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giovedì 24 settembre 2020

La Telefonata Conte-Salvini: È il momento. - Antonio Padellaro

 



“Conte sappia che il mio cellulare è sempre acceso”, ha risposto Matteo Salvini nello speciale elezioni del Tg1 a una domanda che non gli avevamo fatto. Un messaggio che il premier forse attendeva visto che meno di un mese fa, alla festa del Fatto Quotidiano, intervistato sui rapporti con la destra, aveva detto che mentre con Giorgia Meloni c’era una qualche interlocuzione, il leader della Lega non rispondeva al telefono. Ripristinati, si spera, i collegamenti in remoto, vedremo se accantonate le battaglie elettorali, governo e opposizione troveranno il modo di parlarsi, e magari di concordare qualcosa di utile per gli italiani. Sarebbe cosa buona, giusta e opportuna per almeno tre motivi.

1. Nelle elezioni ai tempi del Covid, i cittadini hanno confermato, e accresciuto la fiducia in quei presidenti di Regione che si sono dimostrati particolarmente attivi ed efficaci nel contrastare il virus nella fase più drammatica della pandemia. Come dimostrano le sonanti affermazioni di Luca Zaia nel Veneto, di Vincenzo De Luca in Campania, di Michele Emiliano in Puglia. Poiché purtroppo il virus non è affatto debellato, e l’emergenza economica incombe come una nube plumbea sulle nostre teste, gli elettori hanno decisamente preferito la stabilità alla propaganda. Risultato di cui ha tratto vantaggio anche il governo giallorosa che adesso, senza più temere spallate o ribaltoni, potrà affrontare con energia, e senza più alibi, la madre (e il padre) di tutte le battaglie: la salute e il portafoglio (copyright, Alessandra Ghisleri).

2. La sconfitta politica di Salvini è figlia della sua arroganza, di quei pieni poteri che non avrà, del tramonto della stagione sovranista (rispetto alle Europee dello scorso anno, domenica il Carroccio ha perso quasi un milione di voti). Purtuttavia, lui e la Meloni non hanno torto quando fanno valere il peso delle 15 Regioni governate dal centrodestra, mentre il centrosinistra ne ha soltanto cinque. Un’opposizione di destra che rischia di essere maggioranza nel Paese e conquista un così vasto potere locale (egemone nel Nord industriale), non può essere considerata un incidente della storia. Bisogna parlarci e farci i conti.

3. Conte ha l’occasione ideale per mettere alla prova le reali intenzioni di dialogo della controparte. O per dimostrare il bluff. Salvini ha elencato ieri sul Corriere della Sera tre possibili terreni di confronto col governo: “Un piano di sostegno alle aziende vero, un piano di riapertura delle scuole vero, un piano della sicurezza vero”. Crediamo che su quest’ultimo punto sarà difficile trovare un accordo, nel momento in cui il Pd di Zingaretti sollecita nuove leggi sulla sicurezza (e gli sbarchi) in sostituzione dei decreti salviniani. In ogni caso: il presidente del Consiglio ha intenzione o no di comporre il numero di Salvini? (sempre che qualcuno risponda).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/24/la-telefonata-conte-salvini-e-il-momento/5941952/

giovedì 25 ottobre 2018

Putin incontra Conte: «Nessuna remora a comprare titoli di stato italiani». - Antonella Scott

(ANSA/Filippo Attili/Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

MOSCA -Le sanzioni, che devono essere «un mezzo e non un fine»; la cooperazione economica rilanciata con un consistente pacchetto di 14 accordi e nuovi progetti, con potenzialità di diversi miliardi di euro; il dialogo politico. E un'intesa tra partner, Italia e Russia, che arriva anche a prendere in considerazione la possibilità che Mosca accorra in aiuto dell'Italia acquistando titoli di Stato attraverso il Fondo sovrano russo. Alla domanda posta a Vladimir Putin in conferenza stampa, alla conclusione degli incontri con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il presidente russo ha detto che Mosca «non ha alcuna limitazione o restrizione» in questo senso. 

Ma ha poi confermato che di questo non si è parlato durante la giornata: «L'economia italiana ha basi solide», ha detto ancora Putin. «Non sono venuto qui per chiedere di comprare titoli sovrani», ha aggiunto Conte.

È stato invece il giorno in cui la relazione speciale tra Italia e Russia ha provato a tradursi in fatti, a raccogliere le forze e a progredire. Iniziata sotto la pioggia ai Giardini di Alessandro davanti alle mura del Cremlino, dove ha deposto una corona al Milite ignoto, la visita ufficiale di Conte a Mosca è proseguita sulla Moscova all'Expocenter, dove il presidente del Consiglio ha ascoltato da vicino le preoccupazioni dei rappresentanti di due settori - calzature e macchinari per il legno. «Sono qui per dimostrare la costante disponibilità dell'Italia al dialogo», ha detto. Tema ripreso in conferenza stampa a proposito dei fronti caldi della politica, dalla Libia all'Ucraina.
È il filo conduttore di questa visita: confermare i legami tradizionali, cercarne di nuovi, lavorare dai flussi commerciali ai settori suscettibili di ulteriori margini di crescita. «Cercare sentieri meno battuti, nuove opportunità da esplorare», rimarca Conte durante il confronto tra Putin e un gruppo di imprenditori italiani. Che, per la prima volta, hanno scambiato le proprie opinioni con Putin al Cremlino, uno scambio definito da Palazzo Chigi «approfondito e dettagliato». 
Al termine è stato firmato un pacchetto di 14 accordi: capitanati da Enel e Anas. Il primo – un valore giudicato intorno a un miliardo di euro, è un accordo di cooperazione strategica e di ampliamento della partnership con le Ferrovie russe, e include un'estensione del contratto di fornitura energetica che lega le due società dal 2008. Il secondo, firmato in mattinata, lega Anas del gruppo Fs italiane e il Fondo russo per gli investimenti diretti in due accordi per lo sviluppo congiunto di investimenti pari a oltre 11,6 miliardi riguardanti 1.100 km di infrastrutture stradali in Russia. 
Gli altri accordi (l'elenco completo sul sole24ore.com) esplorano possibilità di collaborazione sul fronte dello smaltimento dei rifiuti, dell'ambiente, della componentistica per auto, delle soluzioni per l'oil%gas. «Un'atmosfera di piena e totale collaborazione e di perfetta intesa ha commentato Luigi Scordamaglia, presente alla riunione come presidente di Federalimentare ma anche ad di Inalca (Gruppo Cremonini) -: con un Presidente Putin che ha risposto a ciascuna delle richieste e interventi fatti dai rappresentanti delle aziende italiane presenti con grande conoscenza e dettaglio. Davanti ai piani di investimenti nel settore dell'allevamento in cui come gruppo Inalca/Cremonini siamo impegnati in Russia, il presidente ha sottolineato l'importanza di tale attività per gli allevatori russi e le enormi opportunità che insieme possiamo avere esportando la carne sul mercato cinese».
All'incontro con Putin, che si è protratto ben oltre l'orario previsto, non era presente Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, venuto però a Mosca il giorno precedente per incontrare Igor Sechin, il numero uno di Rosneft. Il rapporto tra la major italiana e il colosso russo del petrolio nel mirino delle sanzioni americane è stato al centro dell'attenzione dopo che l'agenzia Interfax, citando una fonte del governo russo, ha ripreso una notizia già apparsa nei mesi scorsi: Eni avrebbe rinunciato in marzo ai progetti di esplorazione avviati nel Mar Nero con Rosneft. E ora starebbe negoziando per chiudere anche i progetti relativi al Mare di Barents, sotto l'Oceano Artico: un'area, quest'ultima, coperta dalle sanzioni del fronte energetico.
L'agenzia Interfax ricorda come nel giugno 2013 - l'anno precedente la crisi ucraina - Eni e Rosneft avessero avviato un accordo per esplorare insieme i fondali del Mar Nero - nella piattaforma occidentale - e, nell'Artico, due aree nel Mare di Barents. Dopo le prime insoddisfacenti trivellazioni di marzo nel Mar Nero, a una profondità di 2.109 metri, Eni ha effettivamente dato corso al proprio diritto di recessione dal progetto, rivelatosi non all'altezza degli studi effettuati. E ora la compagnia italiana conferma l'uscita dalla joint venture, aggiungendo però che i rapporti con Rosneft restano ottimi, come dimostra l'esperienza comune in Egitto: la decisione sul Mar Nero non impedisce di trovare con Rosneft eventuali altre alleanze, in aree non soggette a sanzioni internazionali.
GLI ACCORDI DI MOSCA.
Sono 14 gli accordi firmati da compagnie ed enti italiani al Cremlino, alla presenza di Giuseppe Conte e Vladimir Putin, per un valore potenziale di diversi miliardi di euro:
- Il ministero dell'Ambiente della Tutela del Mare della Repubblica Italiana (delega alla firma all'ambasciatore Pasquale Terracciano) e il ministero delle Risorse naturali e dell'Ecologia della Federazione Russa hanno siglato un memorandum d'intesa nel campo della tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile.
- Enel con l'ad Francesco Starace ha firmato il prolungamento dell'accordo, in scadenza nel 2023, per il contratto di fornitura di energia elettrica alle Ferrovie Russe (Rzd).
- Anas (Gruppo FS Italiane) e il Russian Direct Investment Fund (RDIF) hanno firmato due accordi per lo sviluppo congiunto di investimenti pari a oltre 11,6 miliardi di euro riguardanti 1.100 km di infrastrutture stradali in Russia. 
- Barilla (firma il presidente del Gruppo Guido Barilla) e la Regione di Mosca hanno firmato un Memorandum of Understanding per l'acquisizione di un terreno per realizzare un nuovo mulino, uno stabilimento produttivo e un magazzino e un raccordo ferroviario a esso collegato.
- Pietro Fiorentini (firma l'ad della società, Mario Nardi) e Rosneft hanno siglato un accordo di cooperazione industriale per la produzione di impianti “Hipps” (impianti meccanici che evitano sovraccarichi di pressione nelle tubature utilizzate nell'oil & gas).
- L'azienda italiana di biotecnologie Bio.On (firma l'ad e cofondatore Marco Astorri) e il gruppo del Tatarstan Taif hanno siglato un accordo per la realizzazione di un impianto di produzione di plastiche biodegradabili.
- Il 
Gruppo Adler (a Mosca è arrivato l'ad Paolo Scudieri), che progetta, sviluppa e industrializza componenti e sistemi per l'industria del trasporto, 
- il Fondo Strategico Italiano (con l'ad Maurizio Tamagnini) hanno firmato con il Fondo di investimenti diretto russo (Rdif) un accordo per la creazione di un impianto di autocomponentistica in Russia.
- Il Gruppo Ferretti (con l'ad Alberto Galassi) ha firmato con il Fondo di investimenti diretti russo (Rdif) un accordo propedeutico all'istituzione di una joint-venture produttiva.
- La società di gestione di fondi che forniscono prestiti alle piccole imprese, Mikrocapital (firmato il suo fondatore Vincenzo Trani) e la Corporazione Pmi russe hanno firmato un accordo per la creazione di un fondo congiunto per finanziare progetti di Pmi russe.
- L'italiana Fornovo (rappresentanti da Roberto Masarin) e la russa Kamaz hanno firmato un accordo di partnership prodromico alla licenza per produrre compressori da montare su camion speciali, commissionati a Kamaz dal colosso russo del gas, Gazprom.
- Il Gruppo Techint (con l'amministratore delegato Dario Puglisi) e il Governo della regione di Kaluga hanno firmato un Memorandum of Understanding per la creazione di un ospedale. 
- Coparm (rappresentanti da Natale), una delle maggiori aziende europee nella progettazione e costruzione di impianti trattamento rifiuti, ha firmato con Chisty Gorod un accordo per la fornitura di apparecchiatura di riciclaggio e smaltimento di rifiuti.
- Confindustria Russia (rappresentata dal suo presidente Ernesto Ferlenghi) ha firmato un accordo con una delle maggiore associazioni di impresa del Paese, Opora Russia.
- Pirelli, rappresentata dall'ad Marco Tronchetti Provera, firma con Rostec accordo per il raddoppio dello stabilimento di Voronezh per un investimento di 100 milioni di euro in tre anni.
Fonte: ilsole24ore del 24/10/2018

venerdì 21 settembre 2018

"Il governo Renzi promise a Ibm i dati sanitari di tutti gli italiani": ecco i contenuti dell'accordo segreto con la multinazionale. - Antonella Loi

Renzi al Watson Health di Boston firma l'accordo
Renzi al Watson Health di Boston firma l'accordo con Ibm

16 febbraio 2017

La multinazionale Usa in cambio investirebbe 150 milioni di dollari e 400 posti di lavoro nelle aree ex Expo. Tutti i dubbi dell'operazione.


"Siamo orgogliosi del nostro grande passato ma l’unico modo per salvarlo è creare una visione del futuro", proclamava Matteo Renzi nel corso del suo viaggio statunitense del marzo scorso. Quello che secondo l'ex premier era un "grande messaggio" da parte di Ibm consisteva nella promessa di insediare un centro di elaborazione dati europeo in campo sanitario, nelle disgraziate aree di Rho (Milano) che nel 2015 ospitarono Expo. Proprio lì è in programma la realizzazione dello Human Technopole, affidato all’Istituto italiano di tecnologia e ad altri centri d’eccellenza italiani. A latere potrebbe sorgere un progetto ambizioso che comprende - almeno nelle intenzioni - un investimento di 150 milioni di dollari e "l'assunzione" di 400 giovani. Ma, come spesso accade, le cose sono un po' più complesse di come appaiono. 

L'accordo "confidenziale" con Ibm

Osservando un po' meglio i termini dell'accordo sottoscritto a Boston da Renzi e Watson Healt - un sistema di "cognitive computing" fondato da Ibm -, si scopre infatti che la verità è ben più complessa. Secondo quanto scrive Il fatto quotidiano dietro l'incrocio di autografi adeguatamente documentato dai media ci sarebbe un "accordo confidenziale" - o sarebbe meglio dire "segreto"? -, per il quale lo Stato italiano si impegna a cedere i dati sanitari dell'intera Lombardia, la regione più ricca d'Italia e, con i suoi quasi 10 milioni di abitanti, la più popolosa. Di cosa si tratta?
I dati sono contenuti nella cosiddetta Protected Health Information (Informazioni personali sanitarie protette) che abbraccia tutto quanto concerne le vicende sanitarie del cittadino: dall'assistenza sanitaria alle "cartelle cliniche personali" fino alle "informazioni fiscali nominative o anonimizzate". L'accordo segreto prevede la cessione alla multinazionale americana "i diritti all'uso per la memorizzazione ed elaborazoine di tali dati a fini progettuali, nonché per l'utilizzo dei dati anonimizzati anche per finalità ulteriori a quelle progettuali, nonché per l'utilizzo dei dati anonimizzati anche per finalità ulteriori rispetto a quelle progettuali". Tutti elementi saldamente nelle mani delle amministrazioni pubbliche che li hanno raccolti. 

Materia per il Garante.

La domanda che rimane ancora inevasa (il Garante della privacy contattato da tiscali.it per ora non risponde ndr) è se il governo sia titolato a cedere attraverso un'accordo con una società privata il database dei pazienti italiani. E se la stessa Regione Lombardia, competente per materia ma che ancora non si è espressa, possa privarsi senza ostacoli di questo patrimonio. Tanto più che passaggio regionale, nel disegno renziano di allora, immaginiamo, sarebbe potuto essere più semplice, vista la riforma costituzionale "accentratrice" voluta dall'ex premier ma bocciata al referendum. Il tutto per di più messo nero su bianco nella massima segretezza, a insaputa dei diretti interessati.

I dati di tutti gli italiani nel mirino di Ibm.

Nel mirino di Ibm, secondo quanto risulta, non ci sarebbero solo i lombardi ma anche gli altri abitanti della Penisola Isole comprese: i "segreti" di 61 milioni di individui. Nel documento in possesso del giornale di Travaglio è scritto che l'obiettivo sarebbe proprio questo. Ibm, infatti, "ritiene cruciale avere accesso a dati dei pazienti e farmacologici, ai dati del registro tumori, ai dati genomici, ai dati delle cure, dati regionali o Agenas, dati Aifa sui farmaci, sugli studi clinici, dati di iscrizione e demografici, diagnosi mediche storiche, rimborsi e costi di utilizzo, condizioni e procedure mediche, prescrizioni ambulatoriali, trattamenti farmacologici con relativi costi, visite di pronto soccorso schede di dimissioni ospedaliere (sdo), informazioni sugli appuntamenti, orari e presenze e altri dati sanitari". Tutto lo scibile sanitario insomma.
Una mole incredibile di informazioni che Ibm potrà elaborare e trattare "in forma anonima e identificata per specifici ambiti progettuali" ma anche per finalità che esulano dalle attività primarie. In altre parole tutto ciò che verrà prodotto potrà essere sottoposto a un "utilizzo secondario". Quindi anche venduto ad altre società e, niente lo vieta, a compagnie di assicurazione come noto piuttosto fameliche di ogni informazione personale legata alla salute. 

Il "bluff" dei posti di lavoro.

Ancora una volta insomma lo Stato cede parti del suo patrimonio più intimo e prezioso, com'è quello derivante dalla salute dei suoi cittadini, a una multinazionale privata in cambio della promessa di una manciata di posti di lavoro. Attività che, viene logico pensare, lo Stato potrebbe svolgere da sé attraverso i suoi centri di ricerca. Tanto più che già all'epoca della stipula dell'accordo fra Renzi e l'Ibm, all'esultanza dell'ex premier Renzi per l'accordo portato a casa, i sindacati saltarono sul piede di guerra perché il colosso statunitense stava mandando a casa i suoi dipendenti italiani, francesi e tedeschi. Proprio nei giorni della firma, la Fiom in una nota scriveva che "Ibm in Italia sta licenziando 300 lavoratori, rifiutando di confrontarsi – in sede ministeriale – con il sindacato sul piano industriale e occupazionale, nonostante le continue ristrutturazioni che in questi anni hanno colpito il nostro paese". Era solo un anno fa.
Ecco il “Memorandum of understanding” firmato il il 31 marzo 2017:
IBMWatson1b  


giovedì 22 settembre 2016

PERCHE’ L’ASSE PARIGI-BERLINO HA ROTTAMATO IL CRETINISMO RENZISTA ? - ROSANNA SPADINI

ventotene renzi merkel hollande vertice

Il 16 settembre i leader dei 27 paesi dell’Unione Europea, senza l’UK, si sono riuniti in Slovacchia invitati dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, per scongiurare la disintegrazione dell’UE dopo la Brexit dello scorso giugno. Diciamo la verità … lo spaccone stavolta non è stato invitato al briefing finale tenuto da Angela Merkel e Francois Hollande, conclusosi così con l’evidente affermazione dell’egemonia franco-tedesca. La scenografia da favola di Ventotene di un mese fa si è frantumata sotto la cruda realtà di un’Italia che viene esclusa dai tavoli decidenti, ed è stata bandita sempre più nelle retrovie della storia.
Però dietro lo strappo di Renzi su immigrazione e crescita con Merkel e Hollande non c’è solo l’inconcludenza del vertice di Bratislava ma motivi diversi e complessi, che naturalmente il premier tiene ben celati, per rendere visibili solo quelli che servono alla narcosi della coscienza nazionale.
Che grama figura! Ma il piazzista fiorentino sa vendere bene i suoi prodotti, dunque ha depistato immediatamente l’attenzione con il solito gioco dello straw man argument, l’omino di paglia … e utilizzando tutte le dinamiche facciali alla Mr Bean, è riuscito nell’intento di voltare la frittata, così che è sembrato che al briefing non ci fosse andato perché era rimasto insoddisfatto del vertice ed anche perché voleva sfidare l’asse … invece lo avevano semplicemente dimenticato come una cineseria inservibile.
Al che l’outsider rottamatore ha reagito subito twittando irritazione e astio «La Germania non rispetta le regole sul surplus commerciale. Senza politiche su economia e immigrazione, l’Europa rischia molto». E ancora «Non posso fare una conferenza stampa congiunta con Merkel e Hollande, se non condivido le loro conclusioni su economia e immigrazione. Non è polemica, l’Italia non la pensa allo stesso modo degli altri».
Del resto “ci trattano da servi perché siamo servi” dice Massimo Fini, perché siamo un Paese a sovranità limitata, un membro vassallo di un’Europa a due velocità, ed un protettorato degli Usa, che si serve del territorio italiano e delle sue 110 basi missilistiche, come di una piattaforma di lancio in un eventuale conflitto con l’Est, pollastro da spolpare per i rifornimenti Nato, e prossimo bacino di smercio dei prodotti americani, dopo l’avvento del TTIP (condiviso dall’Italia e fortemente osteggiato dalla Germania).
La posizione è ai limiti di rottura soprattutto per la patata bollente dell’immigrazione e dell’economia: «Non è che si può pensare che risolto il problema della Turchia si è risolto il problema. Sui migranti vogliamo vedere i fatti» … «Noi abbiamo bisogno di tornare a crescere come Paese, ma è l’Europa che deve tornare a crescere, abbandonando la politica dell’austerity».
«Accordi Italia-Africa» a proposito di immigrazione, precisa Renzi, «o l’Unione Europea fa gli accordi con i Paesi africani, o li facciamo da soli. Secondo noi sarebbe molto meglio che  fosse l’Europa a intervenire, ma se l’Ue decide che questa non è la priorità, occorre che interveniamo noi … non siamo la foglia di fico di nessuno».
Le ingerenze indebite interne ed esterne sugli interessi italiani appaiono sempre più evidenti, tranne che ai poveri di spirito affetti da inesorabile analfabetismo ideologico. L’ultima in ordine di tempo è stata quella dell’ambasciatore americano a Roma John Phillips, il quale ha ‘consigliato’ agli italiani di votare “Sì” al prossimo referendum costituzionale, condito con un vile ricatto economico e con la minaccia che le imprese yankee non avrebbero più investito in Italia.
Ma il documento finale del vertice di Bratislava ha sancito l’inconcludenza dell’UE e la frana sempre più profonda tra gli stati, anche se le intenzioni erano state quelle di affrontare problematiche comuni: stabilire il pieno controllo dei confini esterni dell’UE, garantire la sicurezza interna contro il terrorismo, potenziare la difesa comune e incrementare il mercato unico … bla bla bla.
Al che lo spaccone nazionale sembra essere stato colpito da irritazione insolita, e le ragioni si avvertono tra le righe della metanarrazione neolinguista, che cerca di celare al paese il suo destino predestinato di territorio di immigrazione selvaggia, ingessato dentro la sua conformazione peninsulare, bloccato da scelte politiche servili e dannose, mentre gli altri paesi europei si stanno blindando dietro muri eretti all’occorrenza per scaricare i profughi al bel Paese e abbandonarlo al suo declino sudamericano.
Ma Renzi ha il suo asso nella manica, bussare alla Casa Bianca il prossimo 18 ottobre per elemosinare l’appoggio di Obama nella battaglia contro l’asse Parigi-Berlino, il vero potere dell’Eurozona, che ora sembra volersi sbarazzare del sud indebitato e parassitario. Infatti Francia e Germania hanno mostrato interessi comuni e contrari a quelli dell’Italia: blocco del TTIP, appoggio all’Egitto di Tobruk contro Tripoli, potenziamento dell’Eurogendfor (per ora solo con ufficiali franco tedeschi), particolare attenzione rivolta all’immigrazione in arrivo dai Balcani (nulla invece per quella africana), progetti di riduzione delle sanzioni alla Russia (Italia favorevole alle sanzioni).
Però il rottamatore rottamato ha sottovalutato lo scontro in atto tra gli USA e le due nazioni guida dell’Europa, che stanno cercando di comune accordo di liberarsi dalla morsa atlantica, favoriti anche dagli effetti sismici della Brexit. Uno scontro frontale che ha visto rimbalzare scandali e vertenze dall’una all’altra sponda dell’Atlantico, il caso Volkswagen- Bosch, la rottura sul TTIP, l’attacco alla Apple per l’elusione fiscale e il take-over della Bayer sulla Monsanto, scandalo dei titoli tossici della Deutsche Bank:
gli Stati Uniti richiedono risarcimenti miliardari a Volkswagen per lo scandalo Dieselgate, dopo che un’agenzia indipendente, l’International Council on Clean Transportation, scopre una discrepanza fra i test condotti in laboratorio e quelli condotti su strada. Le autorità statunitensi avviano indagini approfondite e raccolgono i dati che mettono sotto accusa il colosso tedesco … poi il 18 settembre 2015 la situazione precipita, l’azienda crolla in borsa, e il governo statunitense le ordina di ritirare 482mila auto prodotte a partire dal 2009. L’azienda però ammette che le automobili compromesse potrebbero essere 11 milioni.
agosto 2016 – Nello scandalo dei motori diesel truccati che ha travolto Volkswagen viene poi coinvolta anche Bosch, il quotidiano tedesco Bild informa che Bosch avrebbe sviluppato il software delle centraline di Volkswagen che avrebbe alterato i test sulle emissioni. Intanto, anche il New York Times, avvalora questa tesi dicendo che Bosch avrebbe avuto “un ruolo chiave nello sviluppo del software che ha permesso a Volkswagen di barare sulle emissioni”. Bosch, che ha fornito i computer che controllavano motori Volkswagen diesel, era già coimputato nella class action indetta negli States contro la casa automobilistica.
agosto 2016 – TTIP, negoziati falliti, salta il trattato di libero scambio Usa-Ue – Il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel ammette il fallimento dei negoziati sul trattato di libero scambio. «Come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane, non ci sarà alcun passo avanti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente».
agosto 2016 – Apple, a poco più di una settimana dalla presentazione dell’iPhone7, ha ricevuto una multa da 13 miliardi di euro da parte della Commissione Europea per l’accordo fiscale stretto con l’Irlanda al fine di pagare meno tasse. Cupertino avvia il ricorso contro la «nefasta» decisione, che per il Tesoro americano è una «minaccia allo spirito della partnership economica tra Usa e Ue»
settembre 2016 – Bayer-Monsanto, il gruppo tedesco compra la multinazionale Usa delle biotecnologie per 66 miliardi di dollari. L’azienda farmaceutica di Leverkusen ha ufficializzato l’accordo con il leader nel settore delle sementi e dei pesticidi, acquisito grazie a un’offerta pari a 128 dollari per azione. Nasce una superpotenza mondiale dell’agrochimica.
settembre 2016 – Il governo americano vuol far pagare 14 miliardi alla Deutsche Bank per chiudere lo scandalo dei titoli tossici legati ai mutui, i famosi “titoli subprime”, il cui crollo a Wall Street innescò nel 2007 la crisi finanziaria tuttora in atto. L’aspetto paradossale sta nel fatto che sono state alcune istituzioni finanziarie americane a sguazzarci dentro, fino ad imporre il fallimento dei due colossi immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac, due finanziarie para-pubbliche che detenevano il grosso del mercato dei mutui subprime. Per quanto il governo tedesco abbia iniettato ben 247 miliardi di euro nel suo sistema bancario per farlo resistere alla crisi, la grande banca delle “torri gemelle” di Francoforte, un tempo sinonimo di solidità, sta ancora boccheggiando, oppressa da 85 miliardi di euro di titoli tossici che ha in pancia, pressoché uguali al totale delle sofferenze nette del sistema bancario italiano: al quale, per sommo paradosso, oggi Berlino proibisce di ricorrere agli aiuti statali. (www.ilsussidiario.net)
Nella guerra dei mondi gli Stati Uniti hanno sempre temuto un’Europa forte e autonoma, soprattutto guidata dal pangermanesimo di vecchia data, che aveva inchiodato decine di migliaia di giovani americani sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale. L’epopea americana invece deve essere unica, insuperabile e strapotente, celebrata da una cinematografia che sbanca il botteghino globale e propaga la leggenda eroica del popolo eletto, a partire da film-cult di Steven Spielberg, quali “Salvate il soldato Ryan”.
Inoltre, il colossale surplus commerciale accumulato dalla Germania con il protezionismo ha suscitato ostilità soprattutto da parte degli americani, perché ha favorito l’export teutonico in maniera esponenziale e danneggiato in particolare i produttori automobilistici statunitensi, i più accaniti avversari sui ricchi mercati asiatici.
Ma torniamo alla foglia di fico del premier … servo dei servi dell’imperialismo yankee. Perché cercare giustificazioni alla deriva economico sociale cui è stata condannata l’Italia, presso quel potere che ne è stato il primo responsabile? Perché non capire (o fingere) che i veri nemici sono gli Usa, che in un passato non troppo lontano hanno favorito lo sviluppo del welfare europeo in chiave antisovietica, ma ora sono determinati a smantellarlo completamente?
Per di più la Brexit ha segnato un punto di non ritorno, dimostrando che perfino i più fedeli alleati degli Usa hanno colto un’opportunità ineludibile in una rete di rapporti di forza che si è fatta sempre più multipolare, quindi la scelta dell’UK di uscire dall’UE non è stata per nulla un fulmine a ciel sereno, tutt’altro … è stata preparata accuratamente dalla finanza inglese che in questo modo si è voluta liberare del giogo atlantista, e si è voluta globalizzare … considerata un’occasione di riforma, proiettata verso il futuro, la City è decisa in questo modo ad attrarre la finanza cinese e quella islamica, che sono entrambe in forte crescita ..
La strategia finanziaria britannica è apparsa geniale solo alle élites … la promozione del renminbi a valuta d’impatto internazionale è tesa a rendere la Cina una superpotenza globale ma comunque soggetta alla direttiva britannica … per di più facendo di Londra il centro della finanza islamica, si acquistano vantaggi evidenti nell’ambito della sicurezza contro il rischio terrorismo. 
Però sulla piattaforma europea il venir meno di determinate esigenze economico politiche da parte del finanzcapitalismo ha mutato pesantemente il quadro dell’attuale geopolitica mondiale … oggi, l’ingerenza americana si è fatta ancora più invasiva, soprattutto per impedire all’Europa di tramutarsi in antagonista potente e diretto contro Washington, perché un’eventuale alleanza con la Russia rappresenterebbe un rischio abnorme per la stessa sopravvivenza dell’impero del caos.
Ma allora … perché il cretinismo renzista si ostina a coltivare amicizie così pericolose ?

venerdì 29 gennaio 2016

Commercio: con gli accordi TTIP i piccoli imprenditori dell'agroalimentare saranno schiacciati. - Marta Rizzo.



Lo confermano 2 rapporti diffusi dal Dipartimento dell’agricoltura Usa. Non soltanto creerà difficoltà serie, ma tornerà a favore degli stessi Stati Uniti in maniera prepotente rispetto ai benefici dell’Europa unita.

ROMA  – Sono 2 studi quasi manicali americani, diffusi dalla Campagna StopTtip, ad affermare chiaramente i benefici che gli Usa potranno trarre dagli accordi sul Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (in inglese,Transatlantic Trade and Investment Partnership, appunto: Ttip). Benefici che - secondo gli analisti statunitensi - saranno enormemente inferiori per l’Ue, che comunque non accenna a ritrattare il Trattato, in corso dal 2013 e che quando diverrà operativo si creerà la più grande area di libero scambio, dal momento che l'Unione Europea e gli Stati Uniti rappresentano la metà del Pil di tutto il mondo  e un terzo del commercio globale.

I rapporti Usa che offendono l’Ue. Il 5 gennaio 2016, il Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti, sulle implicazioni del partenariato transatlantico (Ttip) per il settore agricolo, diffonde un approfondito documento dal quale emerge, nero su bianco, fino a che punto l’Unione Europea risentirà dalla firma dell’ accordo. 

Tre sono i punti fondamentali. 

1) - Innanzi tutto, si prevede l'eliminazione delle sole barriere tariffarie e dei contingenti  tariffari di importazione (Trq), la qual cosa farà sì che le esportazioni agricole degli Stati Uniti verso l'Ue  aumenteranno di 5,1 miliardi di euro rispetto ai livelli del 2011, mentre quelle dell'UE  verso gli Usa crescerebbero di appena 0,7 miliardi di euro (le esportazioni  agricole UE diminuirebbero dello 0,25%). 

2) - Il secondo scenario anticipa anche l'eliminazione delle barriere non tariffarie (Ntm): nel settore agricolo, le Nmt riguardano la sicurezza alimentare e se fossero eliminate, le esportazioni Usa crescerebbero di ulteriori 3,8 miliardi di euro,  mentre quelle UE aumenterebbero di 1,1 miliardi.

3) - Il terzo scenario analizza come tutto ciò influenzerebbe la domanda dei consumatori, i quali si orienterebbero sempre più ad acquistare prodotti locali piuttosto che importati, cancellando così qualsiasi guadagno derivante  dalla rimozione delle barriere tariffarie (anche se questo è il principale obiettivo  dichiarato del Ttip). Un secondo rapporto dello stesso Dipartimento americano, ribadisce i concetti.

Un massacro per l’Ue e per l’Italia. La Campagna StopTtip è tra le pochissime realtà d’Europa a battersi contro un trattato a cui i media sembrano non pensare. Ed è l’osservatorio della Campagna stessa ad aver diffuso i due rapporti americani. "Il ministero dell'Agricoltura Usa -  spiega Monica Di Sisto, portavoce della CampagnaStop Ttip  - è onesto nell'ammettere che, se con il Ttip vuole accelerare il commercio tra Usa e Ue per prodotti agricoli e cibo, bisogna eliminare non tanto dazi e problemi di dogana, ma le regole che ancora oggi ci proteggono, in Europa, da ormoni della crescita, residui di pesticidi, cibi biotech e tossicità simili. Pur facendolo, saranno gli Usa a guadagnarci in esportazioni, fino a 1000 volte più dei nostri Paesi, e in settori già massacrati per l'economia italiana come latte, carni rosse, frutta, verdura, olio.

Il fattore "C", cioè la coscienza dei consumatori. Gli imponenti flussi di prodotti e servizi in arrivo dagli Stati Uniti satureranno il mercato europeo, che per oltre l'80% dei produttori italiani, piccoli e medi, è l'unico mercato possibile, diminuendo ulteriormente le loro possibilità di sopravvivenza. Gli Usa, però, hanno anche valutato un terzo scenario: se tutti noi cittadini consumatori e le imprese che lavorano in qualità e quelle amministrazioni locali che legano la promozione dei loro territori e culture a prodotti sani e non massificati, non si fideranno delle nuove regole, non ci sarà da guadagnare per nessuno, perché tutti i prodotti a rischio verranno lasciati nei mercati e negli scaffali, e chi li produrrà verrà punito dalle scelte sbagliate dei Governi. Come Campagna StopTtip, lo chiamiamo "fattore C": quello della coscienza di cittadini e consumatori, che si opporrà fino all'ultimo a politiche sbagliate come quelle del Ttip".

Ttip: atto di masochismo per il nostro benessere generale. “Cornuti e mazziati - commenta Leonardo Becchetti, professore di Economia politica dell'Università Tor Vergata - lo studio dello US department for agriculture analizza cosa succederebbe se il Ttip eliminasse le “barriere non tariffarie” nell’interscambio agricolo tra Ue e Stati Uniti. Dall’analisi del rapporto emerge chiaramente che l’approvazione del Ttip non è solo un atto di masochismo economico per noi. Il problema è più sostanziale. Un accordo del genere non può essere valutato solo in termini di impatto economico, ma di benessere generale. Qualcuno si è preoccupato di valutare gli effetti sulla salute dei cittadini e sulle condizioni di lavoro di chi opera nel settore? Rischiamo ancora una volta di essere vittime del riduzionismo economicista che identifica la nostra felicità con la riduzione dei prezzi dei prodotti. Ma il benessere è un’altra cosa: dobbiamo imparare sempre di più che dietro un prezzo basso possono nascondersi insidie alla nostra salute alle condizioni di lavoro. Quanti euro di risparmio nel carrello della spesa valgono più rischi sulla salute e condizioni di lavoro più precarie?”.


http://www.repubblica.it/solidarieta/equo-e-solidale/2016/01/27/news/commercio_con_gli_accordi_ttip_i_piccoli_imprenditori_dell_agroalimentare_saranno_schiacciati-132173927/