venerdì 3 ottobre 2014

Addio al petrolio e alla bolletta: in Olanda l'energia rinnovabile si scambia coi vicini. - Roberta Ragni

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Non avete la possibilità di installare un pannello fotovoltaico, ma vorreste alimentare la vostra casa con energia pulita? E se per dire addio alle fossili bastasse comprare energia rinnovabile da un vicino? È l'idea di una startup nei Paesi Bassi che ha creato un sito in stile Airbnb per scambiare energia elettrica. 
Già, avete capito bene. L'economia della condivisione sta arrivando nel settore energetico. In futuro, potremmo comprare energia gli uni dagli altri, proprio come ora ci scambiamo le case o i libri.Vandebron, questo il nome della start up, già lo fa, mettendo in contatto consumatori e produttori indipendenti, quali come, ad esempio, agricoltori con turbine eoliche nei loro campi. Le aziende energetiche in questo scenario? Semplicemente non esistono.
"Abbiamo scoperto che l'idea era semplice, 'perché non posso comprare energia da un agricoltore che ha l'eolico? Abbiamo iniziato a lavorarci e abbiamo scoperto che si trattava di una cosa facile, ma il progetto era invece piuttosto articolato", ammette uno dei fondatori di Vandebron, Remco Wilcke.
I consumatori entrano sul sito Web, specificano quale tipo di contratto vogliono (annuale, triennale) e di quanta energia elettrica avrebbero bisogno. Possono poi scegliere a quale produttore rivolgersi, che ha una sua pagina dedicata per descrivere se stesso e la sua produzione. Ad esempio, gli agricoltori Bernard e Karin Kadijk vivono nel nord dell'Olanda, hanno una turbina eolica e producono energia sufficiente per 600 famiglie. Se l'affare piace, si passa allo scambio di nomi e dati.

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Attualmente ci sono 12 produttori sul sito, in grado di fornire energia sufficiente per circa 20.000 famiglie. In parole povere, ecco un modo per dire addio alle bollette fossili e sempre più care, scegliendo energia sostenibile a un prezzo migliore.
E i consumatori sanno sempre da chi sta comprando l'energia, proprio come quando si fa la spesa dal contadino di fiducia.

In Congo l'origine dell'Aids, ricostruita grazie a genoma

AIDS conference

Torna malattia in bimbo che sembrava guarito.


E' scoccata in Congo, negli anni Venti del secolo scorso, la prima scintilla della pandemia di Hiv: da lì è divampato il violento 'incendio' che finora ha causato più di 75 milioni di contagi in tutto il mondo. Un flagello che nessun farmaco sembra ancora in grado di debellare: proprio in Italia si è registrato il secondo caso al mondo di guarigione 'apparente' in un bambino che, dopo essersi liberato del virus per tre anni grazie alle terapie, è tornato ad essere nuovamente sieropositivo.

''L'infezione da Hiv non è ad oggi da considerarsi guaribile'', spiega amaramente Mario Clerici, l'immunologo dell'Università di Milano e della Fondazione Don Gnocchi che con il suo gruppo di ricerca pubblica sulla rivista The Lancet il caso del bambino curato senza successo all'Ospedale Sacco di Milano. ''Malgrado i farmaci a nostra disposizione possano diminuire la morbilità e la mortalità - aggiunge - al momento non sono in grado di eliminare veramente il virus. La ricerca di una cura deve continuare''. Lo sforzo della comunità scientifica dunque continua, e si arricchisce anche grazie alla ricerca condotta da un altro gruppo di esperti, coordinati dall'università belga di Lovanio, che hanno puntato dritto alla 'culla' africana in cui la pandemia ebbe origine quasi un secolo fa.
Per localizzarla nello spazio e nel tempo, i ricercatori hanno analizzato varie sequenze del genoma del virus Hiv-1 appartenente al gruppo M (il più diffuso), incrociando queste informazioni con dati epidemiologici e geografici. Il loro studio, pubblicato su Science, dimostra che il contagio globale è partito negli anni Venti da Kinshasa, l'attuale capitale della Repubblica democratica del Congo: il rapido sviluppo della città africana, trasformata in quel tempo in un crocevia di viaggiatori e commerci, avrebbe scatenato la 'tempesta perfetta' alla base della diffusione del virus. ''I dati genetici ci dicono che tra gli anni '30 e '50 il virus si è diffuso rapidamente nel Congo grazie alle persone che viaggiavano lungo le linee ferroviarie e le vie d'acqua per raggiungere Mbuji-Mayi e Lubumbashi nel sud e Kisangani nel nord'', spiega il coordinatore dello studio Nuno Faria. ''Questo ha permesso la formazione di focolai secondari in centri ben collegati con gli altri Paesi africani del sud e dell'est. Pensiamo che con i cambiamenti sociali avvenuti negli anni '60 con l'indipendenza - conclude - il virus abbia iniziato a infettare una popolazione sempre maggiore''.

giovedì 2 ottobre 2014

Si apre un'indagine sul tesoro di Dell'Utri. - Lirio Abbate

La procura di Palermo ordina alla Dia di fare luce sui beni venduti dall'ex senatore prima della condanna, inclusa la villa comprata da Berlusconi. E potrebbe disporre la confisca dei patrimoni.
Si apre un'indagine sul tesoro di Dell'Utri
Un'inchiesta sui beni ceduti da Marcello Dell'Utri poco prima della condanna definitiva, per accertare chi realmente controlli le proprietà dell'ex senatore. Lo rivela “l'Espresso” nel numero in edicola domani. La procura di Palermo ha chiesto alla Dia di indagare su un tesoro tra ville, appartamenti, azioni, conti correnti, quadri e libri preziosi per un valore di centinaia di milioni di euro. Con l'obiettivo di chiederne il sequestro e la confisca sulla base delle misure patrimoniali previste per i condannati per reati di mafia.
Nel mirino degli investigatori anche la grande villa di Torno, sul lago di Como, venduta in grande fretta all'amico Silvio Berlusconi: secondo i pm è stata pagata 10 milioni più del prezzo di mercato.

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La strana storia di Villa Dell'Utri

Un anno e mezzo fa Berlusconi ha comprato dal suo amico Marcello una residenza sul lago di Como. L'ha pagata 21 milioni (quasi il doppio del suo valore) facendo scattare le indagini. Ed è ancora lì vuota: secondo alcuni vuole disfarsene, secondo altri metterci la Pascale

Nel caso in cui emergessero cessioni fittizie, gli eventuali complici nelle operazioni per mettere in salvo il tesoro di Dell'Utri verrebbero iscritti nel registro degli indagati.

Ma gli accertamenti chiesti dalla procura riguardano anche i conti correnti individuati in mezzo mondo. Solo Berlusconi negli ultimi dieci anni Berlusconi ha fatto transitare nei conti correnti riconducibili a Dell'Utri circa 40 milioni di euro. Del tesoro fanno parte anche centinaia di libri antichi, di grande valore, che in gran parte l'ex senatore ha trasferito nella villa acquistata a Santo Domingo. Tra l'altro, il fondatore di Forza Italia non ha ancora restituito una rarissima edizione dell'Utopia di Tommaso Moro, proveniente dal saccheggio della biblioteca dei Gerolimini.

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Dell'Utri

«Dottore, le porto il libro»

Ecco le intercettazioni sul nuovo caso giudiziario in cui è indagato Marcello Dell'Utri. Che parlava al telefono con l'uomo ora accusato di aver saccheggiato volumi antichi nella biblioteca dei Girolamini di Napoli


Le indagini punteranno anche su affari conclusi con Denis Verdini, Flavio Carboni, entrambi coinvolti con lo stesso Dell'Utri nell'inchiesta romana sulla P3, e poi ancora su investimenti milionari in società per la commercializzazione del gas dalla Russia con l'appoggio di amici di Putin. Fino ad arrivare a business fatti nel Centroamerica. Una serie di rogatorie internazionali sono state già chieste dalla procura di Palermo, perché il tesoro è stato diviso in tanti rivoli e nascosto attraverso prestanome in diversi Paesi, alcuni dei quali non hanno alcun rapporto di collaborazione giudiziaria con l'Italia.


Trattativa, Napolitano deporrà il 28 ottobre. Il boss Riina chiede di assistere.

Giorgio Napolitano

Alla scorsa udienza la corte d’Assise, respingendo le richieste dei difensori di alcuni imputati che avevano chiesto la revoca dell’ordinanza che ammetteva la deposizione dell'inquilino del Quirinale, aveva ribadito la necessità della testimonianza.
Una settimana fa i giudici di Palermo erano stati categorici decidendo che il capo dello Stato doveva testimoniare al processo sulla trattativa Stato-mafia. Oggi è stata fissata la data della deposizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dovrà rispondere alle domande delle parti il prossimo 28 ottobre.
Alla scorsa udienza la corte d’Assise, respingendo le richieste dei difensori di alcuni imputati che avevano chiesto la revoca dell’ordinanza che ammetteva la deposizione dell’inquilino del Quirinale, aveva ribadito la necessità della testimonianza. Secondo la corte, infatti, la lettera con cui Napolitano faceva presente di non avere circostante da riferire su quanto sollecitato dalla procura non rende, comunque, inutile la deposizione.
Intanto i capimafia Totò Riina e Leoluca Bagarella, intervenendo in videoconferenza, hanno espresso la volontà di partecipare, sempre in video-collegamento, all’udienza del 28 ottobre, fissata, al Quirinale. L’Avvocatura dello Stato si è opposta e la corte si è riservata di decidere. Pur annunciando la riserva sulla decisione, vista la richiesta esplicita degli imputati, la corte ha fatto notare di essersi già pronunciata sul punto. Alla scorsa udienza, infatti, i giudici hanno stabilito che alla deposizione, al Quirinale, del capo dello Stato parteciperanno, oltre al collegio, solo i magistrati dell’accusa e i difensori, escludendo, così, la presenza degli imputati. La deposizione del capo dello Stato è regolata dall’articolo 502 del codice di procedura penale, che al secondo comma dice chiaramente: “L’esame si svolge con le forme previste dagli articoli precedenti, esclusa la presenza del pubblico. L’imputato e le altre parti private sono rappresentati dai rispettivi difensori. Il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l’intervento personale dell’imputato interessato all’esame”. 
I pm avevano chiesto di sentire Napolitaano come teste in relazione alla lettera scritta da Loris D’Ambrosio e indirizzata proprio al capo dello Stato. Il 18 giugno del 2012, poco dopo la chiusura delle indagini sulla Trattativa e il deposito delle intercettazioni tra Nicola Mancino (oggi imputato per falsa testimonianza) e lo stesso consulente giuridico del Colle, infatti, D’Ambrosio prese carta e penna per esporre al presidente i suoi dubbi sulle possibilità di essere stato “utile scriba di indicibili accordi” tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, ai tempi in cui lavorava all’Alto Commissariato Antimafia. Il capo dello Stato aveva inviato una lettera i giudici in cui spiegava di non aver nulla di utile da riferire sulla questione.
I pm invece chiederanno al teste particolari ulteriori su quella singolare condizione di apprensione manifestata da D’Ambrosio, che nel frattempo è deceduto. Napolitano, però, dopo aver già sollevato nel luglio 2012 il conflitto d’attribuzione davanti la Consulta contro la procura, ottenendo la distruzione delle quattro intercettazioni in cui colloquiava con Mancino, nell’ottobre scorso manifestò alla corte di non avere “nulla da riferire” su quella missiva ricevuta da D’Ambrosio, chiedendo ai giudici di “valutare nel corso del dibattimento, il reale contributo che le mie dichiarazioni, sulle circostanze in relazione alle quali è stata ammessa la testimonianza, potrebbero effettivamente arrecare all’accertamento processuale in corso”. 
In pratica il Colle chiedeva di cancellare la deposizione chiesta dai pm e già accordata dai giudici. La medesima richiesta era arrivata in aula, durante il dibattimento, sia dall’Avvocatura dello Stato che dai legali di Marcello Dell’Utri: è per questo che il 17 novembre 2013 il presidente della corte Montalto annunciava la decisione di riservarsi sulla possibile testimonianza di Napolitano. Riserva che ha sciolto un anno dopo: Napolitano deve essere sentito dato che “non si può di certo escludere il diritto di ciascuna parte di chiamare e interrogare un testimone su fatti rilevanti per il processo sol perché quel testimone abbia, in ipotesi anche e persino, in una precedente deposizione testimoniale, escluso di essere informato dei fatti medesimi”.

La cena di gala a Palazzo Reale.


Foto CIRO DE LUCA

Vertice Bce, Napoli presidiata da duemila agenti

I componenti del Consiglio direttivo della Bce sono riuniti a cena a Palazzo Reale di Napoli nel primo giorno del vertice che si tiene nella città campana. La cena ha visto anche la presenza del ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan. Dopo un aperitivo, secondo quanto si apprende, i banchieri centrali hanno ascoltato il discorso introduttivo tenuto dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco che ha illustrato le meraviglie architettoniche e culturali della città e dal presidente della Bce Mario Draghi. Quindi la cena "tradizionale" a base di pesce. Il presidente Draghi ha preso posto al tavolo assieme a Visco, Padoan e al vicepresidente Bce Constancio.

Napoli è presidiata da circa duemila uomini delle forze dell'ordine in vista del vertice della Bce in programma domani nella Reggia di Capodimonte e per l'Assemblea delle Piccole e Medie Imprese organizzato dalla Commissione Ue nella stazione marittima della città. A dare il loro apporto per la gestione dell'ordine pubblico e della viabilità, che potrebbero essere messi a dura prova, saranno Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Municipale e Guardia di Finanza. Alcuni reparti sono giunti anche da altre città. Qualche centinaio di uomini, invece, sarà impegnato nelle attività di presidio degli ingressi del bosco di Capodimonte (all'interno del quale si trova la reggia, location del vertice Bce) e parecchie decine seguiranno invece il corteo, collocandosi sia in testa che in coda ai manifestanti. Per la prima volta in occasione di un evento internazionale, gli uomini dei reparti mobili saranno dotati delle telecamere sulle divise che, però, potranno essere attivate solo se il dirigente incaricato della gestione dell'ordine pubblico lo riterrà opportuno.


http://www.ansa.it/sito/photogallery/primopiano/2014/10/01/vertice-bce-napoli-presidiata-da-duemila-agenti_343b92e9-538e-4eae-8437-acc8d0363da1.html

mercoledì 1 ottobre 2014

L'occhio umano.



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Un’altra specie. - Eugenio Orso