Visualizzazione post con etichetta Manager Pubblici. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Manager Pubblici. Mostra tutti i post

mercoledì 17 agosto 2016

Nomine Eni, la folgorante carriera di Andrea Gemma l’ex tutor di Alfano. - Giuseppe Pipitone.


Valtur, i Commissari Straordinari fanno il punto della situazione


Lo studio tributario del commissario straordinario della Valtur vanta una trentina di professionisti e ha vinto la gara per aggiudicarsi i servizi legali di Expo 2015. La sua collezione di poltrone ha invece superato la dozzina di incarichi, tra presidenze di cda, posti da liquidatore e nomine come curatore fallimentare.

Una pletora di poltrone da consigliere d’amministrazione, incarichi da liquidatore e curatore fallimentare, tre cattedre in due atenei, e un avviatissimo studio legale nella capitale. Ad appena 40 anni, l’avvocato Andrea Gemma può annoverare una collezione di nomine da far invidia ai principali raccoglitori di incarichi del Paese. Adesso è arrivato anche un posto nel cda di Eni su indicazione del governo di Matteo Renzi, dopo che per quasi 24 ore il suo nome era stato indicato per una poltrona nella stanza dei bottoni dell’Enel. Poi però è arrivata la rettifica di via XX settembre, che comunicava lo scambio di poltrone tra Gemma e il siciliano Salvatore Mancuso.
Quasi una sorta di analessi per il giovane avvocato, che nonostante sia romano di nascita, ha legato indissolubilmente la sua carriera alla Sicilia. E ad alcuni siciliani. È infatti alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo, che Gemma inizia a insegnare Istituzioni di diritto privato II nel 2006, quando ha appena 32 anni. Puntuale in aula ma sempre di fretta, simpatico con gli studenti ma inflessibile agli esami, un trolley da viaggio come presenza perpetua alle lezioni e un telefonino che non smette mai di squillare, a testimoniare come fin dall’inizio della sua carriera il giovanissimo professor Gemma si divida già tra molteplici impegni.
In breve tempo il suo curriculum somma incarichi su incarichi. La prima nomina di spessore arriva nel 2010, quando il ministero della Giustizia lo designa per la prima volta come soggetto attuatore giuridico del Piano Carceri, incarico che gli frutta 100mila euro e che Gemma conserverà fino al 2012. A volerlo fortissimamente in via Arenula è il guardasigilli in persona, Angelino Alfano, suo intimo amico fin dai tempi del dottorato di ricerca, quando Gemma gli fa da tutor, nonostante sia più giovane di ben tre anni. Ad unire il destino del brillante professore con quello del futuro leader del Nuovo Centro Destra è il professor Salvatore Mazzamuto, maestro di entrambi, già preside di Giurisprudenza a Palermo poi sottosegretario alla Giustizia durante il governo di Mario Monti.
È sulla scia di Mazzamuto che si sviluppa la carriera accademica di Gemma, oggi docente di Istituzioni di Diritto Privato sia a Palermo che all’università di Roma Tre, dove insegna anche Diritto Civile II. Fuori dall’università, invece, gli incarichi per il giovane professore non si contano più. Il suo studio tributario, Gemma & Partners, vanta una trentina di professionisti e ha vinto la gara per aggiudicarsi i servizi legali di Expo 2015. La collezione di poltrone ha invece superato la dozzina di incarichi, tra presidenze di cda, posti da liquidatore e nomine come curatore fallimentare. L’ultima arriva dal tribunale di Palermo che lo ha nominato curatore di Amia, l’azienda che gestiva la raccolta rifiuti fallita lo scorso anno, mentre il capoluogo siciliano era invaso dalla spazzatura. In Sicilia Gemma è anche commissario straordinario del gruppo Valtur dell’imprenditore Carmelo Patti, che nel 2012 la Dia di Trapani indica come prestanome di Matteo Messina Denaro, ordinandone il sequestro dei beni.
Un anno prima l’azienda leader nel settore turistico era finita in amministrazione controllata: l’allora ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani nomina come commissari straordinari Daniele Discepolo, Stefano Coen e lo stesso Gemma, che un articolo pubblicato dal settimanale Espresso l’11 marzo 2013, indica come nipote di un ex amministratore della Valtur. “Fonti interne al gruppo Patti – si legge sempre nello stesso articolo – indicano che Gemma e Discepolo hanno presentato parcelle alla Valtur, il che li renderebbe ineleggibili come commissari”.
Il rapporto di Gemma con la Sicilia è però indissolubile durante gli anni, oltre che proficuo. A Palermo il giovane professore è anche presidente dell’Immobiliare Strasburgo, la ricchissima cassaforte del mattone confiscata dai magistrati al costruttore Vincenzo Piazza, indicato come prestanome di Vito Ciancimino. A piazzare Gemma ai vertici dell’Immobiliare Strasburgo è stato il prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell’Agenzia per i beni confiscati, autore nei mesi scorsi di un violento j’accuse ai danni degli amministratori giudiziari di lungo corso. Il caso è finito davanti la Commissione Parlamentare Antimafia, che a Caruso ha contestato proprio la nomina di Gemma, indicato da alcuni rumors come collaboratore dello studio di Tiziana Miceli, moglie di Alfano.
“Non mi risulta che Gemma faccia parte dello studio della moglie di Alfano. Sta di fatto che ha risolto il problema Valtur, ha sbloccato decine di assegnazioni verso il comune di Palermo, è stato remunerato con totali 150mila euro per lui e altri due giovani avvocati, lo stesso importo che prima prendeva una sola persona”, ha risposto il prefetto davanti alla commissione presieduta da Rosy Bindi. In realtà, infatti, è la moglie di Alfano, l’avvocato Miceli, che in alcune occasioni ha difeso società il cui liquidatore era proprio Gemma. È il caso della Sigrec, società in liquidazione del gruppo Unicredit, affidata nel 2008 alle cure del giovane professore universitario dall’allora presidente di Isvap Giancarlo Giannini. Negli anni sono una mezza dozzina le liquidazioni che Giannini affida a Gemma. Poi l’ex presidente di Isvap finisce travolto dallo scandalo Ligresti. Per Gemma invece è il momento del grande salto nel cda di Eni: solo l’ultima poltrona di una ricchissima collezione.

martedì 15 aprile 2014

Poltrone di Stato, Renzi promuove Moretti e rimette in gioco Marcegaglia. - Fiorina Capozzi e Gaia Scacciavillani

Poltrone di Stato, Renzi promuove Moretti e rimette in gioco Marcegaglia
dejà vu e l’ondata di quote rosa, benché in ruoli rigorosamente non esecutivi, erano attesi. Ma chi si aspettava che Matteo Renzi si sarebbe limitato a rottamare i vecchi manager di Stato sostituendoli con nuove leve di sua fiducia, sarà rimasto spiazzato. Le liste dei candidati del governo dei sindaci per la guida delle più importanti aziende pubbliche italiane, infatti, sono solo il primo passo che apre al premier nuovi e più ampi orizzonti. Come il ricambio anticipato anche dei vertici di aziende che non avrebbero dovuto essere toccate da questa prima tornata, dando il via a un effetto domino che nel giro di poche settimane potrebbe cambiare buona parte dello scenario delle poltrone pubbliche, sfiorando anche la Rai.
Tutto parte da Mauro Moretti, il manager 61enne di recente balzato agli onori delle cronache per aver a priori rifiutato l’idea di un taglio di stipendio. A lui, dopo sette anni alle guida Ferrovie dove ha trascorso tutta la sua vita professionale, andrà l’incarico di amministratore delegato di Finmeccanica. Così l’ex sindacalista della Cgil si ritroverà a gestire la prima azienda della difesa del Paese, liberando una casella strategica ai vertici delle Fs che erano stati rinnovati appena lo scorso agosto dall’allora premier Enrico Letta. In più il manager delle Ferrovie rimette in gioco il suo stipendio come desiderava: se è infatti prevedibile che guadagnerà meno del suo predecessore in Finmeccanica (2,2 milioni di euro tra fisso e variabile), non sarà di sicuro inferiore a quello attuale nelle Ferrovie (circa 850mila euro l’anno). “Di Renzi mi fido”, aveva del resto dichiarato Moretti lo scorso 21 marzo dopo il botta e risposta con il premier che da Bruxelles annunciava il tetto agli stipendi dei manager pubblici. E in effetti è stata una fiducia ben riposta, visto che il manager sarà così abbondantemente ricompensato della guida del ministero dello Sviluppo economico che era sfumata in zona Cesarini anche per le polemiche suscitate per il suo ruolo di imputato al processo per la strage di Viareggio iniziato lo scorso autunno.
D’altro canto però Moretti, che sarà affiancato dal presidente Gianni De Gennaro (unica conferma delle vecchie nomine) e circondato da consiglieri come l’ex viceministro degli Esteri del governo Letta, Marta Dassù, il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa e l’avvocato Alessandro De Nicola, è un uomo ben noto alla sinistra che nel 2006, sotto il governo di Romano Prodi, gli aveva affidato l’incarico di risanare le Ferrovie. Così come lo è Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, anche lui rinnnovato da Letta ad agosto. L’ex enfant prodige dell’Iri bacchettato dalla Corte dei conti un anno fa per il rosso dilagante nei conti del gruppo pubblico, è infatti in predicato per la successione di Moretti. Scelta che include un’altra reazione a catena che sarà confermata “nelle prossime ore, nei prossimi giorni. Non è un problema”, come ha detto il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Graziano Delrio.  Tempi stretti anche per il caso Rai che si apre con la candidatura alla presidenza delle Poste dell’ex imprenditrice delle costruzioni, Luisa Todini che è anche consigliere di amministrazione della tv di Stato. “So solo che non c’è incompatibilità, ma l’opportunità verrà valutata in tempi rapidi – ha del resto commentato lei stessa a caldo all‘Ansa – La mia esperienza mia ha insegnato che non si possono fare bene insieme troppe cose”. 
Per l’ex europarlamentare di Forza Italia la nomina pubblica è una piccola consolazione: l’imprenditrice è stata di recente è stata scaricata dall’amico Pietro Salini, che aveva salvato l’azienda della famiglia Todini nel 2009 inglobandola nel suo gruppo (oggi Salini-Impregilo) grazie al “grande supporto del sistema bancario, con particolare riferimento ai gruppi Intesa Sanpaolo e Bnl-Bnp Paribas, insieme a Unicredit e Mps”. Un anno dopo, nel 2010, l’allora premier Silvio Berlusconi l’avrebbe voluta per sostituire Claudio Scajola a capo del ministero dello Sviluppo economico oggi occupato da un’altra pupilla dell’ex Cavaliere, Federica Guidi.  Per la Todini, poi, l’incarico ai vertici delle Poste è un impegno in più che si aggiunge al lavoro del Comitato Leonardo, associazione che si propone di promuovere l’immagine dell’Italia come sistema Paese. Una sorta di rete di imprenditori che evidentemente non dispiace al premier Renzi.
Ma ha sicuramente pesato l’effetto sulle quote rosa, che hanno messo a dura prova il premier, il quale ha dovuto trovare la quadra tra le promesse e i ruoli operativi. E la scelta, che ha il merito innegabile di rimescolare le carte nella partita tra generi, è stata di mantenere gli impegni indicando per i consigli di Enel, Eni, Finmeccanica e Poste ben 11 donne. Tutte, però, con ruoli non operativi e, quindi, con stipendi nettamente inferiori rispetto ai colleghi maschi (“Per le indennità dei presidenti delle società” è fissato un tetto di 238mila euro annui, con una riduzione rispetto a “cifre in alcuni casi a molti zeri”, ha spiegato Renzi). Sarà il caso anche di Emma Marcegaglia, che si scalda per la presidenza dell’Eni, dove almeno potrà contare su consiglieri come l’economista Luigi Zingales, che Renzi ha indicato accanto all’ex presidente del Banco di Sicilia e vicepresidente di Alitalia in quanto patron del fondo Equinox, Salvatore Mancuso. Ma soprattutto su un operativo interno all’azienda, Claudio De Scalzi, già capo del settore esplorazione del Cane a sei zampe. Proprio lei che, dopo la discussa presidenza di Confindustria, anche nell’azienda di famiglia ha diverse gatte da pelare. Non ultimo il confronto con i sindacati sul tema della sicurezza del lavoro dopo che lo scorso 8 aprile, un dipendente, Lorenzo Petronici, ha perso la vita in un infortunio mortale. In seguito al quale i lavoratori del gruppo hanno ricordato come “dal 2000 ad oggi a Mantova, Casalmaggiore e Boltiere si sono verificati infortuni estremamente gravi e morti bianche all’interno delle fabbriche del Gruppo, segno che, verso la sicurezza, c’è una soglia di attenzione molto bassa, per non dire inefficace da parte dell’Azienda”. Senza contare i lifting fiscali per risparmiare le tasse rispettando la legge e la vecchia inchiesta per evasione che nel 2008 ha visto il fratello Antonio patteggiare 11 mesi di pena oltre alla restituzione di 6 milioni di euro allo Stato.
In attesa della conferma di Catia Bastioli per la presidenza del gestore della rete elettrica Terna che è di competenza della Cassa Depositi e Prestiti, l’elenco delle principali quote rosa si chiude poi con Maria Patrizia Grieco indicata dal governo per l’Enel. Di lei si può senz’altro dire che conosce bene i consigli di amministrazione. Anche quelli più insidiosi. Il suo nome figurava nella lista di Intesa San Paolo per il rinnovo del cda della Parmalat presentata a maggio 2011, poco prima del passaggio in mani francesi. Ed era due righe sotto a quello di Enrico Bondi. Ma la maggior parte della sua esperienza è in telecomunicazioni e informatica con un passaggio nel consiglio di amministrazione di Fiat Industrial fino all’integrazione del polo camion e macchine agricole in Cnh Industrial. Non sarà quindi facile passare da Olivetti (società del gruppo Telecom Italia con un fatturato da 265 milioni) a un colosso come l’Enel. Ma almeno sarà affiancata da un manager che conosce il gruppo come Francesco Starace, ingegnere nucleare già numero uno della controllata per le rinnovabili Enel Green Power, con trascorsi in gruppi energetici come General Electric, ABB e Alstom.
Altrettanto non può dire la collega Todini, che dovrà lavorare con Francesco Caio. Per l’ex Mister Agenda Digitale, che ha mollato l’incarico non appena è iniziato il totonomine governativo, Renzi ha infatti immaginato un futuro alla guida delle Poste – che in ballo hanno sia la quotazione in Borsa che il salvataggio dell’Alitalia siglato dal governo Letta -insieme ai consiglieri Roberto Rao deputato Udc fino al 2013 e al renziano Antonio Campo dall’Orto, già autore del rilancio di La7. Il manager, vicino all’ex ministro dello sviluppo economico Corrado Passera, forse anche per via di una breve esperienza nel consiglio della banca Nomura, non ha del resto brillato nel rapporto sullo stato della banda larga: nel dossier commsionato da Letta, Caio, con il supporto di altri due esperti internazionali e ben dodici saggi, si è limitato a diagnosticare un cronico ritardo e a consigliare l’uso di fondi europei per sviluppare le reti di nuova generazione. Magari con le più classiche spedizioni del servizio universale le cose andranno meglio.