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sabato 16 agosto 2014

Grillo, lo sai quanto ci costa il Quirinale? - Januaria PIromallo

  
Napolitano - Napolitano e Kissinger                                                   

Altro che Quirinarie! Altro che paese di santi e navigatori, siamo un mezzo stivale di tartassati fiscali e di evasori. E quelli che non evadono, sprecano. Ti rendi conto, 1200 stanze per un solo “inquilino”! Mantenere questo palazzo costa a noi contribuenti 245 milioni di euro all’anno. E i conti continuano a salire (o comunque a non scendere) proporzionalmente alla mia incazzatura.
La casa del presidente costa già il triplo rispetto al 1986. E il quadruplo di Buckingham Palace. 
Lo scrive Mauro Suttora, inviato di Oggi, dati alla mano. I più parchi sono i tedeschi, la loro presidenza della Repubblica costa appena 20 milioni di euro all’anno. La regina Elisabetta, che ai suoi sudditi appare come una spendacciona, se la cava con 60 milioni annui. Il presidente francese ne spende solo 90.
Il Quirinale, ex residenza papale estiva, poi trasformato in palazzo di corte sabauda, ha sempre voluto mantenere inalterati gli sfarzi di un tempo. Ogni sala, pomposamente decorata, affrescata, ha una sua (utilissima?) funzione: nello Studio alla Vetrata il presidente riceve gli altri capi di Stato. Nella Sala degli Ambasciatori (ex del trono) gli ambasciatori freschi di nomina. Nella Sala degli Specchi giurano i giudici nominati alla Corte Costituzionale. La Cappella Paolina (grande quanto la Sistina) ospita i concerti domenicali trasmessi da Radio 3. Nel salone dei Corazzieri si tengono altre cerimonie di pennacchi e investiture… E la lista continua per un pezzo.
Suttora riporta cifre da paura: un esercito di 1.720 dipendenti, tra cui 260 corazzieri, 21 vigili, 16 guardie forestali. Fra gli uomini del presidente: due addetti con specifica funzione di dare la corda agli orologi a pendolo, sei tappezzieri, 14 addetti all’ufficio posta interna (che ai tempi di Internet sembrano veramente eccessivi), 41 autisti, 10 cuochi, 26 camerieri. 
Lo scoop di Suttora, rispetto al libro di Gianantonio Stella e Sergio Rizzo ‘La Casta’, è che il Quirinale è pure a corto di stanze: non gliene bastano 1.200. Negli ultimi tempi si è espanso in tre palazzi nelle vicinanze, di quelli belli e monumentali pari al suo standard, mica due cosarelle: “Fra le sue crescenti esigenze ci sono anche quelle di concedere appartamenti privati a vari dirigenti”, spiega Suttora. “Me ne sono accorto per caso camminando in via della Dataria, direzione fontana di Trevi. Costeggiavo due palazzi, quello di San Felice e della Panetteria, e vedo una nuova targa: ‘Segreteria generale della Presidenza della Repubblica’…” 
Secondo lei, Suttora, da dove dovrebbe cominciare a risparmiare il presidente?
“Dagli stipendi d’oro. Il segretario generale Donato Marra guadagna il doppio del presidente. E solo pochi giorni fa ha subìto un taglio del 15%. Da 542mila euro ridotto a 512. Ci sono una marea di funzionari. I presidenti passano, ma i grandi burocrati rimangono…”. Povero Marra.
Napolitano ha tagliato 460 dipendenti. Poca roba, rispetto allo scialacquamento  generale.
Una domanda da porre a Grillo, il “Savonarola” degli sprechi, oltre ad abolire le Provincie succhiasoldi, non si potrebbe smettere di pompare i nostri denari all’over budget del Quirinale?  
Chennesò, utilizzare alcune delle 1200 stanze per uffici pubblici ora dislocati in affitto in altre parti di Roma. 
Chennesò, trasformare una parte del Quirinale in un museo. Anche Versailles ha una magnifica Sala degli Specchi, ed è tra le mete più visitate del mondo!
Intanto Obama, che alla Casa Bianca ha solo un mezzo migliaio di impiegati, è proprio un pezzente!

domenica 3 novembre 2013

Dai consulenti ai portaborse, più di un milione di persone vivono di politica. - Salvatore Cannavò

Dai consulenti ai portaborse, più di un milione di persone vivono di politica


Non ci sono solo gli eletti in Parlamento e negli enti locali. Secondo uno studio della Uil, coloro che traggono una fonte durevole di guadagno da ruoli legati all'amministrazione pubblica sono in 1.128.722. E i costi, diretti e indiretti, ammontano a 23,9 miliardi.

Un milione di persone. Nemmeno Max Weber, quando scriveva ’La politica e la scienza come professioni’ pensava ci si potesse spingere a tanto. Il grande sociologo tedesco scriveva infatti nel 1919: “Si vive ‘per’ la politica oppure ‘di’ politica”. Chi vive ‘per’ la politica costruisce in senso interiore tutta la propria esistenza intorno ad essa” […] Mentre della politica come professione vive colui che cerca di trarre da essa una fonte durevole di guadagno”.
Secondo uno studio della Uil, invece, coloro che cercano “di trarre dalla politica una fonte durevole di guadagno” sono più di un milione: 1.128.722. Un “paese nel paese” ma non nella forma poetica in cui Pier Paolo Pasolini definiva il Pci. Piuttosto “un mondo a sé”, come lo descrive il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy che ha curato la ricerca. La cifra viene ricavata sommando voci tra loro diverse ma tutte legate alla politica: gli eletti e gli incarichi di Parlamento e governo (1.067) quelli nelle Regioni (1.356),nelle Province (3.853) o nei Comuni (137.660). L’incidenza delle cariche elettive sul numero totale non è molto alta, il 12%.
La forza del sottoboscoI numeri si fanno più forti man mano che ci si addentra nel sottobosco: i Cda delle aziende pubbliche ammontano, infatti, a 24.432 persone; si sale a 44.165 per i Collegi dei revisori e i Collegi sindacali delle aziende pubbliche; 38.120 sono quelli che lavorano a “supporto politico” nelle varie assemblee elettive. I numeri fondamentali della ricerca sono riscontrabili nelle due ultime voci, quelle decisive: 390.120 di“Apparato politico” e 487.949 per “Incarichi e consulenze di aziende pubbliche”. “Quest’ultimo dato si basa su numeri certi e verificati” assicura Loy, mentre quello relativo agli “apparati” costituisce una “stima della stessa Uil ma una stima attendibile”. Nella nota metodologica, infatti, il sindacato spiega che i numeri derivano da banche dati ufficiali e da quello “che ruota intorno ai partiti” (comitati elettorali, segreterie partiti, collegi elettorali, “portaborse”, ecc.”. Loy la spiega così: “Ventimila voti di preferenza non sono il risultato solo di un voto ideologico ma espressione di relazioni concrete”. E, in tempi in cui l’ideologia è fortemente in crisi, “si affermano gli interessi e la spinta ad aumentare il proprio tenore di vita, l’affermazione di un sistema economico”.
La politica si fa industria, quindi. E il dato è riscontrabile nei numeri. Si pensi al costo dei CdA dei quasi settemila enti e società pubbliche: si tratta di 2,65 miliardi mentre per “incarichi e consulenze” la cifra è di oltre 1,5 miliardi di euro. Stiamo parlando di gente che lavora, ovviamente. Alcuni di loro, come i dipendenti di Rifondazione comunista, sono anche finiti in cassa integrazione oppure, come in An, licenziati. “Ma non hanno fatto alcuna selezione pubblica, non hanno seguito nessun merito” commenta Loy, “e vengono pagati con soldi di tutti”. Parliamo di collaborazioni dirette nei vari ministeri, assessorati, consigli elettivi, incarichi elargiti da questo o quel politico di turno. Oltre ai Francesco Belsito, Franco Fiorito, ai diamanti della Lega, alle ricevute di Formigoni o alle consulenze di Alemanno, gli esempi possono essere tutti leciti ma del tutto interiorizzati dalla politica.
I vari ministeri hano speso, nel 2012, oltre 200 milioni per collaborazioni dirette. Tra i dicasteri più attivi, gli Interni, l’Economia e Finanze, la Difesa e la Giustizia. Del ministero diretto da Alfano ci occupiamo a parte. Il Mef dispensa centinaia di incarichi nelle società partecipate. Alla Difesa, il ministro dispone di ben 18 collaboratori quanti ne ha quello della Giustizia. Gli incarichi sono quasi tutti di pertinenza politica. Come proprio addetto stampa, ad esempio, il ministro ha la stessa persona che ha lavorato per Pierferdinando Casini dal 2006 al 2013 e prima, ancora, con l’Udc Vietti, attuale videpresidente del Csm. Una “ricollocazione” avvenuta tutta nei rapporti della politica.
Fedeli al ministroNell’Ufficio di gabinetto troviamo l’autrice di un libro, Guerra ai cristiani, troppo presto dimenticato e scritto insieme allo stesso Mauro. Più esemplare è il caso del “Consigliere per gli affari delegati, del Sottosegretario di stato alla Difesa On. dott. Gioacchino Alfano”, Nicola Marcurio. L’interessato ha iniziato la carriera politica nel Comune di Sant’Antonio Abate, dove organizzava le iniziative religiose per il Giubileo. Diviene consigliere comunale nel 2000 e di nuovo nel 2005. Poi va a lavorare presso il Commissariato per l’emergenza di Pompei, da lì alla Protezione civile per il G8 dell’Aquila. Finisce al ministero come consigliere di Gioacchino Alfano il quale, guarda caso, è stato sindaco proprio di Sant’Antonio Abate. L’altro sottosegretario, Roberta Pinotti, Pd, tiene nel proprio staff Pier Fausto Recchia, deputato non rieletto alle ultime elezioni e quindi ricollocato. Tra i collaboratori del ministro della Giustizia, Cancellieri, troviamo Roberto Rao, già deputato, non rieletto, e già portavoce di Casini ma anche Luca Spataro, già segretario Pd di Catania. Se un deputato non viene rieletto gli si trova un nuovo incarico. Come a Osvaldo Napoli, pidiellino molto presente in tv, bocciato lo scorso febbraio e oggi vicepresidente dell’Osservatorio Torino-Lione. Moltiplicando questi casi per l’intero numero delle cariche elettive si può avere un’idea del fenomeno. Alla Regione Lazio, il presidente Zingaretti dispone di un ufficio stampa con ben dieci addetti mentre in Lombardia, i consulenti della Regione sono passati, con la gestione Maroni, da 57 a 93, tutti riscontrabili sul sito ufficiale. Per questa voce l’ente regionale spende 2,6 milioni di euro l’anno. L’esercito della politica vive e si autoalimenta così.
Un tesoretto da 10,4 miliardi
Secondo lo studio della Uil i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 23,9 miliardi di euro. Per il funzionamento degli organi istituzionali si spendono 6,4 miliardi di euro, le consulenze e il funzionamento organi delle società partecipate 4,6 miliardi di euro, per altre spese (auto blu, personale di “fiducia politico” ecc) 5,8 miliardi di euro, per il sistema istituzionale 7,1 miliardi di euro. La somma che equivale al 11,5% del gettito Irpef pari a 772 euro medi annui per contribuente. La Uil quantifica in almeno 7,1 miliardi di euro i risparmi possibili con “una riforma per ammodernare e rendere più efficiente il nostro sistema istituzionale”. Tra le proposte, l’accorpamento “degli oltre 7.400 comuni al di sotto dei 15 mila abitanti”, con un risparmio di circa 3,2 miliardi. Se le Province “si limitassero a spendere risorse soltanto per i compiti attribuiti dalla Legge”, il risparmio sarebbe di 1,2 miliardi. “Con una più ‘sobria’ gestione del funzionamento degli uffici regionali”, si potrebbero risparmiare 1,5 miliardi di euro mentre 1,2 miliardi di euro l’anno potrebbero arrivare da una razionalizzazione del funzionamento dello Stato centrale. Aggiungendo a questi, una riduzione del 30% dei costi di funzionamento delle istituzioni si potrebbe arrivare a 10,4 miliardi di risparmi annui.

domenica 9 dicembre 2012

Serravalle, assunzioni favori e sprechi: così Penati e Podestà l’hanno prosciugata. - Martino Valente


Serravalle, assunzioni favori e sprechi: così Penati e Podestà l’hanno prosciugata


Ecco come la politica s’è mangiata la gallina dalle uova d’oro. L’asta deserta per la vendita liquida definitivamente le ambizioni di quello che doveva essere il “polo autostradale del Nord”. Eppure nel 2006 la società era un gioiello e macinava 37 milioni di utili. Sei anni dopo, ultima semestrale di cassa, ne dichiara sette. Con 700 dipendenti e 300 milioni di debiti.


Tessere autostradali fantasma e operazioni finanziarie spericolate nell’era Penati. Consulenze inutili, poltrone d’oro per amici e parenti nell’epoca Podestà. Ecco come la politica lombarda s’è letteralmente mangiata la gallina dalle uova d’oro, creando debiti per centinaia di milioni di euro. L’asta deserta per la vendita di Serravalle del 26 novembre scorso, il più imponente tentativo di privatizzazione oggi in Italia, liquida definitivamente le ambizioni di quel “polo autostradale del Nord” che per vent’anni è stato il biglietto da visita della classe dirigente milanese di ogni colore, dal Pd al Pdl. Insieme al flop della quotazione di Sea ha messo in crisi in conti della Provincia di Milano, che è il primo azionista con il 52% delle quote, sempre più vicina al commissariamento. Peggio, ha gettato un’ipoteca fortissima sulle grandi opere di collegamento – Pedemontana, Teem e Brebemi – che procedono in ritardo e senza fondi, con buona pace del contribuente che (forse) non le percorrerà mai. E mentre si fa più stretto e confuso il campo d’azione del pubblico, lungo le sponde dei nuovi tracciati i ras privati delle autostrade si affollano, in attesa che passi il cadavere di società pubbliche esangui, prossime alla liquidazione, da comprare a prezzo di saldo. Eppure nel 2006 la società era un gioiello, macinava 37 milioni di utili. Sei anni dopo, ultima semestrale di cassa, ne dichiara sette. E con 700 dipendenti e 300 milioni tra debiti e aumenti di capitale già deliberati Serravalle è diventata in pochi anni un carrozzone che nessuno vuol comprare, neppure in saldo. E’ legittimo allora chiedersi chi ha trasformato la regina delle autostrade lombarde in Cenerentola.
Filippo Penati, si sa cominciò a farlo nel 2005 quando comprò a Gavio il 15% delle azioni pagandole a peso d’oro e garantendogli plusvalenze per 176 milioni di euro. Ma inaugurò anche una stagione di sprechi, poltrone d’oro e “liberalità” che nulla avevano a che fare con ruspe e cantieri. La storia di Serravalle è costellata di aneddoti ma ne regala sempre di nuovi. Come quello della giornalista milanese che arriva al casello e subito dopo chiama in Provincia, indispettita: “La card non funziona, la sbarra non si alza”. Tra le eredità dell’era Penati c’erano, si apprende oggi, 5mila tessere Serravalle che assicuravano la gratuità dei pedaggi sull’intera rete autostradale italiana, messe a disposizione anche di notabili, collaboratori e amici del “Sistema Sesto”. Era ovviamente la società a saldare. A Penati si devono diverse assunzioni in quota, come quella, contestata dai pm di Monza, di Claudia Cugola, compagna dell’allora presidente. La gestione Podestà non ha però cambiato registro. “Me l’hanno piazzato qui. Dici di sì a uno, due e tre. Poi molli”. Si sfoga uno dei tanti ex amministratori di Serravalle messi alla porta perché poco inclini ad assecondare i “costi impropri” della politica. Il “raccomandato” di turno era Marco Ballarini, responsabile della campagna elettorale di Lega-Pdl a Corbetta, vicino all’ex assessore regionale Stefano Maullu. Ballarini entrerà nel cda di TE e sarà, al contempo, assunto come dirigente da Serravalle a 80mila euro. Stefano Maullu, dimessosi da assessore nell’aprile scorso, due giorni dopo trova un posto caldo come presidente di TEM. La prima assemblea dei soci decreta per lui e per l’ad Massimo Di Marco, già ad di Serravalle nell’era di Penati, l’aumento sino a 120mila euro l’anno lordi degli emolumenti. Maullu è, probabilmente, il politico più incline a catapultare i suoi uomini tra i dirigenti delle società. Prossimo a lui è accreditato l’attuale dg di Serravalle Mario Martino, proveniente da MM a 140mila euro. Ex stretto collaboratore di Podestà in Edilnord è, invece, il presidente di Pedemontana Salvatore Lombardo, che oggi lavora in sintonia con l’ad Marzio Agnoloni, intimo di Loris Verdini e presidente pure di Serravalle, nel rafforzamento degli organici di una società con i conti viranti al rosso. Ha il pallino della famiglia il presidente Podestà. Ma non sono bastate le consulenze affidate alla società della moglie (300mila euro) a ripianare l’azienda di famiglia, la Roly, in rosso per 6,3 milioni. Così ha incaricato di risanarla proprio l’Agnoloni che lui stesso ha nominato in Serravalle.
Adiamo avanti. Carmen Zizza è donna di fiducia di Podestà. Viene assunta in Serravalle a 40mila euro l’anno nelle ultime settimane dell’era Penati. Eletto Podestà, lo stipendio della Zizza, il cui curriculum a effetti speciali è stato oggetto di interrogazioni parlamentari, schizza sino a 130mila euro. Poi la Zizza ripara in Asam come consigliere delegato. A lei, senza laurea, è stata affidata la privatizzazione da 700 milioni di euro di Serravalle e la vendita del 14,5% di Sea. Anche Guido Manca, condannato a febbraio per truffa al Comune di Milano, ha trovato un porto sicuro in Serravalle Engineering a 60mila. In Pedemontana sono occupate le mogli di Pasquale Cioffi, ufficiale di collegamento tra Maullu e la Provincia, e di Vincenzo Giudice, ex capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino e padre di Sara, la pasionaria anti-Minetti risucchiata nell’affaire di ‘ndrangheta dell’ex assessore regionale Domenico Zambetti. Posti e costi della politica: due anni fa, in una sola seduta, il cda di Serravalle stanziava 332mila euro per “iniziative sul territorio”, dalla Milanesiana al Palio di Legnano (50mila euro), dal Don Gnocchi (30mila) all’associazione degli abruzzesi (5mila). Elargizioni cui cercò di porre un freno l’ad Federico Giordano, proveniente da Unicredit. Pur di stringere i cordoni della borsa fece cambiare lo statuto sociale rimettendo le liberalità in mano ai soci e togliendole ai consiglieri. Fu messo alla porta quasi all’istante. Rischia oggi Antonio Marano, ad di TE, pure lui manager “targato” Unicredit. La controllante TEM, insoddisfatta del suo operato, ha chiesto la convocazione (10 dicembre) dell’assemblea dei soci di TE con all’ordine del giorno la revoca dell’ad che ha ottenuto un prestito-ponte di 120 milioni dalle banche in fuga dalle infrastrutture. C’è chi ipotizza la nomina di Maullu al suo posto e l’arrivo alla presidenza di TEM dell’assessore provinciale Fabio Altitonante, numero due della corrente pidiellina guidata dallo stesso Maullu. L’azzeramento da gennaio della Giunta di Palazzo Isimbardi spinge, del resto, molti suoi componenti a cercare un posto al sole. Meglio se ben remunerato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/08/serravalle-assunzioni-favori-e-sprechi-eccome-come-e-stata-prosciugata-da-penati/439776/

Uno dei tanti motivi che hanno portato l'Italia sull'orlo del fallimento e costretto noi cittadini a stringere la cinghia.
Il patibolo non mi sembrerebbe una pena troppo severa per questi loschi individui.
Cetta.