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venerdì 13 aprile 2018

Bitcoin torna a 8mila $. Ora anche Soros e Rockefeller investono in asset digitali. - Vito Lops

Pubblicità del Bitcoin a Tokyo (Ap)


Il Bitcoin è tornato ieri a quota 8.000 dollari, come non accadeva da marzo segnando un balzo intraday massimo del 17%. Il nuovo scatto della criptovaluta più scambiata - tra le 1.565 conteggiate da Coinmarketcap.com - non è isolato. La ventata di rimbalzo ha interessato tutto il comparto la cui capitalizzazione è tornata a respirare sopra quota 300 miliardi di dollari dopo aver toccato un minimo di periodo il 5 aprile a 250 miliardi. Siamo ancora lontanissimi dagli 800 miliardi di inizio anno ma comunque abbondantemente sopra i livelli di un anno fa quando tutte le criptomonete messe insieme non facevano mezzo miliardo di dollari.
Resta in ogni caso un mercato molto volatile, estremamente complesso e difficile da valutare perché non esistono statistiche né parametri o multipli finanziari a cui appigliarsi per stabilire il cosiddetto fair value. La confusione tra i big regna sovrana tanto che a questo punto fanno notizia i casi di cambio di posizione. Il noto finanziere George Soros definiva il Bitcoin a gennaio nel corso del forum di Davos «speculazione allo stato puro» aggiungendo comunque che le criptovalute, «che sono una tipica bolla basata su una incomprensione», ma continueranno ad esistere «perché usate per riciclare denaro sporco».
A distanza di qualche settimana Soros sembra aver rivisto la posizione. Come rivela l’agenzia Bloomberg, il filantropo di origini ungheresi (ma a Budapest Soros non è ben visto) ha dato disposizioni al suo family office (che vale 26 miliardi di dollari) di avviare il trading di asset digitali. Tra questi difficile non annoverare il Bitcoin che ad oggi è a tutti gli effetti il primo asset digitale finanziario. Qualche malizioso potrebbe sostenere che lo schiaffone di Soros al Bitcoin è stato dato quando valeva circa 17mila dollari mentre la carezza è arrivata sul valore di 6mila dollari.
In ogni caso non si tratta dell’unico dietrofront tra i big del mainstream finanziario. Anche la famiglia Rockefeller pare abbia avuto un percorso analogo sdogandando l’ingresso di asset digitali nel portafoglio in Vernock, il venture capital fatto in casa che vale 3 miliardi di dollari.
Ha cambiato idea anche James Dimon, ad di Jp Morgan che prima ha definito il Bitcoin «una frode» e poi ha autorizzato il trading di criptovalute da parte della sua banca (peraltro citata in giudizio per le alte commissioni applicate).
Sarebbe a questo punto clamoroso se anche Warren Buffett, il fondatore del fondo Berkshire Hathaway, cambiasse idea. Tra i guru resta ancora molto scettico e per quel che vale agli atti per ora resta ancora la sua dichiarazione di ottobre: «Posso dire che quasi certamente le criptovalute faranno una brutta fine, anzi, mi piacerebbe comprare opzioni put di cinque anni sulle criptovalute».
Il partito degli scettici resta molto nutrito. Agustin Carstens, direttore generale della Banca dei regolamenti internazionali, la pensa così: «Il Bitcoin è la combinazione di una bolla, uno schema Ponzi ed un disastro ambientale».
Noriel Roubini, premio Nobel per l’Economia: «Il Bitcoin inizia a sembrare come un dinosauro in via di estinzione».
Il dubbio amletico che divide molti operatori e opinionisti è quale è il confine tra blockchain (la tecnologia sottostante) e Bitcoin e altre criptovalute che la utilizzano. Perché sul fatto che in futuro la blockchain possa imporsi come uno standard in vari ambiti in pochi hanno dubbi.
Sul tema si è esposto ieri anche il Fondo monetario internazionale che continua a vedere nella tecnologia sottostante a Bitcoin delle opportunità. Nel capitolo analitico del suo Fiscal Monitor, il rapporto che verrà pubblicato nella sua interezza la settimana prossima nell'ambito degli Spring Meetings a Washington, l'istituzione guidata da Christine Lagarde ha scritto che Blockchain «può aiutare a garantire l'autenticità delle informazioni presentate, dato che tutte le transazioni sono registrate».
La blockchain potrà imporsi anche nel caso il Bitcoin vada a gambe all’aria oppure per farlo avrà bisogno di un Bitcoin sempre più forte e meno volatile?
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venerdì 18 dicembre 2015

E SE IL SISTEMA FINANZIARIO MONDIALE SALTASSE IL 21 DICEMBRE? - VALENIN KATASONOV


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Il mondo sta entrando in una fase caotica. Molti hanno detto che sono stati gli Stati Uniti a creare il «caos gestibile» a livello globale. Ma gli eventi in Medio Oriente hanno dissipato l'illusione che chi ha istigato questo caos sia ancora in grado di gestirlo e un caos ingestibile molto presto invaderà anche il mondo della finanza internazionale. Ancora una volta gli Stati Uniti sono colpevoli di aver buttato dentro questo caos finanziario ingestibile, anche i 3 miliardi di dollari del debito che l'Ucraina ha verso la Russia e sarà questo il pretesto che potrà far cominciare il processo.

Non è un caso che il problema del debito ucraino si stia gonfiando, Washington lo sta deliberatamente utilizzando per cercare di danneggiare la Russia. La distruzione finale dell'ordine finanziario globale stabilito con la conferenza internazionale di Bretton Woods nel 1944, potrebbe avvenire come effetto collaterale di una politica anti-russa.

Gli Stati Uniti hanno ideato il sistema monetario di Bretton Woods, poi hanno cominciato ad indebolirlo nel 1970 quando Washington bloccò il cambio dollaro-oro. 
L'oro fu demonetizzato, il mondo passò alla carta moneta, e furono eliminati i tassi di cambio fissi. I mercati finanziari, così come la speculazione finanziaria, cominciarono ad espandersi ad un ritmo frenetico, riducendo notevolmente la stabilità dell'economia globale e della finanza internazionale. Il Caos finanziario era già a portata di mano, ma allora era ancora ad un livello gestibile. Il Fondo Monetario Internazionale, creato nel dicembre del 1945, era lo strumento per gestire la finanza internazionale. 

Eppure oggi siamo testimoni oculari della distruzione del FMI, che minaccia di esasperare l'instabilità della finanza mondiale nel bel mezzo del caos finanziario globale. Il ruolo del FMI nel mantenere un relativo ordine finanziario nel mondo non consisteva solo nell'emissione di prestiti e crediti per specifici paesi, ma anche nell'agire come autorità assoluta e nello scrivere le regole del gioco per i mercati finanziari globali. 

Dopo che gli Stati Uniti - l'azionista principale del FMI (di cui controlla circa il 17% dei diritti di voto all'interno del fondo) - hanno trascinato il FMI nei loro giochi in Ucraina, questa istituzione finanziaria internazionale è stata costretta a infrangere le regole che aveva scritto, sviluppato e affinato nel corso di decenni. Le ultime decisioni del fondo hanno creato un precedente in una partita giocata senza regole, dove è quasi impossibile calcolare quali saranno le conseguenze per la finanza internazionale.

La norma più recente di questo tipo - datata  8 dicembre - è stata programmata poco prima della data dell'ultima scadenza per il pagamenti di 3 miliardi di dollari per il debito ucraino con la Russia - il dicembre 20.

Washington continua a spingere il governo ucraino a non rimborsare il debito russo. Ma se Kiev non riuscesse a ripagare ciò che deve, quasi automaticamente arriverà ad un vero default sovrano, e quindi il Fondo Monetario Internazionale, nel rispetto delle regole - in vigore quasi fin dalla nascita del fondo - non avrà più diritto a fare prestiti all'Ucraina. 
Per consentire al FMI di continuare a trasferire i fondi del prestito all'Ucraina (nel mese di aprile 2015 è stato firmato un contratto di finanziamento per 17.5 miliardi di dollari), Washington ha ordinato al fondo stesso di riscrivere le regole in modo che, anche in caso di insolvenza di Kiev su quanto deve a Mosca, il FMI potrebbe ancora prestare denaro all'Ucraina.

Il FMI  - sempre sottomesso - ha obbedito a un ordine apparentemente irrealizzabile.
Aleksei Mozhin, il direttore del FMI per la Federazione russa, ha riferito che l'8 dicembre il Consiglio Esecutivo del Fondo ha approvato le riforme che permetterebbero prestiti a debitori anche in caso di un default sul debito sovrano. Tutti hanno perfettamente compreso che il fondo ha preso una decisione tanto rivoluzionaria solo per sostenere il moribondo regime di Kiev e per stuzzicare la Russia. Parlando ai giornalisti, il Ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha dichiarato «La decisione di cambiare le regole appare frettolosa e di parte, è stata presa unicamente per danneggiare la Russia e per legittimare la possibilità di Kiev a non pagare i debiti ».

Ci sono state altre decisioni di carattere così radicale nella storia del FMI. Ad esempio, nel 1989 il fondo si arrogò il diritto di fare prestiti anche ai paesi che non avevano potuto ancora esigere debiti da banche commerciali estere. E nel 1998 il fondo è stato autorizzato a concedere prestiti ai paesi con debiti in essere sui titoli sovrani in mano a investitori privati. E comunque, il rimborso dei debiti ai creditori sovrani è sempre stato un sacro dovere per i clienti del FMI. I creditori sovrani sono i debitori di ultima istanza, che vengono in aiuto agli stati che vengono scavalcati da finanziatori e investitori privati. 

Secondo le regole del FMI, le passività di uno Stato verso un creditore sovrano (ad esempio, un altro Stato) sono altrettanto «sacre» quanto le passività verso il fondo stesso. Questo è, in un certo senso, una pietra miliare per la finanza internazionale. E qui vediamo come, in una riunione ordinaria del Consiglio Esecutivo del FMI, questa pietra miliare è stata frettolosamente sottratta dalle basi dell'edificio della finanza internazionale. Il Ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha richiamato particolare attenzione su questo aspetto della decisione del Comitato esecutivo:
«Le regole per il finanziamento dei programmi del fondo esistono da decenni e non sono mai cambiate. I creditori sovrani hanno sempre avuto priorità su quelli commerciali. Le regole servono per enfatizzare il ruolo particolare dei creditori ufficiali, che è particolarmente importante in tempi di crisi, quando i creditori commerciali si sovrappongono alle nazioni privandole dell'accesso alle risorse ».

La sottomissione del fondo e l'ardire del suo principale azionista (USA) si possono arguire dal modo in cui, l'8 dicembre, in quattro e quattr'otto hanno preso questa decisione, mentre per cinque anni Washington aveva bloccato qualsiasi sforzo per riformare il fondo (revisione delle quote dei singoli Stati membri e il raddoppio dei capitali). Secondo Siluanov, data la decisione del Comitato Esecutivo del FMI dell'8 dicembre, «la mancanza di volontà degli Stati Uniti di affrontare il problema della ratifica dell'accordo per ricostituire il capitale del FMI appare particolarmente clamorosa, soprattutto quando questo capitale sarebbe stato molto utile per risolvere i problemi del debito dell'Ucraina».

Il 10 dicembre, è stato  pubblicato  un rapporto di 34 pagine, con tutti i dettagli della riforma approvata dal comitato esecutivo FMI dell'8 dicembre. In base a questo documento alcune delle variazioni sono valide per i debiti verso creditori sovrani che non fanno parte degli accordi del Paris Club. Comunque, un paese debitore deve rispettare un certo numero di condizioni per poter mantenere l'accesso ai fondi del FMI, incluso " fare sforzi in buona fede" per ristrutturare il proprio debito.

Il riferimento a «sforzi in buona fede» solleva un punto molto interessante. Finora Kiev non ha fatto nessuno sforzo nella sua qualità di stato debitore. Le dichiarazioni del Primo Ministro ucraino Arseniy Yatsenyuk non contano. Quelli non erano tentativi di fare «sforzi in buona fede,» ma piuttosto erano ultimatum per la Russia, un creditore sovrano: in altre parole, o prendete parte ai colloqui sulla ristrutturazione che abbiamo avviato con i nostri creditori privati oppure non vedrete nemmeno una lira. E' curioso anche che queste affermazioni non siamo giunte attraverso i canali ufficiali della corrispondenza, ma siano stati detti, a voce, in televisione. Ho trovato un dichiarazione di Yatsenyuk particolarmente commovente, quando dice di non aver ricevuto nessuna proposta formale da Mosca per quanto riguarda il debito drell'Ucraina.

E' una cosa nuova nelle relazioni intergovernative in generale e su quelle monetarie e creditizie internazionali in particolare. Quasi fin dalla nascita del Fondo monetario internazionale è sempre esistita una regola (e esiste ancora), secondo cui:

a) Ogni iniziativa per modificare le condizioni originarie di un prestito deve provenire dal debitore e non dal creditore; 
b) L'iniziativa (la richiesta) deve essere formulata in forma scritta e inviata al creditore attraverso canali ufficiali.

Se Yatsenyuk non conosce queste regole, forse i funzionari del FMI potrebbero spiegargliele. Tuttavia, nulla di ciò è ancora stato fatto.
Torniamo alla decisione dell'8 dicembre. Che Kiev voglia o che non voglia, per continuare a ricevere credito per mezzo del fondo, l'Ucraina deve almeno dare prova di un tentativo di negoziare con il suo creditore, cioè, con Mosca. Deve dare almeno prova di fare «uno sforzo di buona fede» per così dire.
E in che cosa dovrebbe consistere questa prova? Si devono fare almeno tre passi:
  1. deve redigere una richiesta formale di avviare colloqui per rivedere i termini del prestito e inviarla al creditore;
  2. il debitore deve ricevere una risposta ufficiale da parte del finanziatore;
  3. se il creditore è d'accordo - si devono avviare dei negoziati per rivedere i termini.
Naturalmente le trattative di Kiev con i creditori privati per quanto riguarda la ristrutturazione del debito sono cominciate quasi immediatamente dopo la firma dell'ultimo accordo per il prestito del FMI, cioè, sono continuate da marzo 2015 alla fine di agosto 2015. Il processo negoziale è durato fino a ottobre, il che significa che la ristrutturazione del debito si è trascinata per sei mesi.

Non dimenticate che il termine ultimo per ripagare il debito con  la Russia scade domenica (20 dic.). Kiev ha molto poco tempo per dimostrare «la propria buona fede» e anche nel migliore dei casi non potrebbe più gestire le prime due delle tre fasi dette sopra. Inoltre non c'è tempo nemmeno per la terza e più importante delle fasi.
Sarà molto interessante ascoltare quello che dirà il FMI lunedi, 21 dicembre. Come potrà trovare le prove sugli «sforzi fatti in buona fede» da Kiev? O continuerà ad aspettare di essere imboccato ancora dal suo principale azionista?
Anche se quell' azionista non è famoso per l'acume,  sicuramente lo è per la sua ottusità che dà sui nervi.

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Questo prossimo 21 dicembre promette di essere il giorno più vergognoso nella storia del Fondo Monetario Internazionale, che potrebbe essere seguito dalla fine di questa istituzione finanziaria internazionale. Purtroppo, il FMI potrebber far saltare tutto il sistema finanziario mondiale prima della sua stessa estinsione, servendosi del debito dell'Ucraina verso la Russia come il detonatore. 
Naturalmente è Washington il vero giocatore - il Fondo è solo un giocattolo nelle sue mani. Ma perché Washington vuole che questo accada? A rigor di termini, non è nemmeno la Washington ufficiale a volerlo, ma sono i«maestri del denaro» (i principali azionisti della Federal Reserve), e ogni lfunzionario che abbia qualche collegamento con la Casa Bianca, con il Dipartimento del Tesoro, e con le altre agenzie governative degli Stati Uniti, di quelli che sono sul loro libro paga.
I maestri del denaro sono stati costretti a difendersi contro l'indebolimento del dollaro, utilizzando degli strumenti già consolidati - come la creazione del caos fuori dei confini americani. Qualsiasi tipo di caos andrà bene - quello politico, quello militare, quello economico e anche quello finanziario.
* * *
Dopo la decisione del Consiglio esecutivo del FMI dell'8 dicembre 2015, che è stata emanata per sostenere il regime in bancarotta di Kiev e con il solo scopo di danneggiare la Russia, alcuni esperti finanziari hanno prudentemente espresso la loro opinione sul fatto che presto la Russia avrà ben pochi motivi per rimanere nel Fondo Monetario Internazionale. Posso solo concordare con questa posizione, anche se il ritiro della Russia dal FMI sarebbe una condizione necessaria ma non sufficiente per rendere più forte lo Stato russo. La Russia deve ancora crearsi una difesa valida contro il caos finanziario globale, che, dopo il 21 dicembre, si farà rapidamente sempre più ingestibile.

Fonte: http://www.strategic-culture.org/   

autore della traduzione Bosque Primario

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=16007

mercoledì 15 luglio 2015

Grecia, Fmi minaccia l'Europa di non sostenere l'accordo senza il taglio del debito: "Ora è insostenibile".

LAGARDE MERKEL

A poche ore dalle inizio delle votazioni al Parlamento greco delle misure chieste dall'Eurogruppo in cambio del piano di salvataggio da 86 miliardi di euro, concordato solo 48 ore fa, l'Fmi a sorpresa boccia l'intesa raggiunta con grande fatica a Bruxelles dopo un'estenuante maratona negoziale.
La mossa del Fondo monetario potrebbe spaccare la ex Troika, un colpo di scena che potrebbe cambiare ancora una volta le carte in tavola sulla questione greca.
Il Fondo lascia intendere che potrebbe sfilarsi dalla troika che con Bce ed Ue ha finora salvato già due volte Atene. Da Washington è stato fatto filtrare nella notte il testo di un rapporto interno da cui emerge che la situazione greca è molto peggiore di quanto previsto fino a solo due settimane fa e che quindi l'intesa per l'Fmi è del tutto insufficiente a far fronte alle effettive esigenze di Atene.
Secondo il testo, che fonti dell'Fmi sottolineano era già stato portato a conoscenza dai leader dell'Eurozona quando lunedì hanno concordato l'intesa, i creditori Ue dovranno fare "molto di piu" di quanto finora previsto.
Ossia i creditori dell'Eurozona dovranno o accettare di rinunciare a parte dei fondi dati alla Grecia in questi anni - un nuovo haircut (taglio) del debito che Atene ha con i partner ma stavolta a carico degli Stati e non come quello di fatto imposto ai creditori privati di Atene nella notte tra il 20 e il 21 febbraio 2012 in un drammatico vertice a Bruxelles, con perdite pari a 100 miliardi di euro - o consentire al governo ellenico di non pagare nulla per almeno 30 anni.
La posizione dell'Fmi trova l'opposizione specialmente della Germania ma anche dell'Olanda e della Finlandia, che difatti durante tutta la maratona negoziale hanno più volte minacciato la Grexit piuttosto che arrivare a un taglio del debito greco: la motivazione di tanta durezza, come è stato più volte sottolineato dai commentatori, è essenzialmente politica. Angela Merkel, così come il governo finlandese, sanno che il "condono" di una parte del debito greco potrebbe costare molto caro dal punto di vista elettorale.
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Misure simili erano già state proposte da Christine Lagarde nell'ottobre del 2013, quando la situazione non era giunta a questi livelli. Queste alternative, stavolta draconiane per i creditori dell'Eurozona, sono indipensabili perchè, sottolinea l'Fmi, ai livelli attuali il debito ellenico è del tutto "insostenibile".
Non solo. Anche lo stesso piano di salvataggio (il terzo dal 2010) da 86 miliardi concordato tra mille polemiche lunedi per stabilizzare la situazione è del tutto "insufficiente". Ed è proprio il piano che oggi (mercoledì) deve passare al vaglio del Parlamento ellenico e che costerà molto politicamente al premier Tsipras, deciso però a non lasciare l'incarico anche se ancora convinto che l'accordo firmato a Bruxelles "non ci piace": "L'Europa è stata vendicativa".
Per l'Fmi spetta ora ai membri dell'Eurozona decidere quale opzione scegliere tra quelle possibili. Questo perchè le nuove proiezioni contenute nel rapporto riservato dell'Fmi, fatto filtrare ad orologeria poco dopo la mezzanotte italiana, stimano che il debito pubblico di Atene il prossimo anno sarà pari al 200% del Pil contro il 177% finora stimato, solo in parte a causa della recessione che peggiorerà nel 2015 dopo la timida ripresa registrata a fine dello scorso anno. Non solo.
Fino al 2022 il debito greco resterà intorno al 177% contro il 142% stimato: "Il drammatico deterioramento della sostenibilità del debito rende necessario un alleggerimento del debito su una scala che va molto oltre quanto è stato finora previsto", si legge nel nuovo studio.
Il rapporto era stato consegnato inizialmente ai funzionari dell'eurozona prima del weekend nel quale si è discusso dell'accordo per un nuovo salvataggio della Grecia. L'Eurozona non ha adottato le proposte sul taglio del debito dell'Fmi nell'accordo che sono riusciti a raggiungere con la Grecia lunedì mattina.
Rendendo pubblico il rapporto, l'Fmi sta facendo una mossa tattica, aggiungendo pressioni sul negoziato sul piano di salvataggio. Ma la sua posizione aggressiva complica inoltre gli sforzi di completare l'accordo, con il parlamento di Atene che proprio mercoledì deve votare sulle condizioni dei creditori internazionali.


 http://www.huffingtonpost.it/2015/07/15/grecia-fmi-accordo_n_7799218.html?ir=Italy