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lunedì 5 maggio 2014

Piero Fassino mostra il medio ai granata. Calcio e politica, rapporto impazzito



Il sindaco di Torino Piero Fassino, dopo due anni da primo cittadino, dovrebbe essere ormai abituato alle contestazioni, ma a quella dei tifosi del Toro non ci sta e con aplomb gli sventola contro il dito medio. Dopo anni di trattative la giunta torinese ha stanziato un milione di euro per la ricostruzione dello stadio Filadelfia, il campo sportivo della squadra granata. Il sindaco, noto juventino, si presenta all’apertura dei lavori e viene duramente contestato dai tifosi granata che urlano: “gobbo di merda”. Subito dopo Fassino smentisce di aver fatto il gestaccio, ma le immagini de ilfattoquotidiano.it lo incastrano. Nelle stesse ore la Juventus vince lo scudetto, senza giocare, e migliaia di granata si danno appuntamento a Superga per la commemorazione della tragedia. Nel 1949 l’aereo della squadra si schiantò sulla collina torinese, ci furono 31 morti, tutta la squadra del Toro.
Il “fallo di reazione” di Fassino arriva in un momento di impazzimento del rapporto tra calcio e politica. Prima la trattativa con i tifosi del Napoli per far disputare la finale di Coppa Italia contro la Fiorentina all’Olimpico di Roma dopo che un tifoso era stato ferito in modo gravissimo da un colpo di pistola. Certo, una scelta dettata da esigenze di ordine pubblico in uno stadio gremito da 60mila persone, ma che ha reso interlocutori dello Stato personaggi inquietanti come il capo ultrà “Genny ‘a carogna”.
Il premier Matteo Renzi, dicendosi “sconvolto” dalla trattativa avvenuta in diretta tv davanti a 9 milioni di spettatori, ha annunciato per quest’estate una nuova riforma, questa volta degli stadi e delle loro modalità di frequentazione. Peccato che le norme già esistenti non vengano applicate perché giudicate troppo dure. Ieri il ministro dell’InternoAlfano ha fatto la voce grossa annunciando la possibile introduzione del “daspo a vita“. Peccato che, come documentato da ilfattoquotidiano.it, l’articolo 9 della legge Amato del 2007  preveda il divieto assoluto di vendere biglietti o tessere a chi ha subito il “divieto di accesso alle manifestazioni sportive”, senza porre alcun limite di tempo. La norma non è applicata perché l’esclusione a vita dalle manifestazioni sportive è giudicata troppo dura non solo dalle tifoserie, ma anche dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive. Che è un organismo del ministero dell’Interno. 


Immagini di Vittorio Bertola, montaggio Cosimo Caridi.

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/05/05/torino-fassino-mostra-dito-medio-ai-tifosi-granata/277539/

mercoledì 24 luglio 2013

Andrea Scanzi.



Toh, è tornato Giusi La Ganga. 
Il craxiano più craxiano di tutti, con alle spalle una sfilza di patteggiamenti per tangenti e ricettazione negli Anni Novanta. 
Con un curriculum simile, uno così non poteva essere dimenticato dalla politica italiana. E infatti non lo hanno dimenticato. Lo trovate da poche ore nel consiglio comunale di Torino. Dove? 

Nel Pdl? 
No, tra i banchi del Pd. Pronto ad appoggiare Fassino. 
Si sono liberati due posti, e zac, è subentrato lui. Tutti favorevoli - 29 consiglieri - tranne M5S ("il suo subentro è un atto dovuto previsto dalla legge, ma noi non l’avremmo mai candidato e non ci può essere nessuna pacificazione con la classe politica di quegli anni che hanno spolpato il Paese”) e Sel ("C’è un eterno ritorno al passato. Qui in Comune gli anni Ottanta tornano a ruggire”). 
La Ganga, stupito per le proteste, ha parlato (pure lui) di "pacificazione politica". Ai (suoi) bei tempi, furoreggiava una vignetta di Forattini. C'era Craxi vestito da gangster che scandiva minaccioso: "Fermi tutti, arriva La Ganga". Nel 1994 disse: "Mi assumo la responsabilità dei finanziamenti illeciti ricevuti e per coerenza non posso più continuare a fare il politico”. Ma già nel 2005, in una intervista a Repubblica, ammise di essere malato cronicamente di politica.
La Ganga ha aderito da tempo al Pd. Quando fu candidato alle comunali di Torino, si lamentarono giusto i Giovani Democratici. Agli altri la sua presenza andava bene. Non era per nulla imbarazzante. In fondo La Ganga si era persino speso, personalmente, per agevolare l'elezione di Chiamparino a sindaco.

E' certo possibile che io, come tanti, sia "troppo cattivo" con il Pd. Ma è altrettanto certo che tutti coloro che riescono a ingoiare una tal dose di rospi, hanno anticorpi (im)morali che spero di non avere mai.


https://www.facebook.com/pages/Andrea-Scanzi/226105204072482

mercoledì 27 marzo 2013

I Ds hanno nascosto 200 milioni di euro. Il Pd: “E che problema c’è? Pagherà lo Stato”, cioè noi. - Stefano Feltri



Il Pd, o meglio, la sua componente ex Ds, è responsabile di un buco di quasi 200 milioni di euro nei bilanci delle principali banche italiane. “E che problema c’è? Pagherà lo Stato”, dice al Fatto l’eterno tesoriere Ds, Ugo Sposetti, appena ricandidato dal Pd.
Il Monte Paschi non c’entra, la questione riguarda quasi tutte le altre grandi banche italiane. Che, dopo anni di trattative e benevola tolleranza, sono passate all’attacco, stimolate dalla crisi: vogliono indietro i soldi. E chiedono di annullare le donazioni con cui i Ds hanno sottratto ai creditori il loro immenso patrimonio immobiliare, superiore al mezzo miliardo di euro, quando sono confluiti nel Pd. Se non riescono a rifarsi su quei beni, scatterà la garanzia dello Stato che copre quasi tutto il debito. Grazie a un apposito provvedimento del governo D’Alema. Nella lunga saga del debito post-comunista si è aggiunta una ulteriore variabile che Sposetti non controlla: un avvocato di Barletta, Antonio Corvasce, che da anni conduce nei tribunali una battaglia per presentarsi alle elezioni con lo storico simbolo dei Ds, la Quercia, di cui rivendica la titolarità.
La nullità delle donazioni La storia è complessa e conviene partire dalla fine. Il 24 giugno 2012 viene notificato ai Ds, che non solo esistono ma hanno ancora una sede a Roma, un decreto ingiuntivo: UniCredit si è stancata di aspettare, vuole indietro i suoi 29 milioni di euro più gli interessi maturati dal 2011 e le spese. Chiede quindi al Tribunale civile di Roma di annullare la donazione di un immobile di Bergamo da parte dei Ds alla Fondazione Gritti Minetti (che ne detiene 58). L’atto è “senz’altro revocabile” perché ha creato “un evidente, grave, pregiudizio alla ingente ragione di credito certa, liquida ed esigibile vantata dalla UniCredit Spa” verso i Ds. Sempre Uni-Credit, per le stesse ragioni, contesta anche la donazione di un appartamento a uso ufficio e di un magazzino a Udine, trasferiti gratis dai Ds alla Fondazione per il Riformismo nel Friuli Venezia Giulia. Anche Efibanca, gruppo Banco Popolare, rivuole i suoi 24 milioni, Intesa i suoi 13, 7 e così via. Fino ad arrivare ai 176 milioni indicati nel bilancio 2011, poi lievitati a causa degli interessi. Le banche, dice sempre il consuntivo 2011, l’ultimo disponibile, hanno già pignorato 30 milioni di rimborsi elettorali ancora da ricevere. E il resto? Niente. Nessuna garanzia o quasi, visto che tutti i beni immobili dei Ds sono stati trasferiti a fondazioni che giuridicamente non hanno alcun legame con il partito. Ugo Sposetti, al Fatto, dice: “Sono beni che erano del partito nazionale, ma che se ne fa l’UniCredit di un piccolo immobile, un circolo dove si riuniscono i lavoratori?”. E ripete la battuta con cui ha tacitato ogni obiezione in questi anni: “Lunga vita ai debitori”.
Tanta sicurezza deriva da una doppia assicurazione: gli immobili sono stati posti fuori dal perimetro del partito, lontano dagli artigli dei creditori. E sul debito una provvidenziale legge del 14 luglio 1998 (governo Prodi), ritoccata da un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri nel febbraio 2000 (quando, guarda caso, a Palazzo Chigi c’era D’Alema): la garanzia statale pensata per i giornali sovvenzionati che dovevano incassare contributi da Palazzo Chigi veniva estesa anche a “soggetti diversi dalle imprese editrici concessionarie”. Se le banche non riescono ad avere indietro gli immobili dei Ds, insomma, i loro debiti li pagheremo noi contribuenti.
Il patrimonio al sicuro C’era una ragione politica per conferire il patrimonio dei Ds alle fondazioni, cioè a organismi territoriali senza scopo di lucro incaricati di tenere viva la tradizione del partito e custodirne la ricchezza: in tanti, sotto la Quercia, pensavano che l’e-sperimento del Partito democratico non sarebbe durato. E allora nel 2007 si è fatto un matrimonio con la Margherita con la separazione dei beni. Casomai si dovesse tornare indietro. Anche perché i Ds erano ricchi sul territorio e poveri a Roma, al contrario dei margheriti. A Roma il partito di Francesco Rutelli poteva contare sul tesoretto dei rimborsi elettorali da gestire e da spartirsi con alcuni dirigenti, anche in quel caso in autonomia, alle spalle del Pd. Sappiamo com’è finita, con il tesoriere Luigi Lusi, ex senatore, in galera.
I Ds sembravano immuni a questo genere di problemi. Anche grazie, forse, al fatto che il debito accumulato dal Pci era stato ristrutturato nel 2003 da Sposetti, Massimo D’Alema (allora presidente dei Ds) e dal banchiere di fiducia del partito, Cesare Geronzi, all’epoca numero uno della Banca di Roma. Istituto che poi è confluito in UniCredit, capofila dei creditori, guidato a lungo da un altro banchiere non certo ostile al Pd, Alessandro Profumo. Quando è subentrato il meno politicamente connotato Federico Ghizzoni, nel 2011, UniCredit ha iniziato a farsi sotto. E la magia di Sposetti si è dissolta.
Le parti e il tutto La tesi di Sposetti è sempre stata che quasi tutto il patrimonio immobiliare non era a disposizione del partito centrale, visto che si è accumulato in gran parte grazie ai lasciti di militanti che, morendo, affidavano i propri beni ai segretari di federazione, sul territorio: “Non è che perché si chiamano uguale sono la stessa cosa”, dice. Però le banche si sono stancate di credere a questa versione in cui la testa era indipendente dal corpo. Anche perché l’unitarietà del partito traspare facilmente. Per esempio nel settembre 2009, quando l’inclusione dei Ds nel Pd è ormai compiuta, Sposetti scrive a tutti i tesorieri locali e ordina loro di chiudere i conti correnti e trasferire i soldi su un conto romano, cioè al partito centrale. Basta che venga dichiarato nullo un singolo atto di donazione e tutta la costruzione di Sposetti crollerà. Con un potenziale effetto politico interessante: se le donazioni vengono annullate, chi metterà le mani sugli immobili rimanenti, una volta soddisfatte le banche? Tutto il Pd? O se ne occuperanno di nuovo gli ex Ds, Pier Luigi Bersani incluso? Chissà.
Gli altri Ds Le banche hanno un alleato imprevisto nel tentativo di dimostrare che nel 2007 Fassino, Sposetti e la dirigenza dei Ds (c’erano D’Alema e Bersani) hanno fatto cose che non potevano fare, sottraendo gli immobili ai creditori. Si chiama Antonio Corvasce, un avvocato di Barletta che sostiene di essere l’autentico presidente dei Ds, o meglio, del “Partito dei democratici di sinistra, nuova denominazione del Partito democratico della sinistra”. Nel 2008, da consigliere comunale di Barletta eletto nelle file dei Ds, ha annunciato di non aderire al Pd e di rimanere Ds: chi ha partecipato alle primarie democratiche (questa è la sua tesi) ha perso ogni diritto sullo storico simbolo e anche sul patrimonio del partito. “Lo statuto dei Ds vieta la doppia tessera, chi si iscrive a un altro partito si mette fuori”, spiega Corvasce. Che ha riunito un comitato di base e nel 2008 ha convocato un congresso “per la continuità”, sostenendo che i veri di Ds sono quelli che lui guida ancora oggi. Finora quasi tutti i giudici hanno dato ragione a Sposetti e Fassino. Ma Corvasce insiste e, assieme al rappresentante legale del suo partito, il tesoriere Vito D’Aprile, chiede a Sposetti e Fassino di produrre in tribunale documenti per dimostrare che nel 2008 la gestione del patrimonio è stata regolare.
Il verbale misterioso La linea di Fassino e Sposetti si fonda sull’assemblea dei Ds del 26 giugno 2008, la prima dopo la nascita del Pd, decisiva per far proseguire l’esistenza del partito (e assicurarsi così i rimborsi elettorali). Quell’assemblea serve a dimostrare che c’è stata continuità, che Corvasce non può prendersi il simbolo. Fassino e Sposetti producono, nella causa civile contro Corvasce, D’Aprile e i “nuovi” Ds, il verbale di quell’assemblea. Corvasce presenta querela di falso: sostiene che quell’assemblea non c’è mai stata, che Fassino, Sposetti e gli altri hanno gestito i beni del partito come fossero cosa loro violando lo statuto. Il giudice dovrà pronunciarsi.
Ma alcuni dati sono oggettivi: allegata al verbale c’è una lettera di Fassino che, da segretario, annuncia l’apertura del tesseramento nazionale per i Ds il 16 giugno 2008 (quando già c’era il Pd). Dieci giorni dopo il tesseramento è già finito e gli iscritti si trovano all’Hotel Artemide di Roma. Nel verbale si legge che “l’assemblea è costituita in forma totalitaria essendo presenti tutti gli iscritti”. Peccato che poi, nel foglio delle firme, ci siano molti dirigenti che non hanno firmato (i veltroniani Tonini e Bettini, per esempio). Tra quelli che risultano presenti ci sono Pier Luigi Bersani, Antonio Bassolino, Massimo D’Alema. C’è anche la firma di Vincenzo Vita, senatore uscente Pd, che oggi al Fatto dice: “Ho un vago ricordo di quella riunione”. Ma c’era stato davvero un nuovo tesseramento Ds dopo la nascita del Pd? “No, ma quale tesseramento? I Ds hanno continuato a esistere come entità amministrativa, non c’è più stata alcuna attività politica”. Altri dettagli: Fassino e Sposetti producono in tribunale una prima versione del verbale in cui i fogli delle firme non sono autenticati dal notaio. Corvasce protesta ed ecco che appaiono i timbri notarili, ma l’autentica è di due anni dopo, 2010. Sposetti allega anche un video dell’assemblea, in cui Fassino esordisce dicendo che, visto che i Ds non hanno più iscritti, è ora di liquidarne il patrimonio. Il contrario di quanto afferma per iscritto.
Berlinguer sfratta Gramsci Le banche creditrici saranno ben felici di sfruttare queste informazioni per sostenere che le donazioni immobiliari sono nulle. E che le fondazioni locali servono solo a tenere i beni al riparo dal pignoramento (non si registra praticamente alcuna loro attività politica). Nella maggior parte dei casi si limitano ad affittare i locali al Pd. Che paga l’affitto. E se non lo fa viene sfrattato come a Sestu, in Sardegna: Enrico Berlinguer (la fondazione) ha sfrattato Antonio Gramsci (il partito). Uno dei tanti paradossi dovuti alle contorsioni con cui i Ds hanno cercato di far sparire i loro debiti milionari. Senza riuscirci.

giovedì 6 dicembre 2012

Fassino perde le staffe e attacca la consigliera Appendino dandole della Giovanna D'Arco




Pubblicato in data 05/dic/2012
dal minuto 2:54 Fassino alza i toni.
dal minuto 4:37 la controreplica della Appendino.
qui il riassunto della vicenda:http://www.movimentotorino.it/2012/12/davide-contro-golia.html

Breve premessa: nel bilancio del Comune erano previsti 4,5 milioni di euro in entrata da sponsorizzazioni che non verranno accertati poichè, su decisione autonoma del Sindaco e dell'assessore alla cultura, sono stati dirottati ad un soggetto terzo - fondazione FAM.
La prova sono delle lettere firmate da entrambi i soggetti con l'esplicita richiesta agli sponsor di bonificare le cifre direttamente sul conto della FAM.
Dopo un primo intervento in aula in cui chiedevamo spiegazioni in merito (http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=qzl2IL-IDKc), non avendo ricevuto risposte soddifacenti, abbiamo presentato un'interpellanza generale che si è discussa nel consiglio di lunedì 3/12/12 (qui il testo:http://www.comune.torino.it/consiglio/documenti1/atti/testi/2012_06258.pdf). Dopo una risposta non soddisfacente dell'assessore e una dura contro-risposta della Consigliera Appendino, è intervenuto il Sindaco che, invece di dare risposte di merito, ha prima dichiarato "erroneamente" che le risorse non erano previste a bilancio, poi ha attaccato sul piano personale la consigliera.
In conclusione la consigliera, appoggiata dal Consiglio, riprende la parola e ribadisce la sua posizione.
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qui il video con gli interventi completi:http://www.youtube.com/watch?v=r5YuqBeCYXw




Tendere un velo pietoso sul COMMEDIANTE Fassino..(Falce, Martello ed OMERTA'...)e sue FONDAZIONI con le quali commette affaracci alla NASO AQUILINO..
Il suo millantare di essere di SINISTRA..??? (valori della Resistenza che non incarna) di sinistro c'e' solo la sua OSTINATA ISTERIA da **politico** asservito a tutto ed a tutti (anche al COTA..ed elezioni fasulle...vedasi affare con sentenza a proposito del PARTITO dei PENSIONATI per COTA, Piemonte)
Un video mostra in azione il CABARETTISTA PIERO, omertoso sui CONFLITTI di INTERESSE) ed amante dei Musicals a Broadway (Stati Uniti) dove si sa', i metalmeccanici del Paese, Taranto inclusa, vanno spesso, come lui, a RILASSARSI....
(Giovanni Giovannelli)