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martedì 15 giugno 2021

In fondo a destra. - Marco Travaglio

 

Accade ciclicamente di dimenticarsi cos’è la “destra” italiana. Poi per fortuna provvede essa stessa a ricordarcelo. Per solennizzare il ventennale dalla morte di Indro Montanelli, la famiglia Berlusconi ha nominato il nuovo direttore del Giornale. Dal 1994 all’altroieri aveva cercato quanto di più lontano dal fondatore, in un crescendo rossiniano all’incontrario partito da Feltri e giunto fino a Sallusti. Di peggio, si pensava, era difficile scovare. Ma, da quelle parti, mai disperare: infatti il nuovo direttore è Augusto Minzolini, che al Tg1 nascondeva le notizie e, quando proprio non poteva farne a meno, le taroccava (memorabile la prescrizione dell’avvocato Mills spacciata per assoluzione). Poi concluse in bellezza la sua carriera in Rai con una condanna per peculato perché rubava sulle note spese. Il che gli valse la promozione a senatore di FI, salvo poi dover lasciare il Senato per la legge Severino. Ora, non potendo più mettere piede in Parlamento, l’hanno piazzato al Giornale.

A Napoli, il candidato sindaco del centrodestra Catello Maresca, pm in aspettativa nella stessa città, dichiara: “Il Paese ha ancora bisogno di Berlusconi. Servono persone come lui in prima linea a Napoli. Io sono un costituzionalista convinto (sic, ndr) e la Costituzione ci impone il principio di non colpevolezza fino a sentenza passata in giudicato. Credo che il presidente Berlusconi abbia una sola condanna passata in giudicato” (segue supercazzola sulla Corte europea). Il sillogismo non fa una grinza: tutti sono innocenti fino a condanna definitiva; B. ha una condanna definitiva; dunque è innocente. E questo – è bene ripeterlo – è un pm che faceva le indagini fino all’altroieri e tornerà a farle da ottobre se sarà trombato. Il che pone ai napoletani un bel dilemma etico: votarlo perché faccia danni a Napoli ma smetta di farne alla giustizia, o non votarlo perché torni a far danni alla giustizia ma non cominci a farne a Napoli? Fino a un anno fa, a parte gli addetti ai lavori, nessuno sapeva chi fosse. Poi Massimo Giletti, che sta al giornalismo come Maresca alla toga, cominciò a invitarlo a “Non è l’Arena, è Salvini” per sostenere che le centinaia di boss usciti per il Covid (che poi erano tre) non li avevano scarcerati i giudici, ma il ministro Bonafede (che non ha mai scarcerato né incarcerato nessuno). Maresca non parlava ancora da “costituzionalista”, ma – diceva lui – da “tecnico”. Ora si candida col partito rappresentato a Napoli da Giggino ’a Purpetta, indagato per camorra con tre fratelli arrestati. Ma, da tecnico, da costituzionalista e da pm anticamorra in aspettativa, assicura che con Giggino sul palco non ci sale. Ha la moralità delle demi-vierges, convinte che la verginità sia questione di millimetri.

ILFQ

venerdì 30 ottobre 2020

Vitalizio, Minzolini si riprende il malloppo. - Ilaria Proietti

 

L’ex azzurro vince il ricorso: ha diritto all’assegno anche se non terminò la legislatura.

Comunque vada sarà un successo. E fin d’ora, anche se dovesse concludersi in anticipo la legislatura, i senatori potranno incassare il loro vitalizio. In barba alla regola fin qui in vigore (e assai indigesta per la casta degli eletti), in base alla quale sono necessari almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno per ottenerlo. Adesso basteranno appena 12 mesi.

Lo ha deciso il Consiglio di Garanzia, organo di giustizia interna di Palazzo Madama, pronunciandosi sul caso di Augusto Minzolini tornato oggi a fare il giornalista dopo essere sceso in campo con Forza Italia nella scorsa legislatura. Che per lui si era conclusa anticipatamente nel 2017 con le dimissioni a causa della condanna per peculato. Ossia l’uso delle carte di credito che gli aveva messo a disposizione Mamma Rai, quando faceva il direttore del Tg1. Dimissioni che gli avevano impedito di terminare la legislatura, con tanti saluti ai contributi nel frattempo versati a fini previdenziali.

Ora però riscattando i mesi che gli mancano potrà godere del vitalizio. Lui come tutti gli altri che avranno trascorso al Senato un tempo apprezzabile quantificato in appena un anno per ottenere un assegno a vita. Ovviamente anche gli ex deputati sperano nella stessa manna e forse non rimarranno delusi: in primo grado l’analogo organismo di giustizia interna di Montecitorio ha accordato la medesima possibilità ai cosiddetti subentranti, i fortunatissimi che hanno spuntato l’elezione anche se a legislatura iniziata. Prendendo spunto dai loro ricorsi si è stabilito che basterà aver trascorso almeno sei mesi tra i banchi della Camera per poter continuare a versare i contributi che mancano per arrivare a maturare il vitalizio. Con buona pace del regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati del 2012 che non ammette il completamento di un quinquennio contributivo nel caso il mandato parlamentare sia stato ricoperto per un periodo inferiore. Se Minzolini e gli altri aspiranti all’ambito assegno brindano, c’è chi però non si dà pace. Perché resta aperta la questione del taglio ai vitalizi su cui gli ex parlamentari non intendono arretrare nemmeno di un millimetro.

Ieri è stato ufficialmente congelato il ripristino degli importi deciso in primo grado dalla Commissione Contenziosa presieduta da Giacomo Caliendo al Senato. Non che i 776 ex senatori che hanno fatto ricorso non abbiano provato a imporre all’amministrazione di Palazzo Madama l’immediato pagamento degli arretrati e il godimento degli importi percepiti prima della sforbiciata in vigore dal 1° gennaio 2019. “Parlare dell’impossibilità del Senato di far fronte agli obblighi derivanti dalla sentenza di 1º grado, è francamente impossibile, così come impossibile è ritenere che il paventato rischio possa produrre danni irreparabili alla Camera Alta della Repubblica Italiana” si legge tra le doglianze di chi puntava a riavere il malloppo tutto intero subito, senza aspettare la sentenza definitiva attesa entro fine anno. Ma almeno per ora i rubinetti rimarranno chiusi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/30/vitalizio-minzolini-si-riprende-il-malloppo/5985017/

Dov'è scritto che la legge è uguale per tutti?
Quando è successo che i parlamentari, invece di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico esistenti tra i cittadini, li creano?
Siamo in un mondo al contrario?
Diamo loro il mandato di amministratori e loro che fanno? Tartassano noi e creano corsie preferenziali pro domo sua?
Incredibile!
C.

giovedì 16 marzo 2017

Senato, Pd e Fi salvano Minzolini e rottamano la Severino. Farsa finale: ‘Ho vinto, mi dimetto’. Ma serve altro voto. - Thomas Mackinson

Senato, Pd e Fi salvano Minzolini e rottamano la Severino. Farsa finale: ‘Ho vinto, mi dimetto’. Ma serve altro voto

Con 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti l'Aula ha annullato il parere della Giunta di sette mesi fa sulla revoca del mandato ai sensi della Severino. Decisivi 19 voti a favore e le 24 assenze del Pd. Di Maio all'attacco: "Atto eversivo nei confronti delle istituzioni, non vi lamentate se i cittadini poi protestano in maniera violenta". E i forzisti: "Questo voto ha abolito la Severino, ora reintegrare Berlusconi".

Ieri hanno salvato il ministro Luca Lotti, oggi il soldato Augusto Minzolini. Domani, già lo chiedono, Berlusconi. Dopo infiniti rimandi la questione della decadenza dell’ex direttore del Tg1, aperta dalla condanna definitiva per peculato con interdizione, è approdata in Aula che ha votato per salvarlo: è passato con 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti l’ordine del giorno di Forza Italia che ha proposto di respingere la deliberazione con cui sette mesi fa la Giunta per le autorizzazioni aveva votato la revoca del mandato parlamentare. All’annuncio del presidente Pietro Grasso: applausi, pacche sulle spalle, qualche lacrima e abbracci tra i sodali strenuamente o nascostamente avversi alla cacciata del senatore.

“Sono pronto a bere la cicuta”, aveva detto Minzolini a conclusione del suo discorso prima del voto. Pochi minuti dopo può tornare a brindare a Champagne grazie al salvataggio in extremis. E infatti, puntuale, l’annuncio: “Ora ho vinto la mia battaglia, mi dimetto“. Ma non basta, le dimissioni dovranno essere anche calendarizzate e poi votate. E potranno essere respinte. Così che Minzolini – benché dimissionario a parole – nei fatti potrà rimanere al suo posto e maturare anche la pensione. Per sminare il voto Forza Italia ha proposto non uno ma tre ordini del giorno (due poi ritirati) per neutralizzare il parere della giunta del 18 luglio 2016. Il Pd aveva lasciato libertà di voto, opzione che si rivelerà decisiva: in dettaglio votano per il salvataggio 19 senatori Pd, altri 24 sono assenti al momento del voto. E tanto è bastato. Esplode la polemica.
Per il Movimento 5 Stelle si tratta di “un atto eversivo contro le istituzioni”. I grillini hanno organizzato una conferenza stampa poco dopo il voto e l’attacco più duro lo ha pronunciato Luigi Di Maio: “Non vi lamentate  se i cittadini poi protestano in maniera violenta”, ha detto. “Molti dei voti che hanno salvato Minzolini sono dei renziani. Si è trattato di un atto di una violenza inaudita, un atto eversivo contro le istituzioni della Repubblica, l’atto di un partito al governo che, da oggi, sancisce il principio che la legge non è più uguale per tutti. Per la legge di questo Stato, Minzolini non potrebbe fare nemmeno il collaboratore scolastico o il netturbino. In Parlamento funziona tutto per precedenti e loro oggi ne hanno creato un altro”, ha proseguito Di Maio che allude “magari anche al ritorno di Berlusconi. Inutile essere sconvolti delle proteste dei tassisti, o magari contro la Bolkestein, se qui dentro si fanno questi atti eversivi”. Il vicepresidente della Camera si è poi rivolto a Renzi: “Noi diciamo a Renzi ‘non ce provà’, ovvero non provare a dissociarti” dalla decisione del Pd. Il M5S, “non starà a guardare, non abbiano nessuna intenzione di vedere questi signori che si prendono la pensione, noi chiediamo di andare al voto il prima possibile, questo Paese si può cambiare con il voto democratico”.
Sulla stessa linea poi i colleghi, che hanno lasciato intendere che dietro il voto ci sia uno scambio di favori tra Pd e Forza Italia: “Il Nazareno è risorto: ieri Forza Italia ha salvato Lotti, oggi il Pd ha salvato Minzolini”, ha commentato Nicola Morra. Più esplicito ancora Michele Giarrusso: “Tra il Pd e FI c’è stato di fatto un voto di scambio. I dem ieri hanno salvato Lotti per lo più uscendo dall’Aula e facendogli abbassare il quorum e loro oggi gli hanno salvato Minzolini che resta senatore di Fi. E’ una vera vergogna. Hanno dimostrato di essere una Casta che vuole restare al di sopra della legge”. “Pagherete anche questa, siete da radere al suolo”, ha detto Roberto Fico (M5s), presidente Vigilanza Rai.
Ma in pochi minuti il tema politico è diventato già un altro: che fine fa la Severino oggi rottamata in Parlamento? Forza Italia ha colto al volo l’occasione. “Con questo voto oggi il Senato l’ha abolita. Berlusconi dovrà essere reintegrato già domani perché i due casi sono simili”, ha detto Lucio Barani, capogruppo di Ala-Sc al Senato. Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia: “E adesso che fine farà l’infame legge Severino? Usata dalla sinistra solo contro il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi è rottamata una volta per tutte”. I democratici si sono affrettati a respingere ogni accusa d’inciucio. “Il M5S è abituato alle fake news. Non c’è alcuna relazione tra il voto su Lotti e quello su Minzolini. Oggi il Pd ha scelto di lasciare libertà di voto. Libertà è un altro termine ostile per i Cinque stelle”, ha detto il senatore Pd Andrea Marcucci (che pure si è astenuto).