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mercoledì 22 settembre 2021

Milano, l’Anpi si appella agli elettori: “Non date il voto a liste e candidati fascisti”. Bernardo un mese fa costretto alla giravolta. - Thomas Mackinson

 

Dopo la bega dei soldi per i comizi e l'alterco con Sala sui milanesi "pistola" un'altra grana per il pediatra sostenuto dal centrodestra. Ignorati gli appelli per rimuovere i simpatizzanti di estrema destra dalle liste, l'associazione partigiani e le altre che si rifanno alla Resistenza si rivolgono direttamente ai cittadini.

Il tempo di tirare un sospiro di sollievo che Luca Bernardo, candidato sindaco di Milano per il centrodestra, si ritrova di nuovo accerchiato tra un botta-risposta con Sala e l’accusa di contiguità con l’estrema destra. Il presidente dell’Anpi di Milano anticipa al fattoquotidiano.it che a breve tutte le associazioni che si rifanno alla resistenza faranno un appello pubblico non più a liste e candidati, ma direttamente ai cittadini perché “non votino liste con candidati non dichiaratamente antifascisti”. Una posizione che, nella città medaglia d’Oro della Resistenza, può far presa nella corsa elettorale che si gioca tra il centro e la periferia. Può diventare anche un grimaldello ulteriore perché la Lega è ormai dilaniata tra la linea moderata di Giorgetti e quella di Salvini. La seconda per altro è diventata plasticamente minoritaria sulla questione green pass e no-vax , con tanto di scavalco sia dei governatori del Carroccio che degli esponenti con impegni di governo.

La polemica, va detto, in città c’è sempre stata, dai tempi della Moratti, De Corato e del centrodestra a Palazzo Marino che ha sempre strizzato l’occhio alla galassia dei movimenti della destra radicale. E’ successo anche stavolta, alla vigilia della tornata elettorale alle porte. Il 27 agosto scorso il consigliere regionale Max Bastoni, candidato con la lista di Bernardo per Palazzo Marino, aveva inaugurato il comitato elettorale in via Pareto 14, nei locali milanesi del movimento di estrema destra Lealtà Azione. Allora fu la segreteria metropolitana del Pd a sollevare la questione della scelta di condividere gli spazi con “un movimento che ogni anno organizza le celebrazioni al Campo X del Cimitero Maggiore, tra saluti romani e inni ai caduti di Salò”. Bernardo all’epoca dichiarò che “non c’è differenza tra fascisti e antifascisti”, scatenando polemiche che lo costrinsero poi alla giravolta repentina: “Sono antifascista come tutti gli italiani, si condannino tutte le ideologie folli”.

Stavolta però l’Anpi si rivolge direttamente agli elettori. Il presidente della sede provinciale di Milano Roberto Cenati anticipa al fattoquotidiano.it che a breve tutte le associazioni che si rifanno alla Resistenza (Anpi ma anche Aned, Fiap e Partigiani Cristiani) faranno ai cittadini un appello perché non diano il voto alle liste e ai candidati che non si dissociano dal fascismo. “A 76 anni dalla liberazione di Milano lo avrei considerato scontato”, dice Cenati. “In questi mesi però il nostro accorato appello ai candidati e ai partiti non ha sortito, evidentemente, gli effetti sperati”. Nel frattempo infatti il quartier generale del consigliere regionale Bastoni è rimasto negli stessi locali. Ha anche ribadito di “impegnarsi per far confluire i voti dell’estrema destra su Luca Bernardo”. Ma l’Anpi alza il livello della richiesta spostando la responsabilità della scelta sugli elettori: “A questo punto confidiamo siano loro a dare un segnale, noi non arretriamo sul fatto che chi si candida a governare Milano debba necessariamente ispirarsi ai valori della Costituzione e della Resistenza”.

ILFQ

sabato 24 ottobre 2020

Ok, forse è il caso di chiarire meglio due o tre concetti su quello che è successo ieri. - Lorenzo Tosa

 

Il primo. Quegli atti di criminalità scientifica e organizzata non hanno nulla a che vedere con Napoli e i napoletani, con la dignità con cui migliaia di persone hanno sempre dimostrato di affrontare la pandemia, con il legittimo diritto di commercianti e lavoratori di esprimere il proprio dissenso, le proprie ansie, le proprie paure. Anzi, le prime e vere vittime di ieri sono la stragrande maggioranza di napoletani onesti e perbene costretti a subire, oltre al dramma sanitario ed economico, anche tutto questo fango.

Due. Non c’è nessuna rabbia o disperazione che giustifichi il lanciare bombe carta, aggredire giornalisti, tirare dei sassi contro la polizia o bruciare cassonetti. Questa non è una rivoluzione, questa è la solita feccia fascista, populista, negazionista, forconista che nella storia ha sempre trasformato le disgrazie in tragedie.

Tre. Potrà anche essere liberatorio o suonare consolatorio, ma non servirà a nulla scaricare unicamente su questo governatore o quel governo le responsabilità di una pandemia che ci riguarda tutti e che tutti, nessuno escluso - politica, cittadini, scienza, informazione - non abbiamo fatto abbastanza per scongiurare quando ancora eravamo in tempo. Oggi quel tempo è scaduto da un pezzo. Ed è ora che ne prendiamo atto.

Quattro. Quello che ieri è accaduto a Napoli è solo la prova generale di una strategia della tensione pronta a divampare ovunque, orchestrata da quel mix di fascisti, estrema destra, ultras e clan locali che - come sempre è avvenuto nei momenti di crisi - usano e cavalcano la disperazione della gente per attaccare frontalmente le istituzioni democratiche. Come se non bastasse il Covid, come se non fosse sufficiente la tragedia economica che ne consegue, prepariamoci ad affrontare anche un terzo nemico: quell’onda nera che aspettava da anni un’altra occasione per uscire dalle fogne in cui la Storia si è incaricata di mandarla.

Oggi più che mai la politica ha un compito immane e cruciale: fare di tutto per tenere lontane rabbia e violenza, per farsi argine civile, sociale, democratico tra il popolo in difficoltà e le frange estreme e criminali che su quella rabbia soffiano e prosperano.
In quella faglia si gioca il destino di questo Paese. E di tutti noi.

Potevamo rinunciare tutti a un piccolo pezzetto di normalità in cambio di salute e stabilità.
Alcuni hanno preferito non rinunciare a nulla.
Ora la stiamo pagando tutti. Tutta.

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