato sino ai più minuti – e, si ripete, nascosti – dettagli di quel provvedimento idonei ad incidere anche sui reati di mafia”, sottolineano i giudici. E ancora: “Ora, il fatto che, invece, Dell’Utri fosse informato di tale modifica legislativa, tanto da riferirne a Mangano per provare il rispetto dell’impegno assunto con i mafiosi, dimostra ulteriormente che egli stesso continuava a informare Berlusconi di tutti i suoi contatti con i mafiosi medesimi anche dopo l’insediamento del Governo da quest’ultimo presieduto, perché soltanto Berlusconi, quale presidente del Consiglio, avrebbe potuto autorizzare un intervento legislativo quale quello che fu tentato con l’approvazione del decreto legge del 14 luglio 1994 n. 440 e, quindi, riferirne a Dell’Utri per “tranquillizzare” i suoi interlocutori, così come il Dell’Utri effettivamente fece”.

“B. destinatario finale” – Cosa vuol dire tutto questo? “Si ha definitiva conferma, pertanto, che anche il destinatario finale della pressione o dei tentativi di pressione, e cioè Berlusconi, nel momento in cui ricopriva la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, venne a conoscenza della minaccia in essi insita e del conseguente pericolo di reazioni stragiste (d’altronde in precedenza espressamente già prospettato) che un’inattività nel senso delle richieste dei mafiosi avrebbe potuto fare insorgere”. Silvio Berlusconi, presidente del consiglio, già definito “utilizzatore finale” e da oggi anche destinatario finale della pressione di Cosa nostra. Pagata anche dopo le stragi. Dall’uomo che sedeva a Palazzo Chigi. È nata così la Seconda Repubblica italiana.
I soldi che Berlusconi elargiva a Cosa Nostra erano, in effetti, di Cosa nostra, L'impero economico che Berlusconi ha creato era il frutto della fideiussione ricevuta da Banca Rasini, la banca dei mafiosi che conservava e custodiva i soldi di Reina, Provenzano, Mangano e Calò. Praticamente, ne sono convinta, l'impero creato dal Berlusca era il riciclaggio del denaro sporco della mafia e Forza Italia è il partito voluto dalla mafia..

mercoledì 18 luglio 2018

Scoperte altre 12 lune di Giove.

Giove con quattro delle sue 79 lune (fonte: ESA) © Ansa
Giove con quattro delle sue 79 lune (fonte: ESA)RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/Ansa

Ora sono 79, record nel Sistema Solare.


Scoperte altre 12 lune di Giove, che sommate a quelle finora note portano il totale a 79, un record nel Sistema Solare. Fra i nuovi mondi uno in particolare è piuttosto bizzarro: è molto piccolo e ha un’orbita opposta a quella di tutti gli altri. Le nuove lune sono state individuate dai planetologi della Carnegie Institution for Science americana, coordinati da Scott Sheppard, in collaborazione con l’Università delle Hawaii e dell’Università dell’Arizona settentrionale. I dettagli sono illustrati La scoperta è pubblicata sulla rivista dell’Accademia americana delle Scienze, Pnas.



Le prime osservazioni risalgono alla primavera 2017, grazie al telescopio Blanco in Cile, gestito dall’Osservatorio astronomico ottico nazionale degli Stati Uniti e sono poi state confermate da altri telescopi. La scoperta, come spesso avviene nella scienza, è avvenuta per caso, “mentre cercavamo nuovi oggetti oltre l’orbita di Plutone, nelle regioni più remote del Sistema Solare”, ha spiegato Sheppard. Per confermare che le orbite fossero proprio intorno a Giove, che si trattasse cioè di sue nuove lune “è stato necessario un anno di osservazioni”, ha aggiunto.
Le analisi indicano che 9 delle nuove lune orbitano in circa un anno in direzione opposta alla rotazione di Giove. Altre 2 orbitano invece più internamente, in meno di un anno e nella stessa direzione. L’ultima è la più strana, una sorta di brutto anatroccolo. Chianmata Valetudo, come la divinità romana del benessere e della salute pronipote del dio Giove, è la più piccola, con un diametro di meno di un chilometro. Si trova insieme alle prime 9, ma è l’unica a muoversi in direzione opposta rispetto alle altre, intersecandone spesso l’orbita. “Una situazione instabile, che può generare collisioni”, ha concluso Sheppard. Proprio le carambole cosmiche, secondo gli esperti, sarebbero state all’origine di queste nuove lune gioviane.

http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2018/07/17/scoperte-altre-12-lune-di-giove-_c469503d-f500-45b5-a4f0-b0a4fbc78a06.html

Gli astronomi trovano un famoso doppelgänger di un pianeta extrasolare.


Immagine Wircam diretta del sistema 2MASS 0249 con fotocamera a infrarossi CFHT WIRCam. 2MASS 0249c si trova in 2000 unità astronomiche dalle nane brune ospiti che non sono risolte in questa immagine. Crediti: T. Dupuy, M. Liu

Quando si tratta di pianeti extrasolari, le apparenze possono ingannare. Gli astronomi hanno immaginato un nuovo pianeta e sembra quasi identico a uno dei pianeti giganti gassosi meglio studiati. Ma questo doppelgänger differisce in un modo molto importante: la sua origine.


"Abbiamo trovato un pianeta gigante gassoso che è un gemello virtuale di un pianeta precedentemente conosciuto, ma sembra che i due oggetti si siano formati in modi diversi", ha detto Trent Dupuy, astronomo dell'Osservatorio Gemini e leader dello studio.

Emergendo da vivai stellari di gas e polvere, le stelle nascono come gattini in una cucciolata, in mazzi e inevitabilmente a vagare lontano dal loro luogo di nascita. Queste cucciolate comprendono stelle che variano molto, che vanno da piccoli ramponi incapaci di generare la propria energia (chiamate nane brune) a stelle massicce che terminano la loro vita con esplosioni di supernova. Nel mezzo di questo tumulto, i pianeti si formano attorno a queste nuove stelle. E una volta che il vivaio stellare esaurisce il suo gas, le stelle (con i loro pianeti) lasciano il loro luogo di nascita e vagano liberamente nella Galassia. A causa di questo esodo, gli astronomi ritengono che dovrebbero esserci pianeti nati contemporaneamente dallo stesso asilo stellare, ma stelle in orbita che si sono allontanate l'una dall'altra sopra gli eoni, come fratelli perduti da lungo tempo.

"Ad oggi, gli esopianeti trovati tramite l'imaging diretto sono stati fondamentalmente individui, ciascuno distinto dall'altro per aspetto ed età. Trovare due esopianeti con apparenze quasi identiche e tuttavia formarsi in modo così diverso apre una nuova finestra per comprendere questi oggetti ", ha detto Michael Liu, astronomo presso l'Università di Hawai'i Institute for Astronomy, e collaboratore di questo lavoro. 

Dupuy, Liu e i loro collaboratori hanno identificato il primo caso di un doppelgänger planetario. Un oggetto è noto da tempo: il pianeta 13-Giove-massa beta Pictoris b, uno dei primi pianeti scoperti dall'imaging diretto, nel 2009. Il nuovo oggetto, soprannominato 2MASS 0249 c, ha la stessa massa, luminosità e spettro come beta Pictoris b.
Dopo aver scoperto questo oggetto con il Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT), Dupuy e collaboratori hanno quindi stabilito che 2MASS 0249 c e beta Pictoris b sono nati nello stesso vivaio stellare. In superficie, questo rende i due oggetti non solo somiglianti ma fratelli genuini. 

Tuttavia, i pianeti hanno situazioni di vita molto diverse, vale a dire i tipi di stelle che orbitano. L'host per beta Pictoris b è una stella 10 volte più luminosa del Sole, mentre 2MASS 0249 c orbita attorno a un paio di nane brune che sono 2000 volte più deboli del Sole. Inoltre, beta Pictoris b è relativamente vicino al suo ospite, circa 9 unità astronomiche (AU, la distanza dalla Terra al Sole), mentre 2MASS 0249 c è 2000 AU dal suo host binario.
Queste disposizioni drasticamente diverse suggeriscono che l'educazione dei pianeti non era affatto simile. L'immagine tradizionale della formazione dei giganti gassosi, dove i pianeti iniziano come piccoli nuclei rocciosi attorno alla loro stella ospite e crescono accumulando gas dal disco della stella, probabilmente creato beta Pictoris b. Al contrario, l'host di 2MASS 0249 c non aveva abbastanza disco per fare un gigante gassoso, quindi il pianeta probabilmente si formò accumulando direttamente gas dal vivaio stellare originale.

"2MASS 0249 c e beta Pictoris b ci mostrano che la natura ha più di un modo per creare pianeti extrasolari dall'aspetto molto simile", afferma Kaitlin Kratter, astronomo dell'Università dell'Arizona e collaboratore di questo lavoro. "beta Pictoris b probabilmente si forma come pensiamo la maggior parte dei giganti del gas, partendo da minuscoli granelli di polvere, mentre 2MASS 0249 c sembra una nana bruna sottopeso che si è formata dal collasso di una nube di gas. Sono entrambi considerati esopianeti, ma 2MASS 0249 c illustra che una classificazione così semplice può oscurare una realtà complicata. "
Gli spettri infrarossi di 2MASS 0249c e beta Pictoris b sono simili, come previsto per due oggetti di massa comparabile che si sono formati nello stesso vivaio stellare. A differenza di 2MASS 0249c, beta Pictoris b orbita molto più vicino alla sua imponente stella ospite ed è inserito in un luminoso disco circumstellare. Crediti: T. Dupuy, ESO / A.-M. Lagrange et al.
Il team ha identificato per la prima volta 2MASS 0249 c usando immagini da CFHT e le loro osservazioni ripetute hanno rivelato che questo oggetto è in orbita ad una grande distanza dal suo ospite. Il sistema appartiene al gruppo mobile beta Pictoris, una serie di stelle ampiamente disperse nominate per la sua famosa stella che ospita il pianeta. Le osservazioni del team con il telescopio WM Keck hanno determinato che l'host è in realtà un paio di nane brune strettamente separate. Quindi, nel complesso, il sistema 2MASS 0249 comprende due nane brune e un pianeta gigante gassoso. La spettroscopia di follow-up di 2MASS 0249 c con il NASA Infrared Telescope Facility e il telescopio da 3,5 metri del Consorzio di ricerca astrofisica presso l'Apache Point Telescope hanno dimostrato che condivide una notevole somiglianza con la beta Pictoris b.

Il sistema 2MASS 0249 è un obiettivo attraente per studi futuri. I pianeti più direttamente imaged sono molto vicini alle loro stelle ospite, inibendo studi dettagliati dei pianeti dovuti alla luce intensa delle stelle. Al contrario, l'ampia separazione di 2MASS 0249 c dal suo host binario renderà le misurazioni di proprietà come la sua superficie meteorologica e la sua composizione molto più facile, portando ad una migliore comprensione delle caratteristiche e delle origini dei pianeti giganti gassosi. 

Questo lavoro è accettato per la pubblicazione nel giornale astronomico.

Questo lavoro è stato supportato dalla National Science Foundation sotto Grant No. AST-1518339. Eventuali opinioni, conclusioni, conclusioni o raccomandazioni espresse in questo materiale sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente le opinioni della National Science Foundation.

(Tradotto da Google)

lunedì 16 luglio 2018

Trump definisce l'Unione Europea un "nemico" - davanti a Russia e Cina.


Donald Trump ha descritto l'Unione Europea uno dei suoi più grandi "nemici" in un altro straordinario intervento diplomatico di domenica, poche ore prima di sedersi a un vertice con il presidente russo Vladimir Putin .

Interrogato in un'intervista televisiva per nominare il suo "più grande nemico globalmente in questo momento", il presidente degli Stati Uniti ha iniziato nominando l' Unione europea , definendo il corpo "molto difficile" prima di spuntare altri rivali tradizionali come la Russia e la Cina.

Qualche ora prima, il primo ministro britannico Theresa May ha rivelato che Trump le aveva suggerito di "citare in giudizio l'UE" piuttosto che avviare negoziati sulla Brexit.

"Beh, penso che abbiamo molti nemici", ha detto Trump a CBS News nel suo resort golfistico Turnberry in Scozia. "Penso che l'Unione europea sia un nemico, cosa ci fanno nel commercio. Ora non penseresti all'Unione europea, ma sono un nemico. "

Apparentemente sconcertato, l'ancora Jeff Glor ha risposto: "Un sacco di gente potrebbe essere sorpresa di sentirti nominare l'UE come un nemico prima della Cina e della Russia ".

Ma Trump ha insistito: "L'UE è molto difficile. Rispetto i leader di quei paesi. Ma - in senso commerciale, hanno davvero approfittato di noi. "

Il controverso tour di Trump in Europa ha trasformato le relazioni occidentali del dopoguerra, il presidente ha sparso con i leader della Nato a Bruxelles e ha fatto saltare la strategia Brexit di maggio sul quotidiano Sun. Le sue osservazioni hanno rispecchiato una delle convinzioni principali di questo presidente: che l'America è sfruttata dai suoi alleati.

Donald Tusk, presidente del consiglio europeo, ha twittato : "L'America e l'UE sono i migliori amici. Chi dice che siamo nemici diffonde notizie false ".

Trump ha lasciato la Scozia per Helsinki, dove gli alleati sono preoccupati di quanto terreno comune troverà con Putin quando si incontreranno nel palazzo presidenziale finlandese.

Dall'Air Force One, mentre il controllo dei media si intensificava, il presidente scatenò una bizzarra serie di tweet : "Sfortunatamente, non importa quanto bene vada al Summit, se mi venisse data la grande città di Mosca come punizione per tutti i peccati e i mali impegnato dalla Russia ... nel corso degli anni, vorrei tornare alla critica che non era abbastanza buono - che avrei dovuto ottenere anche San Pietroburgo! "

Trump ha aggiunto : "Gran parte dei nostri mezzi di informazione è davvero il nemico della gente e tutti i Dem [ocrats ... sanno come fare è resistere e ostacolare! Questo è il motivo per cui c'è un tale odio e dissenso nel nostro paese - ma a un certo punto, guarirà! "

Il Cremlino ha definito il vertice come "l'evento dell'estate", ma Trump e i suoi consiglieri hanno minimizzato le aspettative per un incontro che includerà una sessione frequentata solo dai due leader e dai loro interpreti. Si prevede che Putin e Trump discuteranno questioni dai trattati sulle armi nucleari al conflitto in Siria, ma con un programma molto vagamente definito.

In osservazioni sorprendenti, il presidente ha ammesso di "non aver pensato" di chiedere a Putin di estradare 12 russi incriminati per il furto di dati da parte di organi di partito democratici prima delle elezioni del 2016.

"Potrei", disse. "Non ci avevo pensato. Ma certamente, te lo chiederò. "

Trump è stato informato sulle accuse formulate dal consulente speciale Robert Mueller, prima del loro annuncio di venerdì. Mueller sta indagando sulle interferenze elettorali russe e sui legami tra aiutanti di Trump e Mosca. Quattro personaggi della campagna di Trump, tra cui il suo primo consigliere per la sicurezza nazionale e un ex manager della campagna, sono stati incriminati. Trump nega la collusione e ha ripetutamente definito l'indagine una "caccia alle streghe truccata".

Il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton ha detto a ABC News che si aspettava che Trump si occupasse di Putin per l'ingerenza elettorale.

"Trovo difficile crederlo, ma questo è quello che uno degli scopi di questo incontro è così che il presidente possa vedere il Presidente Putin faccia a faccia e chiederglielo", ha detto Bolton, a proposito se Putin fosse a conoscenza dell'hacking.

I Democratici al Congresso hanno chiesto la cancellazione del vertice di Helsinki.

"Trump dice fondamentalmente che l'incriminazione è solo una caccia alle streghe", ha detto Adam Schiff, membro del comitato di intelligence della Camera, alla CNN. "È un grande regalo per Vladimir Putin."

 Non uscirà nulla di brutto, e forse uscirà qualcosa di buono
Trump nel suo incontro con Putin
Mark Warner, nel ruolo di democratico nel pannello dei servizi segreti del Senato, ha detto alla CNN che non pensava che Putin avrebbe "liberato quelle 12 spie russe dal governo americano".

Trump ha anche ripetuto un reclamo fatto nei tweet di sabato, incolpando il suo predecessore per la sua risposta all'interferenza russa. Il capo dello staff di Barack Obama, Denis McDonough, ha dichiarato che il leader della minoranza del Senato repubblicano Mitch McConnell "ha drasticamente abbattuto" una dichiarazione bipartisan rilasciata prima delle elezioni. Dopo le elezioni, Obama ha imposto sanzioni alla Russia .

Trump ha dichiarato: "Penso che il DNC [Comitato Nazionale Democratico] dovrebbe vergognarsi di se stesso per farsi ammazzare. Avevano cattive difese e potevano essere hackerati. Ma ho sentito che stavano cercando di hackerare anche i repubblicani. Ma - e questo potrebbe essere sbagliato - ma avevano difese molto più forti. "

I capi dei servizi segreti statunitensi hanno detto che l'amministrazione Trump non sta facendo abbastanza per contrastare la continua attività russa. Sabato, il segretario alla sicurezza nazionale Kirstjen Nielsen ha detto a una riunione di funzionari statali che non c'erano segni che la Russia avesse preso di mira i midterms del 2018 alla "scala e la portata" di due anni fa.

Washington sta guardando l'incontro di Helsinki con ansia. Max Bergmann, senior fellow del Fondo per il Fondo per il progresso americano (Cap), ha affermato che Trump farà finti "affari" in Crimea, Ucraina o Siria e "acconsentirà a qualcosa che nemmeno la sua amministrazione troverà accettabile" .

Ha detto: "Sta lasciando la comunità di politica estera di Washington completamente terrorizzata. Nella scorsa settimana Trump ha seminato discordia in Europa e ha minato le tradizionali alleanze: questi sono tutti gli obiettivi che la Russia ha avuto da quando erano l'Unione Sovietica ".

"È strano per il leader del paese più potente del mondo incontrare il presidente di un paese debole in ginocchio", ha detto. "Qualsiasi altro presidente americano, se tre giorni prima il dipartimento di giustizia avesse detto che la Russia si sarebbe intromessa nelle elezioni, avrebbe probabilmente cancellato il vertice o avrebbe dovuto affrontare il confronto, ridisegnando le linee rosse e dicendo:" Se lo farai di nuovo, risponderemo così aggressivamente che non ne vale la pena. " Non vi è alcuna aspettativa che ciò accada. "

Trump ha difeso la sua decisione di incontrare Putin. "Penso che sia una buona cosa incontrare", ha detto. "... Credo che avere un incontro con il presidente Kim [Jong-un della Corea del Nord] sia stata una buona cosa. Penso che avere degli incontri con il presidente della Cina [Xi Jinping] sia stata una cosa molto positiva ... quindi ho degli incontri con la Russia, la Cina, la Corea del Nord, ci credo. Non uscirà nulla di brutto, e forse uscirà qualcosa di buono. "

Bolton, tuttavia, ha detto alla ABC che la Casa Bianca "non era alla ricerca di risultati concreti". Ma, ha detto, "è molto importante che il presidente abbia una conversazione privata con il presidente Putin ed è così che inizierà".

 and  in Helsinki and  and  in New York

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domenica 15 luglio 2018

Sorgerà in Puglia il primo spazioporto italiano. Primo volo per turisti spaziali: 2020. - Antonio Pio Piazzolla


La navicella Virgin Spaceship Unity agganciata alla Virgin Mothership Eve. virgingalactic.com

Il primo “gate” italiano verso lo spazio sorgerà nella zona di Taranto-Grottaglie, dove ora vi è l’aeroporto “Marcello Arlotta” ed è da qui che decolleranno i turisti spaziali della Virgin Galactic: lo ha comunicato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dopo l’approvazione dell’Enac (l’Ente Nazionale Aviazione Civile) che ha portato a termine l’iter di analisi per trovare il sito più adatto. L’inaugurazione dello spazioporto è prevista per il 2020, quando il velivolo della Virgin Galactic decollerà dall’Italia per lo spazio.


La notizia si faceva attendere da circa un anno e mezzo, dal momento in cui quando la Altec (azienda partecipata da Asi e Thales Alenia space) ha stretto un accordo con la Virgin Galactic di Richard Branson per realizzare uno spazioporto sulla nostra penisola da cui partiranno i voli suborbitali: la nuova infrastruttura inoltre potrebbe essere la via di accesso allo spazio anche per altri tipi di attività, al di là del turismo, come il lancio di piccoli satelliti, addestramento degli astronauti e test per nuove tecnologie.

Come un aereo di linea ma diretto nello spazio.
Chi spera di vedere in Puglia le imponenti strutture come quella di Cape Canaveral resterà deluso. Nulla a che vedere con le basi spaziali come quelle americane o russe, nessun decollo in verticale, nessun “countdown”. Il decollo avverrà in modo convenzionale (CTOL), nello stesso modo degli aerei di linea: tradizionale pista, classica rincorsa e tanta velocità.

“Altec e Asi hanno lavorato insieme a Enac per definire i criteri di selezione tra tutti gli aeroporti nazionali che vanno dalla lunghezza della pista alle aree di interdizione al volo, fino alla presenza di altri aeroporti in vicinanza della fase di atterraggio. Quello di Grottaglie rientra tra quelli che soddisfano questi criteri per il volo suborbitale e ora è arrivata la decisione di Enac” – spiega Vincenzo Giorgio, amministratore delegato di Altec.

La struttura di Taranto-Grottaglie sarà modificata, verranno aggiunti hangar e spazi per le nuove attività tecniche e scientifiche con servizi annessi per i voli di lusso tra le stelle. Interventi che avranno tempi contenuti per l’inizio dei voli da quello che sarà probabilmente l’unico altro spazioporto di Virgin Galactic al di fuori degli Usa:

“Attendiamo che la compagnia di Branson inizi a essere operativa forse già entro la fine del 2018. Il nostro spazioporto potrebbe entrare in attività già dal 2020. Branson presenta la nuova navetta per turisti spaziali” – aggiunge Vincenzo Giorgio.

Fino a sei passeggeri al costo di 250.000 dollari a testa.
La Virgin sta ancora testando il suo “shuttle panoramico” che viene portato in orbita mediante una “nave madre” chiamata “Space Knight Two” che decollerà fino a un’altezza di circa 15 chilometri: raggiunta tale quota viene sganciata la “Spaceship Two”,un piccolo razzo che può portare a bordo fino a otto persone (sei passeggeri e due piloti), per raggiungere lo spazio alla notevole quota di 100 chilometri: si parla di spazio infatti a partire da 80 km di quota.


Il decollo in solitaria della Virgin Spaceship Unity. virgingalactic.com

Il costo del biglietto si aggira intorno ai 250.000 dollari a persona (circa 210.000 euro) e si potrà svolazzare nella cabina durante i sei minuti di microgravità proprio come un astronauta. Un’esperienza che durerà in totale un’ora e 40 minuti dal decollo al rientro, e si potrà ammirare la Terra quasi come la vedono gli astronauti sulla Stazione Spaziale (che si trova a ben 400 km di quota). La Spaceship Two poi tornerà indietro, il volo suborbitale si concluderà prima di aver compiuto un’orbita intera planando senza motore, come un aliante, per atterrare da dove era partita.

Turismo in orbita, la sfida dei miliardari che si contendono lo spazio.

In attesa di una norma che regolarizzi il tutto.
L’azienda americana non pagherà un affitto per l’uso dello spazioporto dal momento che l’obiettivo è un altro:

“Stiamo valutando diversi modelli di business uno dei quali prevede una società mista di cui faranno parte aziende e istituzioni italiane, come Asi e Altec per esempio, partecipata anche da Virgin Galactic. Una specie di transizione per acquisire il velivolo che decolla dall’Italia e far sì che diventi una realtà più europea e italiana. E magari abbassare un po’ i prezzi” – spiega Vincenzo Giorgio.

Manca però una copertura legale: in Italia infatti non c’è una legislazione per regolamentare lo spazio aereo oltre la quota ordinaria dei voli di linea. Le traiettorie suborbitali sono quindi fuori legge. Da qui i lavoro di Enac insieme alla Federal Aviation Administration americana per mettere a punto normative ispirate a quelle statunitensi.

Un business stellare.
Un business che darà vita ad una serie di attività economiche quali indotto industriale, dei servizi e del turismo, quelle scientifiche – a cominciare dall’addestramento degli astronauti – compresa la creazione di un polo di eccellenza. Una promettente visione futuristica per il mezzogiorno, l’industria spaziale infatti sta aprendo nuovi e redditizi segmenti di mercato.


“Potrà diventare un centro accumulazione di startup spaziali, piccole aziende, dove le università potranno avere laboratori e fare ricerca anche per nuovi attori che vorranno operare nello spazio. Ci sarà la possibilità di fare informazione per il pubblico e divulgazione per gli studenti. Sarà di ispirazione per i giovani, far provare ai bambini simulatori per l’addestramento, attirare i ragazzi e farli incontrare con i centri di ricerca per creare interesse e ispirare chi, in un futuro, potrebbe lavorare alla ricerca aerospaziale” – conclude Giorgio.

https://it.businessinsider.com/sorgera-in-puglia-il-primo-spazioporto-italiano-primo-volo-per-turisti-spaziali-2020/