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domenica 21 luglio 2024

Il teorema di Pitagora

 

Prenditi un attimo e tuffati con me nell'affascinante mistero di una scoperta storica: una tavoletta d'argilla vecchia di 3700 anni che svela come gli antichi babilonesi fossero già a conoscenza del teorema di Pitagora, ben mille anni prima di Pitagora!
Scoperta nel 1894 da una spedizione archeologica francese e ora custodita nel Museo Archeologico di Istanbul, questa tavoletta, nota come Si.427, era uno strumento pratico nelle mani dei geometrici dell'epoca, utilizzato per metodi di misurazione terrestre.
Contiene precise indicazioni cifriformi per la costruzione di triangoli rettangoli, rappresentando la prima applicazione documentata della geometria nella storia dell'umanità. Affascinante, vero?
Daniel Mansfield, un matematico dell'Università del New South Wales, ha sottolineato il significato delle iscrizioni di Si.427, evidenziando come i babilonesi avessero al loro interno un approccio proto-trigonometrico.
E non parliamo solo di confini terrestri. Si.427 offre anche una visione unica sulle complesse questioni legali e geometriche relative ai campi divisi, includendo anche insiemi di terne pitagoriche, come 3, 4, 5 e 8, 15, 17, utilizzate nella demarcazione dei terreni.
E pensare che questa non è l'unica scoperta di Mansfield! Il Plimpton 322 sottolinea lo stesso pionieristico approccio babilonese nei confronti della trigonometria, fondamentale per la definizione delle proprietà durante un'era caratterizzata dal sorgere della proprietà privata.
Ripensate un attimo a quando imparavate il teorema di Pitagora a scuola. Quel sapere custodito in quei numeri risale a molto prima di quello che pensavate, e ne testimonia la profondità. Impressionante, non trovate?

mercoledì 8 maggio 2024

Il codice di Hammurabi.

 

Il codice di Hammurabi è l'emblema della civiltà mesopotamica. Questa stele di basalto, eretta dal re di Babilonia nel XVII secolo a.C. è un'opera d'arte, di storia e letteratura, e il più completo compendio legale dell'antichità. Trasportato da un principe del paese di Elam in Iran 3700 anni fa, il monumento è stato esposto sull'acropoli di Susa tra gli altri prestigiosi capolavori della Mesopotamia. Questa stele di basalto fu eretta da re Hammurabi di Babilonia (1792-1750 a.C.) probabilmente a Sippar, città del Sole del dio Shamash, il dio della giustizia. Due documenti giuridici sumeri scritti da Ur-Nama, re di Ur ( 2100 a.C.) e Lipit-Ishtar di Isin ( 1930 a.C.) precedono il codice della legge di Hammurabi. Il testo, che occupa la maggior parte della stele, costituisce la ragion d'essere del monumento. La scena principale mostra il re che riceve la sua investitura da Shamash. Notevole per il suo contenuto giuridico, questo lavoro è anche una fonte eccezionale di informazioni sulla società, la religione, l'economia e la storia di questo periodo. Il testo è scritto in cuneiforme e in lingua accadica. Si divide in tre parti:- un prologo storico relativo all'investitura di re Hammurabi nel suo ruolo di " Protettore dei deboli e oppressi," e della formazione del suo impero e dei suoi successi;- un epilogo lirico che riepiloga il suo lavoro legale e ne prepara il perpetuarsi in futuro;- Questi due passaggi letterari descrivono quasi trecento leggi e decisioni legali che disciplinano la vita quotidiana nel regno di Babilonia. La parte legale del testo utilizza la lingua quotidiana ed è qui semplificata, perché il re voleva che fosse compreso da tutti. Tuttavia, le decisioni giuridiche sono tutte costruite nello stesso modo: una frase pone un problema di diritto o di ordine sociale; è seguita da una risposta nel futuro, sotto forma di sanzione per il colpevole con la soluzione di una situazione: Raggruppate in capitoli, le questioni affrontate riguardano le leggi penali e civili. I temi principali sono il diritto di famiglia, la schiavitù e il diritto professionale, commerciale, agricolo e amministrativo. Le misure economiche fissano i prezzi e gli stipendi. Il capitolo più lungo riguarda la famiglia, che ha costituito la base della società babilonese. Si tratta di fidanzamento, matrimonio e divorzio, adulterio e incesto, bambini, adozione e eredità, e i doveri delle infermiere dei bambini. Ogni aspetto di ciascun caso è affrontato, consentendo il maggior numero di osservazioni da fare.
Poiché la giustizia era una prerogativa reale in Mesopotamia, Hammurabi presenta una selezione delle decisioni giuridiche più sagge che ha dovuto prendere o ratificare.
Questa stele era tuttavia, più di uno strumento educativo. Era un codice delle regole e delle prescrizioni stabilite da un'autorità sovrana e quindi un codice di leggi. Non solo contiene un elenco di sentenze giudiziarie, ma anche un catalogo delle città e dei territori annessi al regno di Babilonia. La stele del re babilonese, costituisce un riassunto di uno dei più prestigiosi regni dell'antica Mesopotamia. Creato negli ultimi anni della vita del sovrano, era un testamento politico rivolto ai futuri principi, per i quali offriva un modello di saggezza e di equità. Il codice servì anche come modello letterario per le scuole degli scribi, che dovevano copiarlo. La stele è alta m 2,25 e larga 0,65 cm. La stele di Hammurabi è considerata un'opera d'arte e di letteratura. La stele, è una fonte eccezionale sulla società, religione, economia e storia dell'epoca.
Il testo è scritto nella lingua di Accadia, è suddiviso in tre sezioni:
Introduzione storica relativa al re Hammurabi al suo impero e alle sue imprese. Il testo descrive circa 300 sostanze illegali e decisioni legali che dovevano disciplinare la vita quotidiana dei babilonesi, la vita pubblica semplificata in modo tale da essere comprensibile a tutti. Comunque, ci sono coniate decisioni giuridiche in modo simmetrico, frasi condizionate che indicano un problema legale o sociale seguite da una risposta nel tempo presente a forma di rigore per colpa o per risolvere la questione, "...
Nella stele. ogni aspetto dei casi viene discusso, prendendo la maggior parte delle possibilità in considerazione. 

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sabato 4 novembre 2023

DIO ANOU

 

Il dio An era la personificazione divina del cielo e l'antenato di tutte le divinità dell'antica mitologia sumera. Conosciuto anche come Anu (Anou) in accadico. Egli incarnava la fonte di ogni autorità, sia ad altri dei che a governanti mortali. Il dio celeste mesopotamico An fu una delle divinità supreme che presiedette il consiglio degli dei.
An sarebbe direttamente disceso dalla dea madre Nammu che, lei stessa sorta dal nulla, darà alla luce il cielo e la terra: An e Ki. Originariamente cielo e terra formarono una sola entità che ha dato alla luce Enlil, il dio dei venti. Ma Enlil era geloso di An che era unito a sua madre Terra e li ha separati. Così viene il suo nome come "separatore del cielo e della terra". Da quel momento in poi, An rimase noto come il cielo, il dio più alto della gerarchia. Enlil, suo figlio, sedeva proprio sotto di lui, quasi accanto a lui.
Il terzo dio più importante era Enki. Si dice che fosse figlio di An e Nammu, fratellastro di Enlil.
LE FUNZIONI DELL'ANNO
Il ruolo principale di Anu nel Pantheon Sumero era quello di una figura di antenato. Le divinità più potenti e importanti del pantheon sumero sono apparentemente discendenti dai discendenti di Anu e di sua moglie Ki. Queste divinità erano note come Anunnaki, che significa "progenia di Anu".
An (Anu) appartiene alla più antica generazione di dei mesopotamici ed era in origine la divinità suprema del pantheon babilonese. Pertanto, i suoi ruoli primari sono quelli di una figura autoritaria decisionista e genitoriale. In cielo, assegna funzioni ad altri dei e può aumentare il loro status a volontà. An è descritto in un testo come "colui che contiene l'intero universo".
È identificato al Polo Nord Eclittico incentrato sulla costellazione del Draco e costituisce, insieme ai suoi figli Enlil ed Enki, la più alta triade divina che personifica le tre bande costellazioni della volta celeste, il cielo medio, nord e sud. Il suo nome significava "Uno dall'alto". Anu rappresentava l'oscurità "trascendentale", Enlil il "trascendente" ed Enki l'aspetto "immortale" del divino.
Nel poema sumero Inana ed Ebih, Inana afferma che "An mi ha reso terrificante attraverso il cielo. " Sulla terra, Egli concede reali e le sue decisioni sono considerate immutabili.
Più tardi, An è venuto a condividere o dimettersi, mentre Enlil, poi Marduk, ha fatto il profilo. Ma mantiene il suo carattere essenziale e l'alto status nella storia mesopotamica. Infatti, quando altri dei sono elevati a una posizione predominante di leadership, si dice che ricevano l'Anutu, il "potere di Anu". Ad esempio, in En ūma elish, gli dei fanno fedeltà all'autorità di Marduk dichiarando:
La tua parola è di Anu!
(Tavoletta IV, righe 4-6)
GÉNÉALOGIE DIVINA DE AN
I testi più antichi fanno pochissimo riferimento alle origini di An. Più tardi, è considerato figlio di Anšar e Kišar, come nell'epico En ūma eliš (Tavoletta I, 11-14). Ma si presume che questa fosse una mitologia immaginaria volta a creare una nuova cosmologia per il dio Marduk. Nei testi sumeri del terzo millennio, la dea Uraš è sua moglie. Più tardi, questa posizione fu assunta da Ki, personificazione della terra, e nei testi accadici della dea Antu, il cui nome deriva probabilmente dal suo in forma femminilizzata. An è spesso definito "padre degli dei" e molte divinità sono descritte come suoi figli in un contesto o nell'altro. Le iscrizioni del terzo millennio di Lagaš designano An come il padre di Gatumdug, Baba e Ningirsu. Nei testi letterari successivi, Adad, Enki/Ea, Enlil, Girra, Nanna/Sin, Nergal e Šara appaiono anche come suoi figli, mentre le dee designate come sue figlie includono Inana/Ištar, Nanaya, Nidaba, Ninisinna, Ninkarrak, Ninmug, Ninnibru, Ninsumun, Nungal e Nusku.
An è anche il leader degli Anunnaki e ha creato i demoni Lamaštu, Asag e Sebettu. Nell'epico Erra e Ishum, Anu dà il Sebettu a Erra come arma per massacrare gli umani quando il loro rumore lo irrita (Tavoletta I, 38 e se. ) ).
Quando Enlil si eleverà a pari o supererà An in autorità, le funzioni delle due divinità alla fine si sovrappongono. An è stato talvolta attribuito ad Amurru, Uruk, Enmešara e Dumuzi.
IL CULTO DELL'ANNO NELL'ANTICA MESOPOTAMIA
Anche se Anu è il Dio Supremo, era raramente venerato e, quando iniziarono gli archivi scritti, il culto più importante era dedicato a suo figlio Enlil. Ma templi e santuari in onore del dio An esistevano in varie città della storia mesopotamica. Dal terzo millennio fu venerato, con alcune interruzioni, così come Inana, al Tempio di Eanna (é-an-na) a Uruk, il cui nome significa "Casa del Paradiso", costruito intorno al 1415 a.C. J. - C. , e ai periodi achemenide e seleucide del nuovo tempio di Reš con Antu.
Der era un altro importante centro del suo culto. Indossa il termine, come Uruk, di "Anu City". A Lagaš un tempio ad An fu fondato da Gudea (circa 2144-2124 a.C., mentre Ur-Namma (circa 2112-2095 a.C.) gli costruì un giardino e un santuario a Ur. An aveva anche una "sedia" nel tempio principale di Babilonia, Esagil, e ricevette offerte a Nippur, Sippar e Kish. Ad Assur un doppio tempio per Anu e Adad, é-me-lám-an-na, fu costruito durante il periodo medio assiro (circa 1350-1050 a.C.) e restaurato dai seguenti capi, tra cui Tiglath-Pileser I.
I PERIODI DEL PADRE DEI.
Le prime apparizioni di An come divinità specifica sono difficili da individuare con precisione, a causa delle molteplici letture possibili per AN. Tuttavia, verso la metà del terzo millennio, è definitivamente attestato nell'elenco degli dei di Fara e nel nome del XXI secolo re di Ur, Mesanepada ("Giovane uomo, scelto da An"), che ha anche dedicato una perla "al dio An, suo signore. Nel corso dei secoli successivi, l'attività del culto di An è attestata in Uruk e Nippur, e inizia a comparire nei titoli reali: Lugalzagesi (2375-250 av. J. - C. ) e Sargon I (2334-2279 av. J. - C. ) sono chiamati sacerdoti di An. Sargon di Akkad, il fondatore dell'Impero accadico, proclama anche Anu e Inana come fonti della sua autorità.
Dal secondo millennio in poi, An è regolarmente menzionato nei testi letterari, nelle iscrizioni e nei nomi personali, anche se raramente come figura centrale, poiché sembra essere sempre stato considerato abbastanza lontano dagli affari umani. Dall'antico periodo babilonese (circa 2000-1595 a.C.) J. - C. ), una preghiera sumera indirizzata ad An gli chiede di proteggere i reali di Rim-Sin, re di Ur, e diversi inni reali ad An sopravvissuti (An per Šu-Suen; adab d'An per Lipit-Ištar; adab d'An per Ur-Ninurta).
<I testi mitologici sumeri e accadici descrivono An come il re e il padre degli dei>
L'antica epopea babilonese di Gilgamesh si riferisce alla divisione primordiale dell'universo in cui An ha disegnato i cieli, e noi la vediamo regnare nel poema dell'alluvione di Atrahasis. Dopo l'assassinio di Gilgameš, Inana convince con forza suo padre a restituirle la bolla celeste nel vecchio poema babilonese Gilgameš e la bolla celeste.
L'incidente ha portato alla morte di Enkidu. In un'altra leggenda, Anu convoca l'eroe mortale Adapa davanti a sé per aver rotto l'ala del vento meridionale. Anu ordina ad Adapa di ricevere l'immortalità cibo e acqua, rifiutato da Adapa, dopo essere stato avvertito da Enki che Anu gli offrirà cibo e acqua della morte.
In En ūma Eliš, Anu si gira paurosamente davanti a Tiamat (Tablet II, linee 105-6), aprendo la strada al trionfo e all'ascensione di Marduk su di lui. Tuttavia, nel V secolo a.C., il culto di Anu subì una rinascita a Uruk e testi rituali che descrivono il coinvolgimento della sua statua nel festival locale di akitu sopravvivono al periodo seleucide.
IL MITO DELL'ANNO IN ALTRE MITOLOGIE
Nell'antica religione ittita, Anu è un ex leader degli dei, che è stato rovesciato da suo figlio Kumambi, che ha tagliato via i genitali di suo padre e ha dato alla luce il dio della tempesta, il Teshub. Teshub rovesciò Kumumbi, vendicò la mutilazione di Anu e divenne il nuovo re degli dei. Questa storia fu la base successiva della castrazione di Ourano nella teogonia di Esiodo.
MONOTEISMO
Nella religione cristiana e nell'ebraismo, An potrebbe essere paragonato a Dio che è nei cieli e i discendenti di An, gli Anunnaki, sarebbero i figli di Dio (il benedetto Elohim) scesi sulla terra; cioè gli angeli o i "guardatori" del Libro di Enoch...

giovedì 26 ottobre 2023

Storia. La tavola trigonometrica dei geometri di 3.700 anni fa.

La tavoletta cuneiforme Plimpton 322 è conservata dalla Rare Book and Manuscript Library della Columbia University, a New York. UNSW/ANDREW KELLY

Una tavoletta d'argilla babilonese rinvenuta un secolo fa ha svelato i suoi misteri: è la più antica tavola trigonometrica, usata dai geometri dell'antichità.

 suoi caratteri cuneiformi sono stati una sfida per gli archeologi per oltre cento anni, ma adesso lo scopo di una celebre tavoletta babilonese, nota come Plimpton 322, è finalmente svelata. Il reperto di 3.700 anni fa, venuto alla luce nel sud dell'Iraq all'inizio del 1900, sarebbe la più antica tavola trigonometrica mai ritrovata, un punto di riferimento per i "geometri" dell'antichità, per calcolare gli angoli di templi e palazzi e costruire canali.

PRIMI. Lo studio dell'Università dal New South Wales (Australia), appena pubblicato su Historia Mathematica, rivela un sistema di calcolo molto sofisticato, che anticipa di un migliaio di anni quella che finora era considerata la prima tavola trigonometrica, compilata dall'astronomo greco Ipparco di Nicea (scopritore della precessione degli equinozi) nel II secolo a.C. I babilonesi avrebbero dunque preceduto di circa 1.000 anni i greci nella trigonometria ("strumento" della matematica che tratta le relazioni fra elementi di un triangolo) applicata.



RITROVAMENTO. La Plimpton 322 fu scoperta attorno al 1900 dall'accademico, antiquario e archeologo americano Edgar Banks, colui che ha ispirato il personaggio di Indiana Jones. Presenta 4 colonne e 15 righe di cifre in caratteri cuneiformi e con un sistema di numerazione sessagesimale, cioè in base 60: quello che oggi viene ancora utilizzato per le misure di tempo e degli angoli.


Daniel Mansfield con la tavoletta, delle dimensioni di un odierno block notes. © UNSW/Andrew Kelly

MODERNA. «Il vero mistero era, finora, il suo scopo - spiega Daniel Mansfield, tra gli autori - perché gli antichi scribi si cimentarono nel compito complesso di generare ed elencare quei numeri su una tavoletta? La nostra ricerca rivela che Plimpton 322 descrive le forme dei triangoli rettangoli usando un nuovo tipo di trigonometria, basato sulle proporzioni, e non su angoli e cerchi. Si tratta di un lavoro matematico affascinante e di indiscutibile genialità.»

Una tavola trigonometrica permette di calcolare la misura degli angoli e le lunghezze dei lati di ogni possibile triangolo rettangolo nota una parte di essi. L'astronomo greco Ipparco, tradizionalmente considerato il padre della trigonometria, fu il primo a cimentarsi in questo campo studiando gli angoli sottesi dalle corde di un cerchio. La tavola babilonese illustra un tipo di trigonometria «più semplice e accurata, che può persino aprire nuove possibilità alla moderna ricerca matematica e al suo insegnamento».

Ma lungi dall'essere un "semplice" strumento di insegnamento, lo strumento, che è stato datato tra il 1822 e il 1762 a.C.

, serviva ai geometri dell'epoca per i calcoli che permettevano di costruire palazzi, templi e piramidi a gradoni, e per definire i confini dei campi coltivati.

I primi sospetti sulla funzione della tavoletta risalgono a circa 70 anni fa, quando si scoprì che presentava una serie di terne pitagoriche, cioè tre numeri naturali tali che la somma dei quadrati dei due minori è pari al quadrato del numero maggiore, come per 3-4-5.


https://www.focus.it/cultura/storia/misteri-della-matematica-la-tavola-trigonometrica-dei-geometri-di-3700-anni-fa


A me ricorda tanto la borsa che gli Anunnaki portavano sempre con se a mo' di portatile... chissà che non conservasse proprio questa tavoletta per fare calcoli...

cetta

martedì 15 agosto 2023

La mappa babilonese del mondo fa luce su prospettive antiche. - MRReese

 

Si dice che una tavoletta di argilla danneggiata scoperta alla fine del 1800 a Sippar, in Iraq, sia la mappa più antica del mondo. Fu scoperta sulle rive del fiume Eufrate e pubblicata nel 1899. Ora conservata al British Museum, la tavoletta di argilla danneggiata risale al 600 aC e raffigura una prima interpretazione della disposizione del mondo. A 122 x 82 mm, la piccola mappa ci dà uno sguardo su come i babilonesi vedevano il mondo che li circondava, sia fisicamente che spiritualmente.

La tavoletta contiene una mappa del mondo mesopotamico, con Babilonia al centro. Contiene immagini accuratamente incise e scrittura cuneiforme. Babilonia è circondata da due cerchi concentrici che rappresentano l'oceano, chiamato "acqua amara" o "mare salato". È etichettato con Babilonia, Assiria ed Elam. Otto aree triangolari etichettate come "Regioni" o "Isole" circondano il Mar Salato e sono etichettate con distanze, descrizioni delle regioni e descrizioni di grandi eroi e bestie mitiche che vivevano in ciascuna regione. Le paludi meridionali sono indicate nella parte inferiore della mappa da due linee parallele, e una linea curva vicino alla parte superiore mostra i Monti Zagros. Il fiume Eufrate è mostrato scorrere dalle montagne sopra, attraverso Babilonia, fino alle paludi sottostanti. Al centro della mappa ci sono sette aree etichettate che sembrano rappresentare le città.

Tre delle isole sono etichettate come:

  • “luogo del sol levante”
  • “il sole è nascosto e non si vede nulla”
  • “oltre il volo degli uccelli”

Lo schizzo sottostante mostra uno schema dettagliato della mappa e viene fornita una legenda che mostra le etichette di ciascun elemento.

Schizzo della mappa babilonese del mondo

1. "Montagna" (accadico: šá-du-ú)
2 . "Città" (accadico: uru)
3. Urartu (accadico: ú-ra-áš-tu)
4 . Assiria (accadico: kuraš+šurki)
5. Der (accadico: dēr)
6. Sconosciuto
7. Palude (accadico: ap-pa-ru)
8. Elam (accadico: šuša)
9. Canale (accadico: bit-qu)
10 Bit Yakin (accadico: bῑt-ia-᾿-ki-nu)
11. " Città" (accadico: uru)
12. Habban (accadico: ha-ab-ban)
13. Babilonia (accadico: tin.tirki), divisa dall'Eufrate
14 - 17 . Oceano (acqua salata, accadico: idmar-ra-tum)
18-22Oggetti mitologici

Si ritiene che la mappa avesse lo scopo di trasmettere l'intero contenuto del mondo. È unico nella sua inclusione delle isole al di là dell'oceano. Tutte le altre mappe prodotte nello stesso periodo erano localizzate nell'area in cui erano state create, non includevano la terra oltre l'oceano, perché l'oceano era considerato la fine di tutte le terre.

Il vero significato dietro il contenuto della mappa è stato contestato. Mentre molti dei luoghi sono mostrati nella loro posizione corretta, alcuni hanno affermato che la mappa ha lo scopo di mostrare la visione babilonese del mondo mitologico. Le 18 bestie mitologiche menzionate nella scritta sulla mappa alludono all'epopea babilonese della creazione in cui il nuovo mondo fu creato dopo che gli animali mitologici furono espulsi nell'"Oceano Celeste". Altri dicono che i babilonesi si dedicarono alla cartografia per assistere nella loro esportazione delle eccedenze agricole. Mentre i babilonesi erano ben consapevoli di altri popoli, come i persiani e gli egiziani, i creatori della mappa escludevano specificamente quei popoli dalla mappa. La posizione di Babilonia sulla mappa mostra che i babilonesi credevano di essere il centro del mondo.

Rappresentazione artistica della mappa babilonese del mondo

Rappresentazione artistica della mappa babilonese del mondo. Fonte immagine: cartografia-immagini

La scoperta di manufatti come la mappa babilonese del mondo può rispondere a molte domande sui popoli antichi, sul modo in cui vivevano e sul modo in cui vedevano il mondo, aprendo anche nuove domande. Qual era il loro scopo nel creare questa mappa? Voleva essere un'interpretazione letterale del mondo geologico che li circondava o una rappresentazione del mondo mitologico in cui credevano? Domande come queste potrebbero non trovare mai risposta. 

Immagine di presentazione: La mappa del mondo babilonese. Credito: Il Museo Britannico

Fonti:

Mappa del mondo - Il British Museum

La più antica mappa del mondo esistente: The Basement Geographer

Cartografia – Antica Sapienza

Il raggiungimento della maggiore età nell'evoluzione della cartografia - Pianeta divertente

Il mondo babilonese - Immagini cartografiche

Di Mr Reese

https://www.ancient-origins.net/ancient-places-asia/babylonian-map-world-sheds-light-ancient-perspectives-002135?fbclid=IwAR0adfJOHLyeGF96UQpQ4Rb-efHnkz_35XuSdOlNPCCUHz43T9DbD7zF3WY

giovedì 4 maggio 2023

Arabia Saudita: scoperta rara incisione raffigurante l’ultimo re di Babilonia. - Lucia Petrone

Il reperto risale al VI secolo a.C e contiene il testo in scrittura cuneiforme più lungo mai rinvenuto fino ad oggi.

Il petroglifo, una pietra di basalto raffigurante Nabonide è stato scoperto nelle Penisola Araba. L’iscrizione è stata trovata ad Al Hait, nella regione di Hail, nel nord dell’Arabia Saudita. Conosciuto come Fadak nei tempi antichi, Al Hait detiene numerosi siti antichi, tra cui i resti di fortezze, arte rupestre e impianti idrici, ha affermato la commissione. “[Essa] ha un grande significato storico dal primo millennio [aC] fino all’inizio dell’era islamica”. Resta da vedere quali nuove informazioni fornirà questa iscrizione sul re Nabonedo (regno 555–539 aC).

L’ impero babilonese si estendeva dal Golfo Persico al Mar Mediterraneo, e all’inizio del regno di Nabonedo conquistò parte dell’attuale Arabia Saudita e alla fine scelse di vivere a Tayma, una città nell’attuale Arabia Saudita, fino al 543 circa a.C. Il motivo per cui Nabonedo scelse di vivere in quella che oggi è l’Arabia Saudita per un lungo periodo di tempo è oggetto di dibattito tra gli storici, con alcuni esperti che affermano che i conflitti tra Nabonedo e i sacerdoti e funzionari di Babilonia sono una probabile ragione. Alla fine del regno di Nabonedo, l’impero babilonese fu attaccato dall’impero persiano, guidato dal re Ciro il Grande; La stessa Babilonia fu conquistata dai persiani nel 539 a.C. e l’impero babilonese crollò. Il destino di Nabonidus dopo il crollo non è chiaro.

https://www.scienzenotizie.it/2023/05/02/arabia-saudita-scoperta-rara-incisione-raffigurante-lultimo-re-di-babilonia-1847547?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook

venerdì 17 giugno 2022

Nibiru, mistero vicino ad una svolta. - Roberto Mattei

 Potrebbe essere un pianeta o una stella nana bruna o rossa. I suoi abitanti? Creatori della razza umana.

Nibiru, il corpo celeste che i Sumeri associavano al dio Marduk, la divinità protettrice dell’antica città di Babilonia, potrebbe non essere un racconto simbolico o mitologico. Ad affermarlo, questa volta, non sono i paranoici sostenitori delle teorie apocalittiche legate al calendario Maya o i soliti studiosi revisionisti alla ricerca di popolarità e da sempre contestati dalla comunità scientifica, ma due autorevoli astrofisici americani.

Stiamo parlando di John Matese Daniel Whitmire, emeriti professori di fisica presso la University of Louisiana a Lafayette,  che, nel novembre 2010, hanno pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Icarus, concernente la possibile esistenza di un enorme corpo celeste in prossimità della nube di Oort, un ipotetico alone sferico che si estende fino ai confini dell’influenza gravitazionale del Sole, tra le 20 mila e 100 mila unità astronomiche (da 0,32 a 1,58 anni luce), costituito da milioni di nuclei di comete e per questo paragonabile a un grosso “serbatoio”.

Cosa ci sia di preciso in quella zona ai margini del nostro sistema solare ancora non lo sappiamo con certezza, ma  l’ipotesi è che laggiù ci sia qualcosa di mastodontico, un pianeta o una stella nana, bruna o rossa, con una massa  pari a circa quattro volte quella di Giove, che interferirebbe nelle orbite delle comete avvicinandole alla nostra stella. L’idea che il nostro sistema solare sia di tipo binario, cioè composto da due diverse stelle che ruotano una intorno all’altra, non è una cosa nuova. Già nel 1984, David M. Raup e John J. Sepkoski Jr, paleontologi della University of Chicago, presentarono sulla rivista Nature il risultato di una loro indagine statistica, che rivelava una periodicità costante nelle estinzioni di massa avvenute durante gli ultimi 250 milioni di anni. La causa di questi eventi, che scientificamente assumono la denominazione di transazioni biotiche, sarebbe da imputare a un corpo celeste sconosciuto che ogni 26 milioni di anni attraverserebbe la nube di Oort, disturbando col suo campo gravitazionale l’orbita delle comete ivi presenti, alcune delle quali finirebbero per colpire la Terra.

Le conseguenze di tale impatto porterebbero ogni volta al sovvertimento dell’intero ecosistema terrestre, con la conseguente scomparsa di un grande numero di specie viventi e la sopravvivenza di altre che diventerebbero dominanti; la scomparsa dei dinosauri, che recenti studi hanno dimostrato essere tra gli animali più intelligenti della preistoria, e il prosieguo dell’esistenza umana, potrebbero essere un valido sostegno a questa teoria. La prova del nove di tutta questa storia, tanto affascinante quanto incredibile, risiederebbe nella datazione di alcuni crateri meteoritici lunari e terrestri (solo sul nostro pianeta se ne contano oltre 190), il cui impatto si sarebbe verificato in coincidenza con le estinzioni di massa. Di opinione completamente diversa è lo scienziato Coryn Bailer-Jones del Max Planck Institute for Astronomy,  che, dopo aver notato alcuni errori commessi dai suoi predecessori nella fase di acquisizione dati, avrebbe esaminato nuovamente la cronologia dei crateri ed elaborato le informazioni raccolte con l’ausilio delle più moderne tecniche statistiche. Il risultato di tale studio evidenzierebbe che non esiste una frequenza costante degli eventi calamitosi ma solo un  lieve incremento degli impatti di asteroidi e comete negli ultimi 250 milioni di anni, un fenomeno ancora tutto da spiegare, almeno per noi uomini dell’era spaziale.

Si perché per i nostri antenati vissuti all’alba dei tempi, quando il cielo si scrutava ancora ad occhi nudi, questi fatti non sembravano affatto rappresentare un mistero. Sulle pagine di 2duerighe ci siamo già occupati in passato di fatti curiosi come questo. Storie affascinanti e misteriose, spesso ai limiti della credibilità, capaci di mettere in crisi la visione delle cose che la scienza ritiene di avere ormai acquisite e che comunque non possono non essere considerate come portatrici di almeno un po di verità. E’ proprio alla luce di queste considerazioni che abbiamo deciso di indagare su Nibiru partendo dalle origini, da quel giorno in cui nella più grande biblioteca dell’antichità, quella del re Assurbanipal, a Ninive (odierna Kuyunjik in Kurdistan, nelle vicinanze di Mossul), vennero alla luce circa 25000 tavolette d’argilla scritte in caratteri cuneiformi, alcune delle quali lasciarono attoniti gli addetti ai lavori, facendo sorgere seri dubbi sulla reale storia dell’uomo. In alcuni documenti, vecchi di circa seimila anni, viene descritta la nascita del nostro sistema solare; altri manufatti, datati intorno al 2000 a.C., descrivono in maniera completa e minuziosa i pianeti della via Lattea indicandone dimensioni e caratteristiche, peculiarità, queste, acquisite dall’astronomia solo in epoche decisamente più vicine a noi. E’ il caso dell’incisione sumera conservata presso il Vorderasiatische Museum di Berlino, catalogata con la sigla VA/243, che raffigurerebbe in scala tutti i principali corpi celesti del nostro sistema solare.

Ciò che intriga anche gli scettici più incalliti è proprio l’elevato grado di sviluppo tecnologico raggiunto da questa civiltà, che già 4000 anni prima di Cristo utilizzava un sistema di stampa a caratteri mobili. Leggi, precetti e documenti di cui era necessario dimostrarne l’autenticità, venivano realizzati con dei cilindretti in pietra su ciascuno dei quali era inciso in rilievo un pittogramma. Questi “caratteri tipografici” venivano infine impressi sull’argilla bagnata e servivano per scrivere, comunicare, tramandare ai posteri usi, consuetudini e notizie di fatti accaduti. Se consideriamo che l’invenzione della stampa viene attribuita al tedesco Johann Gutenberg intorno alla metà del 1400 e che i primi rudimenti di questa tecnica risalgono intorno all’anno mille per opera dei cinesi, c’è da chiedersi come facciano ancora certi storici a giudicare nella norma simili conoscenze. Considerando il grado di sviluppo intellettuale e tecnologico posseduto da questa civiltà, pur assumendo per semplicità di calcolo che ci sia stato nel tempo un progresso lento ma costante della ricerca scientifica, oggi dovremmo essere qui non a pianificare un viaggio su Marte ma a preparare la colonizzazione di altri pianeti al di fuori del nostro sistema solare! I Sumeri, per chi ancora non lo sapesse, avevano delle conoscenze matematiche sbalorditive, basate non sul sistema decimale, quello che noi uomini dell’era spaziale utilizziamo nella vita di tutti i giorni, ma su quello sessagesimale, oggi impiegato per le misure temporali, astronomiche, angolari e geografiche (coordinate).

Le cognizioni di matematica complessa permettevano loro di costruire edifici di ogni genere. Non capanne fatte di erba secca e fango, ma costruzioni di alto livello ingegneristico realizzate con mattoni cotti al forno, quei laterizi che essi stessi producevano e poi essiccavano in sofisticatissime fornaci alimentate a petrolio. Petrolio? Si, avete capito bene signori miei, “l’oro nero”, il combustibile per eccellenza delle nostre automobili, che i sumeri estraevano  dai giacimenti petroliferi di cui la loro terra era ricca. Insomma, penso abbiate capito da soli che ci troviamo realmente di fronte ad un popolo che presenta un bagaglio culturale notevole, senza eguali nella storia dell’umanità. Dopo una lunga parentesi riprendiamo il filo del discorso dal punto in cui l’avevamo lasciato e cioè dal sigillo cilindrico VA/243, conservato presso il museo di Stato di Berlino. Osservando il bassorilievo si notano delle forme tondeggianti in rilievo concentrate tutt’intorno ad una stella. Questa rappresentazione ha scatenato per anni un putiferio tra le spiegazioni dell’archeologia tradizionale, che le vuole delle stelle e precisamente la costellazione delle Pleiadi, una delle formazioni astronomiche più rappresentate dall’arte sumera, e le teorie dello scrittore e archeologo Zecharia Sitchin, secondo il quale quei “pallini” sarebbero in realtà i pianeti del nostro sistema solare.

Nonostante il letterato abbia dedicato tutta la sua vita allo studio delle lingue semitiche e sia un esperto di civiltà Sumera, tanto da essere considerato uno dei pochi studiosi al mondo capace di decifrare le iscrizioni scritte in caratteri cuneiformi che ricoprono i bassorilievi e le tavolette d’argilla ritrovate in tutto il Medio Oriente, le sue affermazioni vengono giudicate inattendibili dal mondo scientifico per l’assenza di prove a sostegno. Sitchin sostiene che circa 4,5 miliardi di anni fa, quando il nostro sistema solare era ancora in fase di formazione, un corpo celeste vagante nello spazio venne catturato dal campo gravitazionale di Nettuno che ne deviò la traiettoria verso l’interno. Giunto in prossimità di Giove, la forza di attrazione del “colosso gassoso” lo fece sobbalzare su un’orbita ancora più interna e uno dei sette satelliti naturali dell’oggetto venne a trovarsi sullo stesso percorso di Tiamat, un pianeta che allora esisteva tra Marte e Giove. L’impatto tra i due corpi celesti fu inevitabile. Nello scontro, una parte dei frammenti di Tiamat vennero catapultati nello spazio dando origine alle comete, altri andarono a formare la cintura di asteroidi oggi presente tra Marte e Giove. Ciò che rimase dell’astro originò il sistema Terra-Luna. Da allora, l’oggetto celeste portatore di morte e distruzione ripercorrerebbe l’antico tragitto ogni 3500 anni, seguendo un’orbita ellittica molto ampia. Il suo nome è Nibiru, che in lingua accadica significa “punto di attraversamento”. Anche se come abbiamo detto all’inizio questa teoria di Sitchin è fortemente contrastata da storici e ricercatori, che la ritengono il frutto di una sua personale interpretazione, le ultime scoperte scientifiche sulla formazione della Luna avvalorerebbero il suo pensiero. La datazione isotopica dei campioni di roccia lunare portati a Terra dagli astronauti, evidenzierebbe che il nostro satellite risale a circa 4,5 miliardi di anni fa, lo stesso periodo in cui si suppone sia nata la Terra. Inoltre, analizzando la composizione della Luna è emerso che questa è pressoché identica a quella del mantello terrestre privato degli elementi più leggeri, evaporati per la mancanza di un’atmosfera e della forza gravitazionale necessarie a trattenerli.

E non finisce qui! Infatti Nibiru potrebbe essere quella compagna del Sole, tanto decantata da Matese e Whitmire, nota con il nome di Nemesis. Se così fosse, però, il periodo orbitale dell’astro sarebbe di circa 26 milioni di anni e non di 3500 come supposto da Sitchin! Di conseguenza, potremmo finalmente ammettere di aver sfatato un po di bufale che da tempo circolano in rete sulla fine del mondo attesa per il 21 dicembre 2012, visto che l’incontro-scontro con Nibiru-Nemesis sarebbe rimandato di qualche milione di anni. Nel frattempo gli scienziati della NASA, grazie al telescopio spaziale infrarosso Wide-Field Infrared Survey Explorer (WISE), scandagliano il cielo alla ricerca di nuovi corpi celesti e chissà se prima o poi, dopo la scoperta di WISE 1828+2650, la stella nana bruna più piccola e fredda mai osservata prima, possano finalmente annunciare al mondo che il “pianeta dell’attraversamento”esiste realmente. Ma c’è un ultimo aspetto che vorrei toccare a proposito del caso Nibiru, e riguarda i suoi abitanti menzionati in molti testi epici e religiosi della Mesopotamia. Dopo aver tradotto l’Enuma Elish, il poema mesopotamico sul mito della creazione, Zecharia Sitchin si sarebbe reso conto che quelli  che venivano rappresentati come degli dei dall’archeologia ufficiale, erano in realtà dei pianeti o esseri viventi di altri mondi: i sumeri li chiamavano Anunnaki. Erano gli abitanti di Nibiru, una razza tecnologicamente avanzata molto simile a quella umana ma di statura più alta, arrivati sulla Terra circa 450 mila anni fa, con l’intento di instaurare un cantiere per l’estrazione dell’oro indispensabile per la sopravvivenza del loro pianeta. Nell’Africa meridionale e centro-orientale trovarono le zone ideali per scavare le proprie miniere. Il minerale una volta trasformato in polveri sottili e rilasciato nell’aria avrebbe riparato i danni arrecati all’atmosfera: dall’eccessivo calore del Sole, nel punto in cui la distanza tra i due corpi celesti diventa minima e dall’aumento di velocità che Nibiru subiva nella parte più stretta della sua traiettoria ellittica.

Durante la loro permanenza terrestre gli alieni, attraverso un’operazione di ingegneria genetica avrebbero dato vita all’Homo Sapiens, incrociando la loro razza con gli abitanti primitivi (ominidi) della Terra. Il nuovo essere doveva servire per coadiuvare gli Anunnaki, essenzialmente come forza lavoro, nelle operazioni di prelievo dei metalli dalle miniere. Mentre la scienza si chiede quale film di fantascienza abbia visto Sitchin per arrivare a fare simili affermazioni, qualcosa di veramente sconcertante noi di 2duerighe abbiamo appreso dalle Sacre Scritture e precisamente dal capitolo 6, versetti 1-8 del libro della Genesi: «1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. 3 Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». 4 C’erano sulla terra i Giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi. 5 Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. 6 E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. 7 Il Signore disse: «Sterminerò dalla terra l’uomo che ho creato: con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d’averli fatti». 8 Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore.» E’ possibile che i figli di Dio fossero gli Anunnaki, angeli caduti dal cielo, asessuati, in grado di assumere sembianze umane e replicare la sessualità dell’uomo a fini riproduttivi? Se così fosse, chi erano invece i giganti?

Di loro troviamo traccia non solo nella mitologia mesopotamica ma anche in quella romana e greca, dove venivano descritti come creature prodigiose e abili conoscitori dell’arte della lavorazione del ferro. Come si può dimenticare il celebre combattimento biblico tra Davide e Golia o lo scontro tra Ulisse e Polifemo nel poema omerico dell’Odissea? La risposta a tutte le nostre domande è contenuta nel misterioso Libro di Enoch, un testo apocrifo di origine giudaica e dai contenuti sconcertanti risalente al I secolo a.C., rinvenuto   nel 1773 dall’archeologo scozzese James Bruce, in una grotta del sito archeologico di Qumran (ebraico: קומראן, arabo: خربة قمران – Khirbet Qumran), sulla riva nord-occidentale del Mar Morto. In tutti i 108 capitoli che compongono l’opera vengono affrontati temi incredibili, da lasciare a bocca aperta anche gli scienziati più integerrimi. Infatti, oltre a tipiche descrizioni narrative e parabole, l’autore parla di visioni apocalittiche e metafisiche, viaggi in cielo, concetti di astronomia e astrologia. Tutto ebbe inizio quando un gruppo di “angeli ribelli” capeggiato da Samyaza, un angelo di rango elevato, decise di scendere sulla Terra sotto sembianze umane per studiare da vicino gli altri figli di Dio (gli esseri umani) e insegnare loro ad amare. Ma durante la loro permanenza gli angeli vollero strafare e spiegarono: agli uomini lo studio delle costellazioni, dei pianeti e la costruzioni delle armi; alle donne l’arte della seduzione e della bellezza. Alla fine furono proprio loro ad adulare le femmine umane accoppiandosi con esse  e dando origine a delle creature ibride: i giganti o Nephilim. Per aver dato ai loro “fratelli umani” conoscenze nuove e proibite gli angeli caduti furono puniti da Dio. E’ chiaro a questo punto che i famigerati Anunnaki non erano giganti bensì angeli.

Nel suo libro dei segreti, Enoch li descrive come uomini grandissimi come mai ne aveva visti prima: il viso lucente come il sole, gli occhi ardenti come lampade, le  braccia simili a delle ali d’oro. Impaurito dalla loro imponenza l’uomo restò impietrito, immobile, con lo sguardo pieno di paura. E’ facile immaginare come questi esseri non fossero in realtà delle divinità ma degli alieni in carne ed ossa con tanto di tute spaziali; gli antichi vedendoli scendere dal cielo li scambiarono per degli dei e da qui presero forma i miti, le leggende e i testi sacri di tutto il mondo.  Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Roberto Mattei

25 febbraio 2012

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