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venerdì 26 settembre 2014

Il 'Nazca' Kazakhstan: Hallan disegni enigmatici da 2.000 a 10.000 anni.



Nel nord del Kazakistan, in Asia centrale, gli archeologi hanno scoperto più di 50 geoglifi di varie forme e dimensioni, tra cui una svastica enorme di origine sconosciuta.

Trovati grazie a Google Earth, questi disegni, che ricordano le famose  linee di Nazca  in Perù, hanno forme diverse, quali anelli, piazze e croci. Rispetto al loro dimensioni, alcuni superare quella di una moderna portaerei e altri hanno 90-400 metri di diametro, riporta il portale  Bnews . Kostanay ricercatori presso l'Università del Kazakistan, in collaborazione con l'Università di Vilnius, in Lituania, è stato esaminato il geoglifi, ma finora non sono stati in grado di determinare la loro funzione.



"Oggi, siamo solo sicuri di una cosa. Geoglifi sono stati realizzati da un popolo antico che e per quale scopo lo ha fatto rimane un mistero", hanno detto i ricercatori.



Molte delle figure sono state fatte con cumuli di terra, ma la svastica è stato realizzato utilizzando il legno. Si stima che tra i 2.000 ei 10.000 anni e sono stati realizzati per scopi rituali. E 'difficile distinguerli nel terreno, ma può essere facilmente visibile dal cielo.  

 


http://actualidad.rt.com/cultura/view/141456-nazca-kazajistan-enigmaticos-dibujos-geoglifo


Tradotto da Google

giovedì 18 luglio 2013

Kazakistan, “Prodi riceve uno stipendio milionario dal dittatore Nazarbayev”.

Kazakistan, “Prodi riceve uno stipendio milionario dal dittatore Nazarbayev”

Lo Spiegel International punta i riflettori sui rapporti tra i due, rivelando che l'ex premier è membro dell'Intenarnational Advisory Board del leader kazako. Risale invece al 23 maggio l'ultima visita dell'ex leader dell'Ulivo nel Paese, dove dal 2011 è tornato tre volte l'anno.

Silvio Berlusconi non è l’unico politico italiano ad avere rapporti con Nursultan NazarbayevUn articolo pubblicato a marzo da Spiegel International punta i riflettori sul legame tra l’ex premier Romano Prodi e il dittatore kazako. “Per essere un tiranno, il signore del Kazakistan ha a sua disposizione alcuni insoliti sostenitori: gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schröder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander Kwaniewski e l’ex ministro degli interni tedesco Otto Schily”, afferma il quotidiano, ricordando che “tutti costoro sono membri nei loro Paesi di partiti socialdemocratici”.
Gusenbauer, Kwaniewski e Prodi, prosegue lo Spiegel, “sono ufficialmente membri dell’Intenarnational Advisory Board di Nazarbayev. Si incontrano diverse volte ogni anno, nella più recente occasione due settimane fa (quindi all’inizio di marzo, ndr) nella capitale kazaka Astana, e ciascuno di loro percepisce onorari annuali che raggiungono le sette cifre”. Secondo la stampa britannica, l’ex primo ministro britannico Blair, pure lui advisor, “riceve ogni anno compensi che possono arrivare a 9 milioni di euro (11,7 milioni di dollari)”.
Schröder, per quanto lo riguarda, nega di essere membro dell’Advisory Board. Ciononostante, egli s’incontra di quando in quando faccia a faccia con l’autocrate venuto dalle steppe asiatiche ed elogia il Kazakistan come un “Paese internazionalmente riconosciuto e aperto”. Nel novembre del 2012, Schröder si congratulò col Kazakistan in quanto Paese scelto per ospitare l’Expo 2017, che egli descrisse come il “prossimo passo verso la modernizzazione”.
“Il fatto che un diplomatico tedesco si inchini davanti ai kazaki fino a tale punto è già abbastanza brutto”, dice la deputata dei Verdi Viola Von Cramon. “Ma peggio ancora, sottolinea, è il fatto che politici come Schröder, Schily, Prodi e Blair si lascino coinvolgere negli interessi di Nazarbayev. “Specialmente perché ora il suo regime sta diventando sempre più severo. Ma grazie all’influenza dei lobbisti occidentali, poco di quello che succede oltrepassa i confini”.
L’ultimo incontro tra Prodi e Nazarbayev risale al 23 maggio, una settimana prima del blitz che ha portato all’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako. Con un discorso di dieci minuti al Palazzo dell’indipendenza di Astana, capitale del Paese, l’ex premier ha parlato dei problemi dell’Eurozona, dopo l’introduzione di Nazarbayev. E, come spiega Panorama, “dal 2011 ha fatto visita tre volte l’anno, mantenendo ottimi rapporti con il dittatore”.
Per definire gli intrecci tra i due Paesi, prosegue il settimanale, bisogna invece tornare al 1997. Il 4 maggio l’ex leader comunista, padre padrone del Paese, viene decorato con il Gran cordone, la più alta onoreficenza concessa dal Quirinale, su proposta di Prodi, allora presidente del Consiglio. Nel 2000 viene poi scoperto il giacimento di Kashagan e l’Eni entra subito nel consorzio per lo sfruttamento. Risale invece al 2009 la firma del trattato tra Italia e Kazakistan, con Berlusconi presidente. E oggi l’Italia è il terzo partner commerciale del Paese, dopo Cina e Russia.

martedì 16 luglio 2013

Caso Ablyazov, kazaki & cazzari. - Marco Travaglio


Ora ci spiegano che, sul ruolo dei ministri Alfano e Bonino nello scandalo kazako, bisogna attendere fiduciosi il rapporto del capo della Polizia appena nominato dal vicepremier e ministro Alfano a nome del governo Letta per conto del Quirinale. Come se il nuovo capo della Polizia potesse mai sbugiardare il superiore da cui dipende e mettere in crisi il governo che l’ha nominato.
Suvvia, sono altre le indagini imparziali che andrebbero fatte. Ci vorrebbe una Procura indipendente dalla politica, quale purtroppo non è mai stata, almeno nei suoi vertici, quella di Roma, che in questi casi si è sempre mossa come una pròtesi del governo di turno.
 
Quindi lasciamo stare le indagini e limitiamoci alle poche cose chiare fin da ora. Se la polizia italiana ha cinto d’assedio con 40 uomini armati fino ai denti il villino di Casal Palocco per sgominare la temibile gang formata da Alma e Aluà, moglie e figlia (6 anni) del dissidente Ablyazov, e spedirle fermo posta nelle grinfie del regime kazako, è per un solo motivo: il dittatore Nazarbayev, che ne reclamava le teste e le ha prontamente ottenute, è uno dei tanti compari d’anello di Berlusconi in giro per il mondo.
 
Da quando Berlusconi è il padrone d’Italia, il nostro Paese viene sistematicamente prostituito ora a questo ora a quel governo straniero, in spregio alla sovranità nazionale, alla Costituzione e alle leggi ordinarie. I compari stranieri ordinano, lui esegue, il funzionario di turno obbedisce e viene promosso, così non parla. Un ingranaggio perfettamente oliato che viaggia col pilota automatico, sul modello Ruby-Questura di Milano. La filiera di comando è tutta privata. Governo e Parlamento non vengono neppure interpellati o, se qualche ministro sa qualcosa, è preventivamente autorizzato a fare il fesso per non andare in guerra, casomai venga beccato. Tanto si decide tutto fra Arcore, Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Sia quando lui sta a Palazzo Chigi, sia quando ci mette un altro, tipo il nipote di Letta.
Era già accaduto col sequestro di Abu Omar per compiacere Bush (solo che lì una Procura indipendente c’era, Milano, e Napolitano dovette coprire le tracce graziando in tutta fretta il colonnello Usa condannato e latitante).
Ora, per carità, è giusto chiedere le dimissioni di Alfano e Bonino, per evitare che volino i soliti stracci e cadano le solite teste di legno: se i due ministri sapevano, devono andarsene perché complici; se non sapevano, devono andarsene a maggior ragione perché fessi. Ma è ipocrita anche prendersela solo con loro. La Bonino è uno dei personaggi politici più sopravvalutati del secolo: difende i diritti umani a distanza di migliaia di chilometri, ma in casa nostra e dei nostri alleati non ha mai mosso un dito (tipo su Abu Omar e su Guantanamo). Alfano basta guardarlo per sospettare che non sappia neppure dov’è il Kazakistan e per capire che conta ancor meno di Frattini, che già contava come il due a briscola: è l’attaccapanni di B. ed è persino possibile che i caporioni della polizia, ricevuto l’ordine dal governo dell’amico kazako, abbiano deciso di non ragguagliarlo sui dettagli del blitz. Tanto non avrebbe capito ma si sarebbe adeguato, visto che non comanda neppure a casa sua.
Il conto però va presentato a chi ha nominato Alfano vicepremier e ministro dell’Interno e la Bonino ministro degli Esteri. Cioè a chi tre mesi fa decise di riportare al governo B. nascosto dietro alcuni prestanome. E poi iniziò a tartufeggiare sul Pdl buono (Alfano, Lupi e Quagliariello) e il Pdl cattivo (Santanchè, Brunetta e Nitto Palma). Il Pdl è uno solo e si chiama Berlusconi, con tutto il cucuzzaro dei Putin, Nazarbayev, Erdogan & C. Per questo l’antiberlusconismo, anche a prescindere dai processi, è un valore. Chi – dai terzisti al Pd – lo accomuna al berlusconismo e invoca la “pacificazione” dopo la “guerra dei vent’anni”, non ha alcun diritto di scandalizzarsi né di lamentarsi per gli effetti collaterali dell’inciucio. Inclusi i sequestri di donne e bambine. Avete voluto pacificarvi con lui? Adesso ciucciatevelo.
Alma racconta: 'Credevo volessero ucciderci'


Il blitz nel memoriale rilasciato al Financial Times - Michele Esposito


ROMA, 14 LUG - L'irruzione in casa a mezzanotte. Le offese e le botte. La paura di essere uccisa. La partenza per Astana dopo tre giorni da incubo. Tutto in un racconto di 18 pagine che Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhta Ablyazov espulsa lo scorso 31 maggio dall'Italia, ha consegnato al Financial Times, che lo ha poi tradotto e pubblicato. Il memoriale è datato 22 giugno, è dettagliato, crudo, scritto in prima persona. Una ricostruzione che la Questura di Roma smentisce. "La signora Alma Shalabayeva - si legge in una nota diffusa in serata - non ha subito alcun tipo di maltrattamento nel corso dell'operazione di polizia giudiziaria del 29 maggio". Il caso, che da giorni vede il governo italiano nella bufera, rischia così di alimentare ulteriormente l'eco internazionale. In casa, oltre ad Alma e alla figlioletta Alua, c'erano Venera - sorella maggiore di Alma - il marito Bolat e la loro figlia e una coppia di ucraini che si occupava della villa di Casal Palocco e viveva in una dependance. L'irruzione avviene a mezzanotte, tra il 28 e il 29 maggio. A entrare in casa sono "30-35" persone, una "ventina" sono invece appostate all'esterno.
"Erano vestiti di nero. Alcuni di loro avevano catene d'oro al collo, molti avevano la barba, uno una capigliatura punk con una cresta", racconta la donna nel lungo documento. "Non avevano nessun segno esterno da cui si potesse capire che erano poliziotti e militari. Ma tutti avevano delle pistole e parlavano tra loro in italiano", spiega ancora Alma che sottolinea più volte come nessuno parlasse o comprendesse bene l'inglese. L'atteggiamento, tuttavia, sembrava quello dei "gangster". Alma, consapevole di essere la moglie del leader dell'opposizione kazako e ancora ignara dell'identità di chi ha fatto irruzione, non rivela la sua identità. All'inizio dice di essere russa, ma ciò non accontenta i suoi interlocutori. "Continuavano a gridarmi in italiano. Non capivo esattamente cosa dicessero. L'unica cosa che ho potuto distinguere in questa serie di offese fu 'Puttana russa'", scrive la kazaka secondo la quale "sembrava che cercassero qualcosa o qualcuno. Avevo una sola sensazione in quel momento: erano venuti ad ucciderci senza un processo, un'indagine, senza che nessuno lo avrebbe mai saputo". Lo shock è forte anche perché il cognato Bolat ad un certo punto viene portato in una stanza da dove esce con "un occhio rosso e gonfio, un labbro rotto, una ferita al naso. Disse che lo avevano pestato". A tutti viene intimato di consegnare i documenti. Alma non mostra il suo passaporto kazako ma "un passaporto diplomatico" rilasciato dalla Repubblica Centrafricana nell'aprile 2010.
Nel frattempo i tre kazaki chiedono insistentemente di un avvocato e un interprete, ma non ottengono nulla. La casa viene perquisita superficialmente ma nella macchina fotografica di Alma vengono trovate foto che la ritraggono con Ablyazov. Dopo circa tre ore Alma e Venera vengono portate via, prima in una stazione di polizia "nel centro di Roma" poi in un ufficio immigrazione "nel Sud-Est" della capitale. Lì Alma rimane circa 15 ore, senza bere o mangiare. Stremata e rassicurata dal fatto che stava avendo a che fare con la polizia italiana, decide di confessare la sua storia. A un gruppo di 12 persone e a quello che sembra il dirigente dell'ufficio racconta che il Kazakistan "è governato da un dittatore da più di 20 anni al potere e di come Nazarbayev elimina i leader dell'opposizione". Spera in un cambio di atteggiamento, ma così non è. La donna viene portata al Cie di Ponte Galeria, dove può parlare con un avvocato e un interprete. In qualche modo, mettono in contatto la donna con l'ambasciata del Kazakistan a Roma. "Ma io non potevo contare sull'aiuto dell'ambasciata", recita il suo memoriale. Il 31 maggio pomeriggio Alma viene portata a Ciampino, le fanno firmare dei documenti e, insieme alla figlia, viene condotta su un "lussuoso" jet privato ad Astana. Le dicono che il suo passaporto centrafricano è "contraffatto". Lei nega, fino all'ultimo chiede "asilo politico". "E' troppo tardi", le rispondono e - scrive la donna - la sensazione è che tutti eseguissero dei compiti già dettagliatamente assegnati "dall'alto".