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martedì 16 marzo 2021

Terzo Valico, gare truccate e mazzette ad alta velocità: in 30 a giudizio. Anche l’ad di WeBuild Pietro Salini e il supermanager Ercole Incalza. - Marco Grasso

 

L’idea di affidarsi ai campioni nazionali dell’industria è stato il sogno della stagione in cui tramontava la Prima Repubblica: la convinzione era che i privati, con leggi speciali, potessero fare meglio, in modo più rapido, onesto ed efficiente del settore pubblico, travolto da Tangentopoli. Anche quella strada però ha portato alle aule di giustizia. Con la Cassazione che ha ribadito che il general contractor, sostituito allo Stato, risponde degli stessi reati, corruzione e turbativa d’asta, come incaricato di pubblico servizio. Per l’accusa, dietro all’Alta velocità c’è un campionario ricorrente in altre vicende italiane: appalti truccati, mazzette, serate con escort, commistioni di alto livello tra politica e imprenditoria, costi gonfiati.

Ieri il giudice per le indagini preliminari di Genova, Filippo Pisaturo, ha rinviato a giudizio oltre trenta persone. Il nome più noto è Pietro Salini: amministratore delegato di We Build, uomo della ricostruzione del Ponte di Genova e a capo del consorzio che vorrebbe costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. Prosciolto per uno dei capi di imputazione perché prescritto, è stato mandato a giudizio per vari episodi di turbativa d’asta sui tunnel del Terzo Valico ferroviario, la nuova linea fra Genova e Milano, arrivati a costare oltre 6 miliardi. Insieme a lui sono indagati, fra gli altri: il grand commis dei lavori pubblici italiani Ercole Incalza; l’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio e il figlio Gian Domenico (quest’ultimo indagato anche per corruzione); Michele Longo, ex presidente di Cociv, general contractor del Terzo Valico, partecipato a maggioranza da Impregilo; l’imprenditore Stefano PerottiDuccio Astaldi, patron di Condotte d’Acqua Spa. Assolto Alberto Rubegni, presidente del Gruppo Gavio.

La busta bianca “Ingegne’, ecco la paghetta”.

Il rischio concreto, però, è che la montagna partorisca il proverbiale topolino. L’operazione Amalgama, una delle indagini più dirompenti sulla pubblica amministrazione degli ultimi anni, si sviluppa fra il 2014 e il 2016. Ci lavorano tre Procure: Firenze indaga sui rapporti degli imprenditori impegnati nell’Alta velocità in Toscana con i palazzi romani; Roma su corruzione e il sospetto di infiltrazioni di uomini considerati vicini ai clan; Genova sul filone del Terzo Valico. La parte toscana viene spezzettata e in parte archiviata. Il procedimento romano è da tre anni in un limbo di competenza territoriale: se lo sono passati il tribunale della capitale, Terni, Bolzano e Alessandria. L’unico filone che va a dibattimento è quello ligure. Ma andrà poco lontano: sempre che non arrivino assoluzioni nel merito, le turbative si prescrivono fra la metà 2021 e l’inizio del 2022.

Nella loro richiesta, i pm Paola Calleri e Francesco Cardona Albini descrivono così il sistema Terzo Valico: “Le gare venivano aggiudicate non applicando o comunque distorcendo le norme del codice degli appalti per favorire una determinata impresa a discapito di altre, per ragioni a volte correlate a patti corruttivi, oppure per motivi di interesse aziendale inerenti i rapporti con i due azionisti di riferimento del Cociv, Salini Impregilo Spa e Condotte d’Acqua”. Alcune tangenti vengono filmate in diretta dalla Guardia di finanza. È il 16 dicembre 2014. L’imprenditore campano Antonio Giugliano entra nell’ufficio dell’ex direttore generale Cociv Pietro Marcheselli. Ha una busta bianca in mano. In silenzio fa il segno del numero dieci con la mano: “Ingegnè, ecco la paghetta”. Di paghette, per gli investigatori, ne giravano parecchie. A volte erano definite “mozzarelle”. Per quei fatti hanno patteggiato in quattro, tutte pene sotto a i due anni: Marcheselli, il suo collega Maurizio Dionisi, Giugliano e il suo collaboratore. Un altro funzionario del consorzio, Giulio Frulloni, accusato di essere stato corrotto con escort, è deceduto a inchiesta in corso.

Le liti familiari “Questi si sono presi a bottigliate”.

Le gare erano costantemente truccate, per la Procura, anche dove non sono state trovate tracce di corruzione. Alle imprese amiche venivano svelate le offerte in anticipo, escamotage che consentiva di offrire anche “50 euro in meno”. “I vertici del Cociv – scrivo i pm – facevano riferimento a Pietro Salini, per ogni decisione di rilievo attinente a Cociv”. Nell’inchiesta va in scena anche una sorta di dinasty familiare. A Pietro Salini (assistito dall’avvocato Grazia Volo) viene contestata l’esclusione del cugino Claudio (poi morto in un incidente stradale), e della sua azienda, la Salc. “Si sono presi a bottigliate, lui non lo vuole vedere”, commentano alcuni funzionari Cociv. “Mi raccomando in tutti i modi di evitare che possa avere qualcosa”, dice lo stesso Salini a Longo, in una delle intercettazioni. “Non ci sono state turbative d’asta, tuttalpiù si trattava di scelte sull’affidabilità – commenta l’avvocato Giuseppe Zanalda, che assiste molti degli indagati col figlio Emanuele – siamo soddisfatti dell’assoluzione dell’ingegnere Rubegni (difeso con Fabio Fossati), il giudice ha sconfessato i pm”.

Il filone romano rimbalzato tra pm.

L’inchiesta di Genova ha acquisito in parte anche degli altri fascicoli. Quello romano, da cui emerge la figura di Domenico Gallo, imprenditore calabrese nei cui confronti la Procura di Reggio Calabria ha eseguito un sequestro antimafia da 200 milioni di euro. Sarebbe stato socio occulto di un funzionario, Giampiero De Michelis, anche lui indagato: “Abbiamo creato un mostro”, dicono di lui i funzionari di Cociv. C’è infine la vicenda che coinvolte Giampiero Monorchio, figlio di Andrea, ex ragioniere dello Stato.

In una delle telefonate registrate è l’ex potentissimo capo dei Consiglio dei lavori pubblici Angelo Balducci a chiedere a Ercole Incalza di “dare una mano al figlio di Monorchio”. Monorchio junior e l’imprenditore Stefano Perotti sono accusati di aver corrotto con “due oggetti di valore” l’ex presidente di Cociv Michele Longo.

Ed è Gallo ad aver battezzato l’indagine. Intercettato dai carabinieri del Ros spiega: “Tra la stazione appaltante e chi fa i lavori deve crearsi l’amalgama, sennò non si va avanti”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/16/terzo-valico-gare-truccate-e-mazzette-ad-alta-velocita/6134686/

giovedì 25 giugno 2020

Tutte le proposte del Piano: treni, green e meno contanti. - Patrizia De Rubertis

Tutte le proposte del Piano: treni, green e meno contanti

Il Piano di rilancio con le cifre ancora non c’è, ma gli obiettivi per rimettere in piedi l’Italia sono già tracciati dal governo: Alta velocità, pagamenti digitali, investimenti in ricerca e scuola, taglio del cuneo fiscale e l’addio al combustibile fossile. Il premier Giuseppe Conte ora avrà una settimana di tempo per tradurre le proposte raccolte durante gli Stati generali dell’economia in misure concrete per riuscire a “reinventare il Paese, affinché sia moderno, sostenibile e inclusivo”. Un piano che verrà poi presentato a settembre per ottenere le risorse del Recovery plan europeo. Ecco, in sintesi, le linee di intervento.
Iva. Ieri il premier Conte intervistato dal direttore de ilfatto.it Peter Gomez ha ribadito che si sta valutando l’eventualità che l’Iva possa essere abbassata per un breve periodo di tempo seguendo l’esempio della Germania che ha scelto di tagliarla dal 19 al 16% per 6 mesi. Il problema è il costo: ogni punto di aliquota vale 4,3 miliardi nel caso di un taglio dal 22% al 21% e 2,9 miliardi dal 10% al 9%. Sarebbe da finanziare con risorse in deficit. Per il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, la riduzione andrebbe inserita in una riforma fiscale di ben più ampio respiro.
Cashless. È uno dei cavalli di battaglia del premier: il piano per i pagamenti digitali, e quindi tracciabili, che consentirà il contrasto al nero. E che in futuro potrebbe anche essere legato alla riduzione dell’Iva. Per ora la proposta, presentata in passato ma mai attuata, prevede di far pagare meno soltanto se si utilizza il bancomat o la carta di credito. Intanto restano su carta le due misure previste dalla legge di Bilancio 2020: il fondo da 3 miliardi del bonus Befana è finito tra le risorse del dl Rilancio e la lotteria degli scontrini è stata rinviata al 2021.
Cuneo fiscale. Un’altra ipotesi per rilanciare l’economia è quella di proseguire sulla linea del taglio del cuneo fiscale e, quindi, del costo del lavoro attraverso una riduzione del prelievo su certi scaglioni dell’Irpef. “Già a luglio avevamo predisposto una misura. È una direzione giusta che va perseguita”, ha detto Conte. La viceministra dell’Economia Laura Castelli ha promesso che nella prossima legge di Bilancio ci sarà un intervento più organico di riforma per la riduzione delle tasse, Irpef compresa.
Alta velocità. È uno dei progetti sui quali governo e maggioranza hanno siglato la tregua: le infrastrutture al Sud. Il primo traguardo potrebbe essere il via alla realizzazione di una linea di Alta velocità da Brindisi a Napoli. L’obiettivo che interessa a Conte è “quello pratico” che consente di accorciare i tempi di percorrenza e che permetta anche al Sud di avere “treni buoni, efficienti e funzionanti”.
Donne manager. C’è la proposta di un voucher per 500 donne per un master in Business administration executives dal valore di 35 mila euro, visto che tra i primi 100 manager più pagati in Italia le donne sono solo 4. La ministra dell’Innovazione tecnologica, Paola Pisano, ha spiegato che “è anche importante che la società aiuti le donne lavoratrici che sono anche madri”.
Green e Digitale. L’impianto del progetto prevede una spinta per la definitiva transizione energetica ed ecologica che punta ad abbandonare i combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili anche grazie ai progetti che verranno realizzati nei distretti dell’economia circolare. Vanno resi strutturali gli incentivi fin qui erogati che, nelle intenzioni del governo, porteranno l’Italia ad “avere l’energia blu e l’idrogeno integrati”. Il governo punta anche colmare il divario digitale esploso con la didattica a distanza e lo smart working. Per farlo va resa Internet accessibile a tutti.
Abuso d’ufficio. Il premier Conte ieri è tornato sulla riforma che già aveva annunciato a maggio: “La immagino per il fatto che i reati debbano essere legati alla certezza. Dobbiamo collegare l’abuso d’ufficio alle deviazioni delle condotte e non ai principi costituzionali”.
Povertà educativa. Reinventare il Paese passa anche per gli investimenti nell’università e nella scuola. C’è bisogno di risorse: per ora il governo ha stanziato 1,4 miliardi per fare ripartire la scuola, ma comunque non bastano.

mercoledì 13 luglio 2016

Sulla "groviera" fiorentina tutti zitti. Ma in che Paese siamo sprofondati? - Vittorio Emiliani

VORAGINE FIRENZE

Succedono cose strane a Firenze e ancor più nella informazione italiana. Notizia di domenica scorsa: il ministro dei Trasporti Graziano Delrio e il sindaco Dario Nardella "aprono" coraggiosamente all'ipotesi di una ampia revisione del faraonico progetto di stazione sotterranea per l'Alta Velocità voluto anni or sono. I dubbi - si legge sulle agenzie - riguardano "soprattutto la galleria, pensata per attraversare la città senza più incrociare il traffico dei pendolari, contestata dai No Tav fiorentini per le possibili ricadute sulle falde acquifere e la stabilità degli edifici di alcune zone". Hub fiorentino della TAV sarà la stazione di superficie di Campo di Marte già utilizzata da alcune Frecce d'argento che, per risparmiare tempo, saltano Santa Maria Novella. Saggiamente lo prevedeva il Piano Regolatore di Marcello Vittorini nel '92, sindaco il socialista Giorgio Morales...
Piccola notizia? "Notiziona" in realtà. Soltanto poche mesi fa, il 1° aprile (un pesce?), il ministero dell'Ambiente aveva sbloccato quegli scavi garantendo che i materiali potevano essere riusati. Già ma ci sono altri gravi inciampi, denunciati anche da Report di Milena Gabanelli, e cioè danni diffusi a una miriade di edifici soprastanti e pericoli seri per il sistema idrogeologico sotterraneo fiorentino messi a nudo dalla improvvisa grave voragine verificatasi sul Lungarno Torrigiani. Quanto sono costati i lavori per il tunnel che ora si pensa di abbandonare? Secondo i comitati fiorentini, ben 760 milioni di euro. Quando tutto poteva venire risolto in superficie. Eppure sulla stampa e in tv non se n'è quasi parlato. Forse perché "disturbava" Renzi e la sua immagine patinata? A pensar male...
V'è di peggio però. Da un anno numerosi esperti e intellettuali fiorentini (fra i quali il medievista Franco Cardini), in testa l'archeologa Lucia Lepore e l'architetta Giovanna Delbuono chiedono, in modo documentato, all'Unesco di inserire Firenze fra i "siti in pericolo". Tanto più dopo la voragine apertasi sul Lungarno. Essi denunciano tante "sbrigatività" per le tramvia sotterranea e/o per la TAV: abbattuti gli alberi storici del Viale della Rimembranza; alterate le sponde intangibili di un pericoloso torrente; a rischio l'equilibrio idrogeologico sotto Fortezza da Basso, Arco dei Lorena, Porta San Gallo; tagliati centinaia di lecci; manomesso il paesaggio urbano storicizzato e vincolato; crepe e lesioni per centinaia di abitazioni. E c'è la minaccia di altri bypass sotterranei sotto strutture ferroviarie già esistenti, con ripetute varianti di progetto e rincari di costi al km pari a 5 volte la tramvia di Padova, 2 volte la Linea C del Metro di Roma (incredibile).
I geologi denunciano da anni "l'incoerenza fisico-meccanica del sottosuolo fiorentino e la grande importanza del principale acquifero che si trova a 3-4-5 metri dal piano di campagna per quello che riguarda la stabilità delle fondazioni di tutti gli edifici di Firenze, ma anche dei grandi monumenti come la Cattedrale". Sotto Renzi e Nardella, soprattutto sotto il primo, palazzi importanti e di ex conventi demaniali (Santa Maria degli Angeli con la Rotonda brunelleschiana) sono stati venduti a privati e trasformati in alberghi o residenze di lusso. Con altri buchi per garage e parcheggi. Una groviera. L'esatto contrario della politica urbanistica più avanzata che riporta o mantiene in centro residenti di ogni ceto, coppie giovani, artigiani, offrendo a fitti economici alloggi, laboratori, botteghe qualificate, pedonalizza intere zone e crea all'esterno di esse parcheggi di scambio con le ferrovie locali e con le metropolitane di superficie. Sulla "groviera" fiorentina tutti zitti, o quasi. Ma in che Paese siamo sprofondati?

lunedì 16 marzo 2015

Arrestato Ercole Incalza, super dirigente delle grandi opere. - M.F.r.


Il super-dirigente delle Infrastrutture è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Procura fiorentina sull'Alta Velocità.

Il super-dirigente del ministero dei Lavori Pubblici Ercole Incalza, è tra i quattro arrestati dell'inchiesta della Procura di Firenze e del Ros. Gli altri sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Fondi del governo ci tengono a precisare che Incalza «attualmente non riveste nessun ruolo o funzione neanche a titolo gratuito». 

Secondo l'accusa sarebbe stato proprio Incalza - definito «potentissimo dirigente» del ministero dei Lavori Pubblici, dove è rimasto per 14 anni, attraversando sette governi, fino all'attuale - il principale artefice del «sistema corruttivo» scoperto dalla procura di Firenze.

Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di 'dominus' della Struttura tecnica di missione del ministero dei Lavori pubblici, ad organizzare l'illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti, cui veniva spesso affidata la direzione dei lavori degli appalti
incriminati. 

Riguardo agli altri due arrestati, Pacella è un funzionario del ministero, stretto collaboratore di Incalza, così come gravitava nell'ambito del dicastero anche Cavallo, presidente del Cda di Centostazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato. 

L'inchiesta fiorentina 
L'inchiesta coordinata dalla procura di Firenze ha portato già a quattro arresti e vede oltre 50 indagati. Il bando dell'inchiesta è il nodo fiorentino dell'Alta Velocità e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l'inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell'Alta velocità del centro-nord Italia ed a una lunga serie di appalti relativi ad altri grandi opere, compresi alcuni relativi all'Expo.

Le accuse 
Agli indagati vengono contestati i reati di corruzione induzione indebita, turbata libertà degli incanti e altri delitti contro la Pa. Le ordinanze di custodia cautelare sono in corso di esecuzione dalle prime ore di questa mattina a Roma e a Milano da parte del Ros, che contestualmente sta effettuando in diverse regioni perquisizioni di uffici pubblici e sedi societarie riconducibili agli indagati. Un «articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori»: è quanto evidenziato dall'inchiesta.
Secondo i carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore Giuseppe Creazzo, Incalza aveva anche «portato un rilevante contributo» per agevolare il Consorzio Nodavia, capeggiato dalla Cooperativa rossa Coopsette. 

Chi è Ercole Incalza e cosa fa la struttura di missione
La carrierra di Ercole Incalza, già dirigente di lungo corso del ministero delle Infrastrutture, ha avuto una svolta nel 2001 con la nomina a capo della segreteria tecnica del ministro Pietro Lunardi (governo Berlusconi); ed è poi rimasto al ministero per quattordici anni, attraversando sette governi, lasciando l'incarico solo il 31 dicembre scorso. È passato attraverso Antonio Di Pietro (governo Prodi), quindi è stato promosso capo struttura di missione da Altero Matteoli (di nuovo Berlusconi), confermato da Corrado Passera (governo Monti), Lupi (governo Letta) e poi ancora Lupi (governo Renzi), fino a tre mesi fa. La struttura di missione delle Infrastrutture è lo snodo di tutte le grandi opere del Paese, il nuclueo dirigenziale del governo che sovrintende all'attuazione della legge obiettivo, al piano nazionale delle infrastrutture al monitoraggio di tutti gli investimenti. 

Dalla Cassa del Mezzogiorno alla Tav Ma la dirigenza di Incalza alla Struttura di missione è solo l'ultima parte di una lunga carriera iniziata negli anni '70 alla Cassa per il Mezzogiorno, della quale diventa dirigente nel 1978, assumendo nel marzo 1980 la responsabilità del Progetto Speciale dell'Area Metropolitana di Palermo. Giovane socialista pugliese approda al ministero dei Trasporti con Claudio Signorile.
Nel 1983 è consigliere del ministro dei Trasporti, poi nel giugno 1984 assume la responsabilità di capo della segreteria tecnica del Piano Generale dei Trasporti. Dal gennaio 1985 dirigente generale della direzione generale della Motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, passa alle Ferrovie dello Stato nell'agosto 1991, per diventare amministratore Delegato della Treno Alta velocità Tav Spa dal settembre 1991 al novembre 1996.

Nel 1998 finisce ai domiciliari insieme all'ex presidente di Italferr Maraini. Dopo la bufera della Tangentopoli di Necci e Pacini Battaglia a metà degli anni Novanta, Incalza torna alla ribalta al ministero di Porta con Pietro Lunardi e diventa poi il braccio destro del ministro Altero Matteoli con l'incarico di capo della struttura tecnica di missione.

sabato 23 marzo 2013

Val Susa, parlamentari 5 Stelle ai cantieri Tav: “Commissione d’inchiesta”.


Val Susa, parlamentari 5 Stelle ai cantieri Tav: “Commissione d’inchiesta”


Deputati e senatori arrivano in pullman alle 11. "Siamo colpiti dalla spaventosa militarizzazione di quest'area". Con loro anche il leader storico della protesta Alberto Perino.

“Il significato di una giornata come questa è quello che i cittadini possono entrare e toccare con mano quest’opera che noi consideriamo inutile e che tra l’altro non c’è, dato che siamo in presenza solo di un cunicolo esplorativo”. Così il portavoce dei senatori 5 Stelle Vito Crimi che all’arrivo al cantiere Tav di Chiomonte: “Riteniamo che tutti debbano essere messi nelle condizioni di conoscere lo stato delle opere che il Parlamento è chiamato poi a finanziare. In particolare – ha concluso – noi consideriamo la Tav un’opera inutile, speriamo di dimostrarlo e di riuscire a bloccarla”. Ieri i presidenti delle Camere avevano assicurato che non si tratta di una ispezione, ma di una semplice visita. Crimi non è dello stesso avviso: ”Esercitiamo il nostro mandato ispettivo nell’area militare”. Alle 11 il pullman che trasporta i parlamentari 5 Stelle e Sel ha varcato i cancelli del cantiere.
E pochi minuti dopo è arrivata la prima dichiarazione pesante. Marco Scibona, senatore M5S, annuncia che lunedì chiederanno in Parlamento una commissione di inchiesta sulla Tav. “Oggi – hanno spiegato Scibona e Laura Castelli - faremo le dovute domande tecniche a Ltf. Dopo di che per accertare ancora di più la situazione del cantiere, anche dal punto di vista legale, da lunedì chiederemo l’istituzione in parlamento una commissione di inchiesta sulla Tav”. Il parlamentare Luis Alberto Orellana (M5S) si è detto impressionato dalla quantità di forze dell’ordine presenti: “Questa militarizzazione fa riflettere”. Stesse parole per la deputata Fabiana Dadone: “La mia prima impressione sull’area del cantiere? E’ spaventosamente militarizzata”.
Lo storico leader No Tav Alberto Perino, dopo le polemiche dei giorni scorsi, è riuscito ad aggregarsi ai parlamentari in visita ai cantieri. Anche lui insiste sul concetto di militarizzazione esagerata. “Come vedete – ha spiegato – è una militarizzazione senza senso. Questo non è un cantiere, è un fortino. E’ una vergogna”. Perino ha accompagnato la delegazione dei parlamentari nell’area archeologica e, indicandola, ha detto: “Anche questa è una vergogna. L’hanno trasformata in un parcheggio”. 
Presente in Val di Susa anche la senatrice Pd Laura Puppato. “Sono venuta qui ma non per manifestare”, ha detto prima di entrare al convegno sull’alta velocità ferroviaria organizzato dalla Comunità montana valli di Susa e Sangone a Bussoleno (Torino). “Chiunque oggi fa l’amministratore – ha aggiunto – ha l’obbligo di pensare che le risorse sono finite. Non manifesto perchè altrimenti aggiungerei sale sulle ferite e perchè una persona di governo deve prima conoscere e poi agire. Come uomini di lotta e di governo – ha concluso – abbiamo già dato”. 

lunedì 19 novembre 2012

Voti e grandi opere: i clan si stanno comprando il paese.



«Nel nord Italia la mafia si presenta con il volto rassicurante di manager e colletti bianchi: in un momento di recessione come questo, l’aristocrazia mafiosa offre dei capitali, accontentandosi di quote di minoranza, per colonizzare progressivamente il territorio con una fitta rete di relazioni a lungo termine». Lo ha detto il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, durante la missione speciale a Palermo della Commissione antimafia europea. «Non dimentichiamo che uno dei mandanti del giudice Rosario Livatino operava in Germania dove era conosciuto come un brillante imprenditore di import-export». La stessa Europa, avverte lo scrittore Massimo Carlotto, è diventata «la più grande “lavanderia di denaro” del mondo», grazie alla permeabilità del business e ai giganteschi affari garantiti dalle grandi opere.
«I media – accusa Carlotto – ci raccontano ancora la mafia di Totò Riina, di Bernardo Provenzano: ma quella era l’archeologia della mafia, ora i clan Roberto Scarpinato e Massimo Carlottosiciliani e calabresi si scontrano negli Usa e in Canada, lontano dai riflettori». Per Carlotto, ospite tempo da del “Valsusa FilmFest”, quello delle grandi opere come la linea Tav Torino-Lione è un terreno d’elezione per la nuova imprenditorialità mafiosa, come riconobbe l’allora ministro dell’interno Roberto Maroni. In televisione finiscono ancora notizie di arresti per traffico di droga, ma il narcotraffico – aggiunge Carlotto – non è in cima alle voci del nuovo business criminale: oltre al traffico di armi, secondo il giallista, il fatturato delle mafie è gonfiato soprattutto dal colossale business della sofisticazione alimentare, seguito dal traffico illegale dei rifiuti e dallo sfruttamento internazionale della prostituzione. Le grandi opere? «Sono affari sicuri, senza rischi, perfetti per riciclare il denaro di provenienza illecita».
Denaro che, in tempi di grande crisi, fa gola a tutti, a cominciare dalle banche: «Le mafie – aggiunge Carlotto – non sarebbero mai potute arrivare dove sono arrivate, senza determinanti appoggi nel mondo della politica, dell’imprenditoria e della finanza». Fa eco il procuratore Scarpinato: «Il veicolo di penetrazione delle mafie nei territori è la collusione attraverso la canalizzazione di voti di preferenza verso un candidato». Pietra dello scandalo, l’hinterland lombardo inquinato dalla ‘ndrangheta: a Milano e dintorni «non occorrono migliaia di voti, ne basta una manciata». Oppure, aggiunge il magistrato, l’infiltrazione «avviene con il coinvolgimento di pezzi di nomenklatura, con una triangolazione di interessi tra colletti bianchi, imprenditori e mafia». Un’articolazione «che mostra una strutturazione nuova del fenomeno». E attenzione: la mafia prospera anche perché «milioni di cittadini normali chiedono di acquistare illegalmente beni e servizi, secondo le leggi di mercato». In questo modo, il fenomeno assume «dimensioni macroeconomiche», non più contrastabili «coi soli strumenti del diritto penale».