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sabato 12 marzo 2022

Ma quanto mi costi? - Massimo Erbetti

 

Ma quanto mi costi?...e perché mi costi così tanto?...oggi preparatevi ad impazzire con i numeri…mi spiace ma ve tocca…nel prepararli sono impazzito io…adesso tocca a voi…per fare il pieno ci vuole un mutuo?...parliamo del costo della benzina…ed ecco perché costa così tanto:

– Guerra d’Etiopia del 1935-1936: 1,90 lire (0,000981 euro);

– Crisi di Suez del 1956: 14 lire (0,00723 euro);

– Ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963: 10 lire (0,00516 euro);

– Ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966: 10 lire (0,00516 euro);

– la Ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968: 10 lire (0,00516 euro);

– Ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976: 99 lire (0,0511 euro);

– Ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980: 75 lire (0,0387 euro);

– Missione ONU durante la guerra del Libano del 1982: 205 lire (0,106 euro);

– Missione ONU durante la guerra in Bosnia del 1995: 22 lire (0,0114 euro);

– Rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004: 0,02 euro;

– Acquisto di autobus ecologici nel 2005: 0,005 euro;

– Emergenza terremoto in Abruzzo del 2009: 0,0051 euro;

– Finanziamento alla cultura nel 2011: da 0,0071 a 0,0055 euro;

– Gestione immigrati dopo la crisi libica del 2011: 0,04 euro;

– Emergenza alluvione Liguria e Toscana del novembre 2011: 0,0089 euro;

– Decreto ‘Salva Italia’ del dicembre 2011: 0,082 euro (0,113 sul diesel);

– Emergenza terremoti dell’Emilia del 2012: 0,024 euro;

– Finanziamento del ‘Bonus gestori’ e riduzione delle tasse ai terremotati dell’Abruzzo: 0,005 euro;

– Spese del ‘decreto Fare’ del 2014: 0,0024 euro

Per un totale di circa 0,4519 euro…

a cui si deve aggiungere l’imposta di fabbricazione sui carburanti…che porta il totale finale dell'accisa totale (accise+imposta di fabbricazione) a 0,7284 euro/litro per la benzina.

Altra cosa da non trascurare è L'IVA che viene calcolata sul prezzo totale (prodotto+accise) che logicamente aumenta all'aumentare del prezzo stesso.

La cosa bella però è che l’elenco delle varie accise è ormai puramente indicativo, visto che dal 1995 l’imposta sul carburante è definita in modo unico e il gettito che ne deriva non finanzia le casse statali in voci specifiche, per cui togliere una sola delle accise è pressoché impossibile…e di chi è questa genialata? Dell'allora governo Dini.

I colpevoli vengono sempre da lontano…le scelte fatte quasi 30 anni fa portano conseguenze catastrofiche oggi…e questo dovrebbe insegnarci che ad esempio sottovalutare la transizione ecologica oggi…transizione ecologica…che ricordo a tutti è una scelta che solo il M5s ha portato avanti con forza…porterà alla catastrofe nel 2050 (data che guarda caso sta nel simbolo del Movimento).

…e adesso?...cosa facciamo adesso?... Tagliamo qualche accisa? Quale? E come? Visto che ormai la suddivisione sta solo sulla carta? Bisognerebbe abbassarle un po', ma è quasi impossibile…abbassare l'iva? Altrettanto complicato…ma allora?...Allora c'è solo una cosa da fare: uno scostamento di bilancio per abbattere i costi di carburante ed energia…e bisogna farlo subito…il M5s è da dicembre che dice queste cose…e la prova di questo è che in sede di legge di bilancio presentammo e fu approvato un nostro Ordine del giorno che impegnava il governo a intervenire in questo senso. (questo nessuno ve lo ha detto vero?)

Bisogna fare qualcosa e farla subito…perché oggi è già tardi. 

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sabato 11 febbraio 2017

Cgia: da settembre ad erario 1,8 miliardi da accise per ricostruzioni sisma.

Cgia: da settembre ad erario 1,8 miliardi da accise per ricostruzioni sisma

Dall’inizio di settembre del 2016 fino al 31 gennaio di quest’anno gli italiani hanno versato all’erario 1,8 miliardi di euro interamente ascrivibili alle accise sui carburanti introdotte per finanziare la ricostruzione di 5 aree colpite da altrettanti terremoti avvenuti in Italia in questi ultimi 50 anni. 
A calcolarlo è la Cgia di Mestre. Accise, ricorda, che ancora adesso, sebbene siano state rese permanenti, i cittadini pagano perché dovrebbero finanziare i lavori del dopo-sisma del Belice (avvenuto nel 1968), del Friuli (1976), dell’Irpinia (1980) dell’Abruzzo (2009) e dell’Emilia Romagna (2012).
Visto che buona parte di queste ricostruzioni sono terminate da molti anni, “almeno in linea puramente teorica – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - possiamo affermare che per i primi interventi di messa in sicurezza e di avvio dei lavori di ricostruzione nelle aree del centro Italia colpite dal terremoto del 24 agosto scorso e dalle scosse che si sono abbattute successivamente, in soli 5 mesi gli italiani hanno versato nelle casse dello Stato 1,8 miliardi di euro".
"Pertanto, sostenere che non è facile trovare le risorse economiche per affrontare queste emergenze - afferma Zabeo - non corrisponde al vero. Pur sapendo che queste entrate provenienti dall’applicazione delle accise non hanno alcun vincolo di spesa e in larga parte finiscono nel capitolo delle uscite pubbliche, resta il fatto che gli italiani continuano a pagare delle imposte che sono state introdotte per fronteggiare gli effetti negativi provocati da calamità naturali che, in massima parte, sono stati risolti".
"Preso atto di ciò, correttezza vorrebbe che queste risorse, che continuiamo a pagare ogni qual volta ci rechiamo ad una stazione di servizio con la nostra auto, fossero utilizzate per fronteggiare le nuove emergenze come quelle che hanno colpito il centro Italia a partire dal 24 agosto scorso e non voci di spesa che nulla hanno a che vedere con le finalità per cui sono state introdotte”, evidenzia ancora Zabeo.
Come si è stimato l’importo di 1,8 miliardi di euro? Prendendo a modello i dati e le stime dei consumi di gasolio per autotrazione e di benzina registrati a partire dall’1 settembre 2016 fino al 31 gennaio 2017, l’Ufficio studi della Cgia ha stornato dal prezzo alla pompa la quota riconducibile alle 5 accise introdotte per la ricostruzione post-sisma e gli effetti sull’Iva incassati dal fisco.

“Ogni qual volta ci rechiamo a fare il pieno alla nostra autovettura – sottolinea il segretario della Cgia Renato Mason – 12 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati per finanziare la ricostruzione delle zone che sono state devastate negli ultimi decenni da questi eventi sismici. Con questa destinazione d’uso gli italiani continuano a versare all’erario circa 4 miliardi di euro all’anno. Se, come dicono gli esperti, questi fenomeni distruttivi avvengono mediamente ogni 5 anni, è necessario che queste risorse siano impiegate in particolar modo per realizzare gli interventi di prevenzione nelle zone a più alto rischio sismico e per fronteggiare i primi interventi nelle zone appena colpite”.
La Cgia, inoltre, ritorna sul tema delle accise anche per ribadire la sua contrarietà al possibile aumento che queste ultime potrebbero subire nelle prossime settimane per far fronte alle richieste dell’Ue di correzione del nostro disavanzo per un importo complessivo di 3,4 miliardi di euro.
“Se oggi Bruxelles ci chiede di rivedere i nostri conti pubblici – conclude Zabeo - ciò è in parte dovuto al fatto che il Parlamento ha approvato una legge di Bilancio per il 2017 molto generosa sul fronte della spesa. I vari bonus erogati con una certa magnanimità e l’innalzamento della no tax area per i pensionati, ad esempio, ci costeranno poco più di 1,3 miliardi di euro. Quasi lo stesso importo che il Governo Gentiloni vuole recuperare con il ritocco all’insù delle accise sui carburanti”.
La Cgia, infine, ricorda che entro la fine di quest’anno il Governo dovrà recuperare 19,5 miliardi di euro, altrimenti dal 1° gennaio 2018 scatterà la clausola di salvaguardia che “provocherà” l’innalzamento dell’aliquota ordinaria dell’Iva dal 22 al 25 per cento e quella ridotta dal 10 al 13 per cento. Se non evitati, questi aumenti faranno salire alle stelle anche i prezzi dei carburanti.
Un motivo in più, afferma, per non anticiparne l’aumento già dalla fine di questo mese visto che, tra le altre cose, continuiamo a pagare le accise introdotte per la guerra di Abissinia (1935), per la crisi di Suez (1956), per il disastro del Vajont (1963), per l’alluvione di Firenze (1966), per la missione in Libano (1983), per la missione in Bosnia (1996) e per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri (2004).

venerdì 22 gennaio 2016

Cosa sono le accise dell’energia elettrica. - Come leggere la bolletta elettrica. - Alessandro Fuda




Parlando di bollette, elettricità ed energia in genere, spesso si sente parlare delle accise. 

Cosa sono le accise dell’energia elettrica? Chiariamo subito una cosa: le accise sono delle tasse, gestite dall’agenzia delle dogane, che non riguardano solo l’energia elettrica, ma riguardano una moltitudine di altri prodotti di uso quotidiano, sia in ambito domestico che industriale.

Ecco cosa sono le accise: quelle più conosciute sono quelle relative agli alcolici, ai tabacchi ed all’energia elettrica, ma si pagano accise anche per la benzina, petrolio, olii combustibili, gas, carbone, bitumi, bevande fermentate, ecc..
Per quanto riguarda l’energia elettrica, le aliquote definite per le  accise sono differenziate in genere per scaglioni progressivi di consumo, per esempio: per Kwh consumati o per metri cubi di gas consumato. Le accise sull’energia elettrica ed il gas, inoltre, sono differenziate per tipo di consumi: civili o industriali.

Attenzione, però: l’accisa non è l’Iva, altra imposta con la quale viene spesso confusa. L’Iva (imposta sul valore aggiunto) dipende dal valore dei prodotti o dei servizi acquistati, l’accisa invece dipende dalla quantità di beni o servizi acquistati dall’utente finale.
Il settore oggi maggiormente sottoposto al regime delle accise è quello dell’ energia: energia elettrica, termica ed i loro combustibili (gas, petrolio, carbone, ecc…). Infatti chi paga le bollette legge, tra le numerose voci di costo, addebiti anche per le accise e per le eventuali addizionali regionali o comunali.

Come mai ci sono queste imposte e da dove derivano? In passato questa tassa prendeva il nome di tassa di fabbricazione,  non si applica però al momento della produzione del prodotto o del servizio, ma al momento della vendita del  bene o del servizio all’utente finale. L’accisa sulla bolletta dell’energia elettrica (ma non solo su questa) é per lo Stato una entrata fiscale rilevante e se inizialmente era applicata solo al petrolio e ai suoi derivati (carburanti) , nel tempo si é estesa al settore dell’ energia elettrica e ad altri beni di consumo.
Come possiamo controllare l’accisa in una bolletta elettrica?
Innanzitutto: puoi vedere qui come si legge la bolletta elettrica. E’ molto semplice: la troverete in lista tra le diverse voci di costo ed è a volte insieme alle addizionali regionali e comunali ed ovviamente è nella sezione relativa alle imposte.
Le accise sono delle imposte e, come tali, sono soggette a continui aggiornamenti. A quanto ammontano le accise per il 2014? 

Le accise dell’energia elettrica per il 2014

Come è utile sapere cosa sono le accise dell’energia elettrica, è altrettanto utile sapere a quanto ammontano queste imposte.
Vediamo le aliquote per il 2014.
Per le abitazioni le accise per il 2014 son fissate a 0,0227 euro per ogni kwh di elettricità acquistato in bolletta.
Per altri locali ed altri luoghi diversi dalle abitazioni, invece, l’imposta viene differenziata per scaglioni di consumo:
  • per consumi fino a 200 mila kwh/mese è di 0,0125 €/Kwh
  • per consumi da 200 mila fino a un milione e 200 mila kwh/mese è di 0,0075 €/kwh
  • per consumi oltre il milione e 200 mila kwh/mese è di 0,0125 €/kwh per i primi 200 mila kwh. Per i kwh successivi le grandi aziende energivore pagano un fisso “forfetario” di 4.820 euro/mese.
E’ interessante notare come, all’aumentare dei consumi mensili, l’imposta unitaria diminuisca, fino ad arrivare ad un importo forfetario di circa 5mila euro/mese per le mega aziende energivore.
Per chi volesse approfondire: le aliquote dell’imposta sono riportate nell’Allegato 1 al Testo Unico sulle Accise (D. Lgsl n. 504/1995 e successivi aggiornamenti). Le agevolazioni sono elencate nell’art. 52, sempre del Testo Unico. Ulteriori approfondimenti si trovano sul sito dell’Agenzia delle Dogane.



Come leggere la bolletta elettrica.


Il costo complessivo della bolletta elettrica è costituito da alcuni fattori principali: quota energiaquota relativa al servizio di reteonere generale di sistema e tutte le tasse e imposte annesse.
L’energia incide per il 60 per cento sulla bolletta elettrica
La quota energia, ovvero il prezzo dell’energia, è il componente che maggiormente incide sull’importo totale della bolletta. L’incidenza per un fruitore medio è di circa il 60 per cento del totale. In particolare è il costo che si riferisce alle spese sostenute dal venditore per l’acquisto e la vendita dell’energia elettrica all’utente finale.
Per il costo della quantità di energia consumata, bisogna qui fare un distinguo:
  • per i clienti che hanno optato per il libero mercato i costi dell’energia sono definiti dal fornitore scelto, nel contratto di fornitura. Su questo componente, infatti, incide la concorrenza sul mercato tra i vari venditori
  • per i clienti che non hanno optato per il libero mercato, ovvero gli utenti in regime di maggior tutela (o salvaguardia), valgono invece le tariffe stabilite dall’ Aeeg, che vengono aggiornate e ridefinite ogni tre mesi, indicizzandole alle variazioni di prezzo del mercato internazionale.
Per gli utenti che hanno optato per un fornitore “privato”, quindi, la compravendita di energia include, oltre al prezzo dell’energia consumata, la quota fissa del servizio di vendita, che è il corrispettivo fisso annuale (non dipendente dai consumi) relativo ai costi di commercializzazione. E’ in pratica il fattore di reale guadagno del venditore / fornitore.

La distribuzione incide per il 15 per cento sulla bolletta elettrica
La seconda componente è relativa al servizio di rete. Il servizio di rete è l’insieme di tutte quelle infrastrutture che garantiscono la distribuzione dell’energia dal livello nazionale fino a scala locale. A tale servizio adempie il distributore elettrico (ad es. Enel distribuzione), che garantisce e monitora l’erogazione dell’energia dalla sua produzione fino ad arrivare al contatore dell’utente finale. Il servizio include anche il servizio di lettura dei consumi ed in complesso rappresenta, pressapoco, per un utente finale medio, il 15 per cento del costo della bolletta energetica.
Le relative voci che figurano in bolletta sono: la “quota fissa”, la “quota variabile” e la “quota potenza”.
A differenza della “quota energia”, per la quale il cliente può scegliere o non scegliere i prezzi di mercato, i costi dei servizi di rete sono stabiliti dall’Aeeg e sono omogenei in tutta Italia.
Gli oneri di sistema incidono per il 7 per cento sulla bolletta elettrica
La terza componente è costituita dagli Oneri generali di sistema che raccolgono in sé svariate “sotto-voci” divise in: Componenti A, Componenti UC, Componente MCT.
Lista delle Componenti e relative destinazioni d’uso:
A2Smantellamento delle centrali nucleari (e interventi territoriali di compensazione)
A3Promozione delle fonti rinnovabili e “assimilate“. In questa voce sono inclusi, ad es., i fondi per il pagamento degli incentivi al solare fotovoltaico
A4Finanziamento volti alle agevolazioni tariffarie
A5Finanziamento della Ricerca e Sviluppo
A6Copertura dei costi delle imprese sostenuti prima della liberalizzazione del mercato
ASFinanziamento delle tariffe tutelate (per utenti disagiati)
UC3Copertura dei meccanismi di perequazione dei servizi di trasmiss., distribuz, misura
UC4Integrazioni alle tariffe per le imprese elettriche minori
UC7Promozione dell’efficienza energetica nei consumi finali
MCTSmantellamento delle centrali nucleari (e interventi territoriali di compensazione)
Le imposte incidono per il 14 per cento sulla bolletta elettrica
Ultimo componente, ma terzo per incidenza, è quello relativo alle varie tassazioni:
  • l’ Accisa (o “imposta erariale di consumo”), e la relativa Addizionale, è applicata alla quantità di energia consumata ed è agevolata per i clienti che richiedono la fornitura per la “prima casa”
  • l’Iva al 10 per cento
Un’ultima novità per la lettura della bolletta elettrica
Un ultima considerazione è d’obbligo: dal 1 luglio 2010 sono entrate in vigore nuove tariffe biorarie sui prezzi dell’energia elettrica, per i clienti in regime di maggior tutela. Mentre prima questa opzione era facoltativa, ad oggi è condizione estesa a tutti i fruitori.
Questo regime tariffario prevede un costo minore dell’energia se consumata nei giorni lavorativi dalle 19.00 al 8.00 del mattino o nei sabati, domeniche o festivi (tutto il giorno). L’energia ha invece un prezzo maggiore durante le ore ed i giorni “produttivi” della settimana (dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 19.00).
Lo slittamento a queste nuove condizioni tariffarie è graduale ed automatico.

giovedì 21 gennaio 2016

Tasse e accise sui carburanti influiscono pesantemente sulla gestione dei nostri veicoli. - Girolamo Simonato


Quanto incidono le accise su un litro di benzina? Ecco una panoramica che cambierà per sempre il nostro concetto di fare il pieno all’automobile.

Quante volte vi siete chiesti perché la benzina è sempre più cara, conoscendo che il prezzo del petrolio scende ?
La risposta è senza trascurare il fattore della propensione del consumatore rispetto alla domanda che il prezzo della benzina non si limita al costo del combustibile guadagno del gestore della pompa incluso, oltre a questo sono comprese Iva e accise.
Le accise sono tributi indiretti sotto forma di imposta sui consumi, sono calcolate in rapporto alla quantità e non del valore come accade per l’Iva. Riguardano principalmente carburanti, gas, energia elettrica, alcolici e tabacchi e sono per lo più imposte di scopo, cioè introdotte per raggiungere un certo scopo.
Quello che forse non sappiamo molto bene è che sul prezzo in Italia pesano “tasse misteriose” che resistono da oltre 70 anni e che il nostro caro Paese continua a farci pagare.
Il prezzo complessivo è composto da varie voci, quali il costo del prodotto raffinato, il trasporto primario, il costo di stoccaggio, le varie spese di ufficio e punto vendita, fino al margine per il gestore. Sembrerebbero molte, ma tutte queste voci che contemplano spese e guadagni per diversi soggetti ammontano solo al 30% del costo del carburante.
La verità di questo eccessivo aumento deriva dalle famose accise che pesano per il 52% sul costo totale.
Forse non tutti sapranno che il prezzo medio annuo della benzina nel 2012 è stato di 1,787 € facendo registrare il più alto valore corrente di sempre. Il record a prezzi attualizzati resta quello del 1977 quando un litro di verde si pagava 1,9€, mentre il gasolio “vince tutto” con il suo prezzo medi di 1,705 € al litro. Aumenti di prezzi che hanno costretto molti automobilisti a lasciare, in sempre più occasioni, l’auto in garage e a servirsi di strumenti per risparmiare qualche centesimo alla pompa.
Un’ascesa del prezzo dei carburanti dovuta essenzialmente alla crescente pressione fiscale, che per la prima volta nella storia ha superato la soglia di 1€ per litro. Mentre il prezzo medio industriale della verde ha subito un rincaro del 9%, nel 2012 è stato di 0,759€/l, le accise e l’IVA hanno goduto di un incremento del 20%.
Pensate, che la prima accise fù introdotta da Mussolini nel lontano 1935, pari a 1,90 lire al litro sulla benzina per finanziare la guerra di conquista dell’Abissinia. Poi nel corso degli anni ogni Governo ha deciso di imporre “balzelli” per ogni emergenza: dalla crisi di Suez (1956), al disastro del Vajont (1963), fino alle guerre in Libano e Bosnia.
E’ proprio grazie a queste accise che parte delle entrate vengono sostenute.
Dovremmo pagare un litro di verde 0.76 euro al litro, ma così non è per via della pressione fiscale (le accise benzina) che continua ad aumentare.
Ecco quindi l’elenco delle accise che quotidianamente paghiamo al distributore:
0,000981 euro: finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936;
0,00723 euro: finanziamento della crisi di Suez del 1956;
0,00516 euro: ricostruzione post disastro del Vajont del 1963;
0,00516 euro: ricostruzione post alluvione di Firenze del 1966;
0,00516 euro: ricostruzione post terremoto del Belice del 1968;
0,0511 euro: ricostruzione post terremoto del Friuli del 1976;
0,0387 euro: ricostruzione post terremoto dell’Irpinia del 1980;
0,106 euro: finanziamento della guerra del Libano del 1983;
0,0114 euro: finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
0,02 euro: rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
0,005 euro: acquisto di autobus ecologici nel 2005;
0,0051 euro: terremoto dell’Aquila del 2009;
da 0,0071 a 0,0055 euro: finanziamento alla cultura (ma molti parlarono di “cinema di quarta categoria…”) nel 2011;
0,04 euro: arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011;
0,0089 euro: alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011;
0,082 euro (0,113 sul diesel): decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011;
0,02 euro: terremoti dell’Emilia del 2012;
In poche parole, sono 0.5 euro (IVA inclusa) di accise, sì perché anche l’IVA del 22% si paga. Inoltre dal 1999, le regioni possono imporre un’ulteriore accisa sulla benzina. Da ora in poi, vedrete diversamente il modo di fare il pieno.
Quindi le nostre auto sono dei gioielli, basti pensare che tra manutenzione, assicurazione, parcheggi, pedaggi e carburante, un’auto di media cilindrata “consuma” ogni anno oltre 4.500 euro. In pratica per le quattro ruote private se ne va circa il 13% del reddito complessivo delle famiglie italiane: soltanto per avere un tetto e per alimentarci spendiamo di più. Se si aggiungono circa 750 euro l’anno di costi sociali indiretti, ossia quelli derivanti dagli incidenti stradali o dall’inquinamento, il peso dell’auto sui bilanci diviene paradossale: per ogni tre euro spesi per alimentarci, ne spendiamo altri due per l’auto.
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giovedì 26 giugno 2014

Ecco il bestiario delle tasse dall’ombra al fungo per spremerci centosette volte. - Salvatore Cannavò

Non solo è una sfida capire quante sono nella loro totalità le imposte da pagare, ma anche gli stessi adempimenti tributari ci costano caro. La consulenza fiscale in Italia è la più costosa di altri paesi europei. Niente sfugge al fisco, mentre si moltiplicano le imposizioni più assurde.
L’ impresa eccezionale per un contribuente è sapere quante sono le tasse da pagare. Un elenco ufficiale non esiste. Il ministero dell’Economia e Finanze, alla richiesta via mail, non ha saputo rispondere: “Quante? Bella domanda”. Qualche tempo fa l’ex ministro Giulio Tremonti, all’inizio della sua inconcludente carriera legislativa, di tasse complessive ne ha contate 107. Le associazioni dei consumatori e delle imprese parlano genericamente di cento, ma non ci sono certezze. Intanto, le tasse sono tutte lì: tante, complicate, introvabili.
La seconda impresa è riuscire a pagarle. Nel dossier sui Balzelli d’Italia, la Confesercenti, non ha solo pubblicato Il Bestiario delle 100 tasse che fanno tribolare imprese e famiglie ma ha fornito un dato poco noto. Pagare le tasse, riuscire cioè a mettersi in regola con il fisco, ha un costo considerevole: gli adempimenti tributari ammontano a circa 18 miliardi di euro l’anno. Chi esercita un’attività in Italia paga 4. 495 euro contro i 1. 320 dei francesi, i 1. 290 dei britannici, i 1. 210 dei tedeschi. Soldi che finiscono nelle tasche della consulenza fiscale, pervasiva e avvolgente.
L’impresa di sopravvivere. La terza impresa è sopravvivere. Per essere travolti da balzelli, gabelle, imposizioni improbabili o vere e proprie truffe, basta stare fermi. Al di là dell’Irpef, l’Irpeg, l’Irap o l’Iva esistono le tasse “assurde”, conosciute solo quando ci si inciampa sopra. Come la tassa sull’ombra che scatta quando la tenda di un locale invade il suolo pubblico. Oppure la tassa sugli spettacoli nei pubblici esercizi, la tassa sulle concessioni. La tassa per iniziare lavori edilizi, la tassa sulle cambiali. A i privati si applica la tassa sui gradini, dovuta quando le case hanno l’accesso dalla pubblica via. I lavoratori dipendenti, poi, subiscono una tassa occulta, il Fiscal drag: l’imposizione aumenta all’aumento dello stipendio senza considerare il contestuale aumento dell’inflazione.
Le tasse si pagano non appena si mette il piede fuori di casa. Letteralmente. Esiste, infatti, la tassa sui passi carrai, i varchi aperti sui marciapiedi per uscire dalle abitazioni. Si determina moltiplicando la larghezza del passo per un metro lineare convenzionale. Per uscire in auto, però, bisogna avere la patente per il cui rilascio occorrono ben cinque versamenti postali e un certificato, naturalmente in bollo. Non basta. C’è anche la tassa di iscrizione al Pubblico registro automobilistico (il Pra), importo che le province possono aumentare fino al 30 % (solo Bolzano, Aosta, Trento e Prato non lo hanno fatto). C’è il bollo dell’auto, il costo della targa, i diritti del Dipartimento Trasporti terrestri e, se si sceglie di comprare un’auto usata, il passaggio di proprietà. Con uno scooter cambia poco. Meglio andare a piedi o in bicicletta. Anche perché al primo distributore di benzina potremmo imbatterci nelle micidiali accise.
La benzina dell’Abissinia
L’ultima rilevazione del ministero dello Sviluppo economico, della scorsa settimana, segnala che il prezzo medio della benzina è di 1, 754 euro; l’accisa interviene per 0, 728 centesimi e l’Iva per i restanti 0, 304. Senza le imposte la benzina costerebbe 721 centesimi al litro. Il 41 % se ne va in accisa, cioè l’imposta che si è accumulata nel tempo sommando spese straordinarie sostenute dai vari governi. Fu la guerra in Abissinia di Mussolini a far aumentare di colpo il prezzo della benzina nel 1935, poi sono venute la crisi di Suez, il disastro del Vajont, l’alluvione di Firenze, il Belice e tutti gli altri terremoti fino a quelle emiliano. Ma nella voce vengono conteggiati anche il contratto degli autoferrotranvieri, le missioni all’estero o l’emergenza immigrati. L’intera storia italiana passa dalla pompa al nostro serbatoio e si fa pagare cara.
Lasciamo stare, quindi, la benzina. Torniamo a casa e portiamo a spasso il cane. Putroppo il governo Monti, nel 2012, ha provato a istituire un’imposizione anche sul possesso di animali ma ha dovuto fare marcia indietro cause proteste. La legge, però, prevede la facoltà di imposizione per i comuni i quali ora, in tempi di magra, stanno pensando seriamente di introdurre l’imposta. Meglio lasciare il cane a casa e andare in banca a occuparci dei nostri risparmi. Magari per aprire un conto corrente “a costo zero”, finalmente qualcosa di gratis. Ci si mette poco, però, a scoprire che al “costo zero” occorre aggiungere l’imposta minima di 34, 2 euro più lo 0, 15 % delle somme depositate se si apre un conto deposito (su cui sono conservati i titoli). Se poi acquistiamo o vendiamo titoli azionari, scatta la la Tobin tax con lo 0, 12 % di imposizione.
Via anche dalla banca. Andiamo alla posta, ci sono le bollette. che attendono. Siamo stati molto attenti con i consumi, abbiamo utilizzato al minimo le forniture. Ma nella tariffa del gas le tasse incidono per il 43 % mentre per l’energia elettrica le imposte pesano per il 13, 29 %. La bolletta Enel, però, comprende anche i “servizi di rete” che incidono per il 33, 44 % e comprendono i i costi per gli incentivi alle fonti rinnovabili, la promozione dell’efficienza energetica, gli oneri per la messa in sicurezza del nucleare, i regimi tariffari speciali per le Fs, le compensazioni per le imprese elettriche minori, il sostegno alla ricerca di sistema. Un diluvio di tasse nascosto in bolletta. Su cui,dulcis in fundo, si paga anche l’Iva. La tassa sulla tassa. Il giochetto viene ripetuto per le tassazioni locali, ad esempio la Tares, che vengono rubricate come “tariffe” in modo da aggirare il divieto.
Casa cara casaVia anche dalla posta. Dove andare? A cercar funghi si deve pagare il bollettino postale. A casa c’è il canone Rai anche se la Rai non la si guarda mai. E poi sulla l’accanimento sfiora il sadismo. Prima dell’Imu, infatti, abbiamo già pagato la tassa per l’acquisto (3 % se è un’abitazione principale), l ’ imposta ipotecaria e quella catastale. Oltre al costo del notaio. Se l’avessimo presa in affitto avremmo pagato l’imposta di registro mentre la proprietà concorre a formare il reddito complessivo. Sulla casa, infine, si paga la Tares, la tassa sui rifiuti che si calcola sui metri quadri.
Tasse ovunque, tasse di ogni tipo. Per seppellire i defunti e accendere i lumini. Per fare un biglietto aereo o sbarcare in un porto. Anche per soggiornare in Italia. La tassa per i comuni con centrali nucleare anche se il nucleare non c’è più. Le tasse sul fumo, sulla sigaretta elettronica e sugli alcolici. Non si può nemmeno provare a impietosire le autorità perché si pagherebbe la tassa sulle suppliche, quella per “istanze, petizioni, ricorsi diretti agli uffici dell’amministrazione dello Stato tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento”. Tra le imposizioni improvvise va compresa anche la giustizia: per un ricorso ai tribunali si paga in base al valore dei processi, da 33 a 1.200 euro. Esiste l’imposta sulla birra e quella sui giochi; le concessioni governative e la tassa per studiare; i diritti alle Camere di commercio e la tassa sulle affissioni, l’imposta sugli spiriti e quella sugli zuccheri. Non si può nemmeno inventare un sistema alternativo: esiste, infatti, anche la tassa “sulle invenzioni” per brevettare nuove scoperte. Oltre ai diritti di brevetto ci sono quelli di segreteria e l’immancabile marca da bollo. Anche il desiderio di cambiare le cose è sottoposto al balzello.

domenica 13 ottobre 2013

Ecco il bestiario delle tasse dall’ombra al fungo per spremerci centosette volte. - Salvatore Cannavò

Ecco il bestiario delle tasse dall’ombra al fungo per spremerci centosette volte


Non solo è una sfida capire quante sono nella loro totalità le imposte da pagare, ma anche gli stessi adempimenti tributari ci costano caro. La consulenza fiscale in Italia è la più costosa di altri paesi europei. Niente sfugge al fisco, mentre si moltiplicano le imposizioni più assurde.

L’ impresa eccezionale per un contribuente è sapere quante sono le tasse da pagare. Un elenco ufficiale non esiste. Il ministero dell’Economia e Finanze, alla richiesta via mail, non ha saputo rispondere: “Quante? Bella domanda”. Qualche tempo fa l’ex ministro Giulio Tremonti, all’inizio della sua inconcludente carriera legislativa, di tasse complessive ne ha contate 107. Le associazioni dei consumatori e delle imprese parlano genericamente di cento, ma non ci sono certezze. Intanto, le tasse sono tutte lì: tante, complicate, introvabili.
La seconda impresa è riuscire a pagarle. Nel dossier sui Balzelli d’Italia, la Confesercenti, non ha solo pubblicato Il Bestiario delle 100 tasse che fanno tribolare imprese e famiglie ma ha fornito un dato poco noto. Pagare le tasse, riuscire cioè a mettersi in regola con il fisco, ha un costo considerevole: gli adempimenti tributari ammontano a circa 18 miliardi di euro l’anno. Chi esercita un’attività in Italia paga 4. 495 euro contro i 1. 320 dei francesi, i 1. 290 dei britannici, i 1. 210 dei tedeschi. Soldi che finiscono nelle tasche della consulenza fiscale, pervasiva e avvolgente.
L’impresa di sopravvivereLa terza impresa è sopravvivere. Per essere travolti da balzelli, gabelle, imposizioni improbabili o vere e proprie truffe, basta stare fermi. Al di là dell’Irpef, l’Irpeg, l’Irap o l’Iva esistono le tasse “assurde”, conosciute solo quando ci si inciampa sopra. Come la tassa sull’ombra che scatta quando la tenda di un locale invade il suolo pubblico. Oppure la tassa sugli spettacoli nei pubblici esercizi, la tassa sulle concessioni. La tassa per iniziare lavori edilizi, la tassa sulle cambiali. A i privati si applica la tassa sui gradini, dovuta quando le case hanno l’accesso dalla pubblica via. I lavoratori dipendenti, poi, subiscono una tassa occulta, il Fiscal drag: l’imposizione aumenta all’aumento dello stipendio senza considerare il contestuale aumento dell’inflazione.
Le tasse si pagano non appena si mette il piede fuori di casa. Letteralmente. Esiste, infatti, la tassa sui passi carrai, i varchi aperti sui marciapiedi per uscire dalle abitazioni. Si determina moltiplicando la larghezza del passo per un metro lineare convenzionale. Per uscire in auto, però, bisogna avere la patente per il cui rilascio occorrono ben cinque versamenti postali e un certificato, naturalmente in bollo. Non basta. C’è anche la tassa di iscrizione al Pubblico registro automobilistico (il Pra), importo che le province possono aumentare fino al 30 % (solo Bolzano, Aosta, Trento e Prato non lo hanno fatto). C’è il bollo dell’auto, il costo della targa, i diritti del Dipartimento Trasporti terrestri e, se si sceglie di comprare un’auto usata, il passaggio di proprietà. Con uno scooter cambia poco. Meglio andare a piedi o in bicicletta. Anche perché al primo distributore di benzina potremmo imbatterci nelle micidiali accise.
La benzina dell’Abissinia
L’ultima rilevazione del ministero dello Sviluppo economico, della scorsa settimana, segnala che il prezzo medio della benzina è di 1, 754 euro; l’accisa interviene per 0, 728 centesimi e l’Iva per i restanti 0, 304. Senza le imposte la benzina costerebbe 721 centesimi al litro. Il 41 % se ne va in accisa, cioè l’imposta che si è accumulata nel tempo sommando spese straordinarie sostenute dai vari governi. Fu la guerra in Abissinia di Mussolini a far aumentare di colpo il prezzo della benzina nel 1935, poi sono venute la crisi di Suez, il disastro del Vajont, l’alluvione di Firenze, il Belice e tutti gli altri terremoti fino a quelle emiliano. Ma nella voce vengono conteggiati anche il contratto degli autoferrotranvieri, le missioni all’estero o l’emergenza immigrati. L’intera storia italiana passa dalla pompa al nostro serbatoio e si fa pagare cara.
Lasciamo stare, quindi, la benzina. Torniamo a casa e portiamo a spasso il cane. Putroppo il governo Monti, nel 2012, ha provato a istituire un’imposizione anche sul possesso di animali ma ha dovuto fare marcia indietro cause proteste. La legge, però, prevede la facoltà di imposizione per i comuni i quali ora, in tempi di magra, stanno pensando seriamente di introdurre l’imposta. Meglio lasciare il cane a casa e andare in banca a occuparci dei nostri risparmi. Magari per aprire un conto corrente “a costo zero”, finalmente qualcosa di gratis. Ci si mette poco, però, a scoprire che al “costo zero” occorre aggiungere l’imposta minima di 34, 2 euro più lo 0, 15 % delle somme depositate se si apre un conto deposito (su cui sono conservati i titoli). Se poi acquistiamo o vendiamo titoli azionari, scatta la la Tobin tax con lo 0, 12 % di imposizione.
Via anche dalla banca. Andiamo alla posta, ci sono le bollette. che attendono. Siamo stati molto attenti con i consumi, abbiamo utilizzato al minimo le forniture. Ma nella tariffa del gas le tasse incidono per il 43 % mentre per l’energia elettrica le imposte pesano per il 13, 29 %. La bolletta Enel, però, comprende anche i “servizi di rete” che incidono per il 33, 44 % e comprendono i i costi per gli incentivi alle fonti rinnovabili, la promozione dell’efficienza energetica, gli oneri per la messa in sicurezza del nucleare, i regimi tariffari speciali per le Fs, le compensazioni per le imprese elettriche minori, il sostegno alla ricerca di sistema. Un diluvio di tasse nascosto in bolletta. Su cui, dulcis in fundo, si paga anche l’Iva. La tassa sulla tassa. Il giochetto viene ripetuto per le tassazioni locali, ad esempio la Tares, che vengono rubricate come “tariffe” in modo da aggirare il divieto.
Casa cara casaVia anche dalla posta. Dove andare? A cercar funghi si deve pagare il bollettino postale. A casa c’è il canone Rai anche se la Rai non la si guarda mai. E poi sulla l’accanimento sfiora il sadismo. Prima dell’Imu, infatti, abbiamo già pagato la tassa per l’acquisto (3 % se è un’abitazione principale), l ’ imposta ipotecaria e quella catastale. Oltre al costo del notaio. Se l’avessimo presa in affitto avremmo pagato l’imposta di registro mentre la proprietà concorre a formare il reddito complessivo. Sulla casa, infine, si paga la Tares, la tassa sui rifiuti che si calcola sui metri quadri.
Tasse ovunque, tasse di ogni tipo. Per seppellire i defunti e accendere i lumini. Per fare un biglietto aereo o sbarcare in un porto. Anche per soggiornare in Italia. La tassa per i comuni con centrali nucleare anche se il nucleare non c’è più. Le tasse sul fumo, sulla sigaretta elettronica e sugli alcolici. Non si può nemmeno provare a impietosire le autorità perché si pagherebbe la tassa sulle suppliche, quella per “istanze, petizioni, ricorsi diretti agli uffici dell’amministrazione dello Stato tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento”. Tra le imposizioni improvvise va compresa anche la giustizia: per un ricorso ai tribunali si paga in base al valore dei processi, da 33 a 1.200 euro. Esiste l’imposta sulla birra e quella sui giochi; le concessioni governative e la tassa per studiare; i diritti alle Camere di commercio e la tassa sulle affissioni, l’imposta sugli spiriti e quella sugli zuccheri. Non si può nemmeno inventare un sistema alternativo: esiste, infatti, anche la tassa “sulle invenzioni” per brevettare nuove scoperte. Oltre ai diritti di brevetto ci sono quelli di segreteria e l’immancabile marca da bollo. Anche il desiderio di cambiare le cose è sottoposto al balzello.