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domenica 27 ottobre 2019

GIUSTIZIA & IMPUNITÀ Cosenza, chiesto processo per Oliverio, Occhiuto, Adamo nell’inchiesta Passepartout. Contestata l’associazione a delinquere. Lucio Musolino

Cosenza, chiesto processo per Oliverio, Occhiuto, Adamo nell’inchiesta Passepartout. Contestata l’associazione a delinquere

Turbata libertà degli incanti, corruzione, abuso d'ufficio e frode in pubblica fornitura sono i reati contestati al governatore e al sindaco di Cosenza, entrambi candidati alle Regioni. Al centro dell’indagine, ci sono i bandi di gara per la costruzione del nuovo ospedale, della metropolitana di superfice e del Museo di Alarico.
Amministratori pubblici, politici e imprenditori in Calabria. Tutti insieme nell’associazione a delinquere che, secondo la Procura di Catanzaro, aveva “lo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione”. Appalti truccati e corruzione. Ma anche nomine telecomandate alla Regione Calabria e traffico di influenze.
Per i venti indagati nell’inchiesta “Passpartout”, il procuratore Nicola Gratteri e il sostituto Vito Valerio hanno chiesto il rinvio a giudizio. Nell’elenco ci sono i due aspiranti candidati alla presidente della Regione Calabria, l’uscente Mario Oliverio (Pd) e il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto (Forza Italia).
Il processo è stato chiesto pure per l’ex deputato del Pd Nicola Adamo e per il consigliere regionale Luigi Incarnato. Quest’ultimo è accusato di traffico di influenze illecite perché, nel febbraio 2016, sfruttando le sue relazioni politiche con molti consiglieri comunali di Cosenza, li avrebbe convinti a dimettersi per fare cadere il sindaco Occhiuto. In cambio si è fatto promettere “incarichi pubblici e istituzionali da Nicola Adamo e Mario Oliverio”.
Incarichi che, secondo la Procura, poi sono anche arrivati: la sua “mediazione illecita”, infatti, sarebbe stata ripagata con la nomina a commissario liquidatore della Sorical spa (Società Risorse Idriche Calabresi).
Della partita era anche Luca Morrone, l’ex presidente del Consiglio di Cosenza che, per le sue dimissioni, avrebbe accettato la promessa “effettuata da Adamo e Oliverio di ricoprire alternativamente o la carica di vicesindaco in seno alla compagine politica eventualmente vincitrice nelle successive elezioni o, comunque, un incarico di ingegnere presso la Regione Calabria”.
Al centro dell’indagine, ci sono i bandi di gara per la costruzione del nuovo ospedale, della metropolitana di superfice e del Museo di Alarico, ma anche il ripristino della tratta ferroviaria turistica della Sila.
Dietro tutto, secondo la Procura, c’era un’associazione a delinquere di cui avrebbero fatto parte il presidente Oliverio, come promotore, il suo fedelissimo Nicola Adamo, il dirigente della Regione Luigi Giuseppe Zinno, il direttore di Ferrovie Calabria Giuseppe Lo Feudo e gli imprenditori Pietro Ventura e Rocco Borgia.
Il “punto di riferimento” sarebbe stato proprio Nicola Adamo, l’ex vicepresidente della Regione ritenuto “l’elemento di raccordo tra esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori privati”. L’obiettivo, secondo gli inquirenti, era quello di mantenere il controllo sulle procedure di aggiudicazione delle principali opere pubbliche e di favorire la realizzazione delle stesse, attraverso il coinvolgimento di imprese amiche e sponsorizzate dagli indagati. Il tutto attraverso “collusioni, accordi, promesse e mezzi fraudolenti”.
In sostanza, secondo gli inquirenti, Nicola Adamo sarebbe stato il consigliori di Mario Oliverio. Per la costruzione del nuovo ospedale, la politica e la burocrazia regionale avrebbero prima concertato la strategia di partecipazione alla gara d’appalto, “orientando raggruppamenti di imprese interessate in modo da pre-individuare la ‘cordata’ vincitrice’”, e poi avrebbero turbato la procedura aggiudicando lo studio di fattibilità del nosocomio alla società Steam srl.
Nell’affare del sistema di collegamento metropolitano tra Cosenza, Rende e l’Unical, invece, è rimasto impigliato il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, oggi accusato di corruzione. Secondo i pm di Catanzaro, in cambio della firma sull’accordo di programma per la realizzazione di un sistema di mobilità sostenibile, Occhiuto avrebbe accettato “la promessa avanzata da Oliverio per il tramite del dirigente Luigi Zinno, di ottenere da parte della Regione Calabria i finanziamenti e la copertura amministrativa per la realizzazione del Museo di Alarico, oggetto di gara d’appalto (illegittima) indetta dal Comune di Cosenza”.
Dalle carte dell’inchiesta “Passpartout” emerge che in Calabria la cosa pubblica sarebbe stata gestita come un interesse privato. I politici calabresi coinvolti ne escono a pezzi. Gli stessi che, nei rispettivi schieramenti di centrosinistra e centrodestra, oggi scalpitano per ripresentarsi alle prossime regionali.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/26/cosenza-chiesto-processo-per-oliverio-occhiuto-adamo-nellinchiesta-passepartout-contestata-lassociazione-a-delinquere/5534888/?fbclid=IwAR2jLmkOlUvPCCi3mIQFKrqLLs3991chtD_dgdP_C8RPLDWwokDQUXWFlmQ


Questa gente va allontanata definitivamente dalla politica; è, ormai, lampante il motivo che li spinge ad entrare in politica: arricchire illecitamente. E chi gli da fiducia è fatto della stessa pasta. E' anche chiaro che la corruzione in politica non ha più un'etichetta di destra o di sinistra, perchè sono gli uomini a scegliere come comportarsi, non il partito al quale hanno scelto di aderire. Cetta

venerdì 28 giugno 2019

Concorsi truccati, sospesi il rettore dell'Università di Catania e 9 professori.

Foto archivio © ANSA

Indagati 40 docenti di 14 università, indagini Digos su 27 gare.

Il rettore di Catania, Francesco Basile, e altri nove professori sono stati sospesi dal servizio dal Gip. Sono indagati per associazione per delinquere, corruzione e turbativa d'asta. Al centro delle indagini su 'Università bandita' della Digos coordinate dalla Procura etnea 27 concorsi. Sono complessivamente 40 i professori indagati degli atenei di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.
L'ordinanza applicativa della misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio emessa dal Gip di Catania, su richiesta della locale Procura distrettuale, è stata eseguita da personale della polizia di Stato. I nove docenti destinatari del provvedimento sono professori con posizioni apicali all'interno dei Dipartimenti dell'università di Catania. La polizia di Stato sta eseguendo 41 perquisizioni nei confronti dei 40 professori indagati.
L'inchiesta, denominata 'Università Bandita', nasce da indagini avviate dalla Digos della Questura di Catania su 27 concorsi che per l'accusa sono stati 'truccati'. E in particolare riguardano l'assegnazione di 17 posti per professore ordinario, quattro per professore associato e sei per ricercatore. Ulteriori particolari saranno resi noti durante un incontro con i giornalisti che si terrà alle 10 nella sala stampa della Procura di Catania.

venerdì 17 maggio 2019

Arresti Legnano, il manuale per truccare i bandi: “La logica è prima si individua il candidato. Poi si fa il concorso”. - Giovanna Trinchella

Arresti Legnano, il manuale per truccare i bandi: “La logica è prima si individua il candidato. Poi si fa il concorso”

Sono tre gli episodi di turbativa d'asta che la procura di Busto Arsizio contesta agli amministratori arrestati dalla Finanza. Leggendo l'ordinanza di custodia cautelare del gip, le parole e le azioni degli indagati sembrano riportare un vero e proprio metodo della turbativa d'asta. L'intercettazione: "Si individua la persona, basta! Fa la gara, Finito!"
Modifiche di bandi già pubblicati, incarichi conferiti in assenza o quasi di competenze. Sono tre gli episodi di turbativa d’asta che la procura di Busto Arsizio contesta agli amministratori di Legnano arrestati dalla Finanza oltre l’episodio di corruzione elettorale scoperto a inchiesta già iniziata. Leggendo l’ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari di Busto Arsizio, Piera Bossi, le parole e le azioni degli indagati sembrano riportare un vero e proprio manuale della turbativa d’astaMaurizio Cozzi, il vicesindaco di Forza Italia e assessore al Bilancio finito in carcere, parla con il sindaco Gianbattista Fratus della prossima nomina del dg di Agma (il gruppo che controlla alcune società di servizi partecipate) dopo le dimissioni di Lorenzo Fommei. Gli indagati sono felici perché così potranno piazzare un loro candidato: “Una volta che si individua. si individua la persona, basta! Fa la gara, Finito!“. Per Cozzi quindi, ragiona il giudice, “la logica è prima si individua il candidato, poi si fa il bando! Cioè a dire l’esatto contrario delle previsioni normative di una corretta procedura selettiva pubblica”.
L’intercettazione: “Mi hai messo un requisito della madonna”
Anche quando si deve nominare un consulente esterno la logica non cambia: una delle contestazioni riguarda la nomina di commercialista per Euro.pa Services. Cozzi vuole piazzare un suo amico e chiede al dg della società di modificare alcune clausole contenute nel bando già pubblicato che avrebbero impedito la partecipazione del professionista a lui vicino. Che però rifiuta di presentare la sua candidatura per un incarico biennale da 8mila euro. In una intercettazione (12 dicembre 2018) ci sono le pressioni del vicesindaco sul direttore generale perché cambi il bando: “Eh, va che non può presentarmi la domanda!l!” dice. E l’altro: “Come non può?!?, “Perché non ha i requis … eh.. mi hai messo un requisito della madonna! chi cazzo ha 10 anni di esperienza lavorativa presso amministrazioni pubbliche…”. Quindi arriva la rassicurazione sulla domanda: “Fagliela presentare non ti preoccupare“. E quindi si procede con la rettifica. Ma Cozzi ha un altro problema ovvero che il consulente dovrebbe redigere le dichiarazioni dei dipendenti, ma non ha uno studio all’altezza. Anche per questo requisito viene apportata una modifica. Ma il commercialista ormai si è tirato indietro e Cozzi sbotta: è “un cagasotto“.

Il bando modificato per il candidato incompatibile
Nel secondo episodio contestato il bando taroccato, secondo la procura di Busto, è quello relativo al dirigente per lo sviluppo organizzativo del Comune per cui il giudice scrive che la valutazione del candidato rappresenta “un mero simulacro in quanto mesi prima era stato già individuato” Enrico Barbarese, “in totale violazione” delle leggi con una “manipolazione della procedura selettiva”. Con i termini di presentazione della domanda previsti in soli 14 giorni per impedire la presentazione di altre candidature. Il prescelto diventa dirigente con decreto del sindaco a tempo di record nonostante “privo di esperienza in materia di enti locali e gravato da precedenti di polizia (per traffico di rifiuti, ndr)”. E quindi nominato “nonostante presentasse una situazione di incompatibilità che lo stesso aveva sollevato con gli indagati”, perché presidente e ad di una società, la Safond Martini. In una intercettazione, Barbarese spiega a Fratus e Cozzi: “Il vostro regolamento mi impedisce di tenere l’altro incarico” (…) “è un caso di incompatibilità assoluta di stampo vetero comunista, questo l’hanno messo quelli del Pd”. (…). Ma sollevato il problema offre anche la soluzione e dice: “Ma mica abbiamo problemi di andare in galera, non è questo il problema. È non dare spazio a robe strumentali, capito? (…) Una letterina e vi sistemo tutto secondo me“. “Il cliché Barbarese si ripete di lì a poco“, scrive il gip riferendosi alla designazione del nuovo direttore generale Amga. Viene preparata la bozza del bando e c’è bisogno di verificare che ci siano tutte le caratteristiche che potessero andare bene per assegnarla alla persona già scelta, ci sono dei ritardi, modifiche da fare. Il 14 marzo scorso viene pubblicato il bando, la persona è stata individuata e quindi si può procedere come l’intercettazione spiegava: “Una volta che si individua. Si individua la persona, basta! Fa la gara, Finito!”.

martedì 14 ottobre 2014

Expo: ai domiciliari Acerbo e altri due.




Arrestati imprenditore Domenico Maltauro e manager azienda Tagliabue.

(ANSA) - MILANO, 14 OTT - Antonio Acerbo, l'ex responsabile del Padiglione Italia di Expo è finito agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta dei pm di Milano Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio insieme all'imprenditore Domenico Maltauro, il cugino di Enrico, e ad Andrea Castellotti, manager della società Tagliabue.   
Ad Antonio Acerbo circa un mese fa era stata notificata un'informazione di garanzia con l'accusa di corruzione e turbativa d'asta, reati, secondo l'accusa, commessi a Milano tra il 2012 e il luglio del 2013 in relazione all'appalto per le vie d'acqua. 
Sotto la lente degli inquirenti erano finiti alcuni contratti di consulenze sospette tra cui quello fatto ottenere al figlio (ora indagato per riciclaggio) da circa 30 mila euro. Nei giorni scorsi Acerbo si era dimesso dalla carica di sub commissario Expo e da quella di responsabile del Padiglione Italia. Il gip Fabio Antezza ha posto, accogliendo la richiesta della Procura, ai domiciliari anche il cugino dell'imprenditore Enrico Maltauro e Andrea Castellotti, impegnato nei lavori per il Padiglione Italia. Il giudice ha respinto invece una nuova richiesta di arresto per Enrico Maltauro da poco rimesso in libertà.
In un comunicato stampa firmato dal procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati viene spiegato che, nell'ambito delle indagini coordinate dai pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio, ''è stata notificata oggi dalla Guardia di Finanza di Milano l'ordinanza di misure cautelari degli arresti domiciliari emessa dal gip di Milano Fabio Antezza'' nei confronti di tre persone: ''Antonio Acerbo, nato a L'Aquila il 22 aprile 1949, responsabile unico del procedimento (Rup) di Expo 2015 Spa della gara d'appalto 'Vie d'acqua sud'; Giandomenico Maltauro, nato a Vicenza il primo agosto 1948, dipendente della società Maltauro Spa; Andrea Castellotti, nato a Milano il primo marzo 1965, facility manager Padiglione Italia Expo 2015 Spa, già direttore commerciale della società Tagliabue Spa''.
Tutti e tre gli arrestati sono accusati di turbativa d'asta e corruzione, reati che sarebbero stati commessi a Milano ''sino al 10 luglio 2013''. Per gli stessi reati, si legge ancora nel comunicato, ''si procede, in stato di libertà, nei confronti di Enrico Maltauro'', l'imprenditore vicentino arrestato lo scorso maggio nel primo filone dell'inchiesta sull'Expo, quello con al centro la cosiddetta ''cupola degli appalti''. Per questo filone i pm Gittardi e D'Alessio hanno chiesto già il processo con rito immediato a carico di sette persone, tra cui l'ex funzionario Pci Primo Greganti, l'ex parlamentare Dc Gianstefano Frigerio e l'ex senatore Fi Luigi Grillo. Lo scorso 17 settembre, invece, erano state effettuate le prime perquisizioni nella nuova tranche dell'indagine con un'informazione di garanzia a carico di Acerbo.
Gare truccate in cambio di consulenze per il figlio. Lo ipotizza la Procura di Milano nell'inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari l'ex manager di Expo Antonio Acerbo e altre due persone per le irregolarità negli appalti sulle 'vie d'acqua'. Al momento sono due i contratti finiti nel mirino dei pm.
Agli atti dell'inchiesta che ha portato agli arresti di tre persone, tra cui l'ex manager Expo Antonio Acerbo, ci sarebbe, da quanto si è saputo, anche la confessione dell'ad della società Tagliabue spa, Giuseppe Asti. L'ad, indagato e interrogato, avrebbe parlato della promessa di una consulenza da assegnare al figlio di Acerbo. 
Per l'indagine dei pm di Milano lo stesso Acerbo, in cambio di consulenze per il figlio, avrebbe imposto la Tagliabue nell'Ati guidata dalla Maltauro, e creato il bando per le 'vie d'acqua' poi da lui assegnato alla cordata 'amica'.

mercoledì 8 maggio 2013

Appalti ai Casalesi, arrestato il sindaco di Battipaglia.

 Giovanni Santomauro

Domiciliari per il sindaco di Battipaglia, Giovanni Santomauro. Secondo l'ordinanza dei Pm di Salerno imprese legate alla camorra avrebbero ottenuto con l'intervento del primo cittadino lavori pubblici per 5 milioni.

Il sindaco di Battipaglia (Salerno), Giovanni Santomauro, è stato posto agli arresti domiciliari per appalti banditi dal Comune e ottenuti da ditte legate al clan camorristico dei Casalesi. Nell'operazione scattata all'alba, la Dia di Salerno gli ha notificato un'ordinanza per turbativa d'asta, concussione aggravata e abuso d'ufficio.
Il provvedimento, insieme agli altri in corso di esecuzione e notifica da parte della Dia di Salerno, sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Salerno, su richiesta della Dda di Salerno, al termine di indagini condotte dalla Dia salernitana su appalti che ditte legate al clan dei Casalesi hanno ottenuto - secondo l'accusa - in maniera illecita dal Comune di Battipaglia.
Tra le persone finite in carcere vi è Nicola Madonna, imprenditore ritenuto dagli investigatori contiguo al clan dei Casalesi. Secondo i risultati delle indagini, attraverso una ditta intestata a un prestanome avrebbe ottenuto dal sindaco di Battipaglia appalti pubblici per oltre cinque milioni di euro. Madonna - sempre stando all'accusa - avrebbe fatto ricorso a un prestanome perchè il fratello Michelangelo è colpito da un'interdittiva antimafia della Prefettura di Caserta. All'operazione scattata all'alba, denominata Alma, oltre alla Dia di Salerno, Napoli, Firenze e Bologna, partecipano i Carabinieri dei comandi provinciali di Salerno, Caserta, Avellino e l'Aquila.