martedì 5 ottobre 2021

Oms aggiorna lista farmaci essenziali, attenzione a diabete.

 

Insulina umana,4 antitumorali e antibiotico contro super batteri.

Quattro farmaci oncologici, incluso uno specifico per pazienti pediatrici, un antibiotico di nuova generazione contro le infezioni multiresistenti e diverse nuovi farmaci per il diabete come gi analoghi dell'insulina. Sono queste alcune delle novità apportate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità alla lista dei farmaci essenziale, appena rivista.

Tra le preoccupazioni principali dell'Agenzia delle nazioni Unite, quella di aumentare l'accesso alle cure del diabete, malattia "in aumento a livello globale".

"Troppe persone che hanno bisogno di insulina - spiega Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale Oms - hanno difficoltà finanziarie nell'accedervi o ne fanno a meno e muoiono". Includere gli analoghi dell'insulina, che hanno una più lunga durata d'azione (degludec, detemir e glargine) nell'Elenco dei farmaci essenziale e ampliare l'uso di biosimilari "è un passo fondamentale per garantire che tutti coloro che hanno bisogno di questa terapia salvavita possano accedervi".

Attenzione particolare viene data ai tumori, che hanno provocato quasi 10 milioni di decessi nel 2020, di cui 7 su 10 nei Paesi a basso e medio reddito". Per promuovere l'utilizzo di nuovi farmaci che mirano a specifiche caratteristiche molecolari del tumore, con risultati migliori rispetto alla chemioterapia, l'Oms ha aggiunto alla lista: enzalutamide per il cancro alla prostata; everolimus, per un tipo di tumore cerebrale nei bambini; ibrutinib per la leucemia linfatica cronica e Rasburicase, per la sindrome da lisi tumorale, grave complicanza di alcuni trattamenti oncologici. Inoltre sono state aggiunte nuove indicazioni per i tumori infantili per 16 farmaci già in elenco, incluso il glioma di basso grado, la forma più comune di tumore al cervello nei bambini. Tra i nuovi antibiotici, sono stati inclusi nell'elenco Oms cefiderocol, un antibiotico efficace contro batteri multiresistenti.

ANSA

Ateneo Firenze, 9 a giudizio per il concorso di Medicina: c’è anche l’ex rettore Luigi Dei. - Antonio Massari

 

Lo “scandalo Careggi” va a giudizio e il processo inizierà il 1º febbraio 2022. Tra gli imputati si contano nomi eccellenti. Tra i nove imputati c’è anche l’ex rettore dell’Ateneo di Firenze, Luigi Dei. Il processo riguarda una serie di presunte irregolarità che, secondo l’accusa, sarebbero state realizzate durante la procedura universitaria per selezionare, all’interno del dipartimento di medicina sperimentale dell’Università di Firenze, un professore associato di Cardiochirurgia. Tra gli imputati anche Monica Calamai che all’epoca dei fatti era la direttrice generale dell’Azienda ospedaliero universitaria di Careggi. E poi ben sette professori universitari, tra i quali Pierluigi Stefano, ovvero il candidato che si vide assegnare la cattedra con la procedura contestata dalla Procura.

L’accusa per Dei e Calamai è quella di abuso d’ufficio. Un abuso che, sempre secondo le accuse, si sarebbe realizzato attraverso le loro pressioni affinché la commissione affidasse a Stefano il posto di professore associato. Stefano era già direttore della Sod complessa di cardiochirurgia dell’Aou di Careggi (parliamo di equipe mediche specialistiche – come spiega sul suo sito proprio l’azienda universitaria ospedaliera fiorentina – che prendono in carico il cittadino e lo seguono nel percorso assistenziale). In questo modo Stefano avrebbe seguito sia la cardiochirurgia universitaria sia quella ospedaliera.

L’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli, nel 2019 ha avuto un impulso anche grazie all’arrivo in Procura di una lettera anonima: “So che l’anonimato non rappresenta il massimo – scriveva il denunciante –, ma non tutti hanno la forza e la possibilità di seguire strade giudiziarie”. L’anonimo “accademico di Medicina di Careggi” allegò alla sua lettera un elenco di 11 nominativi per altrettanti concorsi e aggiunse: “Per dimostrarle che non mi sbaglio Le indicherò i vincitori dei concorsi accademici in atto prima ancora che molte commissioni presiedute dai baroni di Careggi si siano ancora insediate”. Un anno e mezzo fa si scopre che l’anonimo ci aveva visto giusto in 7 casi su 11. E il Gip ieri ha disposto il rinvio a giudizio, in alcuni casi anche con l’accusa di corruzione (slegata a una utilità in denaro: in sostanza uno scambio di favori), con il processo che partirà tra 4 mesi. Prima udienza del processo l’1 febbraio 2022.

ILFQ

Cosa dicono quei numeri. - Marco Travaglio

 

“È la somma che fa il totale”, diceva Totò. Quindi non c’è nulla di originale nell’osservare che il nuovo centrosinistra giallorosa vince solo se è unito: a Napoli con Manfredi è un po’ più contiano e dimaiano, a Bologna con Lepore è molto più pidino. A Milano i 5Stelle sono irrilevanti, come sempre, e quello di Sala (mai iscritto al Pd e proveniente dal centrodestra morattiano) è un trionfo personale e trasversale. Il vecchio centrodestra a tre punte, a trazione meloniana e non più salviniana, va male dappertutto: per ora porta a casa solo la Calabria, e più per i demeriti del centrosinistra (ben tre candidati) che per meriti propri. È secondo persino a Torino, dove il moderato Damilano era strafavorito sul pd Lo Russo. Il quale però ora deve sperare nella scarsa memoria dei 5Stelle, dopo gli insulti alla buona esperienza Appendino e il rifiuto tracotante di qualsiasi dialogo col M5S. Roma fa storia a sé. La Raggi s’è rivelata un osso molto più duro di quel che diceva la black propaganda, ma non abbastanza per qualificarsi alla finale. Lì però può succedere di tutto: la Meloni farà pesare tutto il suo consenso personale e, anche se Conte facesse l’endorsement a Gualtieri e molti elettori raggiani lo seguissero, Michetti avrebbe un ottimo serbatoio di riserva tra gli elettori di Calenda, l’altro candidato di destra (l’altra destra: quella borghese, confindustriale e tecnocratica), allergico ai giallorosa.

Tutto ciò premesso, sarebbe ridicolo confondere questa tornata amministrativa con le prossime Politiche. Chi lo fa, seguendo i soliti esperti del nulla, si condanna al suicidio. Il centrosinistra che ha appena stravinto il primo turno delle Comunali, su scala nazionale resta 10 punti sotto il pur malconcio centrodestra. Il che rende semplicemente comico il pressing dei giornaloni perché il Pd molli l’asse col M5S contiano per allearsi con non si sa bene chi. Se il Pd vince è proprio grazie alla linea Zinga-Letta sull’alleanza col M5S: la linea Renzi, alle Comunali del 2016, portò il partito alla débâcle. Anche chi vaneggia di “sconfitta dei populisti”, con Lega e FdI al 40% e gli astenuti al 46%, racconta barzellette. I non votanti – il primo partito d’Italia – sono soprattutto ex elettori 5Stelle in attesa di un’offerta credibile. È un monito soprattutto per Conte, che dovrà trovare linguaggi e contenuti di populismo gentile e competente per recuperare almeno una parte delle periferie sociali ed elettorali che non si sentono rappresentate da nessuno. Specie nel deserto del Nord. Dalla sua, ha la fortuna di essere la soluzione migliore alla penuria generale di classe dirigente: fra i vari ex premier in circolazione, è di gran lunga il più apprezzato dal “popolo”. Ma quel ricordo non dura in eterno.

ILFQ

domenica 3 ottobre 2021

Il grado d’improvvisazione a destra. - Antonio Padellaro

 

“Io su queste cose divento pazza, ma come si fa a frequentare certa gente per prendere 30-40 preferenze in più?”

Giorgia Meloni. “Corriere della Sera”

Al tempo dello scandalo Lewinsky universale indignazione suscitarono le bugie di Bill Clinton sui rapporti intrattenuti con la stagista Monica. E altrettanta universale ilarità suscitarono le battute su ciò che avveniva sotto la scrivania dello Studio Ovale. Giocare sull’aspetto ridicolo di un evento drammatico ha fatto sempre la fortuna della satira. Anche se forse quando la satira contemporanea si occupa dei politici non ha più bisogno di un Aristofane o di un Giovenale visto che i testi migliori sono quelli autoprodotti dagli stessi bersagli della derisione. Paradigmatico il triplice scandalo che ha investito Fratelli d’Italia dopo il clamoroso video di Fanpage rilanciato giovedì sera da Piazzapulita. Che si articola sull’ipotesi fondi neri e sulle affermazioni di stampo fasciorazzista espettorate dalla cameratesca combriccola guidata da Carlo Fidanza. Il tutto reso ancora più grave e imbarazzante dalla posta in palio: un pugnetto di preferenze riconducibili alla figura minore di una candidata sconosciuta ai più. C’è uno schema che si ripete. Abbiamo il caso del temutissimo superguru Luca Morisi, che mette nei guai se stesso, il suo adorato principale e la Lega in blocco per un diverbio su millecinquecento euro forse dovuti o forse no al prestatore d’opera rumeno. E osserviamo il turbo europarlamentare dicono dal futuro radioso che incasina se stesso e la vigilia elettorale di FdI. Entrambi mossi da superficialità e delirio di onnipotenza. La miscela, o se vogliamo la droga Ghb dei comportamenti dissennati, che comporta l’abbassamento delle difese immunitarie di ogni elementare buon senso. Per cui tutto si può dire, tutto si può fare, tanto a noi non ci tocca nessuno. Comportamenti già abbastanza a rischio per i comuni mortali ma dalle possibili conseguenze catastrofiche quando ne siano protagonisti personaggi politici di rilievo pubblico. Casi nei quali l’errore individuale comporta, come nel gioco del domino, un effetto a catena dalle conseguenze imprevedibili. Ecco dunque che deflagra il problema di una classe dirigente populista e sovranista spesso selezionata come capita e senza le opportune verifiche (e di cui i candidati sindaci a Roma e Milano, Michetti e Bernardo costituiscono un esempio) Se e in che misura i partiti di Salvini e Meloni pagheranno le dissennatezze dei loro sottoposti lo valuteremo tra poche ore. Ma se pure i leader dovessero limitare i danni, o anche cantare vittoria qui o là, indelebile resterebbe la sensazione di due destre che si candidano a governare l’Italia con una notevole improvvisazione. E con sommo sprezzo del ridicolo.

ILFQ

L’altra Bestia. - Marco Travaglio

 

Morta prematuramente la Bestia salviniana in un festino con coca e romeni nella cascina di Morisi, consoliamoci con l’altra formidabile macchina spara-merda, attiva da cinque anni a edicole e reti unificate contro una sola persona: Virginia Raggi. Il celebre titolo di Libero “Patata bollente”, stigmatizzato con raccapriccio dall’intero tartufismo nazionale, è solo l’apice di un’ignobile campagna iniziata il giorno dell’elezione di una sindaca “rea” di essere donna, grillina e per giunta onesta. Le ridicole accuse penali, tutte cadute in tribunale e in appello, non bastavano: bisognava dimostrare che era pure corrotta (Corriere, Repubblica e Messaggero, per una storiella di nomine e polizze, evocarono Tangentopoli e il Giornale annunciò il suo arresto) e mignotta (Rep e l’assessore Berdini su La Stampa le inventarono una liaison col dirigente Romeo). Qualunque cosa accadesse a Roma (ma anche fuori) era colpa sua. Lei però restò in piedi, allora si cominciò a dire che aveva i giorni contati, prossima al ritiro per un posto da sottosegretario, scaricata da Grillo, Conte&C. Infatti. Così si disse che non la rivotava nessuno: poi arrivarono i sondaggi e si capì che se la poteva giocare. Panico.

Così si ricominciò a inventare. Il disastro dell’Atac (ereditata in fallimento e risanata), gl’impianti per i rifiuti (competenza regionale), i cinghiali (idem), la “discarica fuorilegge” ad Albano (legittima per il Tar), lo stadio della Roma (da quando c’è lei, farlo è il male assoluto, ma anche non farlo), la grande occasione persa delle Olimpiadi (cioè del default della capitale indebitata per 15 miliardi da quelli bravi di prima), i “no a tutto” (ha candidato Roma a Expo2030 e Draghi ha appena firmato), la strage di pesci nel Tevere (li ammazza lei uno per uno), la città inondata dalle bombe d’acqua (a Roma sono colpa sua, a Milano della pioggia), le piste ciclabili “elettorali” (bandi di due anni fa), il museo della Shoah “elettorale” (progetto del ‘97, lavori iniziati con Veltroni nel 2005), i fuochi d’artificio pagati dal Municipio di Ostia per la sua cena elettorale (si fanno ogni anno e dal ristorante manco si vedono), la cena “fuorilegge perché senza Green Pass” (in una terrazza all’aperto dove la legge lo esclude), il mancato vaccino perché “No Vax” o “Ni Vax” (è guarita dal Covid e ha gli anticorpi ancora alti). Ignazio Marino ricorda che la Raggi si è scusata mentre il Pd ricandida i suoi pugnalatori? Rep risponde per Gualtieri che lei candida il cameriere che testimoniò sulle cene a sbafo: come se andare in tribunale per fare il proprio dovere fosse uguale ad andare dal notaio per cacciare Marino. E ora tutti in coro: viva i buoni, abbasso la Bestia! Anzi, morta una Bestia ne resta un’altra.

ILFQ (30.9.2021)

sabato 2 ottobre 2021

Le ignoranze parallele. - Marco Travaglio

Per dare l’idea dell’informazione italiana, bastano i titoli dei giornali di ieri sulla sentenza Lucano. Le ignoranze (o convenienze) parallele di destra e sinistra l’hanno dipinta come la condanna di una politica di accoglienza dei migranti – il “modello Riace” – senza neppure accorgersi che da quell’accusa, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’ex sindaco è stato assolto. A entrambi i fronti però fa comodo raccontare che è stato punito il “buonismo” (visto da destra, per goderne) e il “reato di integrazione” (visto da sinistra, per indignarsene). Peccato che la condanna riguardi tutt’altro. L’apoteosi del doppiopesismo, che è l’altra peste del cosiddetto giornalismo, si è toccata invece mercoledì a Stasera Italia su Rete4, ospite la Raggi. Paolo Liguori: “La Raggi è incoerente perché ha detto no alla grande occasione delle Olimpiadi e ora applaude Draghi che candida Roma a Expo”. Raggi: “Veramente l’ho candidata io, ci lavoro da due anni, avrà ricadute per 45 miliardi, mentre i Giochi con 13 miliardi di debiti non potevamo permetterceli”. Massimiliano Fuksas esalta la “classe dirigente capace che a Roma non c’è”: lui la trovò a Milano “con Berlusconi e Formigoni” (entrambi pregiudicati, ma a Rete4 è meglio non dirlo). Quanto alle Olimpiadi, “non costano perché le paga quasi tutte il Coni”: strano, perché non c’è edizione che non abbia devastato le casse della sventurata città ospitante.

La Palombelli inchioda la sindaca a una grave colpa: “Il Codice degli appalti è cambiato 102 volte negli ultimi anni?”. Raggi: “Li ha fatti il Parlamento, io faccio la sindaca”. Ah già. Veronica De Romanis, moglie di Bini Smaghi e vedova del Mes: “Roma è un disastro, i rifiuti, le buche…”. Liguori: “E i cinghiali: situazione miserabile!”. Raggi: “Gli impianti dei rifiuti e gli animali sono competenza regionale”. Ah già. Liguori: “Il commissario alle partecipate dice che nulla è cambiato”. Raggi: “Non ho commissari alle partecipate”. E vabbè, dài, che sarà mai. Fuksas: “Il Comune ha comprato la stazione Tuscolana che era già sua”. Raggi: “No, era dell’Atac”. Ah ecco, vabbè. Palombelli: “Che fate contro lo spaccio di droga?”. Raggi: “Ho assunto 1500 vigili, ma l’ordine pubblico è materia del governo e della Polizia”. Ah già, vabbè. Fuksas: “Ci vorrebbero progetti culturali sulle periferie”. Raggi: “La invito alla mostra ‘Roma Eternità nel Futuro’ con 100 progetti di rigenerazione urbana”. Fuksas: “Non ci vengo a vedere i suoi progetti!”. Raggi: “Non sono miei, sono della città”. Palombelli a bruciapelo: “Conte piace alle ragazze: e a lei?”. Liguori s’illumina d’immenso: “Domenica, su quattro candidati, come minimo due vanno al ballottaggio”. Ma potrebbero pure essere di più. The end, in tutti i sensi.

ILFQ

Così la fattura elettronica sta riducendo l’evasione Iva. - Marco Mobili e Giovanni Parente

 

(Illustrazione di Giorgio De Marinis)

L’effetto della fatturazione elettronica e dello split payment spingono il recupero dell’imposta oltre il 6%. Per la prima volta nel 2019 il sommerso risulta in discesa sotto i 100 miliardi.

L’evasione Iva per la prima volta scende sotto la soglia del 20 per cento. Il che vuol dire che nella decennale lotta al sommerso si restringe la forbice tra l’Iva dovuta e l’imposta effettivamente incassata dall’Erario. Nella «Relazione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale e contributiva» del 2021 allegata alla Nota di aggiornamento del Def approvata mercoledì 29 settembre dal Consiglio dei ministri, i tecnici evidenziano dunque una netta riduzione della propensione all’evasione e non solo dell’imposta più evasa dagli italiani, ma di tutte le principali tasse che gravano su cittadini e imprese.

Nelle tasche degli evasori 81 miliardi.

Va detto subito, comunque, che anche se sull’Iva il Fisco recupera sulle mancate entrate un buon 6% tra il 2018 e il 2019, l’Erario lascia ancora nelle tasche degli evasori, tra mancate dichiarazioni e omessi versamenti, qualcosa come 80,6 miliardi, considerando anche la Tasi. E non è finita. Il dato 2019, come si legge nella relazione disponibile sul sito del Mef, è ancora parziale e dovrà essere aggiornato il prossimo mese di novembre così come indicato nel Pnrr.
Al calcolo dell’evasione mancano all’appello, infatti, i dati del sommerso contributivo e del mancato gettito dell’Irpef per i lavoratori dipendenti ma “irregolari”. Due valori che alla luce dell’andamento dell’evasione degli anni precedenti fanno alzare l’asticella del tax gap complessivo relativo al 2019 di almeno altri 15 miliardi.
Se questi dati saranno confermati per la prima volta l’evasione fiscale in Italia è destinata a scendere sotto i 100 miliardi di euro attestandosi su circa 95 miliardi complessivi tra tasse e contributi. In sostanza si tratta di una sensibile riduzione di circa 14 miliardi rispetto ai 109 stimati nella relazione sull’evasione del 2020.

Lotta al sommerso senza fine.

Nella lotta al sommerso c’è ancora molto da fare. Se l’evasione Iva si riduce lo stesso non si può dire per le imposte dirette sui redditi da lavoro autonomo e d’impresa dove la propensione al gap nel 2019 aumenta del 2,4% per l’Irpef e di 1,4 punti percentuali per l’Ires. C’è anche poi la componente accise dove l’evasione è cresciuta di altri 2 punti.

La fuga dall’Irpef di oltre 1,7 milioni di piccole imprese e professionisti passati nel regime forfettario e in quello dei contribuenti minimi pesano sulle mancate entrate dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Come si legge nelle relazioni allegate alla Nadef la base imponibile dei contribuenti in flat tax al 15% (o addirittura al 5% per le start up) ha ormai oltrepassato i 21 miliardi.

A parziale spiegazione dell’aumento della propensione all’evasione i tecnici ricordano che la presentazione delle dichiarazioni dei redditi relative al 2019 è caduto nel pieno della pandemia che questo può aver influenzato il comportamento dei contribuenti.

Riduzione del tax gap consolidata.

La riduzione del tax gap Iva, comunque, è frutto di una tendenza consolidata negli ultimi anni soprattutto grazie agli strumenti di contrasto all’evasione messi in campo dall’amministrazione finanziaria. Il primo su tutti è lo split payment che tra il 2017 e il 2018, al netto dello stock dei crediti d’imposta da restituire ai contribuenti, ha ridotto l’evasione Iva di 2,3 miliardi.

Nel biennio successivo, poi, si è registrata una forte propensione all’adempimento spontaneo e questo grazie soprattutto alla fatturazione elettronica inizialmente introdotta per i fornitori della Pa e successivamente, nel 2019, estesa a tutti i contribuenti Iva. Un processo che ha consentito, secondo le stime del Mef un recupero di gettito di altri 3,5 miliardi, pari a una riduzione del gap non dichiarato di circa 2,4 punti percentuali.

La spinta di questi strumenti, per altro in alcuni casi come quello dello split payment soggetti a nuova autorizzazione comunitaria, potrebbe però essere destinata ad esaurirsi nei prossimi anni. A meno che il Governo non riesca, come ha più volte dichiarato, a utilizzare l’enorme mole di dati ricavati con la digitalizzazioni delle fatture sia in entrata sia in uscita, per incrociare le informazioni acquisite e monitorare così la rischiosità dei contribuenti aumentando contestualmente la loro propensione all’adempimento spontaneo.

I limiti imposti dal Gdpr.

Un passaggio chiave, quest’ultimo, legato soprattutto al superamento dei limiti imposti dalla privacy e alla piena adozione del regolamento comunitario Gdpr in tema di trattamento dei dati personali. In questo senso la delega fiscale, che potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri la prossima settimana come ha annunciato nelle ultime ore il presidente del Consiglio Mario Draghi, potrebbe contenere uno specifico principio da attuare in tal senso.

Anche perché l’incrocio delle informazioni potrebbe servire sempre di più in fase preventiva, per accompagnare i contribuenti all’adempimento spontaneo e ottenere così risultati quasi in tempo reale in termini di recupero del gettito. Un’operazione «win win» rispetto alle logiche del passato che puntavano prevalentemente sulla repressione ex post e la cui rendicontazione avveniva a distanza di tempo.

IlSole24Ore