Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
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sabato 21 marzo 2015
Miliardi alle Grandi Opere e gli alluvionati abbandonati. - Andrea Cioffi
"Incalza fece pressioni per evitare che i fondi del "Terzo Valico" andassero agli alluvionati di Genova, Toscana e Parma.
E Lupi rassicurò Incalza.
Guarda un po' le proposte avanzate dal Movimento 5 Stelle al Senato e bocciate da Pd e Ndc in Senato in data 4 novembre 2014.
Dalle intercettazioni e le carte dell'inchiesta sulle Grandi Opere, emerge come Incalza temesse che i fondi per il Terzo Valico venissero dirottati per aiutare le zone colpite dell'alluvione di novembre.
Fu proprio il Movimento 5 Stelle a proporre questa soluzione di buonsenso durante la discussione di quello scellerato provvedimento che è lo "Sblocca Italia" tanto voluto da Renzi, Lupi e Incalza.
Prima con un emendamento trasformato in un ordine del giorno a prima firma del senatore Marco Scibona, si proponeva di destinare 2 miliardi di euro dei fondi per il "Terzo Valico" alle zone alluvionate liguri, toscane ed emiliane.
Si trattava di 2 miliardi di risorse già disponibili, che anziché ingrossare le casse dell'ennesima grande opera inutile, avversata dagli ambientalisti , potevano essere impiegate per interventi necessari e urgenti in favore delle popolazione colpite.
La seconda proposta era invece un emendamento a mia prima firma che proponeva di stanziare 110 milioni di euro per Genova, Toscana e Parma attingendo le risorse dal Fondo Revoche per infrastrutture e Trasporti e dal Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio.
Il 4 novembre 2014 in Commissione Lavori Pubblici al Senato entrambe le proposte del Movimento 5 Stelle furono bocciate da Pd e Ncd.
Il tutto per la grande gioia immaginiamo di Ercolino Incalza.
I suoi amici al governo avevano di nuovo fermato i "rompicoglioni" del Movimento 5 Stelle. Tutto sulla pelle dei cittadini di Genova, Toscana e Parma.
Vergogna!" Andrea Cioffi, capogruppo M5S Senato
http://www.beppegrillo.it/2015/03/miliardi_alle_grandi_opere_e_gli_alluvionati_abbandonati.html
giovedì 19 marzo 2015
LE CARTE che inguaiano Lupi: dai regali alla cena per la raccolta fondi, dal lavoro al figlio Luca al biglietto gratis per la moglie.
Un alto prelato cercava voti per lui.Tutti dal Papa che attaccò i corrotti.
Non c'è solo il lavoro trovato a suo figlio. C'è anche un viaggio aereo pagato a sua moglie per raggiungere Bari, in occasione di una convention dell'Ncd, ci sono i regali di Natale a lui e al suo staff. E c'è una cena per reperire fondi "nell'interesse del ministro". Insomma, dalle carte dell'inchiesta fiorentina sui grandi appalti, emergono relazioni e scambi fra il 'mondo di Maurizio Lupi' e quello che la procura ha chiamato il 'Sistema', che era guidato dai quattro arrestati con l'accusa di aver pilotato appalti pubblici.Secondo i carabinieri del ros di Firenze, l'ex capo struttura di missione del ministero delle Infrastrutture, Ercole Incalza, faceva in modo di affidare la direzione dei lavori a un ingegnere, Stefano Perotti, che era entrato in contatto con il dicastero grazie a un 'faccendiere', Francesco Cavallo, definito nelle carte degli inquirenti "l'uomo di Lupi".
Per descrivere i rapporti fra gli arrestati e il ministero, i pm fiorentini annotano che "Lupi e la moglie sono stati ospiti dei coniugi Perotti per il fine settimana, nel settembre 2013 e nel dicembre 2013. Con riguardo al secondo incontro in Firenze, allo stesso ha preso parte anche Cavallo".
La moglie del ministro, Emanuela Dalmiglio, viene citata anche in un altro passaggio. In occasione di una convention di Ncd organizzata a Bari da Lupi, Cavallo le procurò il biglietto aereo Milano-Bari. Il prezzo è di 447 euro e il pagamento risulta intestato a Cavallo: "non è dato sapere - spiegano i pm - se tale spesa sia stata rimborsata". Poi c'è l'elenco dei doni 'gestiti' da Cavallo: "contatti ed incontri, anche conviviali - scrivono i pm - nonché l'organizzazione di una cena volta a reperire 'fondi' nell'interesse del ministro" e poi 900 euro in dolci, 1600 in borse, "la fornitura di abiti sartoriali" da 700 euro l'uno "in favore del Ministro Lupi, di suo figlio Luca e dei suoi segretari", l'acquisto di regali natalizi in favore dello stesso ministro e del suo entourage".
Gli inquirenti ritengono che uno di questi fosse destinato alla segreteria di Lupi e costasse 7/8 mila euro. Fra gli 'amici' del ministro che spuntano nelle intercettazioni del 'Sistema' c'è anche l'ex delegato pontificio per la Basilica del Santo a Padova, monsignor Francesco Gioia, che, annotano gli inquirenti, si attivò per reperirgli voti per le europee del 2014.
Monsignor Gioia è citato nelle carte anche perché chiese a Perotti e a Cavallo di trovare un lavoro al proprio nipote e per aver sponsorizzato un imprenditore per l'appalto del Palazzo Italia a Expo. Oltre ai coniugi Lupi, a cena con Cavallo ci va anche loro figlio, Luca. L'8 gennaio 2014, Cavallo lo contatta per "organizzare un po' di cose". Secondo i pm di Firenze, il riferimento è al lavoro da trovare a Luca: infatti, dalle conversazioni intercettate l'8 gennaio 2014 tra Lupi e Incalza, poi tra Incalza e Perotti e infine tra Perotti e Cavallo, "emerge - scrivono i pm - che l'interessamento del Perotti veniva attivato da Incalza, il quale, a sua volta, aveva incontrato Lupi Luca su richiesta del Ministro Lupi".
Secondo i pm, gli arresti sono serviti a interrompere un 'Sistema' che non si era fermato con l'uscita di Incalza dal ministero, a gennaio 2015. "Ancorché Incalza abbia cessato il proprio incarico ministeriale - scrivono - lo stesso continua a frequentare il Ministero e ad esercitare la propria influenza. Incalza stesso - aggiungono - si è assicurato che l'incarico da lui ricoperto venisse affidato a Signorini Paolo, così come in effetti è avvenuto". Non manca un tocco di colorato paradosso: "E' davvero singolare la personalità di Perotti e di Cavallo - scrivono gli inquirenti nel motivare 'la sussistenza delle esigenze cautelari' -
Seppur capaci di tessere fitte trame corruttive, il 27 marzo 2014 alle 6.30 partecipano alla messa in Vaticano di Papa Francesco" che pronunciò, "davanti a politici ed imprenditori, un'omelia sulla corruzione che ha suscitato clamore".
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2015/03/18/dai-regali-alla-cena-per-la-raccolta-fondi-dal-lavoro-al-figlio-luca-al-biglietto-gratis-per-la-moglie-le-carte-che-inguaiano-lupi_8c9c5f36-1702-47fb-a0eb-68dabbc22ec1.html
martedì 17 marzo 2015
''Il M5S è il solito rompimento di coglioni'' #Incalza.
"Ercole Incalza era già stato sgamato dai portavoce 5 stelle.
In una interrogazione parlamentare dello scorso luglio, si chiedeva al ministro Lupi, alla luce dei 14 procedimenti penali in cui è stato coinvolto l’ingegner Incalza, salvato dalla condanna solo grazie alla prescrizione della ex Cirielli, se non fosse il caso di revocare il suo incarico alla struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture.
“Così come Ercole Incalza ha aiutato il ministro Lupi nello svolgimento della sua attività istituzionale e in quella politica - scrive il gip di Firenze - così quest’ultimo è spesso intervenuto in suo favore prendendone le difese”.
Così, giusto per andare sul sicuro, Lupi decide di far scrivere la risposta all’interrogazione direttamente all’avvocato di Incalza, Titta Madia. Il cognome non vi suona nuovo? Certo, è lo zio del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia (lo dice lei stessa). Che coincidenza.
Ma il meglio deve ancora venire.
L’interrogazione del M5S, comunque, qualche preoccupazione l’aveva generata. Tanto che, una volta fatto il passaggio parlamentare in cui Lupi mette le vesti di avvocato di Incalza, gli investigatori registrano una telefonata. Antonia Incalza, figlia di Ercole, chiede a Sandro Pacella, braccio destro dell’ingegnere (“segretario, mediatore e consulente” come descritto dai giudici fiorentini che ne hanno ordinato l’arresto), notizie sull’interrogazione del M5S. Sentite cosa dice:
“No è andata ... ha letto quello che ha scritto Titta e lui ... e poi questi (il M5S, ndr) hanno replicato sul discorso dell'opportunità e comunque che è stato prosciolto con l'ex Cirielli che non c'entra un cazzo ... ‘sia Incalza sia lei’ rivolto al Ministro… ‘dovreste per opportunità andare via perché anche lei è indagata per abuso d'ufficio’ … questo è ... niente di che niente di che ... la risposta di Maurizio (Lupi, ndr) ... lo mette anche bene... chiara quindi non c'è stato problema... i soliti rompimenti di coglioni che fanno male questo è chiaro devi spiegare a papà ... però che dobbiamo fare?”
" M5S Parlamento
http://www.beppegrillo.it/2015/03/il_m5s_e_il_solito_rompimento_di_coglioni_incalza.html
Il patto tra il ministro Lupi e Incalza: "Per te faccio cadere il governo". E a suo figlio, Rolex, vestiti e lavoro. - Carlo Bonini
Il presidente di Anas Pietro Ciucci e il ministro Maurizio Lupi/Anas
La telefonata: "Ti garantisco che se viene abolita la Struttura Tecnica di missione viene giù tutto... Se no vanno a cagare, cazzo".
ROMA . Non è iscritto nel registro degli indagati Maurizio Lupi. Ma le buone notizie, per lui, finiscono qui. Le 268 pagine dell'ordinanza del gip Angelo Antonio Pezzuti lo documentano ministro nelle mani dell'associazione per delinquere che, negli ultimi 15 anni, ha gestito appalti delle Grandi opere pubbliche per 25 miliardi di euro. Poco più che un ventriloquo di chi di quell'associazione è il motore: l'immarcescibile Ercole, "Ercolino", Incalza, "il venditore di fumo e cipolle", "l'uomo che vuol far credere che la luna è fatta di formaggio ", come dicono di lui nelle intercettazioni. Il Kaiser Soze delle Infrastrutture (14 procedimenti penali a carico e una sequela di assoluzioni o archiviazioni per "intervenuta prescrizione"). Così potente da "scrivere il programma del Ncd", da chiedere e ottenere la protezione di Alfano quando l'aria si fa greve e da mandargli un suo uomo, Francesco Cavallo, per cancellare un'interdittiva antimafia. Padrone a tal punto del Grande Gioco da imporre a Lupi la scelta dei suoi due sottosegretari, gli ex socialisti Riccardo Nencini e Umberto Del Basso De Caro. "Dopo che hai dato la sponsorizzazione per Nencini lo abbiamo fatto viceministro - si compiace Lupi con Incalza al telefono - Ora parlagli e digli che non rompa i coglioni. E comunque complimenti, sei sempre più coperto...".
"SE ROMPONO FACCIO LA CRISI"
Già, Lupi è a tal punto prigioniero di Incalza che, non solo - come annota l'ordinanza - va a difenderlo in Parlamento rispondendo a una lunga interrogazione dei 5 Stelle con un testo preparato dall'avvocato del grand commis (Titta Madia). Fa di più. Il 16 dicembre scorso è pronto a far cadere il governo Renzi, o comunque a giocare la carta del ricatto politico, se Palazzo Chigi dovesse insistere nel pretendere la soppressione o comunque il diretto controllo della Struttura tecnica di missione (di cui Incalza è presidente e che del sistema di corruzione è il perno). "Vado io - dice il ministro a "Ercolino" - Te lo dico già... Cioè io vorrei che tu dicessi a chi lavora con te che se no vanno a cagare! Cazzo! Non possono dire altre robe! Su questa roba ci sarò io lì e ti garantisco che se viene abolita la Struttura tecnica di missione viene giù il governo! L'hai capito? Non l'hanno capito?".
Del resto, quello che succede negli uffici di Porta Pia sembra il segreto di Pulcinella e trova una nitida descrizione nelle parole di Giovanni Paolo Gaspari (nipote dell'ex ministro dc Remo), già alto dirigente delle Ferrovie dello Stato e consigliere del ministero. Il 25 novembre del 2013, al telefono con Giulio Burchi, già presidente di Italferr spa, dice: "Ercolino... è lui che decide i nomi. Fa il bello e il cattivo tempo lì dentro. Il dominus totale. Al 100 per cento. Non si muove foglia. Sempre tutto lui fa. Tutto, tutto, tutto! Ti posso garantire. Maurizio (Lupi ndr) crede di fare qualcosa. Ma fa quello che gli dice quest'altro". Al punto da costruirgli annualmente il "bando su misura" che lo deve riconfermare nell'incarico di capo della Struttura tecnica. "Hanno naturalmente fatto un bando che si adatta solo ad Ercolino. Cioè deve aver fatto il capo della Struttura tecnica di missione per 10 anni, se no non può concorrere... Hai capito? ".
Già, Lupi è a tal punto prigioniero di Incalza che, non solo - come annota l'ordinanza - va a difenderlo in Parlamento rispondendo a una lunga interrogazione dei 5 Stelle con un testo preparato dall'avvocato del grand commis (Titta Madia). Fa di più. Il 16 dicembre scorso è pronto a far cadere il governo Renzi, o comunque a giocare la carta del ricatto politico, se Palazzo Chigi dovesse insistere nel pretendere la soppressione o comunque il diretto controllo della Struttura tecnica di missione (di cui Incalza è presidente e che del sistema di corruzione è il perno). "Vado io - dice il ministro a "Ercolino" - Te lo dico già... Cioè io vorrei che tu dicessi a chi lavora con te che se no vanno a cagare! Cazzo! Non possono dire altre robe! Su questa roba ci sarò io lì e ti garantisco che se viene abolita la Struttura tecnica di missione viene giù il governo! L'hai capito? Non l'hanno capito?".
Del resto, quello che succede negli uffici di Porta Pia sembra il segreto di Pulcinella e trova una nitida descrizione nelle parole di Giovanni Paolo Gaspari (nipote dell'ex ministro dc Remo), già alto dirigente delle Ferrovie dello Stato e consigliere del ministero. Il 25 novembre del 2013, al telefono con Giulio Burchi, già presidente di Italferr spa, dice: "Ercolino... è lui che decide i nomi. Fa il bello e il cattivo tempo lì dentro. Il dominus totale. Al 100 per cento. Non si muove foglia. Sempre tutto lui fa. Tutto, tutto, tutto! Ti posso garantire. Maurizio (Lupi ndr) crede di fare qualcosa. Ma fa quello che gli dice quest'altro". Al punto da costruirgli annualmente il "bando su misura" che lo deve riconfermare nell'incarico di capo della Struttura tecnica. "Hanno naturalmente fatto un bando che si adatta solo ad Ercolino. Cioè deve aver fatto il capo della Struttura tecnica di missione per 10 anni, se no non può concorrere... Hai capito? ".
GLI AMICI PEROTTI E CAVALLO
Per Lupi, essere nelle mani di Incalza significa rispondere anche ai due uomini che ne sono i suoi facilitatori: Stefano Perotti (che di Incalza è anche socio nella "Green Field system", la società in cui ritorna il denaro prezzo della corruzione), l'ingegnere asso piglia tutto delle direzioni dei lavori imposte da Incalza ai general contractor delle Grandi opere, e Francesco Cavallo, un tipo senza arte né parte che, come si legge nel suo curriculum ("Negli ultimi 10 anni - scrive di sé - ho maturato esperienze significative nella gestione delle relazioni istituzionali, promuovendo e coadiuvando con successo i rapporti con opinion leaders, policy maker, istituzioni e stakeholders e gli affari istituzionali delle organizzazioni con le quali ho collaborato"), ha pochi ma decisivi meriti: è uomo di Cl (di cui Lupi è espressione nel governo e da cui è retribuito in pianta stabile attraverso "La Cascina" per "prestazioni inesistenti"), è stato amministratore delegato dell'Editrice del settimanale di area " Tem pi" e consigliere della Metropolitana milanese negli anni di Letizia Moratti sindaco. Ma, soprattutto, conosce Lupi dal 2004, come documentato da un'inchiesta di Bari sulla coop bianca "La Fiorita".
Nel rapporto tra Lupi e Perotti - che fino a prova contraria lavora con appalti del ministero - c'è un tratto amicale che non ha evidentemente in alcuna considerazione anche solo l'imbarazzo per un oggettivo conflitto di interesse. Lupi e signora sono regolarmente ospiti delle cene organizzate da Perotti nella sua casa di Firenze. Partecipano, la scorsa estate, al matrimonio della figlia in una cornice di ballerine vestite da farfalle. E, siccome - come scriveva Flaiano - gli italiani innanzitutto "tengono famiglia", Perotti si prende cura del giovane Luca, figlio del ministro, una laurea in ingegneria al Politecnico di Milano e una prima esperienza di lavoro a San Francisco.
PER LUCA REGALI E INCARICHI
A gennaio del 2014, Perotti fa infatti assumere Luca Lupi - ragazzo a cui tiene dai giorni della laurea per la quale ha pensato bene di regalare un Rolex da 10.350 euro - dal cognato, Giorgio Mor, mettendolo a lavorare nel cantiere per il palazzo di San Donato dell'Eni, di cui ha la direzione dei lavori. "Il ragazzo deve prendere 2.000 euro più Iva mensili", istruisce la segretaria e si raccomanda con il cognato di "farlo diventare il suo uomo su Milano". Ma che in quell'assunzione ci sia qualcosa che non va e che la cosa dunque non vada fatta sapere in giro è così chiaro a tutti che, al telefono, il nome di Luca Lupi non viene pronunciato. Per tutti è "il cugino della moglie di Perotti". E lo stesso Mor chiede di essere rassicurato se "la triangolazione" (e cioè l'assunzione per via indiretta, ma con costi a carico di Perotti) "non sia rischiosa ". È un fatto che, nel febbraio del 2014, dopo l'interrogazione dei 5 Stelle su Incalza e un articolo del " Fatto" che lo collega a Perotti, il figlio dell'ingegnere, Philippe, suggerisca al padre che da quel momento "niente più mail o telefono". E che, un mese fa, Perotti decida di aiutare il figlio del ministro a cambiare aria con un lavoro a New York, chiedendo che lo prenda in carico l'amico Tommaso Boralevi.
C'è anche chi pensa a saldare i vestiti sartoriali del ragazzo. È Cavallo. Che del resto è generoso anche con Nicola Beneduce, uomo nella segreteria di Lupi. Anche per lui, insieme al sarto che serve Lupi jr., un bell'orologio. "Tra i 7 gli 8 mila euro".
Per Lupi, essere nelle mani di Incalza significa rispondere anche ai due uomini che ne sono i suoi facilitatori: Stefano Perotti (che di Incalza è anche socio nella "Green Field system", la società in cui ritorna il denaro prezzo della corruzione), l'ingegnere asso piglia tutto delle direzioni dei lavori imposte da Incalza ai general contractor delle Grandi opere, e Francesco Cavallo, un tipo senza arte né parte che, come si legge nel suo curriculum ("Negli ultimi 10 anni - scrive di sé - ho maturato esperienze significative nella gestione delle relazioni istituzionali, promuovendo e coadiuvando con successo i rapporti con opinion leaders, policy maker, istituzioni e stakeholders e gli affari istituzionali delle organizzazioni con le quali ho collaborato"), ha pochi ma decisivi meriti: è uomo di Cl (di cui Lupi è espressione nel governo e da cui è retribuito in pianta stabile attraverso "La Cascina" per "prestazioni inesistenti"), è stato amministratore delegato dell'Editrice del settimanale di area " Tem pi" e consigliere della Metropolitana milanese negli anni di Letizia Moratti sindaco. Ma, soprattutto, conosce Lupi dal 2004, come documentato da un'inchiesta di Bari sulla coop bianca "La Fiorita".
Nel rapporto tra Lupi e Perotti - che fino a prova contraria lavora con appalti del ministero - c'è un tratto amicale che non ha evidentemente in alcuna considerazione anche solo l'imbarazzo per un oggettivo conflitto di interesse. Lupi e signora sono regolarmente ospiti delle cene organizzate da Perotti nella sua casa di Firenze. Partecipano, la scorsa estate, al matrimonio della figlia in una cornice di ballerine vestite da farfalle. E, siccome - come scriveva Flaiano - gli italiani innanzitutto "tengono famiglia", Perotti si prende cura del giovane Luca, figlio del ministro, una laurea in ingegneria al Politecnico di Milano e una prima esperienza di lavoro a San Francisco.
PER LUCA REGALI E INCARICHI
A gennaio del 2014, Perotti fa infatti assumere Luca Lupi - ragazzo a cui tiene dai giorni della laurea per la quale ha pensato bene di regalare un Rolex da 10.350 euro - dal cognato, Giorgio Mor, mettendolo a lavorare nel cantiere per il palazzo di San Donato dell'Eni, di cui ha la direzione dei lavori. "Il ragazzo deve prendere 2.000 euro più Iva mensili", istruisce la segretaria e si raccomanda con il cognato di "farlo diventare il suo uomo su Milano". Ma che in quell'assunzione ci sia qualcosa che non va e che la cosa dunque non vada fatta sapere in giro è così chiaro a tutti che, al telefono, il nome di Luca Lupi non viene pronunciato. Per tutti è "il cugino della moglie di Perotti". E lo stesso Mor chiede di essere rassicurato se "la triangolazione" (e cioè l'assunzione per via indiretta, ma con costi a carico di Perotti) "non sia rischiosa ". È un fatto che, nel febbraio del 2014, dopo l'interrogazione dei 5 Stelle su Incalza e un articolo del " Fatto" che lo collega a Perotti, il figlio dell'ingegnere, Philippe, suggerisca al padre che da quel momento "niente più mail o telefono". E che, un mese fa, Perotti decida di aiutare il figlio del ministro a cambiare aria con un lavoro a New York, chiedendo che lo prenda in carico l'amico Tommaso Boralevi.
C'è anche chi pensa a saldare i vestiti sartoriali del ragazzo. È Cavallo. Che del resto è generoso anche con Nicola Beneduce, uomo nella segreteria di Lupi. Anche per lui, insieme al sarto che serve Lupi jr., un bell'orologio. "Tra i 7 gli 8 mila euro".
Funzionari oscuri e politici imbelli. - Massimo Gramellini
Noi non conosciamo i tecnocrati di Stato, questa casta segreta di dirigenti pubblici che le statistiche internazionali considerano la meno efficiente e la più pagata del mondo. Non li conosciamo perché si rifiutano scaltramente di andare in televisione: l'assenza di volto è per loro garanzia di impunità e di durata.
Chi di voi, fino a ieri, sapeva dell'esistenza di Ercole Incalza, da trent'anni burattinaio delle grandi opere, colui che decide cosa si fa e soprattutto chi lo fa? Proviene dalla Cassa del Mezzogiorno, la «cantera» dello spreco italico, e da lì è passato ai Lavori Pubblici, dove ha comandato da monarca assoluto con gli ultimi sette governi di destra, sinistra e centro.
Il processo ci dirà se l'ingegner Incalza è davvero il corruttore che lo accusano di essere. Di sicuro consentire a un uomo - fosse anche San Francesco - di imbullonarsi per decenni a una poltrona, maturando relazioni e segreti che potrà usare come arma di scambio e di ricatto, è lo specchio di un sistema marcio e imbelle. Perché noi non sapevamo di Incalza, ma la politica sì.
Arrivato al ministero, l'onorevole Lupi ha trovato il mandarino dei Lavori Pubblici ormai in pensione eppure ancora al vertice di una fantomatica «struttura tecnica di missione» che gli consentiva di continuare a dirigere, a settantuno anni, il traffico degli appalti.
Invece di accompagnarlo ai giardinetti, Lupi lo ha difeso in privato e nelle aule parlamentari, lodandone le qualità insostituibili quando i Cinquestelle ne chiesero la testa. E adesso si scopre che l'imprenditore Perotti, indagato perché in combutta con Incalza, regalò al figlio neolaureato del ministro un Rolex e un posto di lavoro nello studio del cognato. Corrotti, corruttori, figli e cognati: il selfie del nostro Paese.
La nausea è tanta, ma la soluzione sarebbe semplice. Limitare drasticamente la durata degli incarichi pubblici e considerare il ministro in carica responsabile degli atti firmati dai suoi burocrati. In tal caso, Lupi dovrebbe dimettersi in giornata.
Luca Lupi, il figlio del ministro coinvolto nell'inchiesta Grandi appalti.
Luca Lupi, figlio del ministro delle Infrastrutture del governo Renzi.
Papà Maurizio ha diramato anche una nota alle agenzie, nel primo pomeriggio del 16 marzo, per provare a bloccare la “macchina del fango”.
Ma il turbillion ormai era partito, l'intercettazione servita di buona lena, lo “scandalo” scoppiato.
E così, nel giro di poche ore dall'ennesima retata anti-mazzette, il giovane Luca Lupi, 25 anni, figlio del ministro delle Infrastrutture, si è ritrovato su tutte le prima pagine dei giornali.
Il suo nome, infatti, compare negli atti dell'indagine della procura di Firenze su un presunto giro di tangenti legate alla realizzazione delle grandi opere - Tav ed Expo, ma no solo - che ha portato all'arresto di quattro persone e all'iscrizione nel registro degli indagati di altre 50.
Ma il turbillion ormai era partito, l'intercettazione servita di buona lena, lo “scandalo” scoppiato.
E così, nel giro di poche ore dall'ennesima retata anti-mazzette, il giovane Luca Lupi, 25 anni, figlio del ministro delle Infrastrutture, si è ritrovato su tutte le prima pagine dei giornali.
Il suo nome, infatti, compare negli atti dell'indagine della procura di Firenze su un presunto giro di tangenti legate alla realizzazione delle grandi opere - Tav ed Expo, ma no solo - che ha portato all'arresto di quattro persone e all'iscrizione nel registro degli indagati di altre 50.
LAVORO E REGALONE. Secondo i pm, Stefano Perotti - uno dei quattro arrestati con l'accusa di corruzione - per ingraziarsi il favore del ministro, di cui è amico da molto tempo, avrebbe procurato un lavoro proprio al figlio Luca nel cantiere del nuovo centro direzionale dell'Eni a San Donato.
E sempre dai coniugi Perotti il giovane avrebbe ricevuto un generoso regalo in occasione della laurea, un Rolex da 10 mila euro.
A NEW YORK DA MARZO. «Non ho mai chiesto all'ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato», ha dichiarato il ministro Lupi, precisando che il figlio lavora a New York dai primi di marzo.
In effetti Luca, che non è indagato nell'inchiesta, ha lasciato l'Italia un paio di settimane fa.
Studente modello, «perbene, serio e in gamba»
Diplomato al liceo scientifico Istituto Sacro Cuore di Milano (voto finale 100/100), il primogenito del ministro si è laureato al Politecnico in ingegneria civile con 110 e lode, nel 2013. Scriveva sulla rivista dell'ateneo, Polipo, e per un po' ha fatto volontariato con il Banco Alimentare. Un «ragazzo perbene, serio e in gamba», dicono di lui in ateneo.
INTERNSHIP IN CALIFORNIA. Gli studi per la tesi - tema: “Integration of New Typologies in Design and Analysis” - gli sono valsi sei mesi di internship in California prima della laurea, nello studio Som (Skidmore owings and Merrill Llp), lo stesso che da marzo l'ha chiamato a lavorare nella sede di New York.
Prima del trasferimento, però, il giovane ingegnere ha lavorato come consulente per lo studio di architettura e ingegneria Mor, di Girogio Mor.
Ed è su questa consulenza che si sono appuntate le attenzioni dei magistrati.
I PM: «DUE MILA EURO AL MESE». «Perotti nell'ambito della commessa Eni, stipulerà un contratto con Giorgio Mor, affidandogli l'incarico di coordinatore del lavoro che, a sua volta, nominerà quale 'persona fissa in cantiere' Luca Lupi' per 2 mila euro al mese», scrive il Gip nell'ordinanza.
IL MINISTRO: «ERANO 1.300 NETTI». In realtà i termini dell'accordo non erano esattamente questi: «In attesa del visto per lavorare negli Stati Uniti», ha spiegato il ministro Lupi, «ha lavorato da febbraio 2014 a febbraio 2015 presso lo studio Mor di Genova con un contratto a partita Iva per un corrispettivo di 1.300 euro netti al mese».
lunedì 16 marzo 2015
Arrestato Ercole Incalza, super dirigente delle grandi opere. - M.F.r.
Il super-dirigente delle Infrastrutture è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Procura fiorentina sull'Alta Velocità.
Il super-dirigente del ministero dei Lavori Pubblici Ercole Incalza, è tra i quattro arrestati dell'inchiesta della Procura di Firenze e del Ros. Gli altri sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Fondi del governo ci tengono a precisare che Incalza «attualmente non riveste nessun ruolo o funzione neanche a titolo gratuito».
Secondo l'accusa sarebbe stato proprio Incalza - definito «potentissimo dirigente» del ministero dei Lavori Pubblici, dove è rimasto per 14 anni, attraversando sette governi, fino all'attuale - il principale artefice del «sistema corruttivo» scoperto dalla procura di Firenze.
Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di 'dominus' della Struttura tecnica di missione del ministero dei Lavori pubblici, ad organizzare l'illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti, cui veniva spesso affidata la direzione dei lavori degli appalti
incriminati.
Riguardo agli altri due arrestati, Pacella è un funzionario del ministero, stretto collaboratore di Incalza, così come gravitava nell'ambito del dicastero anche Cavallo, presidente del Cda di Centostazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato.
L'inchiesta fiorentina
L'inchiesta coordinata dalla procura di Firenze ha portato già a quattro arresti e vede oltre 50 indagati. Il bando dell'inchiesta è il nodo fiorentino dell'Alta Velocità e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l'inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell'Alta velocità del centro-nord Italia ed a una lunga serie di appalti relativi ad altri grandi opere, compresi alcuni relativi all'Expo.
Le accuse
Agli indagati vengono contestati i reati di corruzione induzione indebita, turbata libertà degli incanti e altri delitti contro la Pa. Le ordinanze di custodia cautelare sono in corso di esecuzione dalle prime ore di questa mattina a Roma e a Milano da parte del Ros, che contestualmente sta effettuando in diverse regioni perquisizioni di uffici pubblici e sedi societarie riconducibili agli indagati. Un «articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori»: è quanto evidenziato dall'inchiesta.
Secondo i carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore Giuseppe Creazzo, Incalza aveva anche «portato un rilevante contributo» per agevolare il Consorzio Nodavia, capeggiato dalla Cooperativa rossa Coopsette.
Chi è Ercole Incalza e cosa fa la struttura di missioneLa carrierra di Ercole Incalza, già dirigente di lungo corso del ministero delle Infrastrutture, ha avuto una svolta nel 2001 con la nomina a capo della segreteria tecnica del ministro Pietro Lunardi (governo Berlusconi); ed è poi rimasto al ministero per quattordici anni, attraversando sette governi, lasciando l'incarico solo il 31 dicembre scorso. È passato attraverso Antonio Di Pietro (governo Prodi), quindi è stato promosso capo struttura di missione da Altero Matteoli (di nuovo Berlusconi), confermato da Corrado Passera (governo Monti), Lupi (governo Letta) e poi ancora Lupi (governo Renzi), fino a tre mesi fa. La struttura di missione delle Infrastrutture è lo snodo di tutte le grandi opere del Paese, il nuclueo dirigenziale del governo che sovrintende all'attuazione della legge obiettivo, al piano nazionale delle infrastrutture al monitoraggio di tutti gli investimenti.
Dalla Cassa del Mezzogiorno alla Tav Ma la dirigenza di Incalza alla Struttura di missione è solo l'ultima parte di una lunga carriera iniziata negli anni '70 alla Cassa per il Mezzogiorno, della quale diventa dirigente nel 1978, assumendo nel marzo 1980 la responsabilità del Progetto Speciale dell'Area Metropolitana di Palermo. Giovane socialista pugliese approda al ministero dei Trasporti con Claudio Signorile.
Nel 1983 è consigliere del ministro dei Trasporti, poi nel giugno 1984 assume la responsabilità di capo della segreteria tecnica del Piano Generale dei Trasporti. Dal gennaio 1985 dirigente generale della direzione generale della Motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, passa alle Ferrovie dello Stato nell'agosto 1991, per diventare amministratore Delegato della Treno Alta velocità Tav Spa dal settembre 1991 al novembre 1996.
Nel 1998 finisce ai domiciliari insieme all'ex presidente di Italferr Maraini. Dopo la bufera della Tangentopoli di Necci e Pacini Battaglia a metà degli anni Novanta, Incalza torna alla ribalta al ministero di Porta con Pietro Lunardi e diventa poi il braccio destro del ministro Altero Matteoli con l'incarico di capo della struttura tecnica di missione.
Secondo l'accusa sarebbe stato proprio Incalza - definito «potentissimo dirigente» del ministero dei Lavori Pubblici, dove è rimasto per 14 anni, attraversando sette governi, fino all'attuale - il principale artefice del «sistema corruttivo» scoperto dalla procura di Firenze.
Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di 'dominus' della Struttura tecnica di missione del ministero dei Lavori pubblici, ad organizzare l'illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti, cui veniva spesso affidata la direzione dei lavori degli appalti
incriminati.
Riguardo agli altri due arrestati, Pacella è un funzionario del ministero, stretto collaboratore di Incalza, così come gravitava nell'ambito del dicastero anche Cavallo, presidente del Cda di Centostazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato.
L'inchiesta fiorentina
L'inchiesta coordinata dalla procura di Firenze ha portato già a quattro arresti e vede oltre 50 indagati. Il bando dell'inchiesta è il nodo fiorentino dell'Alta Velocità e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l'inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell'Alta velocità del centro-nord Italia ed a una lunga serie di appalti relativi ad altri grandi opere, compresi alcuni relativi all'Expo.
Le accuse
Agli indagati vengono contestati i reati di corruzione induzione indebita, turbata libertà degli incanti e altri delitti contro la Pa. Le ordinanze di custodia cautelare sono in corso di esecuzione dalle prime ore di questa mattina a Roma e a Milano da parte del Ros, che contestualmente sta effettuando in diverse regioni perquisizioni di uffici pubblici e sedi societarie riconducibili agli indagati. Un «articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori»: è quanto evidenziato dall'inchiesta.
Secondo i carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore Giuseppe Creazzo, Incalza aveva anche «portato un rilevante contributo» per agevolare il Consorzio Nodavia, capeggiato dalla Cooperativa rossa Coopsette.
Chi è Ercole Incalza e cosa fa la struttura di missioneLa carrierra di Ercole Incalza, già dirigente di lungo corso del ministero delle Infrastrutture, ha avuto una svolta nel 2001 con la nomina a capo della segreteria tecnica del ministro Pietro Lunardi (governo Berlusconi); ed è poi rimasto al ministero per quattordici anni, attraversando sette governi, lasciando l'incarico solo il 31 dicembre scorso. È passato attraverso Antonio Di Pietro (governo Prodi), quindi è stato promosso capo struttura di missione da Altero Matteoli (di nuovo Berlusconi), confermato da Corrado Passera (governo Monti), Lupi (governo Letta) e poi ancora Lupi (governo Renzi), fino a tre mesi fa. La struttura di missione delle Infrastrutture è lo snodo di tutte le grandi opere del Paese, il nuclueo dirigenziale del governo che sovrintende all'attuazione della legge obiettivo, al piano nazionale delle infrastrutture al monitoraggio di tutti gli investimenti.
Dalla Cassa del Mezzogiorno alla Tav Ma la dirigenza di Incalza alla Struttura di missione è solo l'ultima parte di una lunga carriera iniziata negli anni '70 alla Cassa per il Mezzogiorno, della quale diventa dirigente nel 1978, assumendo nel marzo 1980 la responsabilità del Progetto Speciale dell'Area Metropolitana di Palermo. Giovane socialista pugliese approda al ministero dei Trasporti con Claudio Signorile.
Nel 1983 è consigliere del ministro dei Trasporti, poi nel giugno 1984 assume la responsabilità di capo della segreteria tecnica del Piano Generale dei Trasporti. Dal gennaio 1985 dirigente generale della direzione generale della Motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, passa alle Ferrovie dello Stato nell'agosto 1991, per diventare amministratore Delegato della Treno Alta velocità Tav Spa dal settembre 1991 al novembre 1996.
Nel 1998 finisce ai domiciliari insieme all'ex presidente di Italferr Maraini. Dopo la bufera della Tangentopoli di Necci e Pacini Battaglia a metà degli anni Novanta, Incalza torna alla ribalta al ministero di Porta con Pietro Lunardi e diventa poi il braccio destro del ministro Altero Matteoli con l'incarico di capo della struttura tecnica di missione.
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