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sabato 4 febbraio 2017

Detrazioni fiscali, le novità 2017.

Detrazioni fiscali, le novità 2017


Detrazioni fiscali, cosa sono? Importi che il contribuente può sottrarre all'imposta lorda, "ovvero il risultato complessivo delle imposte sui redditi al cui versamento si è tenuti, al fine di calcolare l'imposta netta". A differenza della deduzione fiscale, che opera direttamente diminuendo la base imponibile, "la detrazione interviene direttamente a ridurre l'imposta lorda (e cioè dopo che sono state operate le deduzioni)".

Ciò vuol dire che, come riporta il sito di informazione giuridica 'StudioCataldi.it', "dopo aver dedotto dal reddito complessivo gli oneri, si ottiene la base imponibile dell'imposta, cioè quell'importo a cui si applicano le aliquote che sono crescenti per scaglioni di reddito".

MA COME FUNZIONANO? - Dall'imposta lorda si detraggono: le detrazioni per carichi di famiglia, le detrazioni sostitutive delle spese di produzione e le detrazioni per gli oneri. "Sono detrazioni per carichi di famiglia - si legge - quelle operate nei confronti di chi ha un familiare a carico; le detrazioni sostitutive delle spese di produzione sono attribuite a chi ha un reddito da lavoro dipendente (e anche a redditi assimilati), ai redditi di lavoro autonomo o di impresa di ammontare minimo e ai pensionati".
Dunque, prosegue il portale, "dallo scomputo delle detrazioni si riesce così ad ottenere l'esatto ammontare dell'imposta netta dovuta per un determinato periodo di imposta. Dall'imposta netta si scomputano infine i crediti di imposta, i versamenti d'acconto e le ritenute alla fonte a titolo d'acconto".
Le detrazioni vanno regolate attraverso la dichiarazione dei redditi, che si riferisce ad un preciso periodo d'imposta. Per i redditi da lavoro dipendente, invece, le detrazioni vengono normalmente operate dal datore di lavoro.

LE NOVITÀ DEL 2017 - La legge di bilancio 2017, si legge sul sito di informazione giuridica, "ha prorogato fino al 31 dicembre 2017 la detrazione del 50% per le ristrutturazioni edilizie. È prevista finanche un'ulteriore detrazione, anch'essa del 50%, per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2017 per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica e che siano finalizzati e funzionali all'arredo dell'unità immobiliare che sia oggetto di ristrutturazione".
Secondo quanto disposto inoltre dall'art. 1, comma 2, lett. a) n. 3, Legge n. 232/2016, "per le spese sostenute dal primo gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, che interessino l'involucro dell'edificio con un'incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell'edificio medesimo, la detrazione di cui al comma 1 spetta nella misura del 70 per cento".
"La medesima detrazione spetta, nella misura del 75 per cento, per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica relativi alle parti comuni di edifici condominiali finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva e che conseguano almeno la qualità media di cui al decreto del ministro dello Sviluppo economico 26 giugno 2015, pubblicato nel supplemento ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015".
Infine, per il cosiddetto 'sisma bonus', ricorda il portale, "è prevista un'agevolazione al 50% in cinque anni, dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021. Finanche per le spese funzionali alla certificazione sismica degli immobili si potrà applicare la detrazione al 65% (dal 1° gennaio 2017). Si tratta di un bonus che ha ad oggetto quelle certificazioni sismiche e statiche su edifici situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, sulle prime e seconde case e immobili che siano destinati ad attività produttive".


domenica 11 dicembre 2016

Come detrarre le spese sanitarie.

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Come ogni anno di questi tempi, in occasione della dichiarazione dei redditi, il contribuente è alle prese con la raccolta di ricevute, parcelle, fatture e scontrini relativi a spese sanitarie, di qualunque tipo (visite specialistiche, analisi cliniche, prestazioni chirurgiche, acquisto di farmaci, prestazioni specialistiche, ecc.), sostenute nel corso dell’anno precedente. Il motivo naturalmente è semplice: tutte queste spese, sostenute per sé e per i familiari a carico (coniuge, figli, genitori, generi e nuore, ecc.), possono essere detratte dall'Irpef, dunque un bel risparmio per il contribuente. La detrazione per spese sanitarie possono essere riportate sia  nel 730 che nel modello Unico Pf (precompilati o meno).
Importo delle detrazioni e franchigia.
La detrazione per spese sanitarie è stabilita nella misura del 19%. C’è tuttavia una franchigia di € 129,11. Questo significa che un contribuente che ha nel corso dell’anno ha sostenuto una spesa pari a 500,00 € per l'acquisto di farmaci e/o per ticket sui farmaci rimborsabili, può detrarre dall'imposta dovuta una somma pari al 19% di 370,89 € (differenza tra 500,00 € e 129,11 €), ossia 70,47 €.
La franchigia non si applica alle persone con handicap, le quali possono detrarre l’intero ammontare delle spese sostenute nel corso dell'anno.
Il contribuente può usufruire della detrazione del 19% anche rispetto a quelle spese sostenute dal familiare non fiscalmente a carico, sempre che quest’ultimo non dichiarai un reddito superiore ai 2.840 € per anno di imposta.
Il tetto massimo delle spese sanitarie detraibili al 19% è pari a 6.197,48 €  per ogni singolo anno di imposta. Oltre questa soglia e fino al limite di spesa nell'anno di 15.493,71 €, è possibile ripartire la detrazione in quattro quote annuali di pari importo. Il superamento del limite deve essere verificato considerando l'ammontare complessivo delle spese sostenute nell'anno, senza togliere la franchigia di 129,11 euro.
Quali spese si possono detrarre.
Indipendentemente dal fatto che siano state sostenute nell'ambito di prestazioni private o del Servizio Sanitario Nazionale (ticket), si possono detrarre le spese relative a: 
- analisi di laboratorio, radiologiche, di ricerca (TAC, Ecografia, Laser ecc.); 
- visite mediche generiche e specialistiche (compreso medico omeopata); 
- acquisto di farmaci (solo quelli classificati come "medicinali"); 
- ricoveri collegati a una operazione chirurgica o a degenze; 
- assistenza di infermieri e fisioterapisti (paramedici); 
- esami di laboratorio e cure prescritte da un medico; 
- cure dentistiche; 
- noleggio o acquisto di attrezzature sanitarie; 
- analisi, indagini radioscopiche, ricerche e applicazioni; 
- ticket per spese sostenute tramite il Servizio Sanitario Nazionale; 
- spese per cure termali su prescrizione medica (escluso viaggio e soggiorno); 
- prestazioni rese da operatori abilitati alle professioni sanitarie riabilitative (fisioterapista, podologo, logopedista, terapista della psicomotricità dell’età evolutiva).
Si possono inoltre detrarre, purché accompagnati da prescrizione medica e scontrino parlante, le spese sostenute per l'acquisto di alcune protesi e ausili come gli occhiali da vista, le lenti a contatto, gli apparecchi per aerosol o per la misurazione della pressione, le calzature ortopediche, i plantari, i pannoloni per incontinenza, le siringhe, i materassi ortopedici e i materassi antidecubito, i test di gravidanza, di ovulazione e menopausa, ecc.
Così come si possono portare in detrazione le spese per la visita medica per il rinnovo patente di guida o quelle sostenute e rimborsate nell'ambito di una polizza sanitaria.
Portatori di handicap.
Come detto la detrazione del 19% si applica sull’intera spesa (senza togliere alcun importo) se questa riguarda i mezzi necessari per l’accompagnamento, la deambulazione, la locomozione e il sollevamento di portatori di handicap e l’acquisto di sussidi tecnici e informatici volti a facilitare la loro autosufficienza e possibilità di integrazione.
Spese veterinarie.
Le spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva si possono detrarre oltre la franchigia di Euro 129,11 e fino ad un tetto di Euro 387,34.
Cosa non può essere portato in detrazione.
Non si possono detrarre le spese relative all'acquisto di:
parafarmaci, cioè ciò che sullo scontrino parlante non è indicato come medicinale o farmaco (Agenzia Entrate risoluzione n. 396/E del 22 ottobre 2008). La stessa risoluzione stabilisce che si possono detrarre unicamente medicine omeopatiche e fitoterapici approvati dall'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco); 
- gli integratori, anche se sono su prescrizione medica, e il latte artificiale perché classificato come alimento.
Non sono altresì detraibili le spese sostenute per:
- le prestazioni di chirurgia estetica o di medicina estetica non conseguenti ad incidenti, malattie o malformazioni congenite;
- il trasporto in ambulanza; 
- le prestazioni di un osteopata;
- i trattamenti di haloterapia o Grotte di sale;
- le prestazioni rese da un pedagogista;
- i danni arrecati da terzi (es. a seguito di un incidente stradale) già risarcite dal danneggiante o dalla compagnia assicurativa.
Documentazione da conservare.
Con lo scopo di alimentare i dati del 730 precompilato e dell'Unico Pf precompilato, dallo scorso anno sono le stesse strutture medico-sanitarie pubbliche e private a trasmettere direttamente all’Agenzia delle Entrate - attraverso il Sistema Tessera Sanitaria - le informazioni sulle spese sostenute dalle persone fisiche.
Nel 2015 hanno iniziato i medici chirurghi, gli odontoiatri e tutte le strutture accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale. A partire da quest’anno saranno tenute all’invio tutte le altre strutture, incluse quelle che erogano prestazioni ausiliarie della professione sanitaria (ottico, odontotecnico, fisioterapista, nutrizionista, ecc.).
Tutto ciò farebbe pensare che, ai fini della detrazione, non ci sia più bisogno di conservare la documentazione fiscale che certifica la spesa medico-sanitaria sostenuta (fattura, ricevuta, parcella quietanzata o scontrino). Pur tuttavia il nostro consiglio è di conservarla sempre, soprattutto se si provvede a modificare il modello 730/2016 o l'Unico Pf precompilati prima di trasmetterli telematicamente all’Agenzia delle Entrate.
Restando in tema di conservazione delle documentazione fiscale che certifica la spesa, va ricordato che per quanto riguarda l'acquisto di medicinali è necessario disporre dello "scontrino fiscale parlante", che riporti le seguenti indicazioni:
- l'intestazione della farmacia; 
- la natura del farmaco (è sufficiente che il documento di spesa rechi la dizione generica di “farmaco” o di “medicinale”); 
- il nome del medicinale (a partire dal 2010, su disposizione del Garante per la protezione dei dati personali, in sostituzione del nome viene riportato il codice alfanumerico posto sulla confezione di ogni medicinale); 
- il numero delle confezioni acquistate; 
- il codice fiscale del destinatario ovvero del soggetto che fruirà della detrazione.
Gli scontrini vanno conservati per 5 anni. Per evitare che si scoloriscano (ricordiamo che sono stampati su carta chimica), si consiglia di fotocopiarli o scannerizzarli e archiviarli sul proprio pc. Non è più obbligatorio invece conservare la fotocopia della ricetta rilasciata dal medico di base.
Per chi acquista protesi che non rientrano nei dispositivi medici, oltre alle relative fatture, ricevute o quietanze, deve conservare anche la prescrizione del medico curante. In alternativa alla prescrizione medica, il contribuente può rendere un'autocertificazione accompagnata da copia fotostatica del documento del sottoscrittore dove si attesta la necessità del contribuente o familiare a carico la necessità della protesi e la causa. Questo il fac simile da utilizzare.

giovedì 14 maggio 2015

Buste paga, come si leggono tra aliquote, ritenute e 80 leggi che le compongono. - Patrizia De Rubertis

Buste paga, come si leggono tra aliquote, ritenute e 80 leggi che le compongono

I cedolini italiani sono i più complessi al mondo. Primato poco lusinghiero che deriva dall'applicazione del sistema giuslavoristico tra un numero eccessivo di leggi e circolari, la competenza regionale in materia di lavoro e innumerevoli fonti. Ecco come si compongono.

Il 27 è giorno di busta paga. Notizia, almeno questa, che tutti i lavoratori conoscono bene. Quando, tuttavia, si tenta di leggere questo documento per scoprire quanti giorni di ferie si sono maturati o se siano state pagate tutte le ore di straordinario, allora la situazione cambia. Tra detrazionitrattenuteimponibile Irpefassegni familiari, superminimi, addizionali e Rol (Riduzione dell’orario di lavoro), la confusione regna sovrana. E non si tratta solo di una sensazione.
L’Italia, infatti, vanta il poco lusinghiero primato di avere le buste paga più complesse al mondo. A certificarlo è il “Payroll complexity index”, elaborato da Nga, multinazionale inglese specializzata nella consulenza e nei servizi per le risorse umane. Una maglia nera che il BelPaese si è facilmente conquistata, scalzando Francia e Germania che lo scorso anno erano davanti, “perché ha una normativa fiscale e contributiva molto complessa e in continua evoluzione”.
“La complessità della lettura di una busta paga – spiega Rosario De Luca, presidente Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – non è altro che il riflesso del sistema giuslavoristico italiano. Nella busta paga sono, infatti, presenti ben 80 leggi tra circolari, commi, combinati disposti e innumerevoli fonti che trasformano un modello semplificato che serve a riepilogare quanto e come si è lavorato in una giungla di acronimi, codici e sigle”. E’ il caso, ad esempio, delle ex festività soppresse che compaiono tra gli elementi della retribuzione, vicino alle voci dei progressivi delle ferie e dei permessi residui. Per il 2015, nella maggior parte dei contratti collettivi, spetta il pagamento di 32 ore. Non c’è, però, da stupirsi se molti lavoratori non lo riceveranno. Uno dei più importanti paletti nella comprensione delle buste paga è, infatti, rappresentato dall’applicazione dello stesso Contratto collettivo nazionale del lavoro. “A rivendicare differenze sulla sua applicazione – sottolinea Luciana Mastrocola della Filcams Cgil – concorrono altri elementi: ci può essere una modifica applicata dai contratti integrativi di secondo livello stipulati dai sindacati e dalle Associazioni di categoria che, tuttavia, possono sempre riferirsi anche a norme di ambito regionale e comunale. Oltre a eventuali accordi sindacali aziendali”. Con il chiaro risultato che la busta diventa sempre meno leggibile e trasparente.
Del resto, in un semplice formato A4 in cui deve essere obbligatoriamente riportata l’indicazione della retribuzione e delle trattenute relative alle imposte e agli enti previdenziali, è impossibile non utilizzare delle abbreviazioni per riuscire a spiegare allo stesso operaio che vive a Roma, perché lo scorso anno abbia guadagnato di meno rispetto al suo collega di Aosta. È tutto racchiuso nel prelievo imposto dai Comuni che grava sulle buste paga e che fa lievitare il conto delle tasse locali: l’addizionale Irpef. Si tratta di un’imposta, istituita nel 1998 e modificata tra il 1999 e il 2007, che prevede la fissazione opzionale di un’aliquota aggiuntiva all’Irpef da parte dei singoli Comuni, il cui introito finisce direttamente nelle loro casse. Tanto che la mini stangata che c’è stata la scorsa primavera sulle addizionali regionali e comunali imposte dagli enti locali ha avuto una conseguenza evidente: nella busta paga di maggio, quando per la prima volta gli italiani hanno avuto il bonus di 80 euro, a conti fatti se lo sono visto detrarre nella riga successiva, dove è stato conteggiato il prelievo delle nuove addizionali.
E se già questo non fosse abbastanza complicato, meglio ricordare che proprio l’introduzione del bonus ha aggravato la situazione non solo perché le aziende hanno dovuto supportare costi aggiuntivi per aggiornare le procedure (secondo Nga per mille addetti la spesa extra è di 6.200 euro), ma soprattutto perché quella novità è stata recepita e applicata in 350 contratti di lavoro diversi. A tanto ammontano, infatti, in Italia le tipologie contrattuali ramificate poi attraverso le diverse circolari interpretative.
Diversi e articolati anche gli elementi che compongono la retribuzione. Questa parte è formata da alcuni elementi fissi, come ad esempio la paga base (cioè la paga minima stabilita nei contratti collettivi nazionali di lavoro), gli scatti di anzianità (gli aumenti che vengono corrisposti man mano che gli anni di lavoro passano), le indennità varie previste dai contratti collettivi e l’eventuale Edr (Elemento distinto della retribuzione) che corrisponde a una somma mensile di 10,33 euro per tredici mensilità, fissa per tutti i lavoratori del settore privato senza distinzione di qualifica o di contratto collettivo applicato.
Nella parte centrale del prospetto paga ci sono, invece, gli elementi variabili: le ore ordinarie, le straordinarie, i premi, le indennità, la trasferta e anche la cosiddetta retribuzione indiretta, vale a dire giorni di ferie goduti, permessi, festività, malattia, infortunio oppure maternità. E, in base a particolari periodi, possono essere indicate anche la tredicesima o la quattordicesima mensilità, gli anticipi sul Trattamento di fine rapporto e i premi di produttività.
L’ultima parte della busta paga è dedicata alle trattenute fiscali dell’Irpef, visto che la Costituzione Italiana all’art. 53 sancisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e che il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Le attuali aliquote sono: 23% per i redditi fino a 15mila euro, 27% da 15mila a 28mila, 38% da 28mila a 55mila, 41% da 55mila a 75mila e 43% per i redditi oltre 75mila euro. Ma dall’Irpef così calcolata, che è lorda, vengono tolte le detrazioni: da lavoro dipendente, per il coniuge e i figli minori a carico. Fermo restando che, per quanti ne hanno diritto, c’è anche l’applicazione dell’assegno familiare che cambia a seconda del reddito complessivo della famiglia, del numero e della tipologia dei componenti. Il sostegno, che di per sé non è certo elevato, diventa però sostanzioso per i nuclei che hanno redditi bassi o situazioni familiari disagiate per motivi legati allo stato di salute dei componenti. Entro ogni primo luglio vanno poi consegnate al datore di lavoro le richieste ed è compito dell’Inps pubblicare le tabelle nelle quali si trovano i limiti di reddito che servono per definire gli importi.
Ci sono poi i contributi previdenziali che il datore di lavoro deve versare all’Inps e all’Inail per garantire al dipendente la pensione di vecchiaia e di invalidità, i trattamenti economici in caso di malattia e di maternità, l’assicurazione in caso di disoccupazione e la Cassa integrazione e mobilità. Infine, viene indicata la somma trattenuta per l’accantonamento del Tfr che è pari, per ogni anno, all’importo della retribuzione annua diviso 13,5. Con una novità scattata nella busta paga dello scorso maggio che ha ospitato il Quir, ovvero la liquidazione anticipata del Tfr prevista dalla legge di Stabilità 2015.
Dulcis in fundo, la busta paga di dicembre in cui il datore di lavoro effettua il conguaglio fiscale di fine anno. Si tratta di operazioni di ricalcolo dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali. Ma se non si è mai riusciti a leggerla fino alla fine conviene sempre ricordare che si tratta della busta paga più complessa del mondo.

mercoledì 3 settembre 2014

80 euro: restituzione bonus per un milione di lavoratori? - Renato Marino

Amara sorpresa alle viste per 1,3 milioni di lavoratori.

Il bonus Irpef di 80 euro potrebbe tramutarsi in un'amara sorpresa per un milione e 300mila lavoratori dipendenti che a fine dicembre 2014 probabilmente saranno costretti a restituire il credito d'imposta che stanno ricevendo in busta paga da maggio 2014 in poi.
Per quale motivo? Il fatto è che molti lavoratori alla data in cui i sostituti d’imposta dovranno occuparsi del conguaglio di fine anno potrebbero non rientrare più nelle fasce di reddito che danno diritto al bonus introdotto dal premier Renzi prima delle ultime elezioni europee per 10 mln di lavoratori dal reddito medio-basso.
Alla fine dell’anno, in sede di conguaglio fiscale, i sostituti d’imposta devono calcolare il reddito annuo presunto, che rappresenta solo una stima di quello che in realtà il lavoratore percepirà nei 12 mesi. Nel computo del sostituto d'imposta non sono previsti altri redditi che il lavoratore potrebbe ottenere durante l'anno e che farebbero appunto sforare il tetto massimo che permette di usufruire del bonus da 80 euro.
La circolare dell’Agenzia delle entrate del 28 aprile 2014, spiega che spetta al dipendente indicare se ha in essere più contratti, cioè altre fonti di reddito (ad esempio gli affitti o derivanti da investimenti). Cumulando entrate diverse si può superare il limite massimo oltre cui il bonus non spetta.
Il credito d'imposta di 80 euro del governo Renzi è percepito dai lavoratori dipendenti e assimilati (quindi anche cocopro) che guadagnano tra gli 8.145 e 24.000 euro lordi all'anno e che non hanno altre entrate. I lavoratori che ricadono nella fascia 24-26.000 euro, l'ultima utile, prendono il bonus che si riduce però progressivamente fino ad azzerarsi. In soldoni, chi ha un reddito di 25.000 euro l'anno, prende 40 euro di bonus al mese, in 12 mesi 320 euro.
rischio maggiore di restituzione del bonus pieno (80 euro) sono proprio i redditi compresitra i 24.000 e i 26.000 euro: se venisse superato il massimale, la restituzione del bonus percepito nel corso dell’anno, 640 euro in tutto per 8 mesi (da maggio a dicembre) sarebbe a carico del contribuente, non del sostituto d’imposta.
Come tutelarsi? Il lavoratore che ricade in questa fascia farebbe bene a tenere sotto controllo il proprio reddito, magari chiedendo informazioni precise al proprio datore di lavoro o all'ufficio personale dell'azienda, tenendo presente che il sostituto d'imposta - per come è la legge - non ha nessuna responsabilità per la posizione fiscale del dipendente.

mercoledì 16 ottobre 2013

Legge di Stabilità, il taglio di cuneo fiscale promesso da Letta diventa una mancia. - Stefano Feltri

Legge di Stabilità, il taglio di cuneo fiscale promesso da Letta diventa una mancia

Il premier evita il temuto intervento sulla Sanità, ma lo stimolo all'economia si riduce a poche decine di euro all'anno. Ma Pd e Pdl sono contenti. Mentre la nuova Service Tax, Trise, colpirà anche gli inquilini oltre che i proprietari. Previste inoltre 500 milioni di tagli alle detrazioni e deduzioni.

Enrico Letta riesce nel suo obiettivo principale: non scontentare nessuno nel passaggio più difficile di queste settimane, l’approvazione della legge di Stabilità, un intervento di politica economica che prevede oneri per lo Stato di 11,9 miliardi in tre anni (fino al 2016) e nel complesso smuove 27,3 miliardi. “La manovra non toglie nulla alla Sanità e fa scendere tasse per famiglie e imprese”, annuncia in una conferenza stampa convocata a metà della riunione del Consiglio dei ministri, in tempo per i tg della sera. Al suo fianco torna Angelino Alfano, vicepremier del Pdl, felice di poter vantare i risultati del suo ruolo di“sentinella delle tasse”. Sono tutti contenti: la stangata diventa una spolverata di rigore con accenni di spesa per scavallare almeno la scadenza della mezzanotte, termine per mandare la bozza della legge di Stabilità alla Commissione europea a Bruxelles che farà un’esame preliminare prima del Parlamento.
Letta aveva preso un impegno: questa legge di stabilità dovrà essere ricordata per un forte intervento sul cuneo fiscale, cioè sul carico di tasse e contributi che pesa sulla busta paga del dipendente e sul datore di lavoro. Nelle simulazioni della vigilia si parlava di 4-5 miliardi all’anno con benefici – a spanne – di 200 euro a lavoratore. Ma l’intervento sarà minimalista: 10 miliardi in tre anni, nel 2014 soltanto 2,5 così ripartiti: 1,5 per ridurre l’Irpef per le fasce di reddito medio basse (e si capirà più avanti quali), cifra che sale a 1,7 e 1,8. Ci sono poi 40 milioni per ridurre l’Irap quota lavoro e 1 miliardo a vantaggio delle imprese, come intervento sui contributi sociali. Alla fine il beneficio per i lavoratori sarà di poche decine di euro all’anno, a meno che la platea dei beneficiari venga così ridotta da rendere il regalo fiscale più consistente anche se riservato a pochi intimi. Comunque l’impatto sull’economia sarà poco percepibile, infatti protestano sia la Confindustria che i sindacati, entrambi concordi sul fatto che lo stimolo alla crescita non produrrà effetti sensibili.
Ma non importa, perché riducendo le ambizioni sul cuneo, Letta è riuscito a evitare i tagli alla Sanità di cui si parlava nelle bozze della manovra: 4,5 miliardi di euro che avevano fatto protestare il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e tutte le categorie coinvolte. Niente tagli, dunque, con il Pd che si tranquillizza perché l’effetto si sarebbe sentito soprattutto nelle Regioni del centro-nord, come Toscana ed Emilia (c’è però un miliardo di euro di riduzione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni, un taglio che secondo il premier peserà soltanto sulle spese di funzionamento, cioè sulla “macchina”). In quota centrosinistra vanno anche tutti gli interventi sociali: il blocco dell’aumento dell’Iva per le cooperative e il rifinanziamento dei fondi per la non autosufficienza (250 milioni). Nel 2014, dice il documento del governo, ci saranno 6,4 miliardi di euro per “azioni sociali, progetti di investimento e impegni internazionali”.
Il Pdl può intestarsi la “vision della manovra”, come dice Alfano, cioè “meno spesa e meno tasse”. Letta usa la sua ormai consolidata tattica di comunicazione retorica: l’elenco. Cita tutto, incluse misure solo futuribili come la tassazione dei capitali italiani in Svizzera sulla base del lavoro della commissione guidata dal pm Francesco Greco, il cui lavoro è pronto da mesi ma finora ignorato dall’esecutivo, e un piano di privatizzazioni i cui contenuti sono sempre vaghi. Glissa invece con una certa abilità sui dettagli della tassazione immobiliare: è ormai chiaro che la Service Tax, che ora si chiamaTrise, sarà pesante, che colpirà anche gli inquilini oltre che i proprietari e che dovrebbe coinvolgere anche la prima casa (nessuno sa, inoltre, da dove arriveranno i 2,4 miliardi necessari a evitare il pagamento della rata Imu di dicembre). Ma al Pdl l’argomento non è congeniale, quindi Letta evita di approfondire. E i 500 milioni di tagli alle tax expenditures, cioè detrazioni e deduzioni, si potrebbero anche chiamare “aumenti delle tasse”, ma Letta non usa formule così brutali.
“Le ultime misure dell’Italia sembrano andare nella direzione giusta”, aveva detto il commissario europeo Olli Rehn alla vigilia del Consiglio dei ministri, a marcare una certa benevolenza dell’Europa. Lo dimostra il fatto che Letta si impegna a spendere 3 miliardi senza coperture. Lui e Saccomanni lo presentano come una mossa frutto dell’uscita dalla procedura d’infrazione europea, un premio ai nostri sforzi. In realtà si tratta semplicemente di spesa in deficit, quella che abbiamo fatto per decenni: il deficit in rapporto al Pil nel 2014 salirà da 2,3 a 2,5. E così si trovano 3 miliardi. Ma la procedura d’infrazione non c’entra molto, il merito è del governo di Mario Monti che ha lasciato in eredità un deficit 2014 abbastanza lontano dalla soglia di guardia del 2,9 per cento da lasciare spazio per interventi di spesa come quello voluto da Letta.
Dietro gli slogan restano molte domande. La prima è se l’Europa riterrà sufficienti le coperture. L’altra – sollevata da Confindustria – è se questi interventi sono sufficienti a spingere la crescita. Il ministro Saccomanni si sbilancia: “Non cresceremo a ritmi cinesi, ma possiamo arrivare al 2 per cento”. Sembra tanto, ma il governo aveva già stimato prima della manovra un Pil a + 1,7 per cento nel 2015 e + 1,8 nel 2016. Quindi, di fatto, anche Saccomanni ammette che la manovra non servirà a molto.