Piomba nel cuore dell’assemblea del Pd il suk del Senato. Perché sull’operazione “responsabili” Denis Verdini ha sferrato l’affondo finale, come ai tempi di Razzi e Scilipoti. Entro una settimana, i gruppi. La promessa ricevuta da più di un senatore riguarda un prossimo ingresso nel governo, in cambio del sostegno sulle riforme (e non solo): come sottosegretario nel prossimo rimpasto di settembre ma prima ci sarebbe posto come presidente di commissione, visto che le presidenze alla Camera si rinnovano già martedì. Insomma, si sa quanto sia abile Denis Verdini a chiedere, come si diceva un tempo, di arruolarsi in marina promettendo un entusiasmante giro per il mondo.
A garanzia della bontà dell’offerta il plenipotenziario di Berlusconi con diversi processi a carico, compresa la bancarotta fraudolenta nell’ambito dell’inchiesta sul credito fiorentino, avrebbe addirittura ripetuto che sulle ricompense politiche Luca Lotti sarebbe d’accordo. Il pressing è estenuante perché, sottotraccia, l’avversario che si è ritrovato Verdini nel suk è un esperto di aste, anzi uno per cui le aste le gestiva in prima persona: Silvio Berlusconi. Che da Arcore ha iniziato a contattare i senatori in bilico, smontando una per una le promesse di Verdini. Attenzione, dice l’ex premier, non fidatevi perché io lo conosco bene Verdini. Quando c’era da chiedere un aiuto economico, prosegue Silvio, quello stava dalla mattina alla sera ad Arcore. Ora, siccome è preoccupato dalla procura di Firenze, pensa che il giglio magico sia una polizza sulla vita. In ogni caso, l’operazione è tutta personale: “E poi – è la convinzione di Berlusconi – Renzi si sta indebolendo. Prima o poi sarà costretto ad aprire alle larghe intese. Restate qui che vi conviene, altro che Denis”.
Nulla può raggiungere, nel suk, un livello di mercanteggiamento come quello tra due, Verdini e Berlusconi, che hanno condiviso segreti indicibili e indicibili metodi. Tanto che in uno degli ultimi incontri, quando Denis ha sbattuto le mani sul tavolo, ha urlato una frase che suonava così: “Silvio, non provare a prendermi in giro, perché dopo tanti omicidi (politici, ovviamente, ndr) che abbiamo fatto assieme, conosco i tuoi metodi”. Però stavolta Verdini è convinto di avere un asso nella manica. La voce è arrivata anche nel governo dove, per dirne una, Lupi l’ha condivisa con preoccupazione con qualche collega: l’operazione Verdini la fa perché ha la garanzie che alle prossime elezioni sarà alleato con Renzi. L'accordo, va dicendo in giro Verdini, già ci sarebbe. Proprio questo spiega il crescendo di insofferenza della minoranza del Pd. L’ex capogruppo Roberto Speranza, nella sua intervista all’HuffPost, ci è andato giù duro: “Si pensa a scorciatoie affidando la stabilità a una nuova operazione responsabili con gli amici di Verdini, Consentino a Lombardo. Siamo al dunque e mi auguro che Renzi all’assemblea del Pd faccia chiarezza”. Pier Luigi Bersani, intervistato da Tommaso Labate alla Festa dell’Unità di Roma, ci ha messo il carico: “Non consentiremo che si butti fuori la sinistra per far entrare Verdini. Non abbiamo fatto tutto questo per fare un partito pigliatutto”. Neanche Gotor pure si affida a giri di parole: “Spero che ci sia una smentita, che purtroppo non è ancora arrivata, relativa a eventuali intese con Verdini, Cosentino e Lombardo sulle riforme costituzionali. Non è possibile fare del calciomercato - sottolinea - anche perché una squadra che acquista Cosentino, Verdini e Lombardo evidentemente sta cambiando schema di gioco e categoria e questo è inaccettabile”.
Nulla può raggiungere, nel suk, un livello di mercanteggiamento come quello tra due, Verdini e Berlusconi, che hanno condiviso segreti indicibili e indicibili metodi. Tanto che in uno degli ultimi incontri, quando Denis ha sbattuto le mani sul tavolo, ha urlato una frase che suonava così: “Silvio, non provare a prendermi in giro, perché dopo tanti omicidi (politici, ovviamente, ndr) che abbiamo fatto assieme, conosco i tuoi metodi”. Però stavolta Verdini è convinto di avere un asso nella manica. La voce è arrivata anche nel governo dove, per dirne una, Lupi l’ha condivisa con preoccupazione con qualche collega: l’operazione Verdini la fa perché ha la garanzie che alle prossime elezioni sarà alleato con Renzi. L'accordo, va dicendo in giro Verdini, già ci sarebbe. Proprio questo spiega il crescendo di insofferenza della minoranza del Pd. L’ex capogruppo Roberto Speranza, nella sua intervista all’HuffPost, ci è andato giù duro: “Si pensa a scorciatoie affidando la stabilità a una nuova operazione responsabili con gli amici di Verdini, Consentino a Lombardo. Siamo al dunque e mi auguro che Renzi all’assemblea del Pd faccia chiarezza”. Pier Luigi Bersani, intervistato da Tommaso Labate alla Festa dell’Unità di Roma, ci ha messo il carico: “Non consentiremo che si butti fuori la sinistra per far entrare Verdini. Non abbiamo fatto tutto questo per fare un partito pigliatutto”. Neanche Gotor pure si affida a giri di parole: “Spero che ci sia una smentita, che purtroppo non è ancora arrivata, relativa a eventuali intese con Verdini, Cosentino e Lombardo sulle riforme costituzionali. Non è possibile fare del calciomercato - sottolinea - anche perché una squadra che acquista Cosentino, Verdini e Lombardo evidentemente sta cambiando schema di gioco e categoria e questo è inaccettabile”.
Lo schema di gioco alle prossime politiche, secondo lo schema di Verdini, ricalca quello di De Luca in Campania o di Emiliano in Puglia: il candidato e le liste di “impresentabili”. Ovvero Renzi premier, sostenuto dal Pd, e una lista “per Renzi” con Verdini, i responsabili e quelli di Ncd che non vogliono tornare nel centrodestra. È lo schema della “coalizione della Nazione” che rafforza il premier, indebolendo (come avvenuto nelle regioni) il suo partito. E poco importa che questo presupponga una modifica della legge elettorale. Per Renzi conta la vittoria e questo Italicum la rende incerta. In parecchi sono certi che lo cambierà, dopo il Senato. In un capannello al Senato, l’altro giorno lo spiegava pure una vecchia di volpe come Pier Ferdinando Casini, che col premier parla spesso, perché è scattata una simpatia a pelle: “Vedrete, Matteo cambierà la legge elettorale. Gli conviene una coalizione”. E Verdini è pronto.