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venerdì 18 luglio 2014

Contro i ladri di democrazia, no al Parlamento dei nominati e all’uomo solo al comando – Firma la petizione

Contro i ladri di democrazia, no al Parlamento dei nominati e all’uomo solo al comando – Firma la petizione

LE CONTRORIFORME dell’Italicum e del Senato delle Autonomie, concordate dal governo con il pregiudicato Silvio Berlusconi e il plurimputato Denis Verdini, consentono a un pugno di capi-partito di continuare a nominarsi i deputati a propria immagine e somiglianza (con le liste bloccate per la Camera), addirittura aboliscono l’elezione dei senatori (scelti dalle Regioni fra consiglieri e sindaci, ridotti a un ruolo decorativo e per giunta blindati con l’immunità-impunità) e tagliano fuori i partiti medio-piccoli (con soglie di sbarramento abnormi);
- trasformano il Parlamento nello zerbino di un premier-padrone, “uomo solo al comando” senza controlli né contrappesi, con una maggioranza spropositata che gli permette di scegliersi un presidente della Repubblica e di influenzare pesantemente la Corte costituzionale, il Csm, la magistratura e l’informazione televisiva e stampata;
- espropriano i cittadini dei residui strumenti di democrazia diretta: i referendum (non più 500mila, ma addirittura 800mila firme) e le leggi di iniziativa popolare (non più 50mila, ma addirittura250mila firme).
DICIAMO NO ALLA SVOLTA AUTORITARIA, come i migliori costituzionalisti italiani hanno definito il combinato disposto delle due controriforme, ispirate  – consapevolmente o meno – al “Piano di Rinascita Democratica” della loggia P2 di Licio Gelli.
DICIAMO SI’ A UNA DEMOCRAZIA PARTECIPATA e vi chiediamo di sostenere solo riforme istituzionali che rispettino lo spirito dei Padri Costituenti del 1946-48: restituendo ai cittadini il diritto di scegliersi i parlamentari e coinvolgendoli nella cosa pubblica; tutelando le minoranze e le opposizioni; allargando gli spazi di partecipazione diretta alla formazione delle leggi; limitando l’immunità parlamentare alle opinioni espresse e ai voti dati e abolendo i privilegi impunitari in materia di arresti, intercettazioni e perquisizioni; combattendo i monopòli e i conflitti di interessi, specie nel mondo della televisione e della stampa; ampliando l’indipendenza e l’autonomia dei poteri di controllo, dalla magistratura all’informazione.
Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Peter Gomez e la redazione del Fatto Quotidiano 

lunedì 29 aprile 2013

Berlusconi “padre costituente”: “Presiederò la Convenzione per le riforme”.



Dopo aver fatto fallire la Bicamerale del '97 presieduta da D'Alema, il Cavaliere ci riprova. "Forte" di due condanne e tre prescrizioni (una per corruzione di giudici), dice: "Sarò io a guidarla".

Una Convenzione per le riforme per dare una nuova architettura allo Stato di un Paese altrimenti ingovernabile. Silvio Berlusconi, con questo ragionamento, si candida a presiedere l’organismo per avviare il dialogo tra le forze parlamentari per un rinnovamento della struttura istituzionale. Oltre al programma del governo – che sarà presentato nel pomeriggio da Enrico Letta alla Camera – il presidente del Consiglio lancerà anche la Convenzione. ”Si farà una convenzione per le riforme – ha spiegato lo stesso ex presidente del Consiglio alla Telefonata di Canale 5 – e nel corso delle trattative per la formazione del governo si è determinato che, alla guida di questo organismo, vada un esponente indicato dal Pdl. Immagino che sia io a guidarla, perché nei nove anni che sono stato presidente del Consiglio ho avuto modo di verificare le difficoltà di guidare il Paese”.
E’ tutto da capire se la Convenzione avrà poteri “referenti” o “redigenti”, come si dice in linguaggio di diritto costituzionale. Da una parte i testi devono essere esaminati preventivamente, per relazionare alle Camere prima dell’approvazione. In sede redigente, oltre ad esaminare il testo del disegno di legge,  possono, su delega dell’Assemblea, elaborare il testo definitivo dei singoli articoli. In questo caso il testo dovrà essere approvato, ma senza dichiarazioni di voto, dall’Assemblea sia per singoli articoli che globalmente. In questo secondo caso, tuttavia, si tratterebbe di leggi costituzionali che avrebbero bisogno di due letture per ogni ramo del Parlamento.
Verosimilmente tutto questo non potrà trovarsi all’interno del discorso di Letta alle Camere. Ma i punti forti sono comunque due. Da una parte la riforma dei regolamenti parlamentari per cercare di snellirli e andare verso una velocizzazione dell’iter legislativo. Dall’altra – forse il capitolo più importante – la riformulazione del sistema di governo: premierato forte o semipresidenzialismo alla francese che potrebbe dare il via anche alla riforma elettorale disegnata sui meccanismi di quel Paese. La nuova bicamerale da cui dovrà scaturire soprattutto la nuova legge elettorale: in questa discussione ovviamente il centrodestra potrà fa valere il suo peso nella formazione del governo.
Dunque Berlusconi si ritaglia un ruolo da statista, da padre costituente. Nonostante a oggi abbia messo in fila una prescrizione per corruzione dei giudici nella vicenda Mondadori (che poi ha dato il via alla causa e al maxi-risarcimento dovuto a De Benedetti), un’altra prescrizione per il finanziamento illecito a Bettino Craxi, le due sentenze di non luogo a procedere in diversi processi perché il suo governo ha cambiato la legge sul falso in bilancio, due sentenze di condanna per violazione del segreto d’ufficio e evasione fiscale (con pene rispettivamente di un anno e 4 anni) e un processo – ancora in corso – per concussione e prostituzione minorile (il caso Ruby).
Durante il colloquio con i suoi nuovi ministri, ieri il Cavaliere ha vantato addirittura una paternità ideale del governo, rivendicandolo come risultato di una strategia lucidamente perseguita dal giorno successivo alle elezioni: la politica delle larghe intese. “Dopo che mi sono battuto per farla digerire al Pd - è il ragionamento - come avrei io potuto tirarmi indietro all’ultimo momento?”. Il suo pensiero è già avanti, a un quadro di spericolate scomposizioni e ricomposizioni del quadro politico che oggi potrebbero sembrare pura fantascienza: i moderati tutti insieme alleati, e gli estremisti di ogni sorta relegati nell’angolo. “Per dare vita al governo Letta – ha ribadito – abbiamo posto una precisa condizione e cioè che si approvino subito le misure di rilancio dello sviluppo che abbiamo indicato nel nostro programma”, che mette la restituzione dell’Imu e una sostanziale “museruola” a Equitalia ai primi posti contro quelli che chiama “le sue prepotenze e metodi violenti”. Quindi ha sottolineato che si aspetta segnali da Letta sui “punti irrinunciabili per noi che il premier si è impegnato a realizzare, o quantomeno “si è impegnato – osserva ancora – a citarli nel suo discorso”. E comunque, se questo governo dovesse fallire, l’unica strada sarà il voto, anche se sarà difficile presentarsi davanti agli italiani dopo un simile fallimento.