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martedì 9 gennaio 2018

Non esiste il Capitalismo Buono - Cecilia Zamudio




Gli immigrati, opera di Rodolfo Campodónico

Ogni giorno la povertà aumenta in tutto il mondo, mentre le grandi fortune crescono esponenzialmente: i capitalisti degradano sempre più il pianeta e riducono in schiavitù e reificano altri esseri viventi. Escludono milioni di esseri umani da una vita sana e dignitosa. Sterminano specie ed ecosistemi.
Milioni di esseri umani, impoveriti dal saccheggio perpetrato dalle multinazionali che capitalizzano sulla distruzione di montagne e fiumi, finiscono per affollarsi nelle cinte delle grandi città.

L'esodo degli esseri umani si intensifica, dai paesi più brutalmente saccheggiati, alla metropoli del capitalismo. Ma i paesi arricchiti a spese dell'impoverimento degli altri, vogliono cinicamente le ricchezze, ma non le persone. Muri e recinti di filo metallico crescono man mano che l'analisi e l'empatia diminuiscono. La sabbia delle spiagge è sbiancata dalle ossa di migliaia di naufraghi nel loro tentativo di fuggire dal calderone capitalista in cui gli uomini forti hanno convertito i loro paesi, a furia di saccheggiare e di guerre imperialiste.

I padroni dei paesi della metropoli capitalista, che intensifica anche lo sfruttamento contro gli operai della metropoli, e che precarizza le loro condizioni di vita, ha bisogno di un "Capro Espiatorio" per incolparla di ciò di cui non vuole farsi carico: usa i suoi media per alienare le maggioranze, sostenendo che la precarizzazione delle loro condizioni di vita è dovuta agli: "immigrati". La promozione del razzismo e del fascismo si intensifica nei mezzi dell'alienazione di massa, aumentando così la divisione della classe operaia e moltiplicando i livelli di violenza razzista.

Anche la violenza contro le donne è intensamente promossa per mezzo dell'alienazione di massa, dato che il maschilismo è una parte fondamentale della sovrastruttura capitalista: galoppano i profitti di pochi sulla mostruosità di femminicidio.

La reificazione dell'essere umano è promossa a sazietà. E tutto il valore della "solidarietà" è sostituito dai valori del consumatore. La nozione di "giustizia sociale" cerca di essere cancellata, e soppiantata dalla perversa "Carità", quando non lo è dall' "edonismo Zen", o direttamente dall' "Edonismo VIP ", ancora più egocentrico e triste.

Mentre i mezzi dell'alienazione capitalista addomesticano le persone con il loro promosso "non cambiare il mondo, cambia te stesso" (come se non si potesse provare a fare entrambe le cose allo stesso tempo), i capitalisti continuano a depredare. Implementano con maggiore intensità l'Obsolescenza programmata (invecchiamento precoce e programmato delle cose), trasformando questo pianeta in una discarica, avvelenando la terra e il cibo in modo cancerogeno, uccidono un bambino per fame ogni 5 secondi, in un mondo in cui l'agricoltura attuale riuscirebbe nutrire 12 miliardi di persone ...

I capitalisti approfittano della precarietà delle condizioni di vita (che loro stessi precarizzano) per espandere il loro bacino di schiavi: schiavitù moderna, prostituzione, traffico di bambini.
È urgente abbandonare questo sistema in cui una manciata di pochi capitalizza sul sangue, il sudore e le lacrime della maggioranza.

Data l'inevitabilità della constatazione (da parte di una parte importante della popolazione mondiale) dell'aumento dello sfruttamento, della miseria e del saccheggio della natura, i grandi capitalisti attaccano con i loro carri armati di pensiero: si tratta di colonizzare le nostre menti e di gestire la percezione della realtà.

Questi carri armati di pensiero cercano di porre il problema sotto luci deformanti, e per "guadagnare tempo" hanno inventato questa falsa dicotomia tra "capitalismo selvaggio" contro un presunto "capitalismo dal volto umano".

Il capitalismo è selvaggio per natura, poiché si basa sullo sfruttamento: non esiste un "capitalismo meno selvaggio" poiché la violenza e l'accelerazione di essa sono intrinseche all'accelerazione dell'accumulazione capitalista.

Crescono le grandi fortune sui cadaveri.
Nella fase attuale del capitalismo, i vecchi "Stati del benessere" in Europa vengono smantellati, perché dopo la caduta dell'URSS, i capitalisti non hanno bisogno di preoccuparsi di mascherare parte dei loro crimini, facendo finta che il capitalismo preservi il "benessere" , almeno per quelli del "primo mondo" autoproclamato.

Ricordiamo che il primo paese ad avere una sicurezza sociale fu l'Unione Sovietica, perché i lavoratori sovietici lo stabilirono poco dopo aver preso il potere (il primo paese ad avere un'assistenza sanitaria universale e gratuita, un'istruzione universale e gratuita, il diritto di voto alle donne, abitazioni come diritto concreto e tangibile, ecc.). Esistendo questi diritti nella vicina URSS, i capitalisti europei hanno capito che era necessario, per arginare il malcontento sociale nei paesi capitalisti, concedere un minimo in termini di sicurezza sociale. Così, la lotta degli operai, unita all'esistenza dell'URSS, ha permesso di ottenere alcuni diritti ... Gli stessi che stanno scomparendo oggi.

Oggi gli accumulatori di capitali e divoratori delle nostre ore di vita, festeggiano lo sfruttamento; non devono più mantenere alcuna "compostezza": sono già riusciti a finire l'URSS, hanno speso gli anni necessari per privatizzare tutto e a volgarizzare la sazietà, e i loro mezzi di alienazione di massa hanno iniettato un tenace odio contro il comunismo. Gli sfruttati possono già divorarsi a vicenda, immersi nel razzismo, nel maschilismo e nell'odio contro i rivoluzionari: gli sfruttatori hanno lavorato ai parametri della sottomissione al millimetro.

Ma siamo ancora vivi, e solo la lotta ci renderà liberi.
Ogni giorno l'accumulazione capitalista accelera, e con essa l'esclusione, lo sfruttamento, il saccheggio, la repressione, il terrorismo di stato, le guerre imperialiste, il fascismo, il razzismo, il maschilismo e tutte le forme di violenza.

Perciò è urgente combattere contro il capitalismo, e non credere che, forse, sarebbe possibile "un capitalismo meno cattivo". Sarebbe come fingere di dover lottare per un presunto "maschilismo meno cattivo" ... Quando ciò che esiste è un sistema di sfruttamento e le "variazioni" sintomatiche che percepiamo sono solo una funzione dello stadio di questo cancro sociale.

Traduzione per TLAXCALA di Alba Canelli

martedì 12 maggio 2015

NOAM CHOMSKY: NON HA PIÙ IMPORTANZA CHI DETIENE IL POTERE POLITICO, TANTO NON SONO PIÙ LORO A DECIDERE LE COSE DA FARE. - Noam Chomsky


di Noam Chomsky (basato su dibattiti tenuti in Illinois, New Jersey,Massachusetts, New York e Maryland nel 1994,1996 e 1999)

Un uomo: 
Negli ultimi venticinque anni il capitale finanziario multinazionale, piuttosto che negli investimenti e nel commercio, è stato impiegato nelle speculazioni sui mercati azionari internazionali, al punto da dare l’impressione che gli Stati Uniti siano diventati una colonia alla mercé dei movimenti di capitali internazionali. 
Non ha più importanza chi detiene il potere politico, tanto non sono più loro a decidere le cose da fare. 
Che portata ha, oggi, questo fenomeno sulla scena internazionale? 
Per prima cosa dobbiamo fare più attenzione al linguaggio che utilizziamo, me compreso. Non dovremmo parlare semplicemente di “Stati Uniti”, perché non esiste una simile entità, così come non esistono entità come l'”Inghilterra” o il “Giappone”. Può darsi che la popolazione degli Stati Uniti sia “colonizzata”, ma gli interessi aziendali che hanno base negli Stati Uniti non sono affatto “colonizzati”. 
A volte si sente parlare di “declino dell’America”, e se si osserva la quota mondiale di produzione che viene effettuata sul territorio degli Stati Uniti è vero, è in declino. Ma se si considera la quota di produzione mondiale delle aziende che hanno sede negli Stati Uniti, ci si accorgerà che non c’è alcun declino, anzi, le cose vanno per il meglio. Il fatto è che questa produzione ha luogo soprattutto nel Terzo mondo.  Quindi possiamo parlare di “Stati Uniti” come entità geografica, ma non è questo ciò che conta nel mondo degli affari. In sintesi, se non si parte da un’elementare analisi di classe non si riesce nemmeno a comprendere il mondo reale: cose come “gli Stati Uniti” non sono entità. Ma lei ha comunque ragione: gran parte della popolazione degli Stati Uniti viene sospinta verso una sorta di condizione sociale da Terzo mondo colonizzato. 
Dobbiamo però ricordare che esiste un altro settore, composto da ricchi manager, da ricchi investitori e dai loro scherani nel Terzo mondo, come i gangster della mafia russa o qualche ricco dignitario brasiliano, che curano i loro interessi a livello locale. E questo è un settore del tutto diverso, i cui affari stanno andando a gonfie vele. Per quanto riguarda i capitali destinati alle speculazioni, anch’essi hanno una parte estremamente importante. 
Lei è nel giusto quando sostiene che hanno un enorme impatto sui governi nazionali. Si tratta di un fenomeno molto esteso; le cifre sono di per sé impressionanti. Intorno al 1970, circa il 90 percento del capitale coinvolto nelle transazioni economiche internazionali veniva utilizzato a scopi commerciali o produttivi e soltanto il 10 percento a scopi speculativi. 
Oggi le cifre si sono invertite: nel 1990, il 90 percento del capitale totale era utilizzato per la speculazione; nel 1994 si era saliti addirittura al 95 percento. Inoltre l’ammontare globale del capitale speculativo è esploso: l’ultima stima della Banca mondiale indicava una cifra di circa 14 000 miliardi di dollari. 

Ciò significa che ci sono 14 000 miliardi di dollari che possono essere liberamente spostati da un’economia nazionale a un’altra: un ammontare enorme, superiore alle risorse di qualsiasi governo nazionale, e che quindi lascia ai governi possibilità estremamente limitate quando si tratta di operare scelte politiche economico-finanziarie. 

Perché si è verificata una crescita tanto imponente del capitale speculativo? I motivi chiave sono due. Il primo ha a che fare con lo smantellamento del sistema economico mondiale del dopoguerra, che avvenne nei primi anni settanta. Vedete, durante la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti riorganizzarono il sistema economico mondiale e si trasformarono in una sorta di “banchiere globale” [durante la Conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite a Bretton Woods, nel 1944]: il dollaro diventò la valuta mondiale, venne fissato all’oro e divenne il punto di riferimento per le valute degli altri paesi. Questo sistema fu alla base della consistente crescita economica degli anni cinquanta e sessanta. Ma negli anni settanta il sistema di Bretton Woods era divenuto insostenibile: gli Stati Uniti non erano più abbastanza forti economicamente da continuare a essere il banchiere del mondo, soprattutto per gli alti costi della guerra nel Vietnam. 
Così Richard Nixon prese la decisione di smantellare del tutto l’accordo: all’inizio degli anni settanta sganciò gli Stati Uniti dal sistema monetario aureo, aumentò le tasse sulle importazioni, distrusse tutto il sistema. La fine di questo sistema di regolamentazione internazionale diede l’avvio a una speculazione sulle valute senza precedenti e a una fluttuazione degli scambi finanziari, fenomeni da quel momento in costante crescita. Il secondo fattore che ha determinato il boom del capitale speculativo è stato la rivoluzione tecnologica nelle telecomunicazioni, che avvenne nello stesso periodo e rese d’improvviso molto facile il trasferimento di valuta da un paese all’altro. 

Oggi, virtualmente, l’intera Borsa valori di New York si sposta a Tokyo durante la notte: il denaro è a New York di giorno, poi viene trasferito “via rete” a Tokyo, e siccome il Giappone è in anticipo di quattordici ore rispetto a noi, lo stesso denaro viene utilizzato in entrambi i posti. Ormai, quasi 1000 miliardi di dollari vengono spostati quotidianamente sui mercati speculativi internazionali, con effetti enormi sui governi nazionali. 
A questo punto, la comunità internazionale che gestisce questi investimenti ha un virtuale potere di veto su tutto ciò che un governo nazionale può fare. È quanto accade oggi negli Stati Uniti. Il nostro paese si sta riprendendo lentamente dall’ultima recessione; certamente è la ripresa più lenta dalla fine della Seconda guerra mondiale. 
Ma c’è stagnazione soltanto sotto un certo punto di vista: la crescita economica è molto bassa, si sono creati pochi posti di lavoro (in realtà, per molti anni, i salari sono persino scesi durante questa “ripresa”), ma i profitti sono andati alle stelle. Ogni anno la rivista Fortune esce con un numero dedicato alla ricchezza delle persone più importanti del mondo, Fortune 500, il quale ci dice che i profitti in questo periodo si sono impennati: nel 1993 erano molto buoni, nel 1994 esaltanti e nel 1995 avevano battuto ogni record. 

Nel frattempo i salari reali scendevano, la crescita economica e la produzione erano molto basse e questa lenta crescita a volte veniva addirittura fermata perché il mercato obbligazionario “dava segnali” di non gradirla. 

Vedete, gli speculatori finanziari non vogliono la crescita: vogliono valute stabili, quindi niente crescita. 

La stampa specializzata parla apertamente della «minaccia di una crescita troppo impetuosa», della «minaccia di un eccesso di occupazione»: tra di loro lo dicono chiaramente. Il motivo? Chi specula sulle valute teme l’inflazione, perché fa diminuire il valore del suo denaro. 

E qualunque tipo di crescita o di stimolo economico, qualunque diminuzione della disoccupazione minacciano di far crescere l’inflazione. Agli speculatori valutari questo non piace, così quando vedono i primi segnali di una politica di stimolo dell’economia o di una qualsiasi iniziativa capace di produrre una crescita, portano via i capitali da quel paese, provocando una recessione. 

Il risultato complessivo di queste manovre è uno spostamento internazionale verso economie a bassa crescita, bassi salari e alti profitti, perché i governi nazionali che cercano di prendere decisioni di politica economica e sociale non hanno mano libera temendo una fuga di capitali che potrebbe far crollare le loro economie. 

I governi del Terzo mondo sono bloccati, non hanno nemmeno la possibilità di portare avanti una politica economica nazionale. 

Ormai c’è da chiedersi se anche le grandi nazioni, Stati Uniti inclusi, abbiano la possibilità di farlo. Non credo che i governi che si sono succeduti in America avrebbero voluto politiche economiche molto diverse ma, nel caso, penso che sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, attuarle. 
Per darvi soltanto un esempio, subito dopo le elezioni del 1992, sulla prima pagina del Wall Street Journal comparve un articolo in cui si informavano i lettori che non avevano alcun motivo di temere che qualcuno dei “sinistrorsi” vicini a Clinton avrebbe cambiato qualcosa una volta arrivato al potere. 
Ovviamente il mondo degli affari già lo sapeva, come si può notare osservando l’andamento dei mercati finanziari verso la fine della campagna elettorale. Ma ad ogni buon conto il Wall Street Journal spiegò che, se per qualche sfortunata coincidenza Clinton o qualsiasi altro candidato avesse cercato di avviare un programma di riforme sociali, sarebbe stato immediatamente bloccato. 

L’articolo affermava una cosa ovvia e citava i dati che la confermavano. Gli Stati Uniti hanno un forte debito, che era parte integrante del programma Reagan-Bush per non permettere al governo di portare avanti iniziative di spesa sociale. 

“Essere in debito” significa soprattutto che il dipartimento del Tesoro ha venduto un sacco di titoli – obbligazioni, buoni del Tesoro e via discorrendo – agli investitori, che a loro volta li scambiano sul mercato dei titoli. 
Secondo il Wall Street Journal, ogni giorno si scambiano circa 150 miliardi di dollari esclusivamente in titoli del Tesoro. 
L’articolo spiegava che se gli investitori che possiedono questi titoli non apprezzano le politiche del governo americano possono, come avvertimento, venderne qualche piccola quota e ciò provocherà automaticamente un aumento del tasso d’interesse, che a sua volta farà aumentare il deficit. 
Ebbene, in questo articolo si calcolava che se questo “avvertimento” fosse sufficiente ad alzare il tasso d’interesse dell’1 percento, il deficit aumenterebbe da un giorno all’altro di 20 miliardi di dollari. 
Ciò significa che se Clinton (questa è pura immaginazione) proponesse un programma di spesa sociale di 20 miliardi di dollari, la comunità degli investitori potrebbe trasformarlo istantaneamente in un programma da 40 miliardi dollari, con un solo piccolo segnale, bloccando così ogni altra mossa di quel genere. 

Contemporaneamente, sull’Economist di Londra – grande giornale liberista – si poteva leggere un articolo fantastico sui paesi dell’Europa orientale che avevano votato per far tornare al potere i socialisti e i comunisti. 
Ma in sostanza l’articolo invitava a non preoccuparsi, perché «l’amministrazione è sganciata dalla politica». 

In altre parole, indipendentemente dai giochi che quei tipi si divertono a fare nell’arena politica, le cose continueranno come sempre, perché li teniamo per le palle: controlliamo le valute internazionali, siamo gli unici che possono concedere prestiti, possiamo distruggere le loro economie come e quando vogliamo. 

Che si occupino pure di politica, che fingano pure di avere la democrazia che vogliono, facciano pure: basta che «l’amministrazione sia sganciata dalla politica». Quello che sta accadendo in questo periodo è una novità assoluta. Negli ultimi anni si sta imponendo un nuovo tipo di governo, destinato a servire i bisogni sempre crescenti di questa nuova classe dominante internazionale, che a volte è stata definita “il governo mondiale di fatto”. I nuovi accordi internazionali sul commercio riguardano proprio questo aspetto, e parlo del NAFTA, del GATT e così via, così come della cee e delle organizzazioni finanziarie come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, la Banca interamericana di sviluppo, l’Organizzazione mondiale del commercio (wto), i G7 che programmano gli incontri tra i grandi paesi industrializzati. 
Questi organismi sono tutti espressione della volontà di concentrare il potere in un sistema economico mondiale che faccia sì che «l’amministrazione sia sganciata dalla politica»; in altre parole, che la popolazione mondiale non abbia alcun ruolo nel processo decisionale, che le scelte strategiche vengano trasferite in un empireo lontanissimo dalle possibilità di conoscenza e di comprensione della gente, che così non avrà la minima idea delle decisioni che influenzeranno la sua vita e certo non potrà modificarle. 
La Banca mondiale ha un proprio modo per definire il fenomeno: lo chiama “isolamento tecnocratico”. Quindi, se leggete gli studi della Banca mondiale, vedrete che parlano dell’importanza dell’ “isolamento tecnocratico”, alludendo alla necessità che un gruppo di tecnocrati, essenzialmente impiegati nelle grandi imprese multinazionali, operi in pieno “isolamento” quando progetta le politiche perché, se la gente venisse coinvolta, potrebbe farsi venire in mente brutte idee, come un tipo di crescita economica che operi a favore di tutti invece che dei profitti e altre sciocchezze del genere. 
Allora bisogna che i tecnocrati siano isolati, e una volta ottenuto lo scopo si potrà concedere tutta la “democrazia” che si vuole, tanto non farà alcuna differenza. Sulla stampa economica internazionale questo quadro è stato definito con una certa franchezza come “la nuova età imperiale”. E la ritengo una definizione azzeccata: di certo stiamo andando in quella direzione.

https://miccolismauro.wordpress.com/2014/11/30/il-capitale-internazionale-la-nuova-eta-imperiale/