sabato 2 ottobre 2021

Le ignoranze parallele. - Marco Travaglio

Per dare l’idea dell’informazione italiana, bastano i titoli dei giornali di ieri sulla sentenza Lucano. Le ignoranze (o convenienze) parallele di destra e sinistra l’hanno dipinta come la condanna di una politica di accoglienza dei migranti – il “modello Riace” – senza neppure accorgersi che da quell’accusa, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’ex sindaco è stato assolto. A entrambi i fronti però fa comodo raccontare che è stato punito il “buonismo” (visto da destra, per goderne) e il “reato di integrazione” (visto da sinistra, per indignarsene). Peccato che la condanna riguardi tutt’altro. L’apoteosi del doppiopesismo, che è l’altra peste del cosiddetto giornalismo, si è toccata invece mercoledì a Stasera Italia su Rete4, ospite la Raggi. Paolo Liguori: “La Raggi è incoerente perché ha detto no alla grande occasione delle Olimpiadi e ora applaude Draghi che candida Roma a Expo”. Raggi: “Veramente l’ho candidata io, ci lavoro da due anni, avrà ricadute per 45 miliardi, mentre i Giochi con 13 miliardi di debiti non potevamo permetterceli”. Massimiliano Fuksas esalta la “classe dirigente capace che a Roma non c’è”: lui la trovò a Milano “con Berlusconi e Formigoni” (entrambi pregiudicati, ma a Rete4 è meglio non dirlo). Quanto alle Olimpiadi, “non costano perché le paga quasi tutte il Coni”: strano, perché non c’è edizione che non abbia devastato le casse della sventurata città ospitante.

La Palombelli inchioda la sindaca a una grave colpa: “Il Codice degli appalti è cambiato 102 volte negli ultimi anni?”. Raggi: “Li ha fatti il Parlamento, io faccio la sindaca”. Ah già. Veronica De Romanis, moglie di Bini Smaghi e vedova del Mes: “Roma è un disastro, i rifiuti, le buche…”. Liguori: “E i cinghiali: situazione miserabile!”. Raggi: “Gli impianti dei rifiuti e gli animali sono competenza regionale”. Ah già. Liguori: “Il commissario alle partecipate dice che nulla è cambiato”. Raggi: “Non ho commissari alle partecipate”. E vabbè, dài, che sarà mai. Fuksas: “Il Comune ha comprato la stazione Tuscolana che era già sua”. Raggi: “No, era dell’Atac”. Ah ecco, vabbè. Palombelli: “Che fate contro lo spaccio di droga?”. Raggi: “Ho assunto 1500 vigili, ma l’ordine pubblico è materia del governo e della Polizia”. Ah già, vabbè. Fuksas: “Ci vorrebbero progetti culturali sulle periferie”. Raggi: “La invito alla mostra ‘Roma Eternità nel Futuro’ con 100 progetti di rigenerazione urbana”. Fuksas: “Non ci vengo a vedere i suoi progetti!”. Raggi: “Non sono miei, sono della città”. Palombelli a bruciapelo: “Conte piace alle ragazze: e a lei?”. Liguori s’illumina d’immenso: “Domenica, su quattro candidati, come minimo due vanno al ballottaggio”. Ma potrebbero pure essere di più. The end, in tutti i sensi.

ILFQ

Così la fattura elettronica sta riducendo l’evasione Iva. - Marco Mobili e Giovanni Parente

 

(Illustrazione di Giorgio De Marinis)

L’effetto della fatturazione elettronica e dello split payment spingono il recupero dell’imposta oltre il 6%. Per la prima volta nel 2019 il sommerso risulta in discesa sotto i 100 miliardi.

L’evasione Iva per la prima volta scende sotto la soglia del 20 per cento. Il che vuol dire che nella decennale lotta al sommerso si restringe la forbice tra l’Iva dovuta e l’imposta effettivamente incassata dall’Erario. Nella «Relazione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale e contributiva» del 2021 allegata alla Nota di aggiornamento del Def approvata mercoledì 29 settembre dal Consiglio dei ministri, i tecnici evidenziano dunque una netta riduzione della propensione all’evasione e non solo dell’imposta più evasa dagli italiani, ma di tutte le principali tasse che gravano su cittadini e imprese.

Nelle tasche degli evasori 81 miliardi.

Va detto subito, comunque, che anche se sull’Iva il Fisco recupera sulle mancate entrate un buon 6% tra il 2018 e il 2019, l’Erario lascia ancora nelle tasche degli evasori, tra mancate dichiarazioni e omessi versamenti, qualcosa come 80,6 miliardi, considerando anche la Tasi. E non è finita. Il dato 2019, come si legge nella relazione disponibile sul sito del Mef, è ancora parziale e dovrà essere aggiornato il prossimo mese di novembre così come indicato nel Pnrr.
Al calcolo dell’evasione mancano all’appello, infatti, i dati del sommerso contributivo e del mancato gettito dell’Irpef per i lavoratori dipendenti ma “irregolari”. Due valori che alla luce dell’andamento dell’evasione degli anni precedenti fanno alzare l’asticella del tax gap complessivo relativo al 2019 di almeno altri 15 miliardi.
Se questi dati saranno confermati per la prima volta l’evasione fiscale in Italia è destinata a scendere sotto i 100 miliardi di euro attestandosi su circa 95 miliardi complessivi tra tasse e contributi. In sostanza si tratta di una sensibile riduzione di circa 14 miliardi rispetto ai 109 stimati nella relazione sull’evasione del 2020.

Lotta al sommerso senza fine.

Nella lotta al sommerso c’è ancora molto da fare. Se l’evasione Iva si riduce lo stesso non si può dire per le imposte dirette sui redditi da lavoro autonomo e d’impresa dove la propensione al gap nel 2019 aumenta del 2,4% per l’Irpef e di 1,4 punti percentuali per l’Ires. C’è anche poi la componente accise dove l’evasione è cresciuta di altri 2 punti.

La fuga dall’Irpef di oltre 1,7 milioni di piccole imprese e professionisti passati nel regime forfettario e in quello dei contribuenti minimi pesano sulle mancate entrate dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Come si legge nelle relazioni allegate alla Nadef la base imponibile dei contribuenti in flat tax al 15% (o addirittura al 5% per le start up) ha ormai oltrepassato i 21 miliardi.

A parziale spiegazione dell’aumento della propensione all’evasione i tecnici ricordano che la presentazione delle dichiarazioni dei redditi relative al 2019 è caduto nel pieno della pandemia che questo può aver influenzato il comportamento dei contribuenti.

Riduzione del tax gap consolidata.

La riduzione del tax gap Iva, comunque, è frutto di una tendenza consolidata negli ultimi anni soprattutto grazie agli strumenti di contrasto all’evasione messi in campo dall’amministrazione finanziaria. Il primo su tutti è lo split payment che tra il 2017 e il 2018, al netto dello stock dei crediti d’imposta da restituire ai contribuenti, ha ridotto l’evasione Iva di 2,3 miliardi.

Nel biennio successivo, poi, si è registrata una forte propensione all’adempimento spontaneo e questo grazie soprattutto alla fatturazione elettronica inizialmente introdotta per i fornitori della Pa e successivamente, nel 2019, estesa a tutti i contribuenti Iva. Un processo che ha consentito, secondo le stime del Mef un recupero di gettito di altri 3,5 miliardi, pari a una riduzione del gap non dichiarato di circa 2,4 punti percentuali.

La spinta di questi strumenti, per altro in alcuni casi come quello dello split payment soggetti a nuova autorizzazione comunitaria, potrebbe però essere destinata ad esaurirsi nei prossimi anni. A meno che il Governo non riesca, come ha più volte dichiarato, a utilizzare l’enorme mole di dati ricavati con la digitalizzazioni delle fatture sia in entrata sia in uscita, per incrociare le informazioni acquisite e monitorare così la rischiosità dei contribuenti aumentando contestualmente la loro propensione all’adempimento spontaneo.

I limiti imposti dal Gdpr.

Un passaggio chiave, quest’ultimo, legato soprattutto al superamento dei limiti imposti dalla privacy e alla piena adozione del regolamento comunitario Gdpr in tema di trattamento dei dati personali. In questo senso la delega fiscale, che potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri la prossima settimana come ha annunciato nelle ultime ore il presidente del Consiglio Mario Draghi, potrebbe contenere uno specifico principio da attuare in tal senso.

Anche perché l’incrocio delle informazioni potrebbe servire sempre di più in fase preventiva, per accompagnare i contribuenti all’adempimento spontaneo e ottenere così risultati quasi in tempo reale in termini di recupero del gettito. Un’operazione «win win» rispetto alle logiche del passato che puntavano prevalentemente sulla repressione ex post e la cui rendicontazione avveniva a distanza di tempo.

IlSole24Ore

Fdi, Procura di Milano indaga per finanziamento illecito e riciclaggio. Meloni dopo l’inchiesta di Fanpage sulla ‘lobby nera’: “Pronta a decisioni necessarie”, ma vuole l’intero girato. Fidanza si autosospende.

 

Un giornalista infiltrato si è finto imprenditore e ha parlato con l’eurodeputato Carlo Fidanza, uno dei principali dirigenti del partito: emergono presunti finanziamenti in nero della campagna elettorale e le pressioni dei gruppi di estrema destra. I pm valuteranno anche altri reati, riguardo alle frasi su Hitler e la "rete di ex militari". La leader di Fratelli d'Italia prova a difendere il partito, Salvini non commenta. Il segretario del Pd Letta attacca: "Una cosa orribile, non basta l'autosospensione". M5s: "Degenerazione della politica, Meloni pretenda le dimissioni". Invece la candidata Valcepina diffida Fanpage e La7.

“Sono pronta a prendere tutte le decisioni necessarie quando ravviso delle responsabilità reali, ma per avere contezza di queste chiedo di avere l’intero girato di 100 ore. Poi farò sapere cosa ne penso”. Giorgia Meloni prende tempo: non può difendere direttamente l’eurodeputato Carlo Fidanza, al centro dell’inchiesta di Fanpage sulla campagna elettorale di Fratelli d’Italia a Milano, tra presunti finanziamenti in nero e le pressioni dei gruppi di estrema destra. Ma al tempo stesso la leader di Fratelli d’Italia prova a difendere il partito e a non affossare uno dei suoi dirigenti più influenti. Difesa d’ufficio e conseguenti prese di distanza: “Non c’è alcun spazio per atteggiamenti ambigui sull’antisemitismo e sul razzismo, per il paranazismo da operetta o per rapporti con ambienti dai quali siamo distanti anni luce, né per atteggiamenti opachi sul piano dell’onestà“, dice la Meloni. Le immagini di Fanpage, tuttavia, raccontano una storia diversa. Molto diversa. E la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta con le ipotesi di finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio proprio per far luce sulla vicenda. Nel frattempo Fidanza si è autosospeso dal partito – mentre la candidata Chiara Valcepina ha diffidato Fanpage e La7 – ma per i rivali politici non basta. Il segretario del Pd Enrico Letta chiede le dimissioni per una vicenda “orribile”, anche per il Movimento 5 stelle sarebbero un atto di “dignità” di fronte a “una vecchia degenerazione della politica”.

FIDANZA SI AUTOSOSPENDE – Carlo Fidanza, all’interno di Fratelli d’Italia, è uno dei dirigenti più importanti. In mattinata, mentre la leader Meloni parla a margine di una iniziativa elettorale a sostegno del candidato Michetti a Roma, lo stesso Fidanza firma una nota stampa che rappresenta la prima, vera conseguenza dell’inchiesta giornalistica che lo vede protagonista in negativo: si autosospende, ma al tempo stesso nega ogni accusa, prendendo le distanze dalle immagini che di fatto lo inchiodano. Le parole di Fidanza sono di circostanza: “Voglio ribadire ai miei amici, ai miei elettori e a quelli di tutto il mio partito che non ho mai ricevuto finanziamenti irregolari”. E ancora: “Non c’è e non c’è mai stato in me alcun atteggiamento estremista, razzista o antisemita. Semmai, nelle immagini pubblicate, ironicamente contestavo proprio le inaccettabili affermazioni a suo dire goliardiche di Roberto Jonghi Lavarini, che non hanno né possono avere alcuna cittadinanza in Fratelli d’Italia, partito in cui peraltro lo stesso non è iscritto né ricopre alcun ruolo”. Lo stesso ‘Barone Nero’, così è soprannominato Jonghi Lavarini, parla poi di “tanto rumore per nulla, tanto fumo e niente arrosto. Solo battute, millanterie e goliardate da bar”.

Fidanza poi entra nel merito del video: “Ho avuto più volte occasione – precisa – di polemizzare con Paolo Berizzi per alcune sue campagne di stampa (da qui l’ironia mostrata nel video), ma naturalmente giudico inaccettabile che un giornalista debba vivere sotto scorta per le minacce ricevute e per questo, pur nella irrinunciabile diversità di opinioni politiche, gli esprimo la mia solidarietà sincera”. E ancora: “In ogni caso – conclude – nell’associarmi alla richiesta del mio partito di ottenere i filmati integrali che mi riguardano senza tagli o manomissioni in modo che gli stessi possano essere visionati dai competenti organi di FdI, su richiesta di Giorgia Meloni, ritengo opportuno autosospendermi da ogni ruolo e attività di partito al fine di preservare Fratelli d’Italia da attacchi strumentali”. Nelle parti del servizio “che purtroppo non sono state mandate in onda, in più occasioni ho ribadito al ‘giornalista infiltrato’ che asseriva di voler contribuire alla campagna elettorale di una candidata – aggiunge – la necessità di farlo secondo le modalità previste dalla normativa vigente. Il fatto che questi ulteriori colloqui non siano stati trasmessi la dice lunga sulla serietà di questa inchiesta e contribuisce a dare di me e della mia attività politica un’immagine totalmente distorta. A tutela della mia reputazione – conclude – mi riservo di adire la giustizia civile e penale”.

VALCEPINA DIFFIDA FANPAGE – Diametralmente opposta la reazione di Chiara Valcepina, altra protagonista negativa dell’inchiesta nonché candidata di Fratelli d’Italia al Consiglio comunale di Milano: “Tramite il mio legale ho già proceduto a diffidare Fanpage e La7 S.p.A. dal diffondere il servizio così realizzato in maniera evidentemente strumentale“. E ancora: “Se ai signori Formigli, Cancellato, Biondi e Piscitelli appartiene l’onestà intellettuale, abbiano la correttezza – aggiunge Valcepina – di rilasciare con la stessa eco mediatica l’intero contenuto delle ore registrate, senza eliminarne le parti da cui emergerebbe la rappresentazione veritiera e completa della vicenda”. La candidata poi si rivolge ai suoi sostenitori: “Ai miei amici e conoscenti ribadisco in modo fermo e fiero che la mia campagna elettorale non è stata in alcun modo finanziata da fondi irregolari. Ci tengo a precisare che ogni spesa è tracciata e legittima, essendo avvenuta come da disposizioni di legge – dice, ripercorrendo quanto sostenuto anche da Fidanza – Quello di ieri sera è un attacco vergognoso che arriva a poche ore dalle elezioni amministrative che mi hanno vista fieramente in prima linea per promuovere un’alternativa di governo a Milano. Ne sono vittima e userò ogni strumento legale per rendermi giustizia“.

SI MUOVE LA PROCURA – Intanto sul tavolo del procuratore aggiunto di Milano, Maurizio Romanelli, è arrivato l’esposto presentato da Europa Verde per far luce sulla vicenda. “Il sistema delle lavatrici di cui ha parlato il Barone Nero” ovvero Roberto Jonghi Lavarini, “potrebbe aver consentito anche il riciclaggio di denaro sporco di dubbia provenienza, e questo è un fatto che va immediatamente accertato”, hanno dichiarato in una nota i co-portavoce Angelo Bonelli ed Eleonora Evi. In seguito all’esposto, la procura ha aperto un fascicolo affidato ai pm Giovanni Polizzi e Piero Basilone. Nel pomeriggio la Guardia di finanza è stata convocata per fare un primo punto sull’inchiesta. “Il video ha vari profili, valuteremo tutto”, spiega una fonte citata dall’Andkronos. Saranno prese in considerazione anche la frasi in cui Roberto Jonghi Lavarini parla di “un gruppo trasversale, diciamo esoterico, dove ci sono diversi massoni“, “di ammiratori di Hitler” e “un nostro informale servizio di informazioni e sicurezza, abbiamo una rete di ex militari“. Per questo il pm Polizzi, che si occuperà in particolare degli aspetti legati al presunto finanziamento illecito ai partiti e al riciclaggio, sarà affiancato dal collega Basilone, esperto in materia di terrorismo interno e di eversione di destra e di sinistra. A lui toccherà valutare eventuali profili come l’apologia del fascismo e altri reati come quelli che riguardano l’odio razziale.

GIORGIA MELONI PRENDE TEMPO – È nervosa Giorgia Meloni, nella selva di microfoni prova a dettare una linea: prendere tempo, chiedere il girato integrale, porre interrogativi (“il montato lo avete fatto voi” dice a un giornalista di Fanpage), adombrare sospetti: “Sono una persona molto rigida su diverse materie – dice – però non giudico e valuto un dirigente che conosco da più di 20 anni – e sono rimasta colpita nel vederlo raccontare così – sulla base di un video curiosamente mandato in onda a due giorni dal voto”. Poi aggiunge: “Posso dire che sono estremamente chiara con tutti i dirigenti di Fratelli d’Italia sull’onestà e sui rapporti che non si devono avere con determinati ambienti. Sono molto rigida nella valutazione, ma non posso prendere tutto per oro colato”. Quali ambienti? Meloni lo chiarisce: “Ribadisco a nome di Fratelli d’Italia che nel nostro movimento non c’è alcun spazio per atteggiamenti ambigui sull’antisemitismo e sul razzismo, per il paranazismo da operetta o per rapporti con ambienti dai quali siamo distanti anni luce, né per atteggiamenti opachi sul piano dell’onestà”. Reso pubblico, inoltre, il testo della lettera che Meloni ha inviato a Fanpage per visionare l’intero girato: “A seguito dei filmati mandati in onda ieri sera nel corso della trasmissione ‘Piazzapulità su La7, e che sollevano particolare preoccupazione, le chiedo di avere copia delle intere registrazioni relative agli episodi rappresentati, così da poter valutare compiutamente i fatti senza l’intermediazione di un servizio che – per sua natura – è necessariamente parziale e frutto di una sintesi”. Scrive Meloni: “Per valutare compiutamente i fatti e il comportamento dei nostri dirigenti, e adottare così gli eventuali provvedimenti commisurati alle oggettive responsabilità – aggiunge la leader di Fratelli d’Italia -, abbiamo bisogno dell’intero materiale privo di tagli”. Poi la chiusa: “Mi auguro che, per la grande rilevanza della questione, anche ma non solo perché scoppiata a ridosso di un’importante tornata elettorale e a 48 ore dal silenzio prescritto dalla legge, Fanpage vorrà dare seguito al più presto alla richiesta” conclude Meloni.

SALVINI: “NON COMMENTO I GUARDONI”. GELMINI: “NO AMBIGUITÀ” – Il collega di coalizione Matteo Salvini prima si limita a dire che “i processi si fanno sui giornali”, poi aggiunge altro: “Non ho visto l’inchiesta di Fanpage, non sono un fan di Fanpage (è lo stesso sito che ha pubblicato il video che ha portato alle dimissioni da sottosegretario del leghista Claudio Durigon). Ho letto i titoli, ma non giudico dai titoli. Non fatemi giudicare cose che non conosco”. Salvini infine dice anche un’altra cosa, sempre riferendosi a Fanpage: “Stanno cercando da tre anni soldi che la Russia mi avrebbe dato e che non troveranno. Non ho visto il video, ieri sera ero a Latina”, spiega. “Io non voglio fare il guardone e non commento i guardoni. I guardoni non mi interessano”. E sulla possibilità di raccogliere voti da Fdi in difficoltà Salvini sottolinea che “lo sciacallaggio non è uno sport che mi piace, lo lascio alla sinistra“. La ministra di Forza Italia Mariastella Gelmini parla a Telelombardia e tanta di prendere le distanze: “Nel centrodestra non c’è e non ci potrà mai essere spazio per tesi o gesti neofascisti o neonazisti. Sono a fianco, come sempre, della comunità ebraica di cui condivido le posizioni e i valori. Noi non possiamo tollerare alcuna forma di ambiguità, e questa è la posizione di Forza Italia, ma anche di tutto il centrodestra”. Poi specifica: “Per il resto, non commento indagini o indiscrezioni giornalistiche perché sono abituata a fare campagna elettorale su idee e programmi”.

LE REAZIONI: DAL PD AL M5S FINO ALLA COMUNITÀ EBRAICA – E quando sui social del centrodestra compare la foto dell’abbraccio tra il leader della Lega e Meloni corredata dallo slogan “Vinciamo e cambiamo l’Italia”, ecco arrivare il tweet del segretario del Pd Enrico Letta: “Ma pensate invece a cambiare con fascismo, fascisti e neofascisti che sono semplicemente orribili le commistioni documentate da Fanpage e Piazza Pulita“. Successivamente il leader dem amplia il suo pensiero: “Mi sembra molto evidente quello che è uscito” dall’inchiesta di Fanpage su Fdi, “anche perché è coinvolta non una persona secondaria ma il cuore del gruppo dirigente del partito. È una cosa orribile – dice Letta – Non basta la richiesta di avere le ore di girato” avanzata da Meloni, “così come non basta l’autosospensione” di Fidanza. “È un istituto che non esiste, c’è bisogno di molto di più” aggiunge a Oggi è un altro giorno su Rai1. Parlando delle divisioni nel centrodestra, Letta afferma: “Mi concentro su noi stessi e sulle nostre proposte. Francamente non mi sento di ragionare sulle divisioni o su altro. Sono invece molto colpito dall’inchiesta di Fanpage sull’infiltrazione di oscuri ambienti fascisti e neofascisti in Fdi. Sono necessari chiarimenti perché mi sembra una cosa francamente orribile”. I primi a esporsi sono stati gli eurodeputati M5s che hanno chiesto le dimissioni di Fidanza, capodelegazione Fdi a Bruxelles. Su Twitter è intervenuta anche Ruth Dureghello della Comunità ebraica di Roma: “Non può esserci spazio nei partiti dell’arco costituzionale per chi fa il saluto romano, inneggia a Hitler e insulta neri e ebrei. Nell’Italia che promulgò le leggi razziste, come le ha definite giustamente Draghi ieri, non ci possono essere ambiguità su questo”. 

“Abbiamo lavatrici per fare il black”: l’inchiesta di Fanpage sulla campagna elettorale di Fratelli d’Italia a Milano
di Fanpage.it
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Per i 5 stelle si sono esposti gli eurodeputati. “L’inchiesta di Fanpage sulla Lobby nera a Milano mostra una realtà agghiacciante”, hanno scritto in una nota. “Fratelli d’Italia non solo accoglie ma addirittura promuove personaggi loschi che inneggiano a Hitler, fanno battute sugli ebrei e rimpiangono la dittatura fascista. Inoltre, i trucchetti su come finanziare illegalmente la campagna elettorale di Fratelli d’Italia, svelati dalle parole stesse di Carlo Fidanza, rappresentano una vecchia degenerazione della politica figlia di un’epoca buia della nostra Repubblica che i cittadini pensavano di essersi messi alle spalle. Per restituire dignità alla politica le dimissioni di Fidanza sono un atto dovuto e necessario. Giorgia Meloni non minimizzi ma le pretenda”.

Un quadro “inquietante e pericoloso” appunto anche per la dem Roggiani, perché mette in luce “cosa sia il partito della Meloni e la galassia nera che le gravita attorno. Mentre l’europarlamentare Fidanza spiega come ‘lavare’ i fondi destinati al finanziamento della campagna di Milano, il barone nero Jonghi Lavarini, condannato per apologia di fascismo, lo stesso che qualche giorno fa ha aggredito un nostro volontario, è il tramite all’interno di un torbido sottobosco fatto di ingerenze che arrivano da Mosca e dalla galassia fascista. Parliamo di candidati al Consiglio comunale di Milano che si ritrovano tra saluti romani a inneggiare apertamente a Hitler e agli episodi che hanno scatenato il progetto antisemita, e tra le risate non si fanno neppure mancare il razzismo, con i progetti su come far affondare i barconi dei migranti”.

COSA C’È NELL’INCHIESTA REALIZZATA DA FANPAGE – L’inchiesta realizzata da Fanpage, grazie a un giornalista sotto copertura, ha rivelato “sistemi di ‘lavanderia’ per pulire finanziamenti in nero”, ma anche incontri politici tra esponenti e candidati Fdi a Milano “con esplicite battute razziste, fasciste e sessiste”. Il cronista, tre anni fa, si è finto un uomo d’affari a cui interessava finanziare un gruppo politico italiano al fine di ottenere vantaggi per il proprio business e ha iniziato a frequentare un gruppo di personaggi di estrema destra a Milano. Il capo, secondo l’inchiesta, è Roberto Jonghi Lavarini, detto il “Barone nero”, condannato a due anni per apologia del fascismo. Tramite Lavarini, il giornalista di Fanpage conosce Carlo Fidanza, europarlamentare e capo delegazione di Fratelli d’Italia. Si stabilisce cosi un rapporto che consente all’insider di frequentare il gruppo di esponenti di Fdi durante eventi e riunioni della campagna elettorale per le elezioni comunali a Milano per la quale sostengono la candidatura al consiglio comunale dell’avvocata Chiara Valcepina. Entrambi chiedono finanziamenti al presunto uomo d’affari, col quale sono ormai in confidenza: “Le modalità sono: versare nel conto corrente dedicato. Se invece voi avete l’esigenza del contrario e vi è più comodo fare del black, lei si paga il bar e col black poi coprirà altre spese”, dice Fidanza al giornalista sotto copertura.

Javarini, che è deputato a queste operazioni, entra più nei dettagli: il “barone nero” spiega di avere “una serie di lavatrici” per il finanziamento alla campagna elettorale che sostiene di avere usato più volte. Durante alcune riunioni del gruppo, inoltre, con la telecamera nascosta si riprende anche altro: molti dei partecipanti non condividono, con commenti pesanti, la scelta del candidato sindaco della coalizione, Luca Bernardo. Volano, nello stereotipo neofascista, battute su negri, ebrei, migranti e riferimenti al discorso di Hitler alla birreria di Monaco, oltre a commenti sessisti. E c’è anche un momento in cui si prende in giro Paolo Berizzi, giornalista sotto scorta perché minacciato dai neonazisti. La telecamera nascosta riprende poi Longhi Javarini, che sostiene, senza fare nomi né circostanze, di essere parte di “un gruppo trasversale, diciamo esoterico, dove ci sono diversi massoni. Poi c’è tutto un filone di ammiratori di Hitler, in più abbiamo un nostro informale servizio di informazioni e sicurezza, abbiamo una rete di ex militari“. Un’organizzazione trasversale ai partiti sostiene: “Noi abbiamo contatti politici all’interno del centrodestra, non solo nella Lega ma anche in Fratelli d’Italia e persino Forza Italia”, ha detto.

ILFQ

L’ipocrisia elevata a sistema. - Antonio Padellaro

 

Succede che i dirigenti della sezione romana dell’Unitalsi, la benemerita organizzazione che si occupa del trasporto degli ammalati a Lourdes e negli altri santuari internazionali, siano entrati in possesso di un milione 800mila euro, sottratti alla beneficenza di tante brave persone, per acquistare una villa in Sardegna e fare la bella vita. Così leggiamo sul Corriere della Sera a proposito del patteggiamento della segretaria dell’Unione, che ha ammesso il reato. Vizi privati e pubbliche virtù di chi, approfittando delle altrui infermità, è arrivato a truffare perfino la Madonnina di Lourdes. Mentre, al contrario, per la Bestia di Matteo Salvini possiamo parlare di pubbliche virtù e vizi privati. Poiché mentre, per dirne una, il Capitano (ex) si serviva della macchina schiacciasassi della propaganda leghista per sermoneggiare contro la tossicodipendenza (“La droga fa male sempre”, ironizzò dopo la condanna dei due carabinieri per l’omicidio di Stefano Cucchi), forse non si era accorto che nella stanza accanto qualcosa non andava. Infatti il problema non è la “caduta come uomo” di Morisi, bensì l’ipocrisia elevata a sistema per lucrare like e dunque voti, voti, voti per la maggior gloria del capo, e amen. Luca è un mago della Rete, ma senza la forza propulsiva di Matteo sarebbe come un computer disconnesso.

A differenza dei dirigenti Unitalsi, Salvini ha la fedina penale pulita e da bravo cittadino osserva la legge, eppure come quella coppia di galantuomini anche lui specula sulla fede del prossimo attraverso la martellante comunicazione della Bestia. Facendo credere che esista un mondo di individui (riconducibili a sinistra) tarati dalla droga, o che favoriscono l’immigrazione clandestina di massa, e dunque la sostituzione del popolo italiano con etnie di pelle scura. Un nemico a cui si opporrebbe l’armata del Bene, a difesa dell’Italia migliore: Dio, Patria e Famiglia. Quella che al posto della canne si fa di Nutella. Purtroppo, il Carroccio non è Lourdes o Medjugorje, ma è composto da esseri umani che come tutti hanno le loro qualità e possono avere le loro cadute. Se invece di denunciare la solita “giustizia a orologeria”, o frignare per la “dignità di Morisi distrutta dai media” (la nemesi della gogna che si lamenta della gogna) il leader del primo partito italiano s’interrogasse seriamente sulla catastrofe politica e morale prodotta dal bestiale metodo social dello Shitstorm (tempesta di merda sull’avversario), ne guadagneremmo tutti.

ILFQ (29.9.2021)

venerdì 1 ottobre 2021

Amaro Lucano. - Marco Travaglio

 

Se giudichiamo la sentenza Lucano col senso comune, magari paragonandola alle pene molto inferiori inflitte a grandi corrotti come Formigoni, frodatori come B., bancarottieri come Verdini, complici della mafia come Dell’Utri, per non parlare della Trattativa, possiamo tranquillamente dire che 13 anni e 2 mesi (sia pure in primo grado) sono un’enormità. Se però leggiamo il dispositivo della sentenza del Tribunale di Locri, comprendiamo che quei 13 anni e 2 mesi sono il cumulo delle pene per i singoli reati – quasi tutti molto gravi – per cui è stato condannato l’ex sindaco di Riace. Sgombriamo subito il campo dalle falsità.

1) Lucano non è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: per la violazione della legge Turco-Napolitano è stato assolto, come per aver fatto carte false per far entrare illegalmente clandestini in Italia o munirli di documenti farlocchi. La sua battaglia contro le leggi sull’immigrazione – ammesso e non concesso che sia ammissibile da parte di un sindaco – non c’entra nulla. E nemmeno il “modello Riace”, cioè il meritorio ripopolamento di un comune depresso con l’integrazione dei migranti.

2) Difficile immaginare che i tre giudici del Tribunale nutrissero intenti persecutorii, come già si era detto dei pm (ora quasi rimpianti perché hanno chiesto la metà della pena poi inflitta dal Tribunale). Al netto di quelli contestati ai suoi 26 coimputati, Lucano rispondeva di 16 capi di imputazione. È stato assolto per 5, condannato per 10 (in parte alleggeriti di diversi fatti, per cui è stato pure assolto) e prescritto per uno.

3) La condanna riguarda non gli aiuti ai migranti, ma una serie impressionante di pasticci finanziari con denaro pubblico. Il primo è l’associazione a delinquere per commettere “un numero indeterminato di delitti contro la Pa, la fede pubblica e il patrimonio” e “soddisfare gli indebiti e illeciti interessi patrimoniali delle associazioni e cooperative” create e controllate da Lucano e dai suoi amici come “enti gestori dei progetti Sprar, Cas e Msna” (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati, Centri accoglienza straordinaria, Minori stranieri non accompagnati), con “indebite rendicontazioni delle presenze degli immigrati”, “derrate alimentari falsamente indicate come destinate agli immigrati ma sistematicamente utilizzate per fini privati”, “costi fittizi per spese carburante”, “numerose false fatturazioni”, nessun “controllo delle spese” né “documentazione dei costi sostenuti dalle associazioni”, “prelievi di denaro contante e assegni bancari dai conti correnti senza alcuna giustificazione”, “indebita destinazione di fondi ottenuti per fini diversi” dall’accoglienza.

L’altro – che forse spiega la discrepanza tra pena richiesta e pena inflitta – è la truffa aggravata allo Stato, cioè alla Prefettura e al Viminale (prima era “solo” abuso d’ufficio) per far versare 2,3 milioni indebiti o ingiustificati alle varie associazioni. Poi c’è un’altra truffa allo Stato da 281mila euro per una miriade di “costi fittizi o non giustificati”, “false fatture”, false annotazioni sui registri Inail di ore lavorate, “fittizi acquisti di bombole, materiale di cancelleria, mobili e schede carburante false”. Ne consegue l’accusa di falso ideologico in atto pubblico per ben 56 determine “propedeutiche al rimborso dei costi di gestione dei progetti Cas e Sprar” in cui Lucano “attestava falsamente di aver effettuato controlli sui rendiconti di spese” fantasiosi.

Un altro reato che porta alle stelle la pena è il peculato, per essersi “appropriato in modo sistematico” di “ingenti fondi ottenuti dallo Stato per l’accoglienza dei rifugiati”, “non meno di 2,4 milioni, distraendoli alle predette finalità” per l’“acquisto, arredo e ristrutturazione di tre case e un frantoio non rendicontati”, più “prelievi in contanti per 531.752 euro”, in parte usati “per il viaggio in Argentina di Lucano”, in parte per “i concerti estivi organizzati dal Comune di Riace”. Concerti che poi il sindaco “attestava falsamente” non essersi svolti “al fine di non pagare i diritti Siae”: altro falso.

L’ultimo reato grave è l’abuso per aver “affidato il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti nel comune di Riace alle cooperative sociali Ecoriace e l’Aquilone, prive dei necessari requisiti richiesti” dalla legge, “dell’iscrizione all’Albo regionale delle cooperative sociali” e “di autorizzazioni alla gestione ambientale”, senza l’ombra di una gara (la turbativa d’asta è prescritta). Infine Lucano rilasciò a Tesfahun Lemlem, sua compagna etiope, un certificato falso: “lo stato civile di nubile anziché di coniugata, a lui noto”.

Fin qui il giudizio penale di primo grado, che potrà essere rivisto in appello. Sul piano politico e morale, a parte qualche spesa privata con soldi pubblici, non si può dire che Lucano sia un corrotto o che agisse per interessi propri, anche se quel sistema di soldi allegri a pioggia drogava certamente i suoi consensi.

È possibile che agisse con le migliori intenzioni. Ma questo incommensurabile pasticcione era pur sempre un sindaco, cioè un pubblico ufficiale tenuto a rispettare e a far rispettare le regole. L’impressione è che la nobile missione del “modello Riace” gli abbia dato alla testa, convincendolo di essere al di sopra, anzi al di fuori della legge. Che si può sempre contestare e persino, per obiezione di coscienza, violare. Ma senza la fascia tricolore a tracolla. E affrontando poi le conseguenze delle proprie azioni.

ILFQ