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mercoledì 3 luglio 2019

Piccioni, colombi, corvi e altri volatili: un serio rischio per la salute.

Piccioni, colombi, corvi e altri volatili: un serio rischio per la salute

I LETTORI CI SCRIVONO Piccioni, colombi, corvi e altri volatili: un serio rischio per la tua salute.
Per il bene della salute generale i comuni, gli amministratori di condomini, i proprietari di aziende alimentari o ospedaliere devono evitare l’eccessiva proliferazione dei volatili.
Infatti non solo i piccioni sporcano, imbrattano e sono rumorosi, ma anche sono portatori di oltre 60 tra infezioni e malattie trasmesse direttamente o indirettamente all’uomo
Quali sono le più diffuse malattie trasmesse dai piccioni?
CRIPTOCOCCOSI - Solitamente l’infezione parte dai polmoni e si diffonde attraverso il sistema circolatorio in tutte le parti del corpo, toccando anche l’encefalo e le meningi, provocando in tal caso, soprattutto nei bambini e nei soggetti più deboli, il decesso.
ISTOPLASMOSI - L’Histoplasma è un fungo che vive sulle superfici e nel guano degli uccelli si sviluppa con grande facilità. Una volta contratto, può presentarsi come un’infezione acuta o cronica, localizzata o diffusa, del sistema immunitario. Clinicamente può essere confusa con altre malattie, tra le quali la tubercolosi. La maggior parte delle infezioni regredisce spontaneamente, ma i casi fulminanti sono mortali.
ORNITOSI - Questa malattia presenta i caratteri di una setticemia infettiva e di una polmonite atipica, la trasmissione della malattia avviene per via aerea, respirando polvere di sterco di colombo. L’esito è mortale per le forme polmonari.
SALMONELLOSI - Esistono centinaia di tipi di Salmonella, tra queste la Salmonella Typhi, che causa febbre tifoide, e moltissime altre responsabili di innumerevoli gastro-enteriti e setticemie.
Malattie trasmesse dai piccioni senza il contatto diretto
Gli agenti patogeni delle malattie si trovano negli escrementi dei piccioni e spesso non è necessario il contatto diretto con questi: il vento, gli aspiratori, i ventilatori possono trasportare la polvere infetta delle deiezioni secche negli appartamenti, nei ristoranti, negli uffici, negli ospedali, nelle scuole contaminando gli alimenti, gli utensili da cucina, la biancheria, innescando i processi infettivi.
Per allontanare i piccioni bisogna chiamare una squadra esperta che abbia gli strumenti adatti per ripulire e bonificare le zone imbrattate dal guano dei piccioni, altrimenti i danni alla salute possono essere enormi.
Se le panchine della città sono imbrattate, se i balconi dei palazzi hanno tracce di guano, se ci sono nidi nei vostri solati, non mettere a rischio la salute. Servono piani efficaci per l’allontanamento dei piccioni e degli altri volatili e soprattutto per la bonifica e la sanificazione degli ambienti. È certamente un diritto del danneggiato sollecitare ASL e Comune per l’adozione di misure di contrasto del fenomeno.

giovedì 31 agosto 2017

India: strage di bambini, in due ospedali ben 1.414 morti.



Solo nel 2017 centinaia decessi per encefalite e altre malattie.

Le polemiche per le morti di bambini, e soprattutto di neonati, nell'ospedale di Gorakhpur, nello Stato di Uttar Pradesh (India settentrionale), hanno fatto emergere oggi i contorni di una vera e propria 'strage degli innocenti', la cui dimensione si presenta già ora enorme: si tratta di ben 1.414 decessi quest'anno in due soli ospedali pediatrici. La dimensione di questa tragedia, sottolineano gli operatori sociali, potrà essere valutata concretamente soltanto con il passare dei giorni grazie alle verifiche in corso in altri centri medici indiani specializzati nel trattamento dei minori.
Così, dopo giorni di silenzi e mezze ammissioni, il dottor P.K. Singh, direttore del Baba Raghav Das Medical College di Gorakhpur, ha ufficialmente ammesso oggi all'agenzia di stampa Pti che i bimbi deceduti per encefalite e per altre patologie nel mese di agosto in vari reparti della sua struttura non sono stati 131, come si era detto finora, ma ben 290. "Di questi - ha precisato - 213 sono morti nell'unità di rianimazione del reparto neonatale, e altri 77 in quello riservato agli affetti di encefalite". Da gennaio, ha ricordato, i decessi di bambini, specialmente per encefalite, "da noi sono stati 1.250".

domenica 15 gennaio 2017

Malattie e permessi, nuove regole per il pubblico. - Marianna Berti.

La sede del ministero della funzione pubblica © ANSA
La sede del ministero della funzione pubblicaRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Le regole su malattie, congedi e permessi nel pubblico impiego saranno riviste nei nuovi contratti.


Nuove regole su malattia, congedi e permessi stanno per arrivare nella pubblica amministrazione. La riapertura della contrattazione segnerà infatti anche una svolta su queste materie. Che l'argomento venga affrontato lo prevede l'intesa del 30 novembre tra sindacati e governo, ma lì si accenna alla ripresa del confronto ad hoc, negoziato che era partito all'Aran nel 2014 ma senza poi giungere a un risultato. Non sarà però questa la strada, non ci sarà un tavolo specifico, ma secondo fonti ben informate il pacchetto malattia rientrerà direttamente nella trattativa 'madre' sui rinnovi contrattuali. Fin qui la forma, che già suggerisce come il tema sia caldo. Tanto che un riferimento comparirà anche nell'atto di indirizzo, fischio d'inizio ufficiale della contrattazione, che la ministra della P.a, Marianna Madia, sta preparando. Ma qualcosa sui contenuti già si può anticipare.

Il lavoro fatto all'Aran, ormai tre anni fa, aveva conosciuto una fase avanzata, per cui non andrà totalmente disperso. Allora la discussione si concentrò soprattutto sulla possibilità di spacchettare la 'malattia' in ore, in modo che il dipendente pubblico che deve allontanarsi per una visita specialistica o per un esame non salti l'intera giornata di lavoro. Certo quel che si può rivedere nei contratti è quello che i contratti precedenti hanno stabilito, quindi la legge resta fuori, è il caso della 104, che regola i permessi per le gravi disabilità. In questo campo il contratto può intervenire solo su aspetti 'a latere', come ad esempio le modalità di fruizione (tra cui rientra il preavviso). Ma, come noto, i lavori per il rinnovo contrattuale vanno di pari passo con la definizione di un decreto di riforma del pubblico impiego, che arriverà a febbraio.

Il governo non lascerà quindi cadere i termini per attuare la delega Madia sul lavoro pubblico, anche se sono ancora allo studio le modalità. Per dirne una, c'è l'incognita sulla dirigenza, che rientrerebbe nel calderone ma su cui pende la bocciatura arrivata dalla Consulta a fine novembre. A proposito, il ministero potrebbe presentare i decreti correttivi su furbetti del cartellino (con cambiamenti marginali), partecipate e dirigenza sanitaria già alla conferenza unificata del 19 gennaio, per cercare l'intesa con gli enti territoriali, come richiesto dalla Corte Costituzionale. Tuttavia sarebbe prima necessario un passaggio in Cdm. Male che va c'è una Conferenza con le Regioni in calendario già per il 2 febbraio.

Di sicuro per la fine del prossimo mese l'esecutivo vuole incassare l'accordo, anche perché il decreto furbetti ha già colpito (è stato registrato il caso di un primo licenziamento). Quanto al contrasto degli abusi sulla malattia, o meglio sulle assenze, l'esecutivo è determinato a portare avanti il progetto di un polo unico della medicina fiscale, in capo all'Inps (con le Asl messe da parte). L'obiettivo è rendere gli accertamenti più efficienti. La novità rientrerà nel decreto di febbraio. Decreto che dovrebbe essere anticipato da un confronto con i sindacati, sempre nel rispetto dell'accordo del 30 novembre, che sarà anche al centro della riforma. A questo punto è chiaro come il ministero della P.a sia concentrato già su diversi fronti e sembra difficile che riesca a portare a casa secondo i termini stabiliti le deleghe su altri temi rimasti aperti, dalla revisione dei poteri del premier al taglio delle prefetture.


Che si siano verificati abusi è fuori discussione.
Ma non vorrei che si arrivi ad instaurare un clima di terrore; le regole esistono, basta farle rispettare e punire solo chi non le rispetta, sanzionare chi non commette abuso è deleterio.
In medio stat virtus.

giovedì 10 marzo 2016

TRIVELLE FUORILEGGE: ECCO COME LE PIATTAFORME ITALIANE INQUINANO ACQUA E AMBIENTE (E PERCHÉ VOTARE SI). - Germana Carillo

trivelle rapporto greenpeace

Contaminazioni ben oltre i limiti di legge e sostanze chimiche pericolose che inquinano l’ambiente e non fanno altro che nuocere agli essere umani: nei sedimenti (ma anche nelle cozze!) che vivono in prossimità di piattaforme offshore presenti in Adriatico si trova questo e molto altro. 
A rivelarlo è il rapporto “Trivelle fuorilegge” pubblicato da Greenpeace in cui vengono resi pubblici per la prima volta i dati ministeriali relativi all’inquinamento generato da oltre 30 trivelle operanti nei nostri mari.
I dati elaborati da Greenpeace mostrano una contaminazione che supera i limiti previsti dalla legge per almeno una sostanza chimica pericolosa nei tre quarti dei sedimenti marini vicini alle piattaforme (76% nel 2012, 73,5% nel 2013 e 79% nel 2014). E non solo: i parametri ambientali sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Anche nelle cozze la presenza di sostanze inquinanti ha mostrato evidenti criticità.
Il quadro che emerge è di una contaminazione grave e diffusa – afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace –. Laddove esistono dei limiti fissati dalla legge, le trivelle assai spesso non li rispettano. Ci sono contaminazioni preoccupanti da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti, molte di queste sostanze sono in grado di risalire la catena alimentare fino a raggiungere gli esseri umani. Nei pressi delle piattaforme monitorate si trovano abitualmente sostanze associate a numerose patologie gravi, tra cui il cancro. La situazione si ripete di anno in anno ma ciò nonostante non risulta che siano state ritirate licenze, revocate concessioni o che il Ministero abbia preso altre iniziative per tutelare i nostri mari”.
trivelle fuorilegge
Lo scorso luglio Greenpeace aveva chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, tramite istanza pubblica di accesso agli atti, di ottenere i dati di monitoraggio delle piattaforme presenti nei mari italiani.
Il Ministero fornì allora solo i dati di monitoraggio di 34 impianti, relativi agli anni 2012-2014, dislocati davanti alle coste di Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. Delle altre 100 e più piattaforme operanti nei nostri mari, Greenpeace non ha ricevuto alcun dato: o il Ministero non dispone di informazioni in merito (e dunque questi impianti operano senza piani di monitoraggio), oppure lo stesso Ministero ha creduto bene di non consegnare a Greenpeace tutta la documentazione in suo possesso.
Alla scarsa trasparenza del Ministero e al quadro ambientale critico si aggiunge il fatto non proprio confortante che i monitoraggi sono stati eseguiti da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente, su committenza di ENI, proprietaria delle piattaforme oggetto di indagine.
Con questo rapporto dimostriamo chiaramente che chi estrae idrocarburi nei nostri mari inquina, e lo fa oltre i limiti imposti dalla legge senza apparentemente incorrere in sanzioni o in divieti – dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. Quel che a nessun cittadino sarebbe concesso, è concesso invece ai petrolieri, il cui operato è fuori controllo, nascosto all’opinione pubblica e gestito in maniera opaca. Sono motivi più che sufficienti per spingere gli italiani a partecipare al prossimo referendum sulle trivelle del 17 aprile, e a votare Sì per fermare chi svende e deturpa l’Italia”.
Mappa piattaforme
Ecco, allora, un motivo in più perché il 17 aprile prossimo andremo a votare SI, per cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo.
Certo è, e torna a sottolinearlo Legambiente, la decisione del governo di fissare il referendum il 17 aprile, e di non averlo voluto accorpare alle elezioni amministrative che si terranno più avanti, limiterà molto le possibilità di coinvolgimento e quindi di partecipazione degli italiani a una consultazione che interessa tutto il Paese.
trivelle si
Secondo la legge, la propaganda elettorale inizia infatti dal 30° giorno antecedente la votazione; in questo caso il 18 marzo. “Sarebbe stato necessario avere più tempo a disposizione per spiegare che tutto il petrolio presente sotto il mare italiano basterebbe al nostro Paese per sole 7 settimane – spiega Rossella Muroni, presidente di Legambiente – mentre già oggi produciamo più del 40% di energia da fonti rinnovabili. E che se si vuole mettere definitivamente al riparo i nostri mari dalle attività petrolifere occorre votare Sì, perché così le attività petrolifere in mare entro le 12 miglia andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni”.
Insomma, i margini di informazione su questa consultazione popolare sono davvero ristretti, ma noi ce la metteremo tutta affinché sempre più persone prendano consapevolezza dell’importanza di partecipare a questo referendum e dire SI!
trivelle referendum greenpeace

giovedì 14 maggio 2015

Buste paga, come si leggono tra aliquote, ritenute e 80 leggi che le compongono. - Patrizia De Rubertis

Buste paga, come si leggono tra aliquote, ritenute e 80 leggi che le compongono

I cedolini italiani sono i più complessi al mondo. Primato poco lusinghiero che deriva dall'applicazione del sistema giuslavoristico tra un numero eccessivo di leggi e circolari, la competenza regionale in materia di lavoro e innumerevoli fonti. Ecco come si compongono.

Il 27 è giorno di busta paga. Notizia, almeno questa, che tutti i lavoratori conoscono bene. Quando, tuttavia, si tenta di leggere questo documento per scoprire quanti giorni di ferie si sono maturati o se siano state pagate tutte le ore di straordinario, allora la situazione cambia. Tra detrazionitrattenuteimponibile Irpefassegni familiari, superminimi, addizionali e Rol (Riduzione dell’orario di lavoro), la confusione regna sovrana. E non si tratta solo di una sensazione.
L’Italia, infatti, vanta il poco lusinghiero primato di avere le buste paga più complesse al mondo. A certificarlo è il “Payroll complexity index”, elaborato da Nga, multinazionale inglese specializzata nella consulenza e nei servizi per le risorse umane. Una maglia nera che il BelPaese si è facilmente conquistata, scalzando Francia e Germania che lo scorso anno erano davanti, “perché ha una normativa fiscale e contributiva molto complessa e in continua evoluzione”.
“La complessità della lettura di una busta paga – spiega Rosario De Luca, presidente Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – non è altro che il riflesso del sistema giuslavoristico italiano. Nella busta paga sono, infatti, presenti ben 80 leggi tra circolari, commi, combinati disposti e innumerevoli fonti che trasformano un modello semplificato che serve a riepilogare quanto e come si è lavorato in una giungla di acronimi, codici e sigle”. E’ il caso, ad esempio, delle ex festività soppresse che compaiono tra gli elementi della retribuzione, vicino alle voci dei progressivi delle ferie e dei permessi residui. Per il 2015, nella maggior parte dei contratti collettivi, spetta il pagamento di 32 ore. Non c’è, però, da stupirsi se molti lavoratori non lo riceveranno. Uno dei più importanti paletti nella comprensione delle buste paga è, infatti, rappresentato dall’applicazione dello stesso Contratto collettivo nazionale del lavoro. “A rivendicare differenze sulla sua applicazione – sottolinea Luciana Mastrocola della Filcams Cgil – concorrono altri elementi: ci può essere una modifica applicata dai contratti integrativi di secondo livello stipulati dai sindacati e dalle Associazioni di categoria che, tuttavia, possono sempre riferirsi anche a norme di ambito regionale e comunale. Oltre a eventuali accordi sindacali aziendali”. Con il chiaro risultato che la busta diventa sempre meno leggibile e trasparente.
Del resto, in un semplice formato A4 in cui deve essere obbligatoriamente riportata l’indicazione della retribuzione e delle trattenute relative alle imposte e agli enti previdenziali, è impossibile non utilizzare delle abbreviazioni per riuscire a spiegare allo stesso operaio che vive a Roma, perché lo scorso anno abbia guadagnato di meno rispetto al suo collega di Aosta. È tutto racchiuso nel prelievo imposto dai Comuni che grava sulle buste paga e che fa lievitare il conto delle tasse locali: l’addizionale Irpef. Si tratta di un’imposta, istituita nel 1998 e modificata tra il 1999 e il 2007, che prevede la fissazione opzionale di un’aliquota aggiuntiva all’Irpef da parte dei singoli Comuni, il cui introito finisce direttamente nelle loro casse. Tanto che la mini stangata che c’è stata la scorsa primavera sulle addizionali regionali e comunali imposte dagli enti locali ha avuto una conseguenza evidente: nella busta paga di maggio, quando per la prima volta gli italiani hanno avuto il bonus di 80 euro, a conti fatti se lo sono visto detrarre nella riga successiva, dove è stato conteggiato il prelievo delle nuove addizionali.
E se già questo non fosse abbastanza complicato, meglio ricordare che proprio l’introduzione del bonus ha aggravato la situazione non solo perché le aziende hanno dovuto supportare costi aggiuntivi per aggiornare le procedure (secondo Nga per mille addetti la spesa extra è di 6.200 euro), ma soprattutto perché quella novità è stata recepita e applicata in 350 contratti di lavoro diversi. A tanto ammontano, infatti, in Italia le tipologie contrattuali ramificate poi attraverso le diverse circolari interpretative.
Diversi e articolati anche gli elementi che compongono la retribuzione. Questa parte è formata da alcuni elementi fissi, come ad esempio la paga base (cioè la paga minima stabilita nei contratti collettivi nazionali di lavoro), gli scatti di anzianità (gli aumenti che vengono corrisposti man mano che gli anni di lavoro passano), le indennità varie previste dai contratti collettivi e l’eventuale Edr (Elemento distinto della retribuzione) che corrisponde a una somma mensile di 10,33 euro per tredici mensilità, fissa per tutti i lavoratori del settore privato senza distinzione di qualifica o di contratto collettivo applicato.
Nella parte centrale del prospetto paga ci sono, invece, gli elementi variabili: le ore ordinarie, le straordinarie, i premi, le indennità, la trasferta e anche la cosiddetta retribuzione indiretta, vale a dire giorni di ferie goduti, permessi, festività, malattia, infortunio oppure maternità. E, in base a particolari periodi, possono essere indicate anche la tredicesima o la quattordicesima mensilità, gli anticipi sul Trattamento di fine rapporto e i premi di produttività.
L’ultima parte della busta paga è dedicata alle trattenute fiscali dell’Irpef, visto che la Costituzione Italiana all’art. 53 sancisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e che il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Le attuali aliquote sono: 23% per i redditi fino a 15mila euro, 27% da 15mila a 28mila, 38% da 28mila a 55mila, 41% da 55mila a 75mila e 43% per i redditi oltre 75mila euro. Ma dall’Irpef così calcolata, che è lorda, vengono tolte le detrazioni: da lavoro dipendente, per il coniuge e i figli minori a carico. Fermo restando che, per quanti ne hanno diritto, c’è anche l’applicazione dell’assegno familiare che cambia a seconda del reddito complessivo della famiglia, del numero e della tipologia dei componenti. Il sostegno, che di per sé non è certo elevato, diventa però sostanzioso per i nuclei che hanno redditi bassi o situazioni familiari disagiate per motivi legati allo stato di salute dei componenti. Entro ogni primo luglio vanno poi consegnate al datore di lavoro le richieste ed è compito dell’Inps pubblicare le tabelle nelle quali si trovano i limiti di reddito che servono per definire gli importi.
Ci sono poi i contributi previdenziali che il datore di lavoro deve versare all’Inps e all’Inail per garantire al dipendente la pensione di vecchiaia e di invalidità, i trattamenti economici in caso di malattia e di maternità, l’assicurazione in caso di disoccupazione e la Cassa integrazione e mobilità. Infine, viene indicata la somma trattenuta per l’accantonamento del Tfr che è pari, per ogni anno, all’importo della retribuzione annua diviso 13,5. Con una novità scattata nella busta paga dello scorso maggio che ha ospitato il Quir, ovvero la liquidazione anticipata del Tfr prevista dalla legge di Stabilità 2015.
Dulcis in fundo, la busta paga di dicembre in cui il datore di lavoro effettua il conguaglio fiscale di fine anno. Si tratta di operazioni di ricalcolo dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali. Ma se non si è mai riusciti a leggerla fino alla fine conviene sempre ricordare che si tratta della busta paga più complessa del mondo.