martedì 17 dicembre 2019

Popolare di Bari, Bankitalia sotto accusa ora si difende: "Ecco cosa è successo nelle ispezioni"



Banca Popolare di Bari Banco

La politica in pressione sui tecnici di Palazzo Koch per la presunta mancata vigilanza. E loro si difendono con un dossier.

Il quasi crac della Popolare di Bari ha riacceso le polemiche attorno a Bankitalia e alle ispezioni che non avrebbero fatto capire il reale stato patrimoniale dell'istituto pugliese. La politica mette sotto accusa i tecnici di Palazzo Koch i quali, dopo quasi tre giorni, decidono di mettere nero su bianco quanto accaduto negli scorsi mesi. in un ampio dossier vengono messi in chiaro i diversi passaggi che hanno portato al commissariamento della Popolare di Bari: dalle ispezioni finite con valutazione "parzialmente sfavorevole" ai provvedimenti adottati, dalla vicenda Tercas fino ai richiami ai vertici e la richiesta di dimissioni. Ecco la versione di Bankitalia.

NEL 2010, I PRIMI RILIEVI. La banca d'Italia segnala una prima ispezione con esito "parzialmente sfavorevole" nel 2010. Si parla di carenze organizzative e sui controlli interni. L'esigenza di rafforzare i presidi sui "rischi di liquidità e compliance" vengono rilevati anche nel 2011-12, con la richiesta di un'indagine sull'Audit interno. Nel 2013 si registrano invece progressi ma anche "il permanere di alcune aree di debolezza". Vengono adottati provvedimenti restrittivi.


Pop. Bari, lo schema di salvataggio del governo
Pop. Bari, Lo schema di salvataggio del Governo.

DAL 2014, L'ACQUISTO DI TERCAS. Nel luglio "la Banca d'Italia autorizza Bpb ad acquisire il controllo di Banca Tercas". E' questa l'accusa che molti muovono a Via Nazionale che nel dossier spiega che l'obiettivo era quello di "salvaguardare i depositanti e rilanciare il piccolo istituto abruzzese", ma anche quello di creare una dorsale adriatica creditizia. Viene anche fatta una due diligence. L'operazione prevede un contributo del fondo interbancario da 330 milioni. Ma l'intervento viene poi contestato (primavera 2015) dall'antitrust della Commissione Europea "per la sua presunta configurabilità come aiuto di Stato". L'intervento viene sostituito ma "si ritardano i tempi di integrazione "con significative conseguenze negative sulla attività di entrambi gli istituti". Poi "solo nel 2019 il Tribunale dell'Unione annulla la decisione UE sugli aiuti a Banca Tercas". La Commissione europea si appella.

LE DIFFICOLTA' PATRIMONIALI. I destini della Popolare di Bari si intrecciano con la riforma delle banche popolari. L'assemblea dei soci delibera la riduzione da 9,53 a 7,5 euro il valore delle azioni. "Ne seguono un malcontento della base sociale e richieste di vendita di azioni", registra Bankitalia. Nel 2016 ci sono indagini su queste nuove azioni e altri controlli "mirati ai profili di adeguatezza patrimoniale e del credito". Via nazionale segnala una non piena adeguatezza degli organi dell'istituto per "affrontare le accresciute complessità" anche legate all'acquisto di Tercas. Scattano anche segnalazioni alla Consob su alcuni aspetti che verranno poi multati per 2 milioni.


Pop. Bari, i numeri dellʼistituto in crisi
Pop Bari, i numeri dell'istituto in crisi.

LA RIFORMA DELLE POPOLARI E I TENTATIVI DI AGGREGAZIONE. Le difficoltà dei conti si intrecciano con la riforma delle popolari che impone la ricerca di aggregazioni. Ma anche con la richiesta, che arriverà da Bankitalia di rinnovo dei vertici. Nel dicembre 2016 il Consiglio di Stato sospende la riforma e interrompe il processo di trasformazione in Spa. "Viene quindi meno una condizione importante per raccogliere capitale di rischio", scrive Bankitalia. Un anno dopo, agli inizi del 2018, la banca elabora i primi progetti di trasformazione e aggregazione con altre popolari minori. Ma la vigilanza rileva rischi e i progetti vengono accantonati. Solleciti su ristrutturazioni e aggregazione con altre banche saranno fatti anche nel novembre 2018.

LA RICHIESTA DI CAMBIO DEI VERTICI. Bankitalia nel marzo 2017 chiede un rafforzamento della governance con l'ingresso di elementi con specifiche competenze bancarie e finanziarie e "invita il Presidente a dar corso ai propositi di rassegnare le proprie dimissioni". Mentre i conti diventano sempre più rossi (140 milioni nel primo semestre 2018; 430 milioni il rosso alla fine dell'anno) la Banca d'Italia evidenzia all'inizio del 2019 "un vero e proprio stallo gestionale", per la conflittualità tra presidente e amministratore delegato. A Giugno la vigilanza di via Nazionale, in numerosi incontri, chiede agli esponenti aziendali "di preservare la coesione nella governance in una fase particolarmente delicata per la banca". Chiede esponenti autorevoli nel Cda, che si rinnova parzialmente a fine luglio

2019. Il resto è storia recente. "I risultati, ufficializzati a dicembre, evidenziano l'incapacità della nuova governance di adottare con sufficiente celerità ed efficacia le misure correttive necessarie per superare la stasi operativa - racconta la Banca d'Italia - e riequilibrare la situazione reddituale e patrimoniale della Bpb. Emergono inoltre gravi perdite patrimoniali che portano i requisiti prudenziali di Vigilanza al di sotto dei limiti regolamentari". Ecco che scatta il commissariamento.

https://www.tgcom24.mediaset.it/economia/popolare-di-bari-bankitalia-sotto-accusa-ora-si-difende-ecco-cosa-successo-nelle-ispezioni_12450538-201902a.shtml

CANAPA: I PRINCIPALI UTILIZZI DELLA PIANTA DALLE MILLE RISORSE. (22/4/2015)



C’è chi dice 1000, chi 25mila e chi oltre 50mila. Quello che è sicuro è che gli utilizzi della pianta di canapa sono davvero tanti e si incrociano tra prodotti della tradizione e nuovi studi che solo le moderne tecnologie permettono. Quando parliamo di canapa industriale, non intendiamo altro che determinate genetiche della pianta di cannabis, che è sempre quella. La stessa che è stata demonizzata nell’ultimo secolo e additata semplicemente come droga, e che in realtà è una pianta meravigliosa che può davvero nutrire il pianeta e noi che lo abitiamo, in sintonia con la natura.
Usi canapa industrialeIl primo ritrovamento di un manufatto in canapa risale a più di 9mila anni fa. La scoperta è stata fatta nel 2013 dal professor Ian Hodder, ed è la testimonianza che la canapa, per molte sue proprietà, ha accompagnato l’umanità in quasi tutta la sua storia. Tuttavia, questa scoperta è stata di recente mezza in discussione da altri studiosi, per cui, stando a ciò che dice Giorgio Samorini, antropologo di fama internazionale, i due ritrovamenti più antichi di canapa tessile sono avvenuti in Israele: “L’uno proveniente da Christmas Cave, vicino a Qumran, con datazioni di due tessuti rispettivamente al 3670 e 4830 a.C. (Murphy et al., 2011), e l’altro proveniente dalla Grotta del Guerriero e datato nel 4400-3800 a.C. (Jull et al., 1998)”. Secondo il libro Cannabis Sativa L., scritto da Suman Chandra, Hemant Lata e Mahmoud A. ElSohly, le stime per la prima raccolta di un campo di canapa in Cina vanno dal 6000 anni fa (Li, 1974) a 8500 anni (Schultes, 1970; Schultes e Hofmann, 1980), fino a 10000 anni fa (Allegret, 2013). Sono testimonianze sufficienti a dire che i tessuti e la canapa più in generale accompagnano l’umanità da migliaia di anni. 
Anche in Italia abbiamo avuto una forte tradizione agro-industriale legata alla canapa se pensiamo che fino agli anni ’50 del secolo scorso eravamo i secondi produttori al mondo per quantità, dietro alla Russia, e i primi per la qualità della fibra tessile, con oltre 100mila ettari coltivati nei primi decenni del ‘900. (Leggi QUI la storia degli utilizzi della pianta)
La canapa è un vegetale erbaceo annuale, con un ciclo di vita che può durare dai 3 ai 10 mesi, a seconda della varietà e delle diverse condizioni ambientali. E’ divisa in 3 famiglie, la Cannabis Sativa, la Cannabis Indica e la Cannabis Ruderalis. Le varietà oggi registrate (QUI l’elenco) per l’utilizzo industriale, con contenuto certificato di THC inferiore allo 0,2%, sono tutte varietà in cui è certamente dominante il carattere di Cannabis Sativa. (Leggi QUI cosa fare se vuoi coltivare canapa industriale).
E’ comunemente considerata una pianta di origine asiatica, ma di recente il ricercatore Giorgio Amorini ha raccontato che era già presente in Italia e nel bacino del Mediterraneo già 13.500 anni fa.
Vediamo qui sotto un riassunto dei principali utilizzi di questa pianta:
SETTORE ALIMENTARE. Il seme di canapa è il seme più nutriente che ci sia. Ha un contenuto di proteine pari al semi canapa20/25%, e contiene tutti e 9 gli amminoacidi essenziali. Contiene l’acido linoleico omega-6 e l’acido alfalinoleico omega-3, che sono acidi grassi essenziali, nel giusto rapporto per l’organismo umano. Inoltre sono presenti vitamine, fitosteroli, caroteni e minerali. Dalla spremitura a freddo dei semi si può ricavare un olio ad uso alimentare e cosmetico che è considerato un vaccino nutrizionale, nel senso che ha tutte le qualità di un alimento protettivo: se utilizzato quotidianamente aiuta ad esempio a rafforzare il sistema immunitario e a far abbassare i livelli di colesterolo. Dai semi è possibile inoltre ricavare farine per la creazione di prodotti da forno dolci e salati. In Italia il risveglio culturale sulle proprietà della pianta di canapa ha sempre di più la tavola come suo volano di crescita e sviluppo. D’altronde siamo in Italia e per noi la bontà e la qualità del cibo che ci troviamo nel piatto ha sempre avuto un certo peso. Ma la crescita dei consumi di canapa e derivati nel settore alimentare non significa solo un miglioramento delle nostre abitudini alimentari ed una protezione in più per il nostro organismo: si sta rivelando un vero e proprio vettore di informazioni dal quale le persone comuni iniziano a farsi domande e pretendono, giustamente, di essere informati correttamente. Ed è anche così che aumentano i dottori, i nutrizionisti, gli atleti e le persone in generale che sono al corrente delle proprietà nutritive dei semi e dell’olio, considerati un vaccino nutrizionale per il nostro corpo se assunti con regolarità e ne consigliano il loro utilizzo. E intanto crescono anche le aziende che celebrano il connubio di sapori e nutrimenti tra la pianta di canapa e la nostra sterminata cultura gastronomica.
CARTA. L’uso della fibra di canapa per produrre carta risale a più di 2000 anni fa. Attualmente, solo il 5% della Hemp Papercarta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa o il lino. Ma agli albori della stampa la carta di canapa ebbe un ruolo preminente: la prime copie della Bibbia stampata da Gutenberg furono prodotte con questo tipo di carta e gli originali delle Costituzioni americana (1776, nella foto) e francese (1791) sono scritte su carta di canapa. Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: innanzitutto per la sua enorme produttività in cellulosa, infatti un ettaro di canapa produce, in pochi mesi, la stessa cellulosa prodotta da 4 ettari di foresta in decenni. Altro vantaggio è la bassa percentuale di lignina rispetto al legno degli alberi, che ne contengono circa il 20% oltre ad un’analoga percentuale di sostanze leganti. Il processo che conduce ad ottenere le microfibre pulite di cellulosa, e quindi la pasta per la carta, prevede l’uso di grandi quantità di acidi che servono per sciogliere il legno: un procedimento costoso e inquinante che non è affatto necessario con la carta di canapa ottenuta dalla sola fibra. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile, mentre i composti chimici utilizzati per sbiancare e trattare la carta ottenuta della fibra di legno, sono dannosi. La possibilità della canapa nasce quindi da un forte motivo ambientale, oggi che tutte le foreste primarie d’Europa, e la maggior parte di quelle americane, sono state distrutte anche per produrre la carta. Per quella di canapa non è mai troppo tardi.
BIO-EDILIZIA. Attorno ai materiali da costruzione naturali si può e si deve sviluppare una nuova edilizia, più in equlibrium_canapa_calcesintonia con l’uomo e attenta all’ambiente. Il contributo delle costruzioni in materiali vegetali alla salvaguardia ambientale deriva essenzialmente dalla capacità di non immettere, ma di “sequestrare”, biossido di carbonio. Per vivere, le piante convertono CO2 e acqua negli idrocarburi di cui esse sono costituite. Questo componente inquinante viene sequestrato all’atmosfera e fissato nei tessuti delle piante. La canapa è un’ottima fissatrice di CO2. Al netto delle emissioni di trasporto e lavorazione, un metro quadro di muratura in canapa e calce ha sequestrato all’aria 35 chilogrammi di biossido di carbonio. Il composto di calce e canapa può essere utilizzato per una varietà di esigenze di costruzione che spaziano dalla muratura portante a quella divisoria, per arrivare alla pavimentazione. Oltre ad essere anche loro carbonio-negativi, i biomattoni hanno proprietà isolanti e capacità naturali di regolazione dell’umidità. La canapa unita alla calce garantisce un buon isolamento e minimizzazione dei ponti termici, recuperi passivi di calore da energia solare e sorgenti interne, tenuta all’aria esterna e ventilazione meccanica ad alta efficienza. Altra caratteristica è l’ottima resistenza meccanica e la riduzione dei costi energetici per mantenere temperatura e umidità costanti.
BIO-PLASTICHE. La plastica derivata dal petrolio ha i giorni contati. Esistono già diverse plastiche realizzate con canapa plasticacellulosa e fibre di canapa che possono costituire dal 50 al 100% del materiale. La fusione delle fibre di canapa nella plastica riduce la quantità di materiale derivato dal petrolio e migliora le qualità complessiva del prodotto: la bioplastica derivata dalla canapa è molto più resistente del polipropilene e l’utilizzo di queste fibre al posto di equivalenti sintetici elimina tutti i problemi legati ai rischi per la salute e allo smaltimento del materiale. Le diverse formule per ottenere materiali plastici compositi con la canapa permettono di ottenere differenti caratteristiche di resistenza, riciclabilità e biodegradabilità. In Italia la start-up Kanèsis ha da poco brevettato una termoplastica ottenuta dai materiali di scarto di 3 processi industriali di trasformazione di altrettante piante, di cui la principale è la canapa. E’ un materiale biodegradabile e compostabile e può essere utilizzato per la stampa 3D. 
AUTOMOBILI. Per quel che riguarda la canapa l’anno scorso è stato presentato il BioMat creato dalla Faurecia a partire Unknowndal PBS (polibutilene succinato) – che può essere ricavato da un processo di fermentazione dei cereali ed è un poliestere biodegradabile al 100% – miscelato con fibre di canapa per essere rinforzato. Mentre la John Controls ha effettuato studi su canapa, tapioca e patate dopo aver annunciato di aver messo a punto una nuova tecnologia di stampaggio plastico, che include fibre vegetali nel compostaggio dei pezzi delle automobili. Secondo loro questi materiali ridurrebbero il peso del 40%, rendendo le auto più resistenti del 30% rispetto alle normali carrozzerie in metallo. Senza dimenticare la Kestrel, auto ecologica in canapa costruita dalla Motive Industries, o il fatto che si può trovare la canapa in auto prodotte da Audi, BMW, Ford, GM, Chrysler, Mercedes, Lotus e Honda, tra gli altri. Auto elettriche come la BMW i3 fanno molto affidamento su questo materiale col quale sono realizzate le portiere che risultano più leggere del 10% rispetto a quelle realizzate con materiali tradizionali. Senza stare a scomodare la mitica Hemp Body Car, il prototipo di auto costruito da Henry Ford nel 1941 in bioplastica derivata dalla canapa e alimentata con etanolo di canapa
BIO-CARBURANTI. Fino alla fine del 1800 in America il combustibile più utilizzato era un derivato dell’olio di canapa. canapa bio-carburanteNon produceva scorie e le famiglie potevano produrlo in autonomia per alimentare le proprie lampade. La stessa Hemp Body Car, di cui abbiamo parlato sopra, era alimentata da etanolo di canapa.  In funzione della sua alta resa in massa vegetale, la canapa è considerata ideale per la produzione di combustibili da biomasse come l’etanolo, considerato il carburante del futuro. Questo tipo di carburante alternativo al petrolio può essere prodotto su larga scala attraverso processi di pirolisi o fermentazione, in assenza di ossigeno. Dalla canapa è possibile ottenere anche una sorta di biodiesel di origine naturale che può essere sostitutivo parziale e per intero agli odierni gasoli, nafte e derivati. Il biodiesel deriva dalla transesterificazione degli oli vegetali effettuata con alcol etilico e metilico: ne risulta un combustibile puro, rinnovabile a bassissimo impatto ambientale, come per l’ etanolo.
TESSILE. Il tessuto per abbigliamento, arredamento, corde e tappeti, si ricava dalla fibra lunga della pianta di canapa. Canapa tessileCome tessuto, grazie alla sua fibra cava, la canapa rimane fresca in estate e calda in inverno. Ha proprietà antibatteriche e antifungine ed è in grado di assorbire l’umidità del corpo, tenendolo asciutto e assorbe i raggi infrarossi e gli UVA fino al 95%. La resistenza agli strappi è tre volte maggiore a quella del cotone e tra le fibre naturali è quella che meglio resiste all’usura. Richard Fagerlund, studioso che ha oltre 40 anni di esperienza nella gestione di specie nocive per le piante, ha di recente spiegato che: La coltivazione del cotone è probabilmente il più grande inquinante del pianeta poiché, occupando solo il 3% dei terreni agricoli del mondo, esige il 25% dei pesticidi utilizzati in totale. Le sostanze chimiche vanno nelle acque sotterranee e il veleno non ha come bersaglio solo gli insetti, ma tutti gli organismi, compresi gli esseri umani. Inoltre la fibra di canapa è più lunga, più assorbente, resistente e isolante della fibra di cotone”. Sempre a livello di coltivazione il cotone per crescere, richiede circa il doppio dell’acqua rispetto alla canapa. Purtroppo in Italia, avendo saltato completamente la fase della meccanizzazione nel corso del Novecento, oggi di canapa tessile e di tessuti derivati non c’è produzione. Il tessile è da sempre considerato l’oro verde della canapa, perché è il prodotto con il maggior valore aggiunto. Per ripristinare il settore varrebbe la pena incentivare eventuali trasformatori e produttori.
COSMETICA. L’olio di canapa presenta un rapporto veramente ottimale (1:3) tra i due acidi grassi essenziali più canapa cosmeticaimportanti: Omega 3 e Omega 6 e ne abbiamo rimarcato l’importanza per la nostra alimentazione. Per quello che riguarda invece l’utilizzo cosmetico, che incrocia in vari modi l’utilizzo alimentare e terapeutico come coadiuvante in diverse patologie, in particolare è da far notare la presenza elevata dell’acido γ-linolenico, che svolge un ruolo importante nella fisiologia e fisiopatologia della pelle, e dei tocoferoli, che sono un potente antiossidante naturale. Lenitivo e riequilibrante, è inoltre un olio ricco di vitamina E, che combatte i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento precoce, e di vitamine del gruppo B (in particolare B1, B2, B6). Nell’olio di canapa i tre grassi acidi essenziali indicati sopra sono presenti in media tra il 60 e il 75% del totale e gli conferiscono proprietà antinfiammatorie e rigeneranti, che aiutano per il trattamento e la prevenzione di malattie della pelle come ad esempio l’eczema; pubblicazioni scientifiche ne supportano l’uso in condizioni di pelle secca come psoriasi e xerosi ed è inoltre utile per mitigare le irritazioni cutanee e per evitare o ridurre la formazione di cicatrici. Può essere usato anche localmente in caso di arrossamenti cutanei applicandolo localmente e massaggiando la parte interessata, oppure sui capelli ancora umidi, come impacco rivitalizzante (lasciare in posa almeno 10 minuti). Come andrebbe di moda dire nel mondo pubblicitario legato ai prodotti per la cura della pelle, è un perfetto anti-aging naturale e si inserisce a pieno diritto nei lipidi vegetali con qualità funzionali ai fini del mantenimento del buono stato di salute della pelle.
BENEFICI PER L’AMBIENTE. La canapa fa bene all’ambiente semplicemente crescendo. Abbiamo visto sopra le sue Canapa ambiente Ivanartcapacità di sequestrare CO2 dall’atmosfera, 4 volte tanto rispetto agli alberi. Sommiamo poi i vantaggi che avremmo fermando la deforestazione, se utilizzassimo la canapa (pianta annuale) invece che foreste che per crescere ci mettono 30 anni, per produrre la carta di cui abbiamo bisogno. Pensiamo all’inquinamento che ci risparmieremmo sia nelle lavorazioni industriali, sia nello smaltimento, se utilizzassimo bio-platiche al posto delle plastiche altamente inquinanti, bio-carburanti al posto di benzina e diesel (che inquinanti sia durante l’estrazione di petrolio, sia durante la trasformazione e sia durante l’utilizzo) e bio-mattoni per costruire e isolare le case. Già così il mondo sarebbe diverso. La filiera della canapa non produce rifiuti realmente inquinanti o difficili da smaltire, e non causa danni ecologici, apportando contemporaneamente un miglioramento nell’ambiente in cui viene coltivata. Essa rappresenta infatti un modello di sviluppo sostenibile che comporta l’abbattimento delle emissioni di gas serra, la riduzione dell’inquinamento locale e globale, compreso quello del suolo, fino all’istituzione di una vera e propria economia sostenibile a scala globale e duratura. Inoltre, semplicemente venendo coltivata, la canapa attiva un processo di fitobonifica, miglioramento della fertilità dei suoli, azione di contrasto alla deforestazione e desertificazione e contribuisce al miglioramento del terreno come diserbante naturale.
APPLICAZIONI ANTIBATTERICHE. Una società del Colorado sta usando la canapa per combattere la diffusione delle infezioni da stafilococco negli ospedali. Il motivo è che dalla canapa si ottiene un tessuto antibatterico, al contrario di cotone e tessuti in poliestere, in cui è noto che i batteri sopravvivano giorni e addirittura mesi. Varie sostanze chimiche che si trovano nella canapa hanno dimostrato di possedere proprietà antibatteriche e antifungine. Il tessuto di canapa della EnviroTextile è ancora in fase di sviluppo, ma ha già mostrato risultati promettenti nei test di laboratorio iniziali.
NANOMATERIALE PER STOCCARE ENERGIA. Il grafene è spesso pubblicizzato come il futuro delle canapa grafene batteriananotecnologie essendo il materiale più sottile, più forte, e più leggero mai realizzato. Ma come si comporta la canapa a confronto? A quanto pare, è ancora meglio. All’inizio di quest’anno un gruppo di ingegneri chimici dell’University of Alberta ha trasformato le fibre di canapa in un nanomateriale con proprietà simili al grafene, ma con un costo finale molto più basso. Inoltre nell’ambito di dispositivi di accumulo di energia come batterie e condensatori, il nanomateriale in canapa ha mostrato “proprietà elettrochimiche di stoccaggio superiori” rispetto al grafene.

https://canapaindustriale.it/2015/04/22/canapa-ecco-i-principali-utilizzi-della-pianta-dalle-mille-risorse/

Amenità.

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'Ndrangheta, quattrocento milioni di euro sequestrati all'imprenditore Ricci. Operava nel mondo del gioco virtuale. - Alessia Candito


soldi

Gestiva anche tre società maltesi sotto copertura. E proprio Malta ha negato l'estradizione.

REGGIO CALABRIA. È considerato uno dei terminali della ‘ndrangheta nel mondo delle scommesse on line, ma è ancora un uomo libero grazie alla sentenza di un tribunale maltese che ha negato l’estradizione. Da questa mattina però Antonio Ricci (43 anni) è decisamente più povero. Supera i 400milioni di euro il valore dei suoi beni che la Guardia di Finanza ha messo questa mattina sotto sigilli per ordine del Tribunale di Reggio Calabria. Nascosti dietro due trust a lui riconducibili, gli investigatori hanno trovato conti correnti, immobili in Italia e all’estero, un portafoglio finanziario da centinaia di milioni di euro, più tre società maltesi “Oia Services Limited”, “Harvey Gaming Limited” (Già “Gvc New Ltd”) E “Wls Limited”.

Tutto sequestrato perché – sostengono inquirenti e investigatori – l’intero patrimonio di Ricci è frutto di affari illeciti, maturati nel grande mondo del gioco e delle scommesse on line. Un ramo di business che la ‘ndrangheta esplora da tempo e vede impegnati i più noti e antichi casati di ‘ndrangheta come i De Stefano – Tegano e i Pesce-Bellocco, che nel mondo del gioco virtuale (e illegale) hanno trovato non solo una gigantesca lavatrice di capitali illeciti, ma anche una straordinaria fonte di guadagno. Il sistema è semplice e facile da nascondere nella giungla del web, dove le piattaforme di scommesse certificate dall’Agenzia nazionale dei giochi e dei monopoli si mischiano a quelle clandestine.


La “chiave” sta nella sede legale della società che gestisce le scommesse. Quelle dei clan scoperchiate con l’operazione Galassia stavano tutte o quasi a Malta e la “GVC New Ltd” e la “Oia Services Ltd” di Ricci, per inquirenti e investigatori di Reggio Calabria ne erano parte integrante. Alle due società, entrambe con sede a Malta, facevano capo una serie di Centri Trasmissioni Dati (CTD) e Punti Vendita Ricariche (PVR) che permettevano di giocare in Italia ma fuori dal circuito autorizzato e controllato dallo Stato. In quel mondo erano i clan a dettare le regole e Antonio Ricci – affermano i magistrati Reggio Calabria – era uno dei principali terminali. Inseguito per questo da un mandato di cattura, Ricci era stato rintracciato e arrestato da latitante a Malta nell'aprile scorso, ma la sua estradizione è stata bloccata dal giudice d’appello Consuelo Scerri Herrera, che contrariamente al tribunale di primo grado ha deciso di respingere l’istanza delle autorità italiane e scarcerare l’imprenditore. Motivo? Ricci era ricercato nell’ambito di “indagini” e non a seguito di reati dimostrati da una sentenza, con buona pace del mandato di arresto europeo spiccato da Reggio Calabria.

https://www.repubblica.it/cronaca/2019/12/17/news/reggio_calabri_ndrangheta-243698706/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1&fbclid=IwAR20pjaHDvb8co6OHsneLvtkKtndNNXX-cB7k6P8M1N4vcOGOmJ0IHrrSU0

Il mio voto non conta.

("Sono incazzato nero e tutto questo non lo sopporterò più" da "Quinto potere" di S. Lumet) 

Lo avevo già sospettato quando ho capito che mia figlia non avrebbe potuto frequentare la facoltà di medicina perchè siete voi, come ho saputo, che mandate gli elenchi di chi vi deve accedere; la prova al mio sospetto l'ho avuta quando, dopo aver partecipato ugualmente alla prova, la domanda di mia figlia è stata respinta e, controllando gli esiti ci siamo accorti che le era stata attribuita una prova non sua. 
L'ho sospettato quando, pur essendo tra le più responsabili, preparate lavoratrici, non avrei mai fatto carriera perchè non ero raccomandata da nessuno e non mi sarei mai concessa a nessuno; ho avuto la quasi certezza che il mondo non è dei saggi, dei volenterosi, di chi ha una coscienza, un'etica, quando ho visto che altri colleghi assunti come dattilografi o come "finti" invalidi, facevano carriera e si laureavano senza studiare. Ho smesso di fare sindacato quando mi sono accorta che non volevate che io agissi spontaneamente in favore dei colleghi lavoratori, ma secondo le vostre direttive; 
Ho capito che la politica è, per voi, unicamente un trampolino di lancio per accedere alla lotteria del potere.
Mi avete fatto perdere la voglia di combattere perchè ho capito che anche la giustizia protegge - per colpa di leggi prive di logica ed etica che voi avete creato ed applicato per proteggere voi stessi - chi non agisce lealmente e colpisce chi fa il proprio dovere.
Ho capito che il mio voto non valeva nulla quando le Persone alle quali ho dato la mia fiducia hanno stravinto le elezioni, ma sono state esautorate nel giro di poco tempo perchè chi detiene il potere, cioè voi, avete ordinato alla disinformazione di ridicolizzare e gettare discredito sul loro ottimo operato.
Sono incazzatissima!

Io ho un vantaggio, però, rispetto a voi, ho la coscienza pulita, ho imparato a difendermi da sola, penso con la mia testa, non devo ringraziare nessuno, sono LIBERA!
Voi lo siete?
Cetta

"Fallisce un’azienda? Ci rimette lo Stato" - Milena Gabanelli e Fabrizio Massaro



È un numero talmente enorme che si fa fatica a raffigurarlo: 105,7 miliardi di euro. Sono i crediti che il Fisco non è ancora riuscito ad incassare dalle società fallite o in amministrazioni straordinarie ancora in corso. Parliamo di imposte sui redditi, Iva, ritenute d’ acconto, contributi previdenziali, tasse locali ecc. I dati dell’ Agenzia delle Entrate sono impietosi. Su 161,7 miliardi di euro di domande di ammissione al passivo, finora il Fisco ha recuperato appena 2,6 miliardi, ovvero l’ 1,6%. Praticamente niente.
Sono cifre che riguardano un numero molto grande di imprese: ogni anno ne saltano circa 13-15 mila. Fra queste ci sono quelle che nascondono la crisi spostando in avanti l’insolvenza sperando di farcela. In nove casi su dieci il dissesto si aggrava. Secondo l’esperienza dei magistrati fallimentari sono le situazioni meno gravi, perché l’ intento non è di frodare i creditori, e inoltre non rappresentano la maggior parte dei crediti fiscali.
C’è poi una seconda tipologia di imprese che vanno male: sono quelle nelle quali gli imprenditori o gli amministratori allungano i tempi per svuotare l’ azienda di quello che è rimasto. È un fenomeno più grave perché spesso non versano l’Iva, vendono immobili e macchinari utilizzando prestanome per nascondere le responsabilità. Si arriva così alla bancarotta per distrazione, che si lascia dietro crediti a carico dei fornitori, delle banche e del Fisco.
Negli ultimi anni però si sta ingigantendo il dissesto di impresa di «terzo tipo», quello più destabilizzante per l’ economia. «Sono società costituite apposta per durare uno-due anni, pianificando il non pagamento di imposte e contributi previdenziali», spiega Roberto Fontana, sostituto procuratore nel dipartimento Crisi d’ impresa della Procura di Milano. Si tratta in particolare di cooperative o piccole srl, che si aggiudicano a basso costo contratti di appalto o subappalto e che spariscono in poco tempo. È un fenomeno diffuso in alcuni settori produttivi, nelle attività di servizi, ma soprattutto nella logistica.
Lo schema è sempre lo stesso: il committente, spesso un soggetto internazionale, affida gran parte della gestione delle merci a società esterne, che a loro volta si affidano a piccole società, a cooperative, spesso con l’ interposizione fittizia di un consorzio. Queste società di solito non hanno mezzi propri, perché glieli mette a disposizione il committente. Di fatto, gestiscono solo la manodopera, hanno pochissimo capitale, ma assumono molti dipendenti che operano anche in violazione delle norme sul lavoro. Il loro scopo è quello di portare a casa appalti sottocosto.
Come fanno a stare in piedi? Fin dal primo giorno di attività non versano l’ Iva e non pagano le ritenute d’ acconto e i contributi previdenziali ai dipendenti. Dopo uno-due anni i lavoratori – spesso extracomunitari – vengono licenziati e riassunti da una nuova coop, gestita dagli stessi amministratori (a loro volta, spesso, dei prestanome), che lavora per lo stesso committente. E ricomincia la giostra.
Un caso emblematico è quello di Ceva Logistics. Lo scorso maggio la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto un’ inedita «amministrazione giudiziaria» di uno degli stabilimenti di «Ceva Logistics Italia srl», divisione italiana del colosso quotato a Zurigo e con 7 miliardi di fatturato in 170 Paesi per 58.000 impiegati. Nel mirino i rapporti con Premium Net, un consorzio di cooperative che operava a Pavia: gestiva la distribuzione dei libri per le principali case editrici.
Solo che dietro al consorzio, scrivono i giudici, si nascondeva un «sistematico sfruttamento di lavoratori, con straordinari imposti sotto minaccia di licenziamento, retribuzione difforme dalle ore davvero lavorate (anche 11), e omesso versamento di contributi». Il committente Ceva è coinvolto perché secondo i giudici avrebbe dovuto sapere che i prezzi praticati erano troppo bassi per operare nella legalità. Allarmi simili sono stati sollevati di recente sull’ Ortomercato di Milano, e anche altre società della logistica oggi sono indagate.
Il risultato è la distruzione del sistema della concorrenza, perché falsando il mercato vengono espulse le imprese che rispettano le regole. A terra restano lavoratori non pagati e domina il caporalato, mentre sulle spalle dei cittadini gravano i miliardi di euro sottratti all’erario e alla previdenza. È un sistema che trascina verso il basso stipendi e diritti dei lavoratori, e che tutti noi contribuiamo a tenere in piedi quando acquistiamo online senza pagare la spedizione.
Pensando pure di fare un buon affare. Per dare un’ idea dell’ ampiezza: nella logistica il fatturato nazionale è di 32 miliardi di euro, il 40% è concentrato in Lombardia. Mentre nella sola area di Milano, per quel che riguarda i debiti di tutte le società fallite verso enti previdenziali, dipendenti, fornitori, banche, si è passati dai 25 miliardi del 2015 agli oltre 40 miliardi del 2018.
La risposta dello Stato è inadeguata e inefficiente, perché arriva anni dopo con l’ avviso di accertamento dell’ Agenzia delle Entrate e poi con la procedura esecutiva. Ma a quel punto attivi da aggredire non ce ne sono più e diventa anche difficile individuare chi sono i veri responsabili.
«Invece queste società bisogna farle fallire subito, per contenere i danni e perseguire efficacemente i colpevoli. Questo perché dei 105 miliardi che mancano, l’ 80% derivano proprio dai dissesti del secondo e terzo tipo» dichiara il sostituto procuratore Fontana. Mentre qualche settimana fa il procuratore della Repubblica di Milano, Francesco Greco, ad un convegno a porte chiuse ha spiegato la folle evasione dell’ Iva con un paradosso: «È come se ci fosse stato un patto tra imprese e Stato che diceva: anziché in banca, finanziatevi non versando l’ Iva, che poi è una tassa europea. Sono 35 miliardi ogni anno, e una grossa fetta solo a Milano».
Su questi numeri incidono anche le cartiere: società fantasma che nascono solo per fare fatture false e frodare l’ Iva. Per contrastare il fenomeno in Procura si utilizza molto la norma che punisce il fallimento «come conseguenza di operazioni dolose (223 comma 2 della Legge Fallimentare)». Una norma che invece non è molto applicata nelle altre Procure italiane. Anche qui, insomma, un modello Milano si impone.
A livello nazionale invece è stato varato da poco il nuovo codice delle crisi d’ impresa.
Da gennaio tutte le società con almeno 4 milioni di fatturato devono dotarsi di un sindaco unico che deve sollecitare l’ impresa a prendere tutte le iniziative necessarie a salvarsi, a cominciare da un accordo stragiudiziale con i creditori. Ma le norme più efficaci saranno in vigore solo dal 15 agosto 2020: sono quelle relative agli «strumenti di allerta».
Prevedono un intervento degli organismi di controllo non appena l’ azienda dia i primi segni di squilibrio finanziario, patrimoniale o di cassa. La segnalazione potrà avvenire anche dall’Inps e dalla stessa Agenzia delle Entrate, che però è notoriamente sottorganico. Ci vorrà qualche anno per capire se il nuovo sistema servirà a contenere le truffe a danno del Fisco. Nel frattempo l’ Erario continuerà ad accumulare crediti inesigibili, e il debito pubblico aumenterà.

lunedì 16 dicembre 2019

Clima: delusione alla Cop25, rinvio sul nodo centrale del mercato di carbonio.



COP25 UN Climate Change Conference continues in Madrid. (ansa)

Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020.

Fumata nera per la Cop 25 di Madrid che, nonostante i tempi supplementari, si è chiusa senza un'intesa sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio, il nodo più difficile da sciogliere.   
Delusione, dunque, di molti Paesi alla Conferenza su questo punto dell'agenda dei lavori. Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020.
 L'unico punto positivo l'obbligo per i Paesi ricchi di indicare di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Per il via libera al documento finale, si è riunita la plenaria dei 196 Paesi più l'Ue per il via libera al documento finale.
La Cop25 a Madrid è stata la più lunga fra tutte le edizioni con due giorni extra. Hanno vinto i Paesi vulnerabili (quelli che rischiano di sparire come le piccole isole del Pacifico) rispetto a quelli ricchi sul punto dell'Ambizione: cioè, entro l'anno prossimo questi ultimi dovranno indicare (sarà un obbligo e non un'opzione) di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Il 2020, quindi, si propstetta cruciale per salvare l'accordo di Parigi.
A parlare di fallimento sia Greta sia lo stesso segretario generale dell'Onu Antonio Guterres.  
"Sembra che la Cop25 di Madrid stia fallendo. La scienza è chiara, ma la si sta ignorando. Qualunque cosa accada non ci arrenderemo mai. Abbiamo solo appena iniziato", scrive su Twitter l'attivista Greta Thunberg. 
Guterres si è setto "deluso" dai risultati della conferenza, affermando che "la comunità internazionale ha perso una opportunità importante per mostrare maggiore ambizione" nell'affrontare la crisi dei cambiamenti climatici. "Non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò", ha concluso.
Va all'attacco Greenpeace. Secondo l'associazione,  i progressi che ci si auspicava emergessero dalla COP25 sono stati "ancora una volta compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l'emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto". "Durante questo meeting - sottolinea - la porta è stata letteralmente chiusa a valori e fatti, mentre la società civile e gli scienziati che chiedevano la lotta all'emergenza climatica venivano addirittura temporaneamente esclusi dalla COP25. Invece, i politici si sono scontrati sull'Articolo 6 relativo allo schema del commercio delle quote di carbonio, una minaccia per i diritti dei popoli indigeni nonché un'etichetta di prezzo sulla natura. Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica".
I governi "devono ripensare completamente il modo con cui conducono queste trattative, perché l'esito di questa COP è totalmente inaccettabile", dichiara Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International. C'era necessità, afferma ancora, "di decisioni che rispondessero alle sollecitazioni lanciate dalle nuove generazioni, che avessero la scienza come punto di riferimento, che riconoscessero l'urgenza e dichiarassero l'emergenza climatica. Anche per l'irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno invece fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile".
L'accordo di Parigi "potrebbe essere stato vittima di una manciata di potenti 'economie del carbonio'. Da questa COP è tuttavia emerso che ci sono alcune forze positive al lavoro: la High Ambition Coalition durante questa settimana ha offerto un'ancora di salvezza, e i piccoli Stati insulari - conclude l'associazione - si stanno rafforzando di giorno in giorno, mantenendo vivo l'accordo di Parigi".