giovedì 18 luglio 2013

Infiniti mondi paralleli. La teoria del fisico Brian Greene.

Ci eravamo appena ripresi dall’essere stati cacciati dal centro dell’universo per diventare gli abitanti di un pianeta periferico di una delle moltissime galassie che lo popolano, quand’ecco un altro colpo al nostro orgoglio. Ad essere messo ai margini questa volta è l’universo stesso che potrebbe essere solo uno fra tanti.
La realtà potrebbe consistere di moltissimi, forse infiniti, universi paralleli e separati tra loro di cui nulla sappiamo, ma nei quali condurrebbero la loro esistenza copie di noi stessi, diverse tra loro magari solo per qualche dettaglio.
Non è la mente di un romanziere visionario a partorire questa idea, ma il rigoroso pensiero di un fisico americano: Brian Greene. Greene insegna alla Columbia university di New York ed è l’autore di un best seller uscito una decina d’anni fa: L’universo elegante. Nel 2011 ha scritto un altro libro, uscito in Italia con il titolo La realtà nascosta, (Einaudi 2012), grazie al quale in questi giorni ha vinto il premio letterario Merck.
Greene vi descrive ben 9 versioni di universi paralleli, o multiversi come li chiama lui. A seconda della teoria della fisica che prendiamo in esame, dice Greene, si genera un certo tipo di multiverso: c’è quello patchwork, quello inflazionario, quello a brane, quello ciclico, quello quantistico e via discorrendo.
Ognuno di essi viene reso con una metafora appropriata e sapiente: gli universi potrebbero essere come le pezze della coperta patchwork che si ripetono identiche ogni tanto, oppure come i buchi nel groviera separati dal formaggio, o come le bolle in una infinita vasca da bagno piena di bagnoschiuma che si infilano una dentro l’altra.
“Molti differenti approcci della fisica prima o poi si imbattono nell’idea del multiverso, quindi, benché sia un’idea controversa, deve essere valutata seriamente”, ci spiega lo scienziato americano durante una chiacchierata in una soleggiata mattina di luglio davanti a una tazza di tè caldo corretto al latte di soia.
Mentre parliamo, sembra di essere catapultati in un libro dello scrittore giapponese più à la page del momento, Haruki Murakami, in cui giovani assassine, scendendo una scala, entrano in un universo parallelo e simile all’originale.
Ma Greene ci rassicura: “E’ virtualmente impossibile per una persona muoversi volontariamente da un universo all’altro”. In ogni caso, l’idea che ci siano altre dimensioni nelle quali si aggirano le nostre copie imperfette è un po’ inquietante e non solo per noi profani: “Alcuni dei primi ricercatori che hanno elaborato questa idea l’hanno definita deprimente e sconvolgente.
Secondo loro ci depredava della nostra individualità. Io non la penso così. Al contrario, sono pieno di stupore e meraviglia per la visione più ampia della realtà che emerge dall’indagine matematica”, Già perché di tutto questo è colpevole la matematica: è per soddisfare alcune equazioni che siamo incappati nell’idea di multiverso.
Ma la matematica non è una creazione della nostra mente? “Questo è un vero enigma. Abbiamo inventato noi la matematica per decifrare il disegno che è dietro a ciò che percepiamo con i nostri sensi? Oppure la matematica è cucita nella stoffa della realtà? Ci sono diversi punti di vista al riguardo. Un giorno potrebbero arrivare sulla Terra degli alieni e dirci: ma guardatevi, siete ancora intrappolati nel mondo della matematica!
Tuttavia al momento faccio fatica a pensare a qualcosa di diverso per decifrare il mondo”. Ammettiamo che l’ipotesi dei multiversi sia vera, il ruolo del caso nel nostro universo aumenterebbe: non c’è nessun motivo per cui l’universo che conosciamo è fatto così com’è, tant’è vero che ce ne sono molti altri. “Sì è così. Però ci dovremmo essere abituati.
Sogni e Deja Vù: una sbirciatina negli universi paralleli?
La vita stessa è un fenomeno transitorio e raro, anche se fosse vero il multiverso. Dovremmo essere ben contenti della finestrella di opportunità che ci è stata data, anche perché in termini cosmici si chiuderà presto”. In che senso? “I dati ci dicono che nel futuro le condizioni non saranno tali da sostenere la vita”.
Ci rimane solo da sperare che Leibniz avesse ragione quando diceva che il nostro è il migliore dei mondi possibili. Ma Greene non condivide del tutto questa opinione: “Se penso alla mia famiglia, sono d’accordo con lui: non posso immaginare niente di migliore. Ma se considero l’universo in cui vivo come parte di un multiverso, non vedo perché debba essere speciale”.
Mi viene un sospetto: in un altro universo potrebbero esserci una copia di me e una di Greene che stanno parlando in questo momento? “Anche se non possiamo dire “in questo momento” perché la nozione del tempo non è applicabile a tutti gli universi nello stesso modo, tuttavia potrebbe avvenire.
Naturalmente, se è compatibile con le leggi della fisica. Forse in quell’universo però lei sarebbe il fisico e io il giornalista”. Forse anche il tè sarebbe freddo invece che caldo. [Cristiana Pulcinelli su unita.it]

Ortaggi e frutta a Fukushima.


A distanza di due anni dal disastro, ecco come crescono frutta e ortaggi a Fukushima.

 Frutta e verdura di Fukushima - pomodori
Pomodori

Frutta e verdura di Fukushima - pesche
Pesche

Frutta e verdura di Fukushima - ciliegie
Ciliegie

Tasso barbasso di Fukushima
Tasso barbasso


Girasole


Sedano rapa


Mais


Cetriolo


Fiore.

Da vari siti:

http://acateringveg.wordpress.com/2013/07/17/da-fukushima-immagini-mostruose-di-fiori-frutti-ed-ortaggi-fotogallery/

http://blogeko.iljournal.it/da-fukushima-immagini-mostruose-di-fiori-frutti-ed-ortaggi-fotogallery/74732/soffione-di-fukushima

Fenicotteri rosa.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=600043460016102&set=a.444404262246690.96468.134877533199366&type=1&theater

Argema mittrei.



Maschio adulto Comet Moth (Argema mitteri). Parco Nazionale di Mantadia, East Madagascar.

http://www.saturnidi.it/schede/argema-mittrei/

Caso Shalabayeva, tutte le ignobili bugie di Alfano.

Kazakistan, “Prodi riceve uno stipendio milionario dal dittatore Nazarbayev”.

Kazakistan, “Prodi riceve uno stipendio milionario dal dittatore Nazarbayev”

Lo Spiegel International punta i riflettori sui rapporti tra i due, rivelando che l'ex premier è membro dell'Intenarnational Advisory Board del leader kazako. Risale invece al 23 maggio l'ultima visita dell'ex leader dell'Ulivo nel Paese, dove dal 2011 è tornato tre volte l'anno.

Silvio Berlusconi non è l’unico politico italiano ad avere rapporti con Nursultan NazarbayevUn articolo pubblicato a marzo da Spiegel International punta i riflettori sul legame tra l’ex premier Romano Prodi e il dittatore kazako. “Per essere un tiranno, il signore del Kazakistan ha a sua disposizione alcuni insoliti sostenitori: gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schröder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander Kwaniewski e l’ex ministro degli interni tedesco Otto Schily”, afferma il quotidiano, ricordando che “tutti costoro sono membri nei loro Paesi di partiti socialdemocratici”.
Gusenbauer, Kwaniewski e Prodi, prosegue lo Spiegel, “sono ufficialmente membri dell’Intenarnational Advisory Board di Nazarbayev. Si incontrano diverse volte ogni anno, nella più recente occasione due settimane fa (quindi all’inizio di marzo, ndr) nella capitale kazaka Astana, e ciascuno di loro percepisce onorari annuali che raggiungono le sette cifre”. Secondo la stampa britannica, l’ex primo ministro britannico Blair, pure lui advisor, “riceve ogni anno compensi che possono arrivare a 9 milioni di euro (11,7 milioni di dollari)”.
Schröder, per quanto lo riguarda, nega di essere membro dell’Advisory Board. Ciononostante, egli s’incontra di quando in quando faccia a faccia con l’autocrate venuto dalle steppe asiatiche ed elogia il Kazakistan come un “Paese internazionalmente riconosciuto e aperto”. Nel novembre del 2012, Schröder si congratulò col Kazakistan in quanto Paese scelto per ospitare l’Expo 2017, che egli descrisse come il “prossimo passo verso la modernizzazione”.
“Il fatto che un diplomatico tedesco si inchini davanti ai kazaki fino a tale punto è già abbastanza brutto”, dice la deputata dei Verdi Viola Von Cramon. “Ma peggio ancora, sottolinea, è il fatto che politici come Schröder, Schily, Prodi e Blair si lascino coinvolgere negli interessi di Nazarbayev. “Specialmente perché ora il suo regime sta diventando sempre più severo. Ma grazie all’influenza dei lobbisti occidentali, poco di quello che succede oltrepassa i confini”.
L’ultimo incontro tra Prodi e Nazarbayev risale al 23 maggio, una settimana prima del blitz che ha portato all’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako. Con un discorso di dieci minuti al Palazzo dell’indipendenza di Astana, capitale del Paese, l’ex premier ha parlato dei problemi dell’Eurozona, dopo l’introduzione di Nazarbayev. E, come spiega Panorama, “dal 2011 ha fatto visita tre volte l’anno, mantenendo ottimi rapporti con il dittatore”.
Per definire gli intrecci tra i due Paesi, prosegue il settimanale, bisogna invece tornare al 1997. Il 4 maggio l’ex leader comunista, padre padrone del Paese, viene decorato con il Gran cordone, la più alta onoreficenza concessa dal Quirinale, su proposta di Prodi, allora presidente del Consiglio. Nel 2000 viene poi scoperto il giacimento di Kashagan e l’Eni entra subito nel consorzio per lo sfruttamento. Risale invece al 2009 la firma del trattato tra Italia e Kazakistan, con Berlusconi presidente. E oggi l’Italia è il terzo partner commerciale del Paese, dopo Cina e Russia.

martedì 16 luglio 2013

Caso Ablyazov, kazaki & cazzari. - Marco Travaglio


Ora ci spiegano che, sul ruolo dei ministri Alfano e Bonino nello scandalo kazako, bisogna attendere fiduciosi il rapporto del capo della Polizia appena nominato dal vicepremier e ministro Alfano a nome del governo Letta per conto del Quirinale. Come se il nuovo capo della Polizia potesse mai sbugiardare il superiore da cui dipende e mettere in crisi il governo che l’ha nominato.
Suvvia, sono altre le indagini imparziali che andrebbero fatte. Ci vorrebbe una Procura indipendente dalla politica, quale purtroppo non è mai stata, almeno nei suoi vertici, quella di Roma, che in questi casi si è sempre mossa come una pròtesi del governo di turno.
 
Quindi lasciamo stare le indagini e limitiamoci alle poche cose chiare fin da ora. Se la polizia italiana ha cinto d’assedio con 40 uomini armati fino ai denti il villino di Casal Palocco per sgominare la temibile gang formata da Alma e Aluà, moglie e figlia (6 anni) del dissidente Ablyazov, e spedirle fermo posta nelle grinfie del regime kazako, è per un solo motivo: il dittatore Nazarbayev, che ne reclamava le teste e le ha prontamente ottenute, è uno dei tanti compari d’anello di Berlusconi in giro per il mondo.
 
Da quando Berlusconi è il padrone d’Italia, il nostro Paese viene sistematicamente prostituito ora a questo ora a quel governo straniero, in spregio alla sovranità nazionale, alla Costituzione e alle leggi ordinarie. I compari stranieri ordinano, lui esegue, il funzionario di turno obbedisce e viene promosso, così non parla. Un ingranaggio perfettamente oliato che viaggia col pilota automatico, sul modello Ruby-Questura di Milano. La filiera di comando è tutta privata. Governo e Parlamento non vengono neppure interpellati o, se qualche ministro sa qualcosa, è preventivamente autorizzato a fare il fesso per non andare in guerra, casomai venga beccato. Tanto si decide tutto fra Arcore, Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Sia quando lui sta a Palazzo Chigi, sia quando ci mette un altro, tipo il nipote di Letta.
Era già accaduto col sequestro di Abu Omar per compiacere Bush (solo che lì una Procura indipendente c’era, Milano, e Napolitano dovette coprire le tracce graziando in tutta fretta il colonnello Usa condannato e latitante).
Ora, per carità, è giusto chiedere le dimissioni di Alfano e Bonino, per evitare che volino i soliti stracci e cadano le solite teste di legno: se i due ministri sapevano, devono andarsene perché complici; se non sapevano, devono andarsene a maggior ragione perché fessi. Ma è ipocrita anche prendersela solo con loro. La Bonino è uno dei personaggi politici più sopravvalutati del secolo: difende i diritti umani a distanza di migliaia di chilometri, ma in casa nostra e dei nostri alleati non ha mai mosso un dito (tipo su Abu Omar e su Guantanamo). Alfano basta guardarlo per sospettare che non sappia neppure dov’è il Kazakistan e per capire che conta ancor meno di Frattini, che già contava come il due a briscola: è l’attaccapanni di B. ed è persino possibile che i caporioni della polizia, ricevuto l’ordine dal governo dell’amico kazako, abbiano deciso di non ragguagliarlo sui dettagli del blitz. Tanto non avrebbe capito ma si sarebbe adeguato, visto che non comanda neppure a casa sua.
Il conto però va presentato a chi ha nominato Alfano vicepremier e ministro dell’Interno e la Bonino ministro degli Esteri. Cioè a chi tre mesi fa decise di riportare al governo B. nascosto dietro alcuni prestanome. E poi iniziò a tartufeggiare sul Pdl buono (Alfano, Lupi e Quagliariello) e il Pdl cattivo (Santanchè, Brunetta e Nitto Palma). Il Pdl è uno solo e si chiama Berlusconi, con tutto il cucuzzaro dei Putin, Nazarbayev, Erdogan & C. Per questo l’antiberlusconismo, anche a prescindere dai processi, è un valore. Chi – dai terzisti al Pd – lo accomuna al berlusconismo e invoca la “pacificazione” dopo la “guerra dei vent’anni”, non ha alcun diritto di scandalizzarsi né di lamentarsi per gli effetti collaterali dell’inciucio. Inclusi i sequestri di donne e bambine. Avete voluto pacificarvi con lui? Adesso ciucciatevelo.
Alma racconta: 'Credevo volessero ucciderci'


Il blitz nel memoriale rilasciato al Financial Times - Michele Esposito


ROMA, 14 LUG - L'irruzione in casa a mezzanotte. Le offese e le botte. La paura di essere uccisa. La partenza per Astana dopo tre giorni da incubo. Tutto in un racconto di 18 pagine che Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhta Ablyazov espulsa lo scorso 31 maggio dall'Italia, ha consegnato al Financial Times, che lo ha poi tradotto e pubblicato. Il memoriale è datato 22 giugno, è dettagliato, crudo, scritto in prima persona. Una ricostruzione che la Questura di Roma smentisce. "La signora Alma Shalabayeva - si legge in una nota diffusa in serata - non ha subito alcun tipo di maltrattamento nel corso dell'operazione di polizia giudiziaria del 29 maggio". Il caso, che da giorni vede il governo italiano nella bufera, rischia così di alimentare ulteriormente l'eco internazionale. In casa, oltre ad Alma e alla figlioletta Alua, c'erano Venera - sorella maggiore di Alma - il marito Bolat e la loro figlia e una coppia di ucraini che si occupava della villa di Casal Palocco e viveva in una dependance. L'irruzione avviene a mezzanotte, tra il 28 e il 29 maggio. A entrare in casa sono "30-35" persone, una "ventina" sono invece appostate all'esterno.
"Erano vestiti di nero. Alcuni di loro avevano catene d'oro al collo, molti avevano la barba, uno una capigliatura punk con una cresta", racconta la donna nel lungo documento. "Non avevano nessun segno esterno da cui si potesse capire che erano poliziotti e militari. Ma tutti avevano delle pistole e parlavano tra loro in italiano", spiega ancora Alma che sottolinea più volte come nessuno parlasse o comprendesse bene l'inglese. L'atteggiamento, tuttavia, sembrava quello dei "gangster". Alma, consapevole di essere la moglie del leader dell'opposizione kazako e ancora ignara dell'identità di chi ha fatto irruzione, non rivela la sua identità. All'inizio dice di essere russa, ma ciò non accontenta i suoi interlocutori. "Continuavano a gridarmi in italiano. Non capivo esattamente cosa dicessero. L'unica cosa che ho potuto distinguere in questa serie di offese fu 'Puttana russa'", scrive la kazaka secondo la quale "sembrava che cercassero qualcosa o qualcuno. Avevo una sola sensazione in quel momento: erano venuti ad ucciderci senza un processo, un'indagine, senza che nessuno lo avrebbe mai saputo". Lo shock è forte anche perché il cognato Bolat ad un certo punto viene portato in una stanza da dove esce con "un occhio rosso e gonfio, un labbro rotto, una ferita al naso. Disse che lo avevano pestato". A tutti viene intimato di consegnare i documenti. Alma non mostra il suo passaporto kazako ma "un passaporto diplomatico" rilasciato dalla Repubblica Centrafricana nell'aprile 2010.
Nel frattempo i tre kazaki chiedono insistentemente di un avvocato e un interprete, ma non ottengono nulla. La casa viene perquisita superficialmente ma nella macchina fotografica di Alma vengono trovate foto che la ritraggono con Ablyazov. Dopo circa tre ore Alma e Venera vengono portate via, prima in una stazione di polizia "nel centro di Roma" poi in un ufficio immigrazione "nel Sud-Est" della capitale. Lì Alma rimane circa 15 ore, senza bere o mangiare. Stremata e rassicurata dal fatto che stava avendo a che fare con la polizia italiana, decide di confessare la sua storia. A un gruppo di 12 persone e a quello che sembra il dirigente dell'ufficio racconta che il Kazakistan "è governato da un dittatore da più di 20 anni al potere e di come Nazarbayev elimina i leader dell'opposizione". Spera in un cambio di atteggiamento, ma così non è. La donna viene portata al Cie di Ponte Galeria, dove può parlare con un avvocato e un interprete. In qualche modo, mettono in contatto la donna con l'ambasciata del Kazakistan a Roma. "Ma io non potevo contare sull'aiuto dell'ambasciata", recita il suo memoriale. Il 31 maggio pomeriggio Alma viene portata a Ciampino, le fanno firmare dei documenti e, insieme alla figlia, viene condotta su un "lussuoso" jet privato ad Astana. Le dicono che il suo passaporto centrafricano è "contraffatto". Lei nega, fino all'ultimo chiede "asilo politico". "E' troppo tardi", le rispondono e - scrive la donna - la sensazione è che tutti eseguissero dei compiti già dettagliatamente assegnati "dall'alto".