Visualizzazione post con etichetta Lodi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Lodi. Mostra tutti i post

domenica 22 marzo 2020

Medici Senza Frontiere al lavoro in quattro ospedali del lodigiano. - Fausta Chiesa

Medici Senza Frontiere al lavoro in quattro ospedali del lodigiano
Claudia Lodesani, infettivologa di Medici Senza Frontiere

Il team è composto da infettivologi, anestesisti, infermieri e logisti. La capo équipe Claudia Lodesani: «Lavoreremo insieme per aiutare a fronteggiare l’epidemia».

Parte nel lodigiano, epicentro dell’epidemia di Covid-19 in Italia, l’intervento gratuito di Medici Senza Frontiere in supporto alla task force pubblica contro il coronavirus. Attualmente sono una decina i medici già al lavoro negli ospedali di Lodi, Codogno, Casalpusterlengo e Sant’Angelo Lodigiano, che hanno cominciato oggi. Sono tutti medici italiani che non possono andare in missione all’estero per il Covid-19 e si sono messi a disposizione del loro Paese. L’intervento della ong medico-umanitaria, che nel 1999 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, supporterà gli infettivologi degli ospedali nella gestione dell’epidemia. Tra Codogno e Lodi saranno anche riattivati una ventina di posti letto, già esistenti ma attualmente inutilizzati per carenza di personale rispetto all’afflusso straordinario di questi giorni.

Il team di Msf affiancherà medici e infermieri chiamati da altri reparti della struttura e insieme assisteranno i pazienti di coronavirus ricoverati. «Negli ospedali del lodigiano - dice Claudia Lodesani, infettivologa e presidente di Msf che coordina l’intervento Msf per il coronavirus in Italia e che presta lei stessa servizio in ospedale - abbiamo conosciuto medici e infermieri che da settimane lavorano senza sosta in una situazione di totale eccezionalità. Da oggi proviamo a dare il nostro contributo al loro grandissimo lavoro, per aiutare ad assistere i pazienti e fronteggiare insieme l’epidemia».

Il team di Msf attivo nella provincia di Lodi è composto da infettivologi, anestesisti, infermieri e logisti italiani, che porteranno la loro esperienza nella gestione di epidemie in diversi paesi del mondo in cui Msf lavora. «A Medici Senza Frontiere va il nostro più sentito ringraziamento», ha commentato Massimo Lombardo, direttore generale dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Lodi. «L’esperienza nella gestione di crisi in molte aree del mondo, la professionalità e soprattutto il cuore dei medici e di tutto il personale dell’associazione sono risorse preziose in questo momento; di contro l’esperienza innanzitutto clinica e organizzativa degli ospedali del Lodigiano sono un patrimonio che con orgoglio mettiamo a disposizione di Medici Senza Frontiere come di tutta la comunità scientifica». Le attività di supporto infettivologico si affiancheranno a tutte le principali azioni di prevenzione già messe in atto all’interno delle strutture per gestire i casi e contenere la trasmissione del virus.

giovedì 27 febbraio 2020

I Nas all’ospedale di Codogno. Conte non aveva sbagliato mira. La Procura indaga sulla diffusione del Coronavirus. Ispezioni dei Carabinieri in tre strutture del Lodigiano. - Davide Manlio Ruffolo

Ospedale di Codogno

Stai a vedere che il premier Giuseppe Conte non aveva esagerato a puntare il dito contro la sanità lombarda. Un sospetto, beninteso tutto da dimostrare, a cui ha risposto piccato il governatore leghista Attilio Fontana (finito intanto in quarantena dopo che una sua stretta collaboratrice è risultata positiva al tampone) ma che sembra esser stato preso sul serio dalla Procura di Lodi. Già perché proprio ieri i magistrati hanno aperto un’inchiesta conoscitiva sulle dinamiche di diffusione del coronavirus e sulle procedure adottate negli ospedali di Codogno, Casalpusterlengo e Lodi, e hanno anche inviato i Nas dei carabinieri di Cremona per ispezionare i tre nosocomi in cui si sono registrate le presunte inefficienze. Una mossa che ha il dichiarato scopo di prevenire ulteriori contagi, comprendendo – qualora ce ne siano stati – i possibili errori commessi dalla macchina di prevenzione e controllo.
GRAVE RITARDO. A far scattare il sospetto che la gestione dell’emergenza non sia stata del tutto puntuale, c’è soprattutto il caso del paziente 1. Si tratta del 38enne di Codogno che, come emerso in queste ore, il 19 febbraio entra in Pronto Soccorso con i sintomi del coronavirus. Peccato che nell’ospedale nessuno consideri questa possibilità, così l’uomo finisce in un normale reparto dove lo vanno a trovare parenti e amici. Ma passate 36 ore e con l’aggravarsi dei sintomi, il 38enne viene sottoposto al test del tampone che, come noto, è risultato positivo. Non solo. A suggerire che qualcosa non abbia funzionato è anche chi nelle zone rosse del Lodigiano ci lavora. “Gli operatori sanitari non possono essere messi in pericolo“, spiega il segretario del sindacato Anaao-Assomed, Carlo Palermo, “perché vuol dire mettere in pericolo la salute di tutti. Il fatto che siano stati chiusi l’ospedale di Codogno, quello di Schiavonia e che ci sia stato un dermatologo del Policlinico di Milano contagiato, significa che la fase ospedaliera non è stata curata abbastanza: nei reparti sono entrati soggetti infettati”.
Proprio per questo, spiega il sindacalista, “è urgente rendersi conto degli errori fatti perché tutte le Regioni si facciano trovare preparate”. Ma c’è di più perché, sempre secondo Palermo, “ci sono arrivate segnalazioni dai nostri iscritti di mancanza dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale, quindi: mascherine, occhiali, sovra-camici e guanti. Impossibile fornire numeri precisi, ma il solo fatto che il virus abbiamo infettato gli ospedali testimonia che le denunce erano fondate”. Proprio partendo da queste segnalazioni, le Regioni si stanno organizzando garantendo che i “rifornimenti sono in arrivo”.
LO SCANDALO DEL TAMPONE. Come se non bastasse e a riprova che qualcosa sembra proprio non aver funzionato, c’è lo scoop del giornalista Antonino Monteleone andato in onda nella puntata di ieri de Le Iene. Il cronista si è messo in contatto con una persona di Codogno che nonostante abiti nello stesso edificio del paziente 1, e sia entrato in contatto con un altro contagiato ricoverato al Sacco di Milano, da oltre sette giorni contatta vanamente il 112 per ricevere assistenza. “È una settimana che ho febbre e quindi da domenica scorsa quando ho saputo dell’esplosione del virus, proprio nel mio paese, ho chiamato il mio medico curante” che “mi ha indirizzato immediatamente al 112, dicendomi che lui non mi avrebbe accolto nel suo studio e non sarebbe venuto nemmeno a casa mia a visitarmi” spiega l’uomo al giornalista. Sempre secondo il racconto dell’ammalato: “Ho chiamato più volte i numeri dell’emergenza ma nessuno ancora è venuto a farmi il tampone”.

giovedì 6 febbraio 2020

Incidente Frecciarossa: morti due macchinisti. 31 feriti. Procura indaga per omicidio colposo plurimo: “Scambio era in posizione sbagliata.”

Incidente Frecciarossa: morti due macchinisti. 31 feriti. Procura indaga per omicidio colposo plurimo: “Scambio era in posizione sbagliata” (FOTO E VIDEO)

Le vittime sono Giuseppe Cicciù e Mario Di Cuonzo. Intorno alle 5.35 la motrice del treno Av 9595 è uscita dalle rotaie finendo prima contro un carrello e poi contro una palazzina delle ferrovie. Il prefetto: "Poteva essere una carneficina". Il procuratore Chiaro: il treno è "deragliato all’altezza di uno scambio che doveva essere posto in una certa posizione e così non era". Nella notte in quel punto erano stati fatti dei lavori di manutenzione, eseguiti internamente dai dipendenti di Rfi.

Due macchinisti sono morti e 31 persone – su 33 che erano a bordo – sono rimaste lievemente ferite nel deragliamento del treno Frecciarossa Av 9595 partito da Milano Centrale alle 5.10 e diretto a Salerno. L’incidente – il primo in 15 anni sulla linea dell’Alta velocità – è avvenuto intorno alle 5.35 a Ospedaletto Lodigiano, in aperta campagna a circa 30 chilometri da Piacenza. Il treno, arrivato a Milano Rogoredo alle 5:17, era ripartito alle 5:20. Le vittime sono Giuseppe Cicciù, 52enne nato a Reggio Calabria, e Mario Di Cuonzo, 59 anni, di Capua. I loro corpi sono stati sbalzati a circa 50 metri da dove è finita la corsa del treno. “I macchinisti li abbiamo trovati per terra, già deceduti. Il primo era vicino al fabbricato e l’altro a una cinquantina di metri”, ha detto Giuseppe Di Maria, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Lodi. Come anticipato dalla ricostruzione del fattoquotidiano.it, il procuratore di Lodi, Domenico Chiaro, ha spiegato che il treno è “deragliato all’altezza di uno scambio che doveva essere posto in una certa posizione e così non era“. Scambio sul quale, nella notte, erano stati effettuati dei lavori di manutenzione, eseguiti internamente dai dipendenti di Rete ferroviaria italiana. La procura ha aperto un’inchiesta per disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime. Anche Ferrovie dello Stato, con Rfi, ha avviato un’indagine interna. La linea è stata sospesa e tutti i treni, in entrambe le direzioni, sono stati instradati sulla linea convenzionale Milano-Piacenza con ritardi fino a 60 minuti. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso cordoglio per “due nuove vittime del lavoro”, e spera si faccia presto luce sulla dinamica dell’incidente. I sindacati hanno definito l’incidente “inaccettabile” e proclamato uno sciopero di due ore per venerdì.

Le indagini sui lavori di manutenzione. – A rovesciarsi, oltre alla motrice, il primo vagone, mentre il resto del convoglio è rimasto pressoché intatto. “Poteva essere una carneficina”, ha detto il prefetto di Lodi Marcello Cardona. Sulla linea nella notte erano stati fatti dei lavori di manutenzione ordinaria ciclica: un tipo di intervento che viene fatto internamente dai dipendenti di Rete ferroviaria italiana. L’intervento è avvenuto proprio nel punto in cui è sviato il treno. Ilfattoquotidiano.it ha potuto documentare come alle 4.45, al termine dei lavori, sia arrivato il via libera alla circolazione. La prima ipotesi a farsi largo tra gli uomini della Polfer che indagano sul disastro riguardo uno scambio lasciato in “falsa posizione” proprio al termine dei lavori: un intervento non eseguito correttamente su un deviatoio oleodinamico. A confermare che le indagini vanno in questa direzione è stato lo stesso procuratore Chiaro in conferenza stampa: “Sapete che ci sono state attività di manutenzione in quel tratto, stiamo cercando di capire quali attività sono state svolte e che tipo di nesso ci sia tra questa attività e il verificarsi del disastro. Quel treno è il primo che passava dal luogo dove sono avvenute le attività di riparazione”.

“I lavori di manutenzione vengono fatti perché qualcosa si è rotto, se no non c’è motivo per essere lì alle 4 e mezza del mattino”, ha detto sempre il procuratore. “Se lo scambio fosse stato dritto per dritto – ha aggiunto Chiaro – il treno non sarebbe deragliato, non è difficile da capire. Non era nella posizione che doveva garantire la libera percorrenza del treno”, ha ribadito. Chiaro ha precisato che “era una parte dello scambio interessato dai lavori di manutenzione”. Quindi, si sta “verificando l’ipotesi dell’errore umano” legato ai lavori di manutenzione. Lavori che sono tutti registrati e annotati “in modo dettagliato”, ha aggiunto Chiaro. “Non so se è un servizio assegnato all’esterno, mi pare che fosse personale di Rfi“, ha precisato il procuratore di Lodi. Chiaro poi ha anche precisato che il locomotore “si è staccato dal resto del convoglio” che viaggiava “a 300 chilometri all’ora“. “Faremo le cose con la massima rapidità possibile e l’accertamento delle responsabilità in un Paese democratico si fa seguendo le regole“, ha concluso il procuratore.

La dinamica dell’incidente. – Secondo le forze dell’ordine la motrice del convoglio, dopo essere sviata dai binari per cause ancora da chiarire, sarebbe uscita completamente dalle rotaie finendo prima contro un carrello che si trovava su un binario parallelo, e poi contro una casa cantonale delle ferrovie, dove ha terminato la sua corsa, ribaltando anche la sua direzione, con la testa rivolta verso Nord (e non verso sud, direttrice del treno). La motrice è stata scagliata a una cinquantina di metri, dove ha sfiorato una postazione tecnologica, edificio che contiene gli apparati tecnici. Non appena è avvenuto il deragliamento del treno Frecciarossa sono scattati tutti i sistemi di sicurezza dell’alta velocità, bloccando i treni che stavano viaggiando in quel momento. I binari dell’alta velocità sono dotati di sensori di passaggio: nel caso non si liberino nel tempo previsto dal passaggio delle carrozze, inviano un segnale di allarme che automaticamente blocca il traffico. Ed è quando avvenuto questa mattina.

I feriti – A bordo del treno c’erano 33 persone. Era infatti il primo treno della giornata, meno affollato rispetto ai Frecciarossa che partono più tardi. Trentuno i feriti, che sono portati in ospedale: il più grave è un addetto alle pulizie che ha riportato fratture multiple al femore. Quattro sono stati ricoverati in codice giallo a Lodi (2), Cremona e Pavia, mentre 27 in codice verde negli ospedali di Lodi (8), Melegnano (4), Crema (3), Humanitas (3), Codogno (2), Piacenza (3) e Castel San Giovanni (4). Sul posto sono arrivate ambulanze, carabinieri, vigili del fuoco e il prefetto di Lodi Marcello Maria Orione Cardona che ai microfoni di SkyTg24 ha parlato di “mezzo miracolo” e ha ricordato che nel primo vagone c’era un passeggero, due nel secondo e uno nel terzo. “Un dato numerico che ha limitato la tragedia”, ha aggiunto, specificando che ”i soccorsi sono arrivati nei tempi giusti, tenendo conto che siamo in aperta campagna. I vigili del fuoco hanno fatto un lavoro straordinario“. Sul posto sono arrivati 100 soccorritori e due elicotteri del 118 attrezzati per il volo notturno provenienti da Brescia e da Como e con 12 ambulanze, alle quali se ne sono poi aggiunte altre. I due feriti in codice giallo sono stati trasportati a Cremona in elicottero e a Lodi, mentre gli altri feriti in codice verde sono stati portati negli ospedali vicini.

Digifema – Si chiama Digifema ed è la Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime del ministero delle Infrastrutture e Trasporti che ha l’obbligo di svolgere indagini a seguito di incidenti gravi per fornire raccomandazioni finalizzate al miglioramento della sicurezza ferroviaria e alla prevenzione di incidenti. Nel settore ferroviario, tutti gli eventi sottoposti ad investigazione da parte della DigifeMa, nella sua qualità di Nib- National Investigation Body, sono soggetti ad obbligo di notifica di apertura indagine all’Agenzia Europea Ferroviaria (Era) con l’inserimento delle informazioni nella banca dati Erail (European Railway Accident Information Links).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/06/incidente-frecciarossa-morti-due-macchinisti-31-feriti-procura-indaga-per-omicidio-colposo-plurimo-scambio-era-in-posizione-sbagliata-foto-e-video/5697241/

martedì 2 luglio 2019

Lodi, la truffa delle false onlus di accoglienza migranti: 11 arresti. - Francesco Gastaldi

Lodi, la truffa delle false onlus di accoglienza migranti: 11 arresti

Quattro organizzazioni hanno usato falsi documenti per partecipare ai bandi pubblici: 11 gli arrestati, tra loro anche pluripregiudicati legati a famiglie di ‘ndrangheta. Lasciavano pochissimi soldi per i servizi minimi da dare agli stranieri.

Almeno mille migranti gestiti, quattro cooperative sociali e una quindicina di case rifugio: l’obiettivo, vincere i bandi milionari delle prefetture sulla gestione dei richiedenti asilo e intascare i 35 euro pro capite al giorno. Sette milioni di euro in quattro anni - subito spariti dai conti correnti - e pochissimi soldi lasciati per i servizi minimi da garantire agli stranieri, che ne risentivano sulla loro pelle. Undici ordinanze di custodia cautelare (di cui una in carcere e sei ai domiciliari) e l’accusa di truffa ai danni dello Stato: la Guardia di finanza di Lodi e la procura di Milano hanno portato alla luce un’organizzazione criminale che per quattro anni – dal 2014 fino al 2018 – si è stabilmente inserita nelle gare pubbliche per la gestione dell’emergenza dei migranti indette dalle prefetture di Lodi, Pavia e Parma.

Negli anni monitorati dall’indagine le false coop sociali - denominate «Volontari senza frontiere», «Milano Solidale», «Amici di Madre Teresa Giuliani» e «Area solidale» - hanno beneficiato di oltre sette milioni di euro di fondi pubblici. Gli undici indagati, una volta ricevuti i soldi dalle prefetture, li facevano immediatamente sparire: ricaricavano le carte di credito, effettuavano movimenti bancari fra i vari conti correnti legati alle quattro onlus (più di venti), si giravano assegni tra di loro, prelevavano cash.

I controlli sono partiti nel 2014 dopo la segnalazione di un movimento sospetto da parte della Banca d’Italia su due dei conti correnti e sono andati avanti fino al 2018. Indagini quasi esclusivamente bancarie, quelle condotte dal pool del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e e del sostituto procuratore Gianluca Prisco, fino al 2017 quando sono iniziate le intercettazioni telefoniche. Un disegno criminale che almeno fino al 2016 è andato avanti sfruttando un sistema ancora farraginoso sul fronte dei controlli. Dal 2017 le prefettura hanno iniziato a effettuare controlli più stringenti e sopralluoghi nelle strutture, ma gli undici indagati non per questo si sono fermati. Ognuno di loro aveva deleghe su più di un conto corrente. In un caso, uno degli amministratori «fake» aveva pure acquistato due appartamenti con i soldi ottenuti dalle prefetture. Uno è stato sequestrato dalle Fiamme Gialle.

Le indagini hanno portato alla luce l’alternarsi delle cariche amministrative all’interno delle quattro onlus, che venivano usate come macchine per fare soldi e non offrivano alcuno dei servizi essenziali per aggiudicarsi il bando, dal sostegno psicologico alla mediazione culturale. Gli indagati si scambiavano le cariche tra loro e affidavano la rappresentanza legale a «teste di legno» per evitare che emergessero i precedenti penali (ne avevano, almeno in sei su undici).

Due di loro sono anche risultati legati ad altrettante famiglie affiliate alla ‘ndrangheta, ma per il momento Procura e Finanza non hanno trovato prove che le quattro onlus agissero per conto di cosche criminali. Il sistema delle false onlus è stato messo a punto probabilmente quando alcuni degli indagati – intorno al 2002 – si erano conosciuti fra loro all’interno di cooperative sociali per le quali svolgevano servizi come misura alternativa al carcere.

Gli stranieri per primi, insieme con gli operatori, erano le vittime del sistema di malaffare. Come raccontato da «Il cittadino» di Lodi, il 7 febbraio scorso una decina di migranti ospiti di una casa di accoglienza gestita da una delle cooperative al centro delle indagini si erano presentati presso la Prefettura di Lodi per protestare sulla mancata corresponsione del cosiddetto «pocket money» e sulla mancata retribuzione degli operatori del centro.

«Il business dell’immigrazione ha fatto gola ad alcune onlus di Lodi», è stato il pronto commento del ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Meno sbarchi e meno soldi per i professionisti dell’accoglienza - aggiunge Salvini -, così risparmiamo, difendiamo l’Italia e investiamo per assumere più forze dell’ordine. La pacchia è finita». Il sostituto procuratore Prisco ha spiegato in conferenza stampa che si tratta di «eccezioni», su cui comunque occorre fare valere il «principio di non colpevolezza». «Non bisogna sottovalutare - ha aggiunto - che ci sono altre onlus che invece hanno ben gestito l’accoglienza di migranti».

giovedì 27 dicembre 2012

Lodi, arrestati due funzionari Asl: chiedevano mazzette a gestore bar.



Milano - (Adnkronos) - Diverse le vittime della coppia e il 20 dicembre scorso i due sono stati sorpresi dalle Fiamme Gialle all'uscita di un bar con una busta contenente alcune centinaia di euro.

Milano, 24 dic. (Adnkronos) - Due funzionari dell'Asl di Lodi, dipendenti del Servizio d'Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, sono stati arrestati dai militari delle radiomobili del Servizio 117 delle Fiamme Gialle lodigiane subito dopo avere intascato una ''mazzetta'' dal gestore di un bar. Il 20 dicembre scorso i due sono stati sorpresi all'uscita dal bar con una busta contenente alcune centinaia di euro. Contestualmente all'arresto le Fiamme gialle hanno perquisito gli uffici dei due tecnici dell'Asl sequestrando una nutrita documentazione grazie alla quale sono state scoperte altre vittime della coppia.

http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/Lombardia/Lodi-arrestati-due-funzionari-Asl-chiedevano-mazzette-a-gestore-bar_314022127297.html