Visualizzazione post con etichetta Canarie. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Canarie. Mostra tutti i post

lunedì 19 febbraio 2024

Il popolo dei Guanci: gli ultimi atlantidei. - Deslok

 

Le Isole Canarie furono abitate dai Guanci dalle abitudini così strane da porre ben più di un interrogativo agli studiosi. Furono i veri sopravvissuti all’inabissamento di Atlantide?

Quando gli Spagnoli nel XIII secolo approdarono sulle Isole Canarie ed entrarono in contatto con i suoi abitanti, i Guanci, questi ultimi rimasero scioccati: essi erano infatti convinti di essere gli unici sopravvissuti ad un’antica catastrofe che serbavano indelebilmente nella loro memoria mitica. Dissero agli Spagnoli che le isole che formavano l’arcipelago, in realtà, erano i resti delle cime delle montagne facenti parte di un’antica terra sommersa dalle acque dopo un violento cataclisma. Alcuni cronisti riportano anche che essi sostenevano di provenire originariamente da una grande isola scomparsa nell’oceano. Si narra inoltre che gli Arabi, quando nel 1016 scoprirono l’arcipelago, le chiamarono Khaledat (l’isola che non scompare).

Dei Guanci si sa poco e nulla. A parte alcune incisioni simboliche e indecifrabili all’interno delle caverne, essi non hanno lasciato pressoché alcuna testimonianza scritta della loro storia. Le uniche informazioni disponibili sono state raccolte da cronisti, storici ed esploratori spagnoli in seguito alla conquista avvenuta a partire dal XIII secolo. I Guanci passarono alla storia come il primo popolo ad essere vittima del colonialismo di matrice ispano-cattolica. Fisicamente, si presentavano generalmente alti di statura—i maschi adulti avevano un’altezza media di circa 1,80 m—di corporatura robusta e possente. Avevano la pelle bianca e, i più, capelli biondi o rossi e occhi azzurri o grigi. Gli uomini portavano inoltre lunghe e folte barbe.

Un popolo dai grandi misteri.

Gli spagnoli, al momento del loro arrivo tra i Guanci, vi trovarono una cultura più unica che rara. Essi vivevano perlopiù in grotte naturali o artificiali, che decoravano con figure astratte e geometriche, simboli misteriosi formati da spirali e triangoli, similmente ai Cro-Magnon europeidi dell’Era Glaciale. Scavavano nel tufo le proprie architetture, creando colonnati quadrati scolpiti nelle pareti di roccia. Erano pressoché rimasti all’età della pietra: non conoscevano la lavorazione dei metalli ed usavano utensili di pietra, osso, legno, conchiglie e terracotta.

L’aspetto sconcertante riguardava però la cultura di queste genti, assurdamente complessa ed evoluta soprattutto dal punto di vista sociale. È noto, infatti, che normalmente le società cosiddette ‘primitive’ non hanno classi né gerarchie; i Guanci, al contrario, avevano re, principi, nobili, dinastie, una classe sacerdotale ben organizzata e una casta di guerrieri, come se fosse una società urbana. La trasmissione ereditaria della regalità avveniva per via matrilineare, cioè sebbene l’autorità fosse detenuta dal re, egli ereditava la sua dignità dalla madre.

Possedevano inoltre una scrittura alfabetica, stranamente somigliante all’alfabeto libico parlato nella regioni del Sahara dai Tuareg/Berberi di etnia caucasica. Gli Spagnoli constatarono, inoltre, che le donne godevano degli stessi diritti degli uomini e supposero che, forse, in passato la società guanche fosse fondata su una struttura matriarcale, simile a quella della Creta arcaica o della Sicilia delle Dee Madri. Per esempio, una regola consuetudinaria proibiva ad un uomo di rivolgere la parola per primo ad una donna, obbligandolo ad aspettare pazientemente che fosse quest’ultima a farsi avanti.

Per quanto riguarda la componente maschile della società guanche, ancora oggi vengono ricordati i nomi degli antichi re ed eroi che governarono prima dell’arrivo degli Spagnoli e che si opposero fieramente per oltre un secolo alla loro conquista: Tinerfe, da cui il nome dell’isola di Tenerife, Pelinor, Bencomo, Achaimo, Doramas. Sul pontile del porto di Tenerife si possono ammirare le statue dei re guanche, chiamati Menceyes. Curiosamente, al momento dell’arrivo degli Spagnoli, il territorio guanche era suddiviso in 10 distretti, ognuno governato da un Mencey. Il parallelismo con il governo di Atlantide per come ce lo racconta Platone è evidente.

atlantide guanci canarie

I Guanci depositari della cultura di Atlantide.

A Guimar, sulla costa orientale di Tenerife, a metà degli anni ’80 nel corso di uno scavo vennero alla luce alcune costruzioni piramidali, ciascuna costituita da cinque gradoni di pietra lavica di forma rettangolare, che assomigliano stranamente a quelle edificate in Messico dai Maya e dagli Aztechi e in Medio Oriente dai Babilonesi. Le piramidi originariamente erano nove, ma ne sono rimaste soltanto sei. Vennero scoperte, studiate e rese note al mondo dal lavoro del celebre ricercatore e navigatore Thor Heyerdahl, il quale mise in evidenza che le piramidi avevano un preciso orientamento astronomico.

Tutte le piramidi, infatti, presentano sul lato occidentale una scalinata, salendo la quale è possibile seguire il percorso del Sole nascente nel giorno del solstizio d’inverno. Nel giorno del solstizio d’estate si può assistere, invece, a un doppio tramonto dalla sommità della piramide più elevata: il Sole scende dapprima dietro la vetta di un’alta montagna, la oltrepassa, appare di nuovo per poi tramontare dietro la montagna accanto alla prima. La presenza di piramidi, tuttavia, viene segnalata già nel 1632 dal frate francescano Juan de Abreu, che ne descrive alcune anche sull’isola di La Palma. Il cronista riferisce inoltre che tali costruzioni erano state costruite a imitazione di “una sorta di piramide naturale” costituita da un solo blocco di roccia, che veniva chiamata dai Guanci ‘Idafe‘, nome di una misteriosa divinità alla quale era consacrata.

Le divinità Guanci.

Credevano innanzitutto in un Dio Creatore, superiore a tutti gli altri, chiamato in vari modi: Acoran a Gran Canaria, Achaman a Tenerife, Eraoranhan a El Hierro, Abora a La Palma, Orahan a La Gomera. Alcuni studiosi lo ritengono identificabile con l’egizio Amun. Adoravano anche Magec, il Dio del Sole.

Credevano, inoltre, che l’anima immortale di tutti gli uomini provenisse dalla Luce del Sole e fosse della medesima sostanza: conseguentemente a tale credenza, pensavano che tutti gli uomini fossero i figli divini e immortali di Magec e che, dopo la morte, sarebbero tornati nel suo Regno di Luce. Culti solari del genere si svilupparono poco prima dell’inizio della nostra era in tutta l’area mediterranea, e tali credenze erano anche vive nelle antiche civiltà precolombiane, in Messico come in Perù, nonché presso molteplici popolazioni native dell’America Settentrionale.

Tributavano culto, inoltre, a una Grande Dea Madre che chiamavano Chaxiraxi, denominata la ‘Madre del Sole’ e ‘Colei che governa il mondo’. Quando, all’inizio del XV secolo, ripescarono dal mare una statua lignea della Madonna cristiana, probabilmente frutto di un naufragio occorso a un veliero spagnolo, la identificarono immediatamente con Chaxiraxi e la adorarono in una sorta di culto sincretistico come ‘Madre della Luce del Mondo’.

Un’altra corrispondenza sconcertante con le civiltà italo-elleniche e precolombiane si ritrova nell’istituzione, presso i Guanci, di un collegio sacerdotale di monache, che vivevano in un monastero dove nessun uomo poteva avvicinarsi. Questa sorta di Vestali proto-storiche erano considerate le ‘Spose del Sole’ e il loro compito era quello di tenere sempre acceso il fuoco sacro, simboleggiante la luce e la vita eterna portata dal Dio del Sole. La somiglianza con il culto latino di Vesta (e quello ellenico di Estia), nonché con le tradizioni di numerose popolazioni amerindie (tra cui i Natchez del Mississippi meridionale) è ineccepibile.

atlantide guanci canarie

Le origini del popolo Guanci.

L’origine dei Guanci rimase a lungo un mistero. I ricercatori pensano che i primi coloni siano giunti nelle Canarie intorno al 3000 a.C., provenienti dall’Africa. Ciò sembrava essere in linea con il fatto che il loro alfabeto fonetico ricordava quello delle popolazioni berbere; per questo, alcuni studiosi ipotizzarono che i Guanci fossero gli ultimi superstiti di primitive popolazioni dell’Africa Settentrionale, forse di etnia fenicia o cartaginese) che anticamente si erano spinte sull’isola e ivi avevano posto i loro insediamenti.

Tuttavia, il fatto che i Guanci non praticassero assolutamente la navigazione al punto di non saper nemmeno costruire una zattera e di non essere mai entrati in contatto con le popolazioni che abitavano le isole limitrofe sembra contrastare fortemente con questa ipotesi, così come anche le caratteristiche etniche europeidi di questo popolo misterioso sembra mettere definitivamente una pietra sopra l’argomento.

Studiosi di lingua germanica videro nei Guanci i discendenti dei Vandali che anticamente invasero il Nord Africa ai tempi della caduta dell’Impero Romano. Questa ipotesi avrebbe spiegato il loro aspetto, non invece la loro lingua (nella quale non si ritrova traccia di alcuna influenza germanica) né la loro completa ignoranza della navigazione. La loro lingua, infatti, somigliava più all’antico idioma berbero parlato ancora oggi in alcune regioni dell’Atlante e dell’Algeria, nelle quali ci si può imbattere talvolta in nomadi berberi dalla pelle chiara e dagli occhi azzurri.

L’analisi forense diede la soluzione all’enigma, mediante lo studio della forma dei crani e l’analisi del DNA delle mummie ritrovate nelle catacombe all’interno delle grotte dell’isola. Con sconcerto, si scoprì che i Guanci appartenevano all’antichissima specie dei Cro-Magnon che comparve improvvisamente in Europa circa 35.000 anni fa, e che popolò l’Europa fino alla fine dell’ultima l’Era Glaciale. Gli antropologi riconobbero corrispondenze genetiche con i Baschi, i Longobardi, i Togar siberiani e—incredibilmente—con gli Indiani Dakota del Nordamerica, più noti con il nome di Sioux. In seguito a queste ricerche si determinò che, ai fini della ricostruzione dell’aspetto fisico guanche, ci si sarebbe dovuti immaginare:

« un rappresentante delle tribù di Pellerossa del Nord America, con il grosso naso aquilino e il volto quadrato, dai tratti arcaici, ma con una pigmentazione nordica. »

Si scoprì che queste popolazioni discesero dalla Francia e dalla Spagna verso lo stretto di Gibilterra e popolarono la zona del Sahara, che al tempo dell’Era Glaciale non era un deserto, ma un immenso altopiano paludoso denominato dagli antichi autori greci e latini ‘Lago Tritonide‘. Il Mare Mediterraneo, al tempo, era molto meno profondo di adesso e l’arcipelago delle Canarie formava un isolotto piuttosto grande, diviso dall’Egitto dalle fanghiglie impenetrabili del Lago Tritonide, alle cui estremità oceaniche sorgeva il monte Atlante. L’altopiano paludoso che esisteva al tempo nel Sahara occidentale nell’età greco-romana era chiamato ‘lago Tritonide’ o ‘palude Tritonide’ (Tritonias limne in greco; Tritonis lacus o T. palus in latino). Si tratta dell’attuale Schott el-Jarid, una depressione salata che si trova nella Tunisia centrale, nei pressi della città di Gafsa, oggi notevolmente ridimensionata rispetto ad un tempo e, diversamente da allora, molto più arida. È da notare il fatto che nell’area in cui risiedono gli attuali berberi, ai piedi della catena dell’Atlante, le prospezioni geologiche dicono che in passato doveva trovarsi un mare interno, ogni prosciugato, probabilmente da identificarsi con il Lago Tritonide degli autori classici, nominato da Apollonio Rodio come il luogo del naufragio degli Argonauti.

Alcuni hanno ravvisato questo legame anche nel nome con cui i Berberi del Marocco e dell’Algeria si riferiscono a sé stessi: Amazigh, estremamente simile ad ‘Amazzoni’. Vi sono poi alcune tribù berbere della Tunisia indicate col nome di ‘Figli della Sorgente’ e ‘sorgente’, nella loro lingua, si dice Attala; secondo i linguisti il fonema ATL- è da ricondurre all’acqua, non solo nella lingua dei berberi sahariani, ma persino in quella degli Aztechi, i quali denominano il luogo donde anticamente si mossero i loro antenati Aztlan.

Gli antichi Egizi sostenevano che a Ovest dell’Egitto vivessero i Libu (da qui il nome odierno della regione, la Libia), loro acerrimi nemici, dai capelli biondi o rossi e dagli occhi azzurri, che portavano in testa diademi di piume (allo stesso modo dei Nativi Americani, ci viene spontaneo notare). Negli annali egizi, tali popolazioni sono conosciute anche con la denominazione generica di «Popoli del Mare», dei quali si pensa facessero parte anche gli Shardana, antichi abitatori della Sardegna, ai quali l’isola deve l’attuale nome. Effettivamente, una parentela di sangue tra Guanci e Shardana è probabilissima, ma tutti questi riferimenti al mare e alla navigazione continuano a contrastare con l’ignoranza assoluta a riguardo da parte dei superstiti Guanci al momento della conquista spagnola.

Plinio il Vecchio riferisce che, secondo Giubia, re di Mauritania, i Cartaginesi avrebbero visitato l’arcipelago intorno al 50 a.C., sotto la direzione dell’esploratore Annone, e lo avrebbero trovato deserto. L’avrebbero però trovato disseminato di rovine ciclopiche di una civiltà scomparsa. Riguardo alla testimonianza cartaginese che riferisce l’assenza completa di popolazioni sul territorio, alcuni sostengono che essi non procedettero ad un’esplorazione dettagliata dell’arcipelago, ma si fermarono solo su poche isole.

atlantide guanci canarie

D’altro canto, un altro autore antico riferisce che i Greci, durante le loro esplorazioni, le trovarono popolate di una razza di ‘rossi satiri‘, con tutta probabilità un epiteto usato per indicare genti villose dai capelli rossi. Questa descrizione degli abitanti è perfettamente in linea con le caratteristiche fisiche e somatiche degli ultimi residenti delle Canarie, i Guanci incontrati dagli Spagnoli all’inizio del XIII secolo.

Il vero enigma risultano però essere i resti ciclopici di questi antichissimi agglomerati urbani. Dal momento che i Guanci, al momento della conquista spagnola, non sapevano edificare abitazioni con la pietra, si ritenne che gli attuali abitatori non erano stati i primi abitatori dell’isola. Tuttavia è anche lecito supporre che le antiche popolazioni si trovarono improvvisamente isolate dal resto del territorio in seguito a un maremoto che fece inabissare l’isola, eccezion fatta per le cime montuose più elevate, sulle quali sopravvissero appunto gruppi sporadici e degenerati degli antichi popoli atlantici. Il trauma atavico del cataclisma avrebbe fatto il resto, tenendoli per millenni lontani dall’oceano e dalla navigazione.

Alcuni studiosi fanno risalire il maremoto a 9.000 anni prima di Platone (metà del I millennio a.C), richiamandosi al racconto sull’inabissamento di Atlantide, raccontato da un sacerdote egizio di Sais a Solone circa nel 600 a.C. e riportato nel Timeo. Dal racconto si rileva che «l’Atlantide era un’isola immensa, situata nell’Oceano di faccia alle colonne d’Ercole e gli Atlantidi sarebbero stati una razza di semidèi che, degenerando dalla loro origine celeste, si corruppe frammischiandosi alle figlie dei mortali, sicché Giove li punì distruggendone la razza e il paese» (De Sanctis/Mangelli, Primitivi, religione magia e poteri occulti, 1935, p.339).

Ma la tesi che fa risalire l’inabissamento di Atlantide a 9.500 anni prima della nostra era sembra essere maggiormente in linea con la tradizione. Proclo, ad esempio, ci dice che Atlantide era formata da sette isole fra le quali sembra ci fossero anche le attuali Canarie (o meglio, la terra emersa che un tempo comprendeva tutto l’arcipelago) e che la più grande di esse, chiamata Poseidonis dal nome del sovrano del regno, esisteva ancora undicimila anni prima dell’era nostra. La tradizione indiana calcola che la sommersione sia avvenuta undicimila anni prima della nostra era ed è dunque in perfetto accordo con la tradizione greca.

Secondo molte tradizioni antiche, l’isola parzialmente sommersa undicimila anni fa (le attuali Canarie) non era che una parte dell’Atlantide originaria, mentre il continente stesso, molto più vasto, si sarebbe inabissato in epoche molto anteriori. L’eruzione di Thera (l’odierna isola di Santorini), molto più recente, avrebbe inabissato definitivamente gli ultimi territori abitati dai discendenti degli Atlantidi, tra cui gli appartenenti alla civiltà minoico-cretese.

In questo quadro, i Guanci sarebbero della stessa linea etnica originaria (quella dei Cro-Magnon proto-indoeuropei, poi suddivisasi in ‘Popoli del Mare’ o Atlantidi, Minoici, Amazzoni e più di recente berberi e tuareg) ma sarebbero rimasti isolati dalle altre popolazioni in seguito al cataclisma datato 9.500 prima della nostra era. Gli unici che si salvarono dall’inabissamento del territorio originario delle Canarie furono i pochi gruppi isolati sulle vette delle montagne. Forse proprio per questa ragione i Guanci rimasero sempre all’età della pietra e non conobbero mai la navigazione.

https://www.hackthematrix.it/il-popolo-dei-guanci-gli-ultimi-atlantidei/?feed_id=170636&_unique_id=65d27dfb398ca

lunedì 27 settembre 2021

Continua l'eruzione alle Canarie, sepolte altre case.

 

Continua l'eruzione vulcanica iniziata il 19 settembre sull'isola di La Palma (Canarie): nelle ultime ore, autorità ed esperti di vulcanologia hanno osservato che il flusso di lava espulsa verso la costa si è ravvivato e ieri sera la colata era già arrivata a 1,6 chilometri dalla costa, dopo aver travolto diverse case della località di Todoque. Secondo Efe, tra gli edifici distrutti dalla lava ci sono la chiesa del paese e il centro sanitario locale.

Da inizio eruzione, oltre 500 edifici sono stati sepolti dalla lava. Le autorità locali hanno ordinato alla popolazione di alcuni nuclei urbani situati sulla costa di rimanere in casa.

Ora si riapre la possibilità che la lava raggiunga il mare, fenomeno che provocherebbe "colonne di vapore d'acqua cariche di acido cloridrico" che potrebbero rappresentare un "pericolo locale" per persone che si trovino lì vicino, secondo quanto spiegato dall'Istituto di Vulcanologia delle Canarie. Di fronte a questa possibilità, per precauzione le autorità locali hanno ordinato alla popolazione di alcuni nuclei urbani situati sulla costa ovest di La Palma di rimanere in casa.
Attualmente l'aeroporto di La Palma è operativo, ma ma rimangono possibili ritardi o cancellazioni di voli. 

ANSA

mercoledì 2 marzo 2016

Fuggire all'estero per evitare la pressione del fisco. - Luca Romano




Ecco come aumentare il proprio assegno mensile e il proprio potere d'acquisto evitando il fisco italiano e vivendo in luoghi esotici.

L'imposizione fiscale è oramai al 50% e tra i nostri conti corrente continuano a fischiare i venti di una possbile patrimoniale.
Come riporta Libero, citando dati di cui anche il Giornale scrisse qualche tempo fa, il 65% dei pensionati emigra in Paesi esterni per evitare la pressione fiscale e "aumentare" il proprio assegno mensile grazie a particolari regimi fiscali. 
Tra questi, la Thailandia, un paese con il miglior rapporto qualità prezzo del mondo. Inoltre permette anche di ricevere un particolare visto per gli over 50 anni che abbiamo fedina penale pulita, non presentino nessuna malattia infettive e che abbiano, infine, un conto bancario di 20.000 euro, con il doppio potete comprarvi una villa sul mare. Oltre a queste agevolazioni, Bangkok vanta un sistema fiscale molto conveniente.
Gli italiani però preferiscono Spagna Portogallo. Quest'ultimo sta diventando una vera e proprio Mecca. Infatti, esiste una legge che permette lo status di "residente non abituale" (almeno 183 giorni trascorsi nel paese), e che fa evitare di pagare le tasse per 10 anni. Infatti, la pensione sarà incassata al lordo, che sommato a un costo della vita pari alla metà di quella dell'Italia comporta un notevole vantaggio per tutti i nonnini italiani e non. Insieme alla Spagna, vanta un buon sistema sanitario e la problematica in meno di avere una assicurazione come succede per chi fa a risiedere in Thailandia. Non solo ma ha anche delle tasse dimezzate, e come se non bastasse nelle Canarie, sempre grazie al regime fiscale l'assegno della pensione risulta più alto del 15%. A sorpresa tra le mete più apprezzate spuntano anche Costarica e Bulgaria. Lo Stato dell'America centrale oltre ad avere particolari sconti per i cittadini over65, aumenta il potere d'acquisto del 35%. Mentre in Bulgaria si può vivere da nababbi con soli mille euro. Il medico di base è gratuito come in Italia, ma le medicine costano molto meno.

domenica 11 maggio 2014

Pensionati in fuga dall’Italia: vita da ricchi con la stessa pensione e i risparmi. - Chiara Daina

Pensionati


Per l’Istat sono 473mila gli over 60 che vivono all’estero, in Paesi dell'Unione europea, ma anche nel Caribe, in Asia e Maghreb. Partono soprattutto per motivi economici, perché stanchi dello stile di vita e di pensioni insufficienti e sono attirati da Stati con un regime fiscale agevolato. La testimonianza a ilfattoquotidiano.it: "La mia seconda vita è a Sofia. Voglio che le mie ceneri siano gettate nel Mar Nero".

L’Italia non è nemmeno un Paese per vecchi. Oggi i pensionati sono in fuga insieme ai giovani
Per l’Istat sono 473mila gli over 60 che vivono all’estero. Gli ultimi a partire lo fanno soprattutto per motivi economici. Nel nostro Paese un pensionato su due prende meno di mille euro al mese. E così fa le valigie chi non vuole rinunciare allo status di un tempo. Chi altrimenti dovrebbe trasferirsi a casa del figlio per arrivare a fine mese. Chi è deluso dalla politica, dallo sfacelo dell’economia, dalla maleducazione delle persone. Chi è in cerca del benessere, lontano da ansie e stress e possibilmente al caldo. Chi dopo la morte del coniuge non ce la fa più a frequentare i soliti luoghi. Costa Rica, Thailandia, Filippine, Colombia, Brasile e Cuba dove, secondo l’Inps, i pensionati italiani da 20 nel 2010 sono passati a 70 dopo l’apertura delle frontiere a gennaio 2013. E ancora Panama, Canarie, Tunisia, Marocco, Capo Verde, Kenya e Bulgaria sono le mete di ritiro più gettonate nell’ultimo anno. Le nuove terre di residenza dove qualcuno desidera perfino essere seppellito.
La gentilezza della Thailandia – “Qui la gente è gentile e ti saluta per strada”, dice Antonio Mammato, 65 anni, che due anni fa ha salutato la costiera amalfitana per trasferirsi a Phuket, in Thailandia (dove vivono 350 pensionati italiani, cioè 200 in più rispetto a tre anni fa). Il senso di sicurezza che avverte per strada lo fa respirare: “Posso lasciare il motorino con il casco nelle zone più affollate e nessuno me lo ruba”. Ingegnere ed ex dipendente comunale: “Ho chiuso lo studio dopo la morte di mia moglie nel 2001. Per ora vivo di risparmi ma sono in attesa della pensione Inpdap, mille euro netti al mese: qui è lo stipendio di un dirigente!”. Antonio vive in un monolocale di fronte all’università, per l’affitto spende cento euro al mese, più 15 euro circa per le bollette, e giura: “La stanza mi serve solo per dormire, il resto del giorno lo passo fuori. Il clima è sempre bello”. E dell’Italia dice: “Sembra un formicaio impazzito. Io non voglio più vivere così”. In Thailandia si può permettere di tutto: “Pago 1,20 euro per un pasto, 2,50 per una camicia e 4/5 per un paio di pantaloni. E 200 euro di tasse all’anno. Ho una bella macchina e vivo nel quartiere più esclusivo dell’isola”. Se fosse rimasto in Italia non avrebbe potuto mantenere lo stile di vita di quando lavorava. Anche la compagnia non gli manca. “Ho tanti amici italiani”.
Come Giovanni Giurlanda, 62 anni, di Padova, ex impiegato di banca, dal 2006 in Thailandia. “Sono partito perché non sopportavo l’idea di starmene da solo con le mani in mano”, racconta Giovanni, divorziato dal 2002. Cosa fa in Thailandia adesso? “Vivo! Ho scoperto uno stile semplice e più naturale: vado in spiaggia e a pescare quasi tutti i giorni, gli abitanti vivono alla giornata e ti trasmettono molta serenità”. Giovanni prende duemila euro di pensione. Si è comprato una casa dove abita con la sua nuova compagna. “Un altro motivo per cui me ne sono andato dall’Italia è l’arroganza delle persone, la poca serietà dei politici e la situazione che non si smuove. Ero stanco di tutto questo, davvero”.
Al sole di Tenerife – La signora Elena, toscana di nascita, nella vita precedente faceva la stilista a Milano. Poi tre anni fa ha voltato pagina, a Tenerife. Oggi studia spagnolo e sta all’aria aperta con le amiche. Perché ha fatto le valigie? “Non per soldi. In Italia soffrivo di mal di schiena. Qui mi sono ripresa: il microclima delle Canarie mi aiuta sia fisicamente sia psicologicamente. Poi, mi creda, non ho più potuto assistere al degrado culturale, alle piccole industrie che chiudevano a favore delle grandi catene. Ai governi vergognosi. È stato troppo umiliante”. Quali sono i vantaggi dell’isola? “Il clima, caldo e non piovoso tutto l’anno, e il fatto di essere nell’Unione Europea con un’impostazione da Paese nordico:burocrazia e sanità efficiente, ordine, pulizia, ambiente curato. Mi fa sentire rispettata”. Pensa di rientrare in Italia? “Mai. Neanche nella tomba. Voglio essere seppellita qui”.
Panama, Costa Rica, Belize: alla ricerca di regimi fiscali agevolati e qualità di vita – “In un anno le richieste di pensionati sono aumentate del 30 per cento – dice Alessandro Castagna, responsabile di Voglioviverecosì, il portale dedicato a chi vuole cambiare vita -. Andalusia e isole Canarie sono le destinazioni più frequenti perché sono abbastanza vicine, fanno parte dell’Unione Europea, godono di un buon sistema sanitario, c’è poca criminalità, burocrazia efficiente e la lingua è facile”. La conferma arriva anche da Massimo Dallaglio di Mollotutto, altro sito web utile per farsi un’idea delle opportunità oltreconfine -. Gli anziani vogliono informarsi sulle mete migliori, sul costo della vita, su come si fa a trasferire residenza e pensione all’estero. Noi abbiamo referenti italiani in loco con cui possiamo metterli in contatto. In generale – precisa Dallaglio – attirano i Paesi con un regime fiscale agevolato, per esempio laTunisia, dove si sborsa il 25 per cento di tasse sul 20 per cento di reddito. E c’è un accordo che garantisce ai pensionati italiani una copertura medica totale.
Anche in Costa Rica, dopo un pagamento mensile in base al reddito (massimo cento euro), si ricevono le cure completamente gratis. Mentre in Belize, altra nuova meta di ritiro, i vantaggi fiscali vanno dal rimborso di tutte le spese necessarie per il cambio di residenza, allo sconto del 50 per cento su tutte quelle di soggiorno temporaneo sostenute prima di acquistare o affittare una casa, sulle assicurazioni mediche e i biglietti aerei. E a Panama – aggiunge – per chiunque abbia una pensione governativa o corporativa di almeno 700 euro al mese la residenza è quasi automatica”.
“In Tunisia vita da re per chi non ha problemi di salute” – Adriano Martelli, 66 anni, ex infermiere, si è rifatto una vita in Tunisia, raggiunta quattro anni fa. Con la sua pensione, da 900 euro, a Torino si era dovuto trovare un secondo lavoro per sopravvivere. “Da quando sono qui ho guadagnato quindici anni. Non ho mai preso un raffreddore, e ho smesso di prendere le pastiglie per gastritemal di testa e pressione, non ne ho più bisogno”. Ha scelto questo Stato perché ci abitavano già degli amici. “Alla fine del mese in Italia non mi rimaneva più niente: 400 euro per un monolocale da 30 metri quadri, poi le bollette e le spese per la macchina”.
Susa, città turistica tunisina, ha preso in affitto un piano di una casa sul mare: oltre cento metri quadrati, arredato, per 260 euro al mese. E ne spende altri 150 per cibo e detersivi. “Vivo con poco più di 400 euro al mese e faccio una vita da re: ho la donna delle pulizie, otto telefoni cellulari (il prezzo è di circa 20 euro l’uno), una tv, faccio shopping e vado al ristorante almeno due volte alla settimana. Un pasto mi costa circa cinque euro”. Adriano in Tunisia non ha più bisogno dell’auto. “Mi muovo con i pulmini pubblici: si fermano dove vuoi tu, basta alzare la mano. Il biglietto non costa neanche 50 centesimi. Anche i taxi sono economici: un euro per sette chilometri”. Unico neo: la sanità. “Le strutture sono fatiscenti. Consiglio di venire qui soltanto a chi non ha problemi di salute”.
Nel 2013 l’Inps ha registrato 250 pensionati residenti in Tunisia, quasi cento in più rispetto al 2010. Renato Fortino è socio dell’agenzia “Case in Tunisia”, nata nel 2008, che si occupa di assistere in loco chi è intenzionato a stabilirsi nel Paese (dal permesso di soggiorno al trasferimento della pensione, apertura del conto in banca fino ai corsi di francese e arabo). “Nel 60 per cento dei casi si tratta di pensionati che in Italia prendono dai 500 ai 600 euro al mese, reddito che una volta trasferito in Tunisia è lordo e di questo l’80 per cento è defiscalizzato, mentre la base imponibile è solo sul 20 per cento del rimanente (pari a circa il 6/7 per cento). Questo target cerca case in affitto da 180 a 230 euro al mese, di solito con una camera da letto e salone. Ma non ci sono solo i piccoli pensionati – precisa Fortino – Abbiamo seguito anche ex medicidirettori di banca, imprenditoridirigenti statali, che qui lievitano il loro potere di acquisto. Ultimamente arrivano italiani di mezza età tagliati fuori dal mercato del lavoro che qui provano a reinventarsi: dal maestro di tennis all’istruttore cinofilo e psicologo”.
“Addio Lecco, spargete le mie ceneri nel Mar Nero” – La Bulgaria è l’ennesimo Eldorado per anziani: quelli italiani sono 364 contro i 106 di tre anni fa. Franco Luigi Tenca, 66 anni, è uno di questi. Vive nella capitale, Sofia, da ottobre 2009. Ex camionista di Mandello del Lario, in provincia di Lecco, separato dal 2005 e in pensione dal 2007 con 1200 euro al mese. È stato intervistato dalle Iene e dopo che il servizio è andato in onda, a gennaio, la sua casella di posta elettronica è stata presa d’assalto: 1600 mail in dieci giorni da parte di pensionati, tutti italiani, di cui il 20 per cento già residente all’estero: “Mi hanno scritto dalle Canarie, Francia, Svizzera, Belgio, Germania, Lituania, Sudafrica, Mauritania, Congo, Brasile, Filippinee New York”, dice Franco, ancora incredulo. Gli hanno chiesto di tutto: “Come si sta, dov’è la Bulgaria, quante tasse ci sono, se c’è l’euro, se è vero che l’assicurazione della macchina costa un terzo (vero), quanto tempo serve per avere il trasferimento della pensione lorda e della residenza”. Risposta: “Dipende da quanto impiega il Comune italiano di residenza a mandarti il certificato di cambio di residenza. A me lo hanno spedito dopo 20 giorni ma c’è chi aspetta anche 5 mesi. Comunque qui nel giro di una settimana l’ufficio immigrazione ti fornisce la tua carta d’identità bulgara. Prima però devi presentare un documento di riconoscimento italiano, un contratto di affitto e un conto corrente in una banca locale, che apri subito con 50 euro. Dopodiché vai in ambasciata per l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, cioè l’Aire”.
Nel frattempo Franco è diventato referente per Mollotutto e quasi ogni settimana accoglie gruppi di pensionati che vengono qui per un sopralluogo. “La mia mail è franco.tenca@alice.it. Pubblicatela pure!”. Franco vive con la nuova moglie, una signora bulgara della sua età, in un appartamento in centro di 50 metri quadri, che gli costa al mese 20 euro di affitto: “Mia moglie è inquilina dai tempi del regime comunista e il canone è rimasto uguale”. Altrimenti per un alloggio arredato della stessa superficie si spendono 200 euro. Cinquanta euro in più per 80 metri quadrati. Per le bollette? “40 euro al mese di elettricità e 12 per l’acqua. Qui non c’è il gas, abbiamo il boiler e il piano di cottura elettrico”, spiega Franco. E la spesa? “300 euro al mese per due persone. Anche il fisco non strozza: circa il 18 per cento di tasse e il sei per cento se sei pensionato”. Risultato: “Oggi vivo da nababbo e non più da barbone come in Italia, dove al venti del mese ero costretto ad attingere ai risparmi, che a forza di fare così sarebbero finiti alla svelta”. Svantaggi? “La lingua, ma la gente è cordiale e appena può ti aiuta, mi ricorda gli italiani negli anni ‘60 e ’70”. La Bulgaria è entrata nell’Unione europea nel 2007 ma non ha adottato l’euro: “La moneta è il lev e vale quasi due euro”, risponde Franco alle decine di pensionati che gli continuano a scrivere. Tornerà a Lecco prima o poi? “Assolutamente no. Voglio che le mie ceneri siano gettate nel Mar Nero”.