La parola democratura risale alla Spagna degli anni 1929-30, ma è a Edoardo Galeano che si deve il suo impiego a proposito della coesistenza di democrazia e autoritarismo o di democrazia e dittatura, come Predrag Matvejevic descriveva i regimi apparentemente costituzionali ma di fatto oligarchici. In realtà questa democratura non è che il fascismo “democratico”, un regime generato dal processo di eterogenesi della pseudo democrazia, processo che dura da decenni e che è sempre più peggiorato a seguito della controrivoluzione del capitalismo liberista che comincia negli anni 1970. Un processo che non ha smesso di erodere le conquiste economiche, sociali e civiche degli anni 1968 e 1970 grazie anche alla conversione liberista della sinistra tradizionale. Così è possibile governare con una piccola minoranza di voti degli aventi diritto di voto e da qui la pretesa di «democrazia» e quindi di costituzionalità che permette a questi governanti di fare e sfare quello che vogliono, senza alcuna vergogna. Ne conseguono misure fra le più liberticide (divieto di riunione, criminalizzazione della solidarietà ecc.). In Italia non si ha bisogno del 49.3 usato dal governo Macron per imporre la sua famigerata riforma delle pensioni odiata dal 75% dei francesi. Il governo procede a colpi di decreti e può contare su una larga maggioranza del Parlamento e una quasi inesistente opposizione, compresi i sindacati (che invece in Francia, insieme alle sinistre unite, sono stati uniti contro il regime Macron). L’accanimento particolare del regime Meloni ha preso di mira i poveri sistematicamente stigmatizzati e odiati dalle destre (ma anche da una parte dell’ex-sinistra: il reddito di cittadinanza è stato abolito nonostante la stessa Comunità europea lo difenda e le statistiche ufficiali mostrino un netto aumento della povertà, dei senza casa, della gente che non può curarsi). In Italia il potere d’acquisto si è svalutato più che in tutti gli altri paesi europei e la rivalutazione dei salari rispetto all’inflazione è stata abolita. I salari italiani sono tra i più bassi d’Europa e sono persino diminuiti del 12% rispetto al 2008 (lo attesta il Global Wage Report 2022-2023 de l’ILO).
Il ministro della “sovranità alimentare” (SIC !), cognato della signora Meloni, si è permesso anche di dichiarare che l’alimentazione dei poveri è migliore di quella dei ricchi, mentre altri politicanti non hanno smesso di dire che il reddito di cittadinanza non farebbe che mantenere degli oziosi sui divani di casa loro, davanti alla tv o ai supermercati a fare spesa coi soldi dello Stato. Le destre hanno così scatenato una campagna contro la popolazione bollata come parassita che non vorrebbe lavorare… e questo in un paese in cui si contano circa otto milioni di lavoratori che oscillano tra precariato e impieghi al nero e persino neo-schiavitù e un numero crescente di incidenti e morti sul lavoro. A questo s’accompagna l’accanimento contro i migranti (il far morire e lasciar morire) che conduce la signora Meloni a fianco della signora Ursula van der Leyen e del presidente della Tunisia Kaïs Saïed a un accordo da crimine contro l’umanità.
Puntando suoi più fedeli – anche se palesemente incolti e ignoranti l’ABC delle regole di governo – la signora Meloni si è circondata di famigliari e amici: suo cognato che non smette di suscitare il ridicolo e lo scandalo per la sua indigenza intellettuale e il suo disinvolto linguaggio fascistizzante, la sorella nominata capa del suo partito, suo marito piazzato nel primo canale della tv pubblica, i suoi amici più fidati nei ministeri o ai posti istituzionali. Peggio che all’epoca di Mussolini, la signora Meloni ha dovuto far ricorso a un familismo amorale sfacciato e a dei conflitti d’interesse a non finire poiché ha paura di non farcela e non può contare su un personale politico sperimentato e qualificato (ma questo è diventato abituale sin dal 1994 e anche con governi di centro-sinistra). Nella sua epopea sta mantenendo la promessa della «pace fiscale» fortemente voluta anche da suoi alleati Salvini e i discepoli di Berlusconi. Si è così approdati al trionfo della tolleranza dell’evasione fiscale, così come del lavoro nero e di ogni sorta di raggiro delle leggi che avrebbero dovuto proteggere i lavoratori e lo Stato di diritto democratico. E questo in un paese in cui la frode fiscale ha raggiunto il 35% del PIL, cioè 530 miliardi (stima Eurispes ignorata anche dai sindacati). Non è casuale che il governo Meloni comprenda una ministra del turismo conosciuta per le sue discoteche e locali di divertimento e infine sotto processo per sistematica frode fiscale e di contributi sociali.
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