Visualizzazione post con etichetta scopo lucro. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta scopo lucro. Mostra tutti i post

venerdì 12 luglio 2019

L’inferno e il male a Bibbiano. Ed ora si scoprano tutte le carte. - Davide Stasi



La notizia, nonostante le resistenze di molti media, si sta espandendo a macchia d’olio. Ed è una di quelle notizie che nessuno vorrebbe mai sentire. Nel Reggiano sono più di venti gli indagati per un giro d’affari fatto sulla pelle di bambini sottratti alle famiglie e collocati in case protette. Un giro d’affari di migliaia di euro che avrebbe coinvolto medici, assistenti sociali, professionisti e politici. Ai domiciliari è finito, tra gli altri, proprio il sindaco di Bibbiano, il PD Andrea Carletti. Implicate anche diverse “Onlus”, che è l’eufemismo di “cooperative sociali”, le stesse di cui ho parlato settimana scorsa rispetto alla Casa Arcobaleno voluta dal Comune di Milano. Stessi meccanismi, stessi interessi, probabilmente stessi illeciti.
persone_carletti
Andrea Carletti
Qui però si va oltre. Qui si parla di un sindaco che solo l’anno scorso si vantava con i media del lavoro fatto sulla legalitàqualche mese fa dei suoi servizi sociali, cui erano destinati 2 milioni di euro all’anno, e che ora pare abbia avallato e tratto vantaggio da un sistema criminale fatto di relazioni false e disegni dei bambini modificati con l’aggiunta di connotazioni sessuali per poter avanzare ipotesi di abusi sessuali e dunque portarli via dalle famiglie. Da lì partivano terapie psicologiche inutili, ma ben pagate, e sedute di lavaggio del cervello per indurre i piccoli, a suon di impulsi elettrici, a temere i propri genitori o a elaborare ricordi inesistenti. Roba da Arancia Meccanica, signori, non le solite botte negli asili. Poi c’era anche l’affido dei minori a gente non proprio adeguata: malati psichiatrici o tenutari di sexy shop. Non solo: ai piccoli non venivano recapitati i regali inviati dai genitori. Tutto il materiale spedito come regalo è stato ritrovato accatastato in un magazzino. “Se questo è un uomo”, si chiedeva Primo Levi. Se non è questo il concentrato perfetto dell’inferno e del male, mi chiedo io.
Boy painting
Naturalmente si è tutti innocenti fino a prova contraria, e questo vale anche per coloro che al momento sono soltanto indagati in questa vicenda. Però le cronache parlano di intercettazioni da parte dei Carabinieri, e questo un po’ cambia le cose. Se le prove sono di quel genere pressoché inoppugnabile (sarebbero state registrate le sedute di “lavaggio del cervello” ai bambini), occorre iniziare a concepire che davvero uno dei business da sempre sospettati e denunciati esisteva ed esiste davvero. Ed è inferno e male per una pletora di soggetti, a partire dai più deboli, dai più innocenti, appunto i bambini, fino a includere le loro famiglie d’origine. Si rilegga l’elenco dei comportamenti che sono oggetto di denuncia, o l’elenco delle accuse penali (frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso): davvero si può concepire qualcosa di più orribile?
La domanda è retorica, dunque non è la risposta che interessa. Interessa l’evidenza per cui questa realtà, da lungo tempo denunciata da questo e da tantissimi altri blog, esiste davvero, ed è forse anche peggio di quanto prefigurato. Qui è il sistema case-famiglie per minori, ma il meccanismo dei centri antiviolenza o case protette per donne o case arcobaleno per altro-sessuali, non è diverso. Sempre lo stesso sporchissimo business è. E tendenzialmente sempre gli stessi soggetti politici ed economici ci sono dietro: la sinistra e le cooperative. Proprio quelli che inneggiano al gender, che osteggiano ogni riforma di separazioni e affidi, che parlano di “femminicidio” e violenza sulle donne come se fosse un’emergenza nazionale, che chiedono e ottengono milioni di euro da intascarsi come a Bibbiano o in modi simili. Per esempio una delle “Onlus” implicate pare sia la “Hansel e Gretel”, guarda caso una delle più attive contro la riforma di separazioni e affidi perché, dichiarava, avrebbe “favorito i genitori violenti”. In questa vomitevole e raccapricciante contraddizione sta il centro di tutto il sistema, di tutto l’orrore e il male per i nostri figli.
E, va detto, c’è chi in passato e nel presente ha denunciato, talvolta per vie legali (inutilmente), e sempre tramite l’espressione della propria opinione, questo stato di cose vergognoso e pericoloso. Ottenendo, quando fortunato, una totale assenza di risposte. Quando sfortunato una denuncia per vilipendio alle istituzioni, diffamazione o cose del genere. Piaccia o no, costoro hanno sempre avuto ragione, e ancora ce l’hanno quando parlano di questi fenomeni o di fenomeni simili. I fatti parlano chiaro, e se la vicenda di Bibbiano non andrà in mano a magistrati politicamente schierati o semplicemente timorosi delle pressioni mediatiche, si dovrà andare a fondo e anche al largo. Perché orrori come quello appena scoperto nel reggiano sono a tutti gli effetti come la mazzetta di Mario Chiesa al Pio Albergo Trivulzio. La punta estrema di un iceberg. Sta a uomini e donne di buona volontà far sì che venga messo alla luce tutto il resto. Che si sa, è noto e stranoto. Basta avere il coraggio di cogliere l’occasione, smettere di coprire il peggio del peggio e finalmente scoprire tutte le carte.
Leggi anche:

martedì 2 luglio 2019

Lodi, la truffa delle false onlus di accoglienza migranti: 11 arresti. - Francesco Gastaldi

Lodi, la truffa delle false onlus di accoglienza migranti: 11 arresti

Quattro organizzazioni hanno usato falsi documenti per partecipare ai bandi pubblici: 11 gli arrestati, tra loro anche pluripregiudicati legati a famiglie di ‘ndrangheta. Lasciavano pochissimi soldi per i servizi minimi da dare agli stranieri.

Almeno mille migranti gestiti, quattro cooperative sociali e una quindicina di case rifugio: l’obiettivo, vincere i bandi milionari delle prefetture sulla gestione dei richiedenti asilo e intascare i 35 euro pro capite al giorno. Sette milioni di euro in quattro anni - subito spariti dai conti correnti - e pochissimi soldi lasciati per i servizi minimi da garantire agli stranieri, che ne risentivano sulla loro pelle. Undici ordinanze di custodia cautelare (di cui una in carcere e sei ai domiciliari) e l’accusa di truffa ai danni dello Stato: la Guardia di finanza di Lodi e la procura di Milano hanno portato alla luce un’organizzazione criminale che per quattro anni – dal 2014 fino al 2018 – si è stabilmente inserita nelle gare pubbliche per la gestione dell’emergenza dei migranti indette dalle prefetture di Lodi, Pavia e Parma.

Negli anni monitorati dall’indagine le false coop sociali - denominate «Volontari senza frontiere», «Milano Solidale», «Amici di Madre Teresa Giuliani» e «Area solidale» - hanno beneficiato di oltre sette milioni di euro di fondi pubblici. Gli undici indagati, una volta ricevuti i soldi dalle prefetture, li facevano immediatamente sparire: ricaricavano le carte di credito, effettuavano movimenti bancari fra i vari conti correnti legati alle quattro onlus (più di venti), si giravano assegni tra di loro, prelevavano cash.

I controlli sono partiti nel 2014 dopo la segnalazione di un movimento sospetto da parte della Banca d’Italia su due dei conti correnti e sono andati avanti fino al 2018. Indagini quasi esclusivamente bancarie, quelle condotte dal pool del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e e del sostituto procuratore Gianluca Prisco, fino al 2017 quando sono iniziate le intercettazioni telefoniche. Un disegno criminale che almeno fino al 2016 è andato avanti sfruttando un sistema ancora farraginoso sul fronte dei controlli. Dal 2017 le prefettura hanno iniziato a effettuare controlli più stringenti e sopralluoghi nelle strutture, ma gli undici indagati non per questo si sono fermati. Ognuno di loro aveva deleghe su più di un conto corrente. In un caso, uno degli amministratori «fake» aveva pure acquistato due appartamenti con i soldi ottenuti dalle prefetture. Uno è stato sequestrato dalle Fiamme Gialle.

Le indagini hanno portato alla luce l’alternarsi delle cariche amministrative all’interno delle quattro onlus, che venivano usate come macchine per fare soldi e non offrivano alcuno dei servizi essenziali per aggiudicarsi il bando, dal sostegno psicologico alla mediazione culturale. Gli indagati si scambiavano le cariche tra loro e affidavano la rappresentanza legale a «teste di legno» per evitare che emergessero i precedenti penali (ne avevano, almeno in sei su undici).

Due di loro sono anche risultati legati ad altrettante famiglie affiliate alla ‘ndrangheta, ma per il momento Procura e Finanza non hanno trovato prove che le quattro onlus agissero per conto di cosche criminali. Il sistema delle false onlus è stato messo a punto probabilmente quando alcuni degli indagati – intorno al 2002 – si erano conosciuti fra loro all’interno di cooperative sociali per le quali svolgevano servizi come misura alternativa al carcere.

Gli stranieri per primi, insieme con gli operatori, erano le vittime del sistema di malaffare. Come raccontato da «Il cittadino» di Lodi, il 7 febbraio scorso una decina di migranti ospiti di una casa di accoglienza gestita da una delle cooperative al centro delle indagini si erano presentati presso la Prefettura di Lodi per protestare sulla mancata corresponsione del cosiddetto «pocket money» e sulla mancata retribuzione degli operatori del centro.

«Il business dell’immigrazione ha fatto gola ad alcune onlus di Lodi», è stato il pronto commento del ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Meno sbarchi e meno soldi per i professionisti dell’accoglienza - aggiunge Salvini -, così risparmiamo, difendiamo l’Italia e investiamo per assumere più forze dell’ordine. La pacchia è finita». Il sostituto procuratore Prisco ha spiegato in conferenza stampa che si tratta di «eccezioni», su cui comunque occorre fare valere il «principio di non colpevolezza». «Non bisogna sottovalutare - ha aggiunto - che ci sono altre onlus che invece hanno ben gestito l’accoglienza di migranti».

giovedì 27 giugno 2019

Reggio Emilia, lavaggi del cervello e scosse elettriche sui minori da dare in affido. - Alessandro Fulloni

Reggio Emilia, lavaggi del cervello e scosse elettriche sui minori da dare in affido


Certificazioni false per strappare i bimbi a famiglie in difficoltà e affidarli ad altre con requisiti più idonei. Ma non solo. Man mano che i dettagli aumentano e vengono resi noti, questa indagine dei carabinieri condotta dai carabinieri di Reggio Emilia — e che prende il nome, eloquente, di «angeli e demoni» appare sempre più sconvolgente. Si parla, in sintesi, di piccoli tolti illecitamente ai genitori per darli (dopo un giro di soldi) ad altri. Ma per costruire le condizioni necessarie a questo passaggio, ogni mezzo era lecito: comprese false relazioni, terapeuti travestiti da personaggi «cattivi» delle fiabe in rappresentazione dei genitori, falsi ricordi di abusi sessuali generati attraverso impulsi elettrici per alterare lo stato della memoria dei piccoli in prossimità dei colloqui giudiziari. Un vero e proprio «lavaggio del cervello», insomma. Diciotto persone, tra cui il sindaco Pd di Bibbiano (Reggio Emilia) Andrea Carletti rieletto poche settimane fa al secondo mandato, politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti e psicologi e psicoterapeuti di una Onlus di Torino sono stati raggiunti da misure cautelari varie, che vanno dai domiciliari (come nel caso dello stesso primo cittadino) al divieto temporaneo di esercitare la professione. 

Il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti
Il sindaco Pd di Bibbiano Andrea Carletti

Una disposizione, questa, indirizzata a dirigenti amministrativi e operatori sociosanitari. L’inchiesta vede al centro la rete dei servizi sociali della Val D’Enza, accusati di aver redatto le false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito ad amici e conoscenti. Uno sconvolgente «business» attorno all’infanzia che andava avanti da svariati anni e che coinvolgerebbe decine e e decine di minori.

«Impulsi elettrici sui bambini».
Nella medesima inchiesta, coordinata dalla pm Valentina Salvi ci sono anche decine di indagati. Quello ricostruito dagli investigatori è un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro. Tra i reati contestati ci sono frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamento su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso. 
Tra i metodi contestati, ore e ore di intensi «lavaggi del cervello» durante le sedute di psicoterapia, bambini suggestionati anche con l’uso di impulsi elettrici, spacciati ai piccoli come «macchinetta dei ricordi», un sistema che in realtà avrebbe «alterato lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari».

«Difficili situazioni sociali».
La finalità del gruppo di persone sotto inchiesta, secondo la procura, era sottrarre figli a famiglie in difficili situazioni sociali, e affidarli, dietro pagamento, ad altri genitori. Per ottenere questo scopo sarebbero stati usati metodi per manipolare la memoria e i racconti delle vittime e falsificare i documenti. Appunto: ecco il perché dei falsi dossier composti da disegni dei bambini falsificati con l’aggiunta di dettagli a carattere sessuale, abitazioni descritte falsamente come fatiscenti, stati emotivi dei piccoli relazionati in modo ingannevole, travestimenti dei terapeuti da personaggi «cattivi» delle fiabe messi in scena ai minori in rappresentazione dei genitori intenti a fargli del male, denigrazione della figura paterna e materna.

«Ricordi pilotati».
Tutto ciò serviva a «pilotare» i ricordi e i racconti dei bambini in vista dei colloqui con i giudici incaricati di decidere sul loro affido. Un particolare sconvolgente: dopo l’allontanamento dalle famiglie d’origine i minori sarebbero stati addirittura vittime di stupro all’interno delle famiglie affidatarie e delle comunità. Non bastasse, c’è anche questo: i Servizi Sociali per lunghi anni hanno omesso di consegnare ai bambini lettere e regali dati dai genitori naturali che i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato in un magazzino dove erano accatastati.

Le misure interdittive.
Oltre al sindaco, altre cinque persone sono state sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Tra queste la responsabile del servizio sociale integrato dell’Unione di Comuni della Val d’Enza, una coordinatrice del medesimo servizio, un’assistente sociale e due psicoterapeuti di una Onlus. Ulteriori otto misure cautelari di natura interdittiva, costituite dal divieto temporaneo di esercitare attività professionali sono state eseguite a carico di dirigenti comunali, operatori socio-sanitari, educatori. Infine altre due misure coercitive del divieto di avvicinamento a un minore riguardano una coppia affidataria accusata di maltrattamenti. Oltre 100 i carabinieri impegnati nell’esecuzione dell’ordinanza cautelare e in decine di perquisizioni domiciliari.

I soldi attorno al business.
Secondo i carabinieri, quello sugli illeciti affidamenti di minori in provincia di Reggio Emilia è «un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro di cui beneficiavano alcuni degli indagati, mentre altri si avvantaggiavano a vario titolo dell’indotto derivante dalla gestione dei minori attraverso i finanziamenti regionali». Grazie a questi fondi venivano, inoltre, organizzati anche numerosi corsi di formazione e convegni ad appannaggio di una Onlus, «in elusione del codice degli appalti e delle disposizioni dell’Autorità Nazionale Anticorruzione»