venerdì 9 giugno 2017

Scoperto un nuovo importante fossile umano.

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Una nuova scoperta di fossili di Homo sapiens in Marocco e risalenti a 300 mila anni fa, molto prima di quanto si ritiene avesse avuto origine la nostra specie, mette in discussione alcuni assunti della nostra origine. E sposta (forse) la culla dell’umanità.

Due ricostruzioni dei fossili trovati a Jebel Irhoud (Marocco). La datazione è di circa 300.000 anni fa. In blu è la struttura interna del cervello, differente da quella degli uomini moderni, ma anche da quella dei nostri primi cugini, gli uomini di Neanderthal.|PHILIPP GUNZ, MPI EVA LEIPZIG
Un articolo pubblicato sulla nota rivista scientifica Nature ha modificato alcune delle concezioni della nostra evoluzione, in particolare il fatto che l’Africa orientale sia stata l’unica culla dell’umanità, il luogo in cui nostra specie è nata e si è diffusa in tutto il mondo. Anche se ovviamente non tutto è ancora chiaro e deciso. 

CINQUE "UOMINI". 

Un gruppo di lavoro guidato dal francese Jean-Jacques Hublin, che lavora al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania), ha descritto (l'abstract, in inglese) alcuni resti fossili che rappresentano almeno cinque individui. Tra di essi sono importanti una scatola cranica, una mandibola e un’arcata sopraccigliare. Fin qui niente di nuovo, ritrovamenti come questi non sono rarissimi. 

E LONTANO, LONTANO NEL TEMPO. 

Le novità sono due: il luogo dove sono stati trovati e la datazione. Il primo è Jebel Irhoud, in Marocco, migliaia di chilometri lontano dalla cosiddetta “culla dell’umanità”, l’Africa orientale (Etiopia e Tanzania in particolare). 
La seconda, ottenuta con metodi di luminescenza, porta a una data di circa 300.000 anni fa, di centomila anni precedente quella dei primi chiari fossili di Homo sapiens, trovati nella Kibish Formation, in Etiopia meridionale. 
Questi ultimi sono stati considerati da molti la testimonianza dell’unica origine est africana della nostra specie. I fossili marocchini invece obbligano i paleoantropologi a riesaminare non solo i luoghi di nascita di Homo sapiens, ma anche e soprattutto i processi attraverso i quali siamo nati come specie.


TESTE ARROTONDATE. I fossili di Jebel Irhoud hanno qualche differenza con i successivi e con gli uomini attuali, perché per esempio il cranio non è alto e arrotondato come quello degli uomini moderni, ma un po’ più basso e allungato. Anche l’arcata sopraccigliare è più variabile di dimensioni, ma questo potrebbe essere dovuto a differenza tra i due sessi. Molto interessante, secondo i ricercatori, è la struttura interna della scatola cranica: lo sviluppo dell’intero cervello non è a carico del cervelletto, come negli uomini di Neanderthal, ma di altre parti. 
Gli autori si spingono a dire che proprio il cervello più globulare possa essere usato per distinguere gli uomini anatomicamente moderni da quelli più antichi. Ma tutto il processo è piuttosto lineare, affermano.
Il sito di Jebel Irhoud (Marocco). Forse, quando era occupata dagli uomini, era una caverna, ma la maggior parte dei sedimenti sono stati rimossi negli anni Sessanta. | SHANNON MCPHERRON, MPI EVA LEIPZIG
UNA LENTA EVOLUZIONE. 

Le conclusioni della ricerca sono molto interessanti anche dal punto di vista dell’evoluzione. Se questo fossile è un Homo sapiens, per così dire, arcaico il tragitto verso gli uomini moderni potrebbe essere stato più lineare del previsto. Siamo quasi certi, infatti, che la nostra specie si sia separata da un antenato comune con altre, come Homo neanderthalensis (l’uomo di Neanderthal), circa 500.000 anni fa. In questo modo si poteva pensa che i fossili, da allora al famoso esemplare etiopico di 200.000 anni fa, fossero una specie di preparazione alla nostra “venuta al mondo”. 
Questo ritrovamento invece si colloca proprio tra la separazione tra Neanderthal e sapiens e il fossile est africano. Significa che, a differenza di quanto si pensava, la nostra specie ha avuto un lungo (ed evolutivamente coerente) processo di modifica, con modifiche lente e altre più veloci. Non è cioè nata “improvvisamente” circa 200.000 anni fa per rimanere poi costante nel tempo fino ad oggi. 
Almeno anatomicamente, siamo come tante altre specie. È forse il salto della cultura, avvenuto 50.000 anni, fa circa che ci ha distinto, in parte, da altre specie animali.

"Vaccini come le sperimentazioni di massa dei nazisti": Val d'Aosta, frasi shock su Facebook dell'assessora regionale.

"Vaccini come le sperimentazioni di massa dei nazisti": Val d'Aosta, frasi shock su Facebook dell'assessora regionale
Chantal Certan, assessora all'Istruzione e cultura della Val d'Aosta 

Nella bufera Chantal Certan, esponente del movimento autonomista Alpe e responsabile di Istruzione e cultura. Il Pd: "Deve dimettersi".

"Mai pensavo si arrivasse a tanto... e qui i vaccini non contano nulla, la scienza neppure, il dibattito è tutto su un altro livello, livello di sperimentazione di massa...". Così l'assessora all'Istruzione e cultura della Valle d'Aosta, Chantal Certan, con un post su Facebook si è scagliata oggi contro il decreto del governo sulle vaccinazioni obbligatorie. "Mai vista - rincara l'esponente del movimento autonomista Alpe - una cosa del genere in nessun paese europeo, anzi sì... vi è già stato un ventennio in Europa (in realtà la dittatura nazista durò 12 anni, ndr) in cui uno con due baffetti faceva sperimentazione su uomini, donne e bambini... pensavo appartenesse al passato".
"Vaccini come le sperimentazioni di massa dei nazisti": Val d'Aosta, frasi shock su Facebook dell'assessora regionale
Il post su Facebook di Chantal Certan contro i vaccini. 
Un chiaro riferimento a Hitler, al nazismo e agli atroci esperimenti medici su deportati ebrei, che secondo l'assessora valdostana sarebbero dunque sullo stesso piano della campagna nazionale per le vaccinazioni. Immediata la reazione del Partito democratico della Valle d'Aosta che chiede le dimissioni di Chantal Certan. "Parole come queste - si legge in una nota - offendono prima di tutto la comunità che è costretta ad ascoltarle". Per il Pd, Certan "ingiuria volgarmente e pesantemente lo Stato italiano e viene meno ai più elementari doveri connessi al proprio ruolo istituzionale".

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/06/08/news/_vaccini_come_le_sperimentazioni_di_massa_dei_nazisti_val_d_aosta_polemica_sulle_dichiarazioni_choc_dell_assessora_region-167603555/

Politica: arte di governare.

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Non c'è nulla da fare. Non esiste una buona applicazione della politica, intesa come arte di governare e ovunque si collochi ideologicamente, quando ad applicarla sono gli uomini.
E in politica non esistono gli assiomi o le ideologie più valide di altre: sono l'uso della logica accompagnata dall'etica a renderla valida, efficace.
Scrolliamoci, di dosso le false ideologie, collocazioni, riferimenti... pretendiamo da chi si vuole assumere il compito di amministrarci lealtà, onestà, abnegazione, voglia di migliorare, e ...rispetto, ... ecco, soprattutto rispetto.
Fare politica non è un gioco affidabile al personaggio famoso o al dirigente di azienda, fare politica è una cosa seria, richiede sacrificio, responsabilità.
Chi fa politica deve ragionare e legiferare pensando a che cosa sia meglio fare perchè tutti siano soddisfatti.

E non mi sembra che si stia andando in questa direzione.

LA MASSA DI UNA NANA BIANCA DERIVATA DA UNA MICROLENTE GRAVITAZIONALE. - Michele Diodati.

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Un nuovo test passato a pieni voti per la relatività generale.

A novembre del 1919 Albert Einstein divenne improvvisamente una celebrità mondiale. In un convegno della Royal Society, tenuto il 7 novembre a Londra, erano stati resi noti i risultati della spedizione guidata da Sir Arthur Eddington, che aveva fotografato l’eclissi totale di Sole del 29 maggio dall’isola di Principe, al largo della costa occidentale dell’Africa. Le fotografie mostravano che alcune stelle nei pressi del bordo solare, visibili durante l’eclissi, erano spostate di 1,75 secondi d’arco rispetto alla posizione che avevano nel cielo notturno, quando il Sole era invisibile.

Quella deviazione, doppia rispetto a quella prevista dalla teoria della gravità di Newton, confermava in modo clamoroso le predizioni della relatività generale: la massa del Sole curvava lo spazio nella misura prevista dalla teoria di Einstein, piegando la luce proveniente da stelle distanti, allineate con il bordo solare.

Ma, nelle giuste condizioni, la capacità di una massa concentrata di piegare la luce attraverso l’azione del suo campo gravitazionale poteva dare origine a un fenomeno ancora più spettacolare dell’apparente spostamento della posizione di una stella: poteva creare una lente d’ingrandimento spaziale, in grado di potenziare la luce di un oggetto distante, che si trovasse casualmente allineato alla massa interposta rispetto all’osservatore terrestre. Era il fenomeno della cosiddetta lente gravitazionale.

Einstein, che pubblicò quest’idea nel 1936, disperava che se ne potesse mai avere una prova concreta, poiché l’effetto creato da una qualsiasi stella diversa dal Sole, anche tra le più vicine, era troppo esiguo per essere visto con i telescopi della sua epoca. Ma Einstein è morto 35 anni prima che fosse lanciato il telescopio spaziale Hubble…

Con la sua squisita risoluzione, Hubble ha ripreso nel corso degli anni anelli di Einstein, lenti gravitazionali create da immensi ammassi di galassie distanti miliardi di anni luce e anche microlenti prodotte dal casuale allineamento di una stella in primo piano con una stella di sfondo.

E proprio di microlenti parleremo da qui in poi.

Finora, le microlenti osservate si sono limitate a semplici eventi di illuminazione: la deflessione relativistica della posizione della stella di sfondo era infatti così minuscola da risultare invisibile anche per Hubble (si tratta di uno spostamento nell’ordine dei millesimi di secondo d’arco, cioè tre ordini di grandezza minore rispetto al già piccolo spostamento fotografato da Eddington nel 1919).

Tuttavia, se l’oggetto che fa da lente è sufficientemente vicino, allora con un’attenta pianificazione delle osservazioni e fidando nella potenza di Hubble, è possibile tentare di vedere e soprattutto di misurare anche il piccolissimo spostamento prodotto da una microlente gravitazionale. E questo è esattamente ciò che ha fatto un gruppo di ricercatori guidato da Kailash C. Sahu, i risultati del cui lavoro sono stati resi noti il 7 giugno, durante un incontro della American Astronomical Society.

Prima di descrivere quei risultati, è importante però capire bene come funziona una microlente.

Nella condizione ideale, in cui, rispetto all’osservatore, l’oggetto luminoso lontano, cioè la sorgente, è perfettamente allineato con la massa interposta (cioè la lente), la luce potenziata della sorgente forma un anello intorno alla lente: è l’anello di Einstein.

Invece, nel caso molto più comune, in cui l’allineamento non è perfetto, la lente crea due immagini della sorgente, una delle quali - la più debole - giace all’interno del perimetro dell’anello di Einstein, mentre l’altra, la più luminosa, si trova all’esterno.

Neppure Hubble è in grado di separare la luce dell’immagine della sorgente all’interno dell’anello, perché è troppo vicina alla luce abbagliante della lente, che satura completamente i sensori del telescopio. Però l’immagine della sorgente esterna all’anello può essere abbastanza lontana dalla lente da essere scorta da Hubble. Proprio su questa possibilità si è basato tutto il lavoro del gruppo di Sahu.

Ma qual è l’importanza di tutto ciò, si chiede giustamente il lettore giunto fino a questo punto? Quale conoscenza guadagniamo da una microlente gravitazionale, a parte un piccolissimo spettacolo di luci?

Per capirlo dobbiamo partire da un dato: esiste una relazione matematica ben precisa tra la distanza della lente, la distanza della sorgente, la misura della deflessione della luce della sorgente causata dalla massa della lente e la massa della lente medesima.

Pertanto, se conosciamo a quale distanza da noi si trovano la lente e la sorgente e riusciamo a misurare lo spostamento della sorgente causato dalla massa della lente, possiamo ricavare la massa - precedentemente ignota - della lente.

La massa è uno dei parametri fondamentali in astronomia ed è spesso estremamente difficile da determinare. In un sistema binario, possiamo ricavare la massa delle due stelle che lo compongono da calcoli orbitali, ma, per una stella isolata, la massa si ricava per via indiretta da altri parametri, usando dei modelli standardizzati di evoluzione stellare. In simili casi, poter ricavare la massa di una stella per mezzo di una microlente gravitazionale rappresenta un importante strumento di validazione di quei modelli.

Ma, nel caso dello studio realizzato da Sahu e colleghi, c’era in gioco più del semplice bisogno di conoscere la massa di una stella. Le osservazioni eseguite con Hubble sono servite, infatti, per testare ancora una volta, a un secolo dalla sua pubblicazione, le previsioni della relatività generale. E, ancora una volta, quelle previsioni si sono rivelate in ottimo accordo con le osservazioni e con i dati ottenuti da altre fonti.

Per questo nuovo test della relatività generale, gli autori hanno scelto, dopo una selezione effettuata analizzando il moto di 5.000 stelle relativamente vicine, una microlente gravitazionale prevista per il mese di marzo 2014, in cui una nana bianca chiamata Stein 2051 B, la lente, si sarebbe sovrapposta prospetticamente a una debole stella molto più lontana, la sorgente.

Per eseguire questo studio, la lente e la sorgente sono state osservate con la Wide Field Camera 3 di Hubble 8 volte, in un arco di tempo compreso tra il 1° ottobre 2013 e il 14 ottobre 2015. Come si può vedere dalle immagini allegate al post, il moto della nana bianca ricavato dai due anni di osservazione appare come una linea ondeggiante.



La traiettoria ondeggiante della nana bianca, le cui posizioni sono identificate dai quadratini, in un grafico tratto dallo studio di Sahu e colleghi. Credit: arXiv:1706.02037[astro-ph.SR]

Una linea di questo tipo è la somma del moto proprio della stella e del riflesso del moto orbitale della Terra intorno al Sole. Solo le stelle più vicine presentano un moto ondulatorio così chiaramente visibile e la vicinanza, appunto, è stata una delle ragioni principali per cui i ricercatori hanno scelto proprio questa nana bianca. Il calcolo dell’angolo di parallasse ci dice che Stein 2051 B dista 5,52 parsec dalla Terra, cioè 18 anni luce. A una simile distanza, per la massa della nana bianca, stimata in 0,67 masse solari sulla base dei modelli di evoluzione stellare, lo spostamento della posizione della sorgente determinato dalla microlente del marzo 2014 sarebbe stato intorno ai 2 millesimi di secondo d’arco, ricadendo nei limiti della capacità di Hubble di rilevarlo.



Illustrazione grafica della deflessione della luce della sorgente vista da Hubble, causata dalla massa della nana bianca. Credit: NASAESA, A. Feild (STScI)

Si potrebbe ingenuamente pensare, a questo punto, che sia bastato fotografare la lente e la sorgente a intervalli regolari, per ottenere facilmente le relative distanze angolari e verificare se gli spostamenti erano proprio quelli previsti dalla relatività generale. Ma le cose non sono così semplici.
Senza entrare in dettagli troppo tecnici, il lavoro necessario per passare dal progetto alla sua realizzazione ha richiesto al gruppo di Sahu una serie incredibile di passaggi e di certosine calibrazioni.
La luce stellare satura, infatti, i rilevatori del telescopio tanto più quanto una stella è luminosa e vicina. Nel caso specifico, la nana bianca Stein 2051 B è 400 volte più luminosa della sorgente, una stella di tipo spettrale K distante ben 6.500 anni luce. Ciò ha prodotto nelle immagini di Hubble dei grandi picchi di diffrazione intorno alla nana bianca, cioè degli artefatti, delle macchie luminose che nascondevano completamente in certi casi l’immagine deflessa della sorgente.
Per farla breve, per ottenere un risultato chiaro è stato necessario calcolare le posizioni di lente e sorgente in riferimento a una serie di altre stelle di sfondo visibili nell’immagine. Per ognuna di quelle stelle si è dovuto determinare con accuratezza distanza e moto proprio, allo scopo di ottenere una media generale che potesse fare da riferimento stabile, per valutare gli spostamenti della lente e della sorgente
nel corso dei due anni di osservazioni.


In quest’immagine di Hubble si vede anche Stein 2051 A, la compagna binaria della nana bianca: una nana rossa più luminosa ma molto meno massiccia della nana bianca. La sorgente, cioè la stella di sfondo deflessa dalla microlente, è indicata dalla scritta “source”. È facile rendersi conto che la sorgente non può essere vista, se si trova troppo vicina alla nana bianca, la cui luminosità è 400 volte maggiore. Credit: NASAESA, K. Sahu (STScI)

Ma tutti questi calcoli hanno richiesto innanzitutto di sapere dove si trovava esattamente ciascuna stella all’interno dell’immagine. A tal fine, è stato necessario ridurre ogni stella a una sorgente puntiforme, eliminando i picchi di diffrazione con appositi algoritmi software che calcolano la Point Spread Function, o PSF, cioè il modo in cui il sistema di acquisizione delle immagini di Hubble reagisce allo stimolo luminoso.
Insomma, per arrivare alla massa della nana bianca gli autori hanno dovuto fare un grosso lavoro preliminare di ripulitura, il cui risultato finale è certamente affidabile, ma, come tutte le misurazioni di grandezze fisiche, risente di un’inevitabile incertezza, dovuta ai limiti di sensibilità dello strumento e al modo stesso in cui si propaga la luce.
Questa sorta di odissea tecnico-matematica è stata però alla fine premiata dal risultato. Lente e sorgente sono arrivate a una distanza minima di 103 millesimi di secondo (mas) d’arco il 5 marzo 2014. Il raggio dell’anello di Einstein generato dalla microlente è stato calcolato in 31,53 ± 1,20 mas, il che ha permesso di calcolare - finalmente - la massa della nana bianca Stein 2051 B derivata dalla relatività generale: 0,675 ± 0,051 masse solari.
È un valore in ottimo accordo con la massa della nana bianca derivata dalle osservazioni e dai modelli di evoluzione stellare. Ciò vuol dire che questo studio non rappresenta solo una conferma (l’ennesima) della validità della relatività generale, ma è anche una conferma della validità della relazione massa/raggio nelle nane bianche.
Questa relazione empirica dice che, quanto più una nana bianca è massiccia, tanto più il suo raggio è ridotto. In Stein 2051 B, una nana bianca con un nucleo di carbonio/ossigeno, una fotosfera ricca di elio e una temperatura superficiale calcolata in 7.122 K, il raggio, derivato dalla fotometria, dalla temperatura e dalla parallasse, era stato calcolato in 7.930 km. Per un simile raggio, la massa appropriata, se è corretta la relazione massa/raggio per una nana bianca di questo tipo, è appunto di 0,67 masse solari: esattamente il valore ricavato dal gruppo di Sahu, misurando la deflessione relativistica della sorgente - la stella lontana 6.500 anni luce - nella microlente gravitazionale creata dall’allineamento (imperfetto) con la nana bianca.



https://spazio-tempo-luce-energia.it/la-massa-di-una-nana-bianca-derivata-da-una-microlente-gravitazionale-c7c1cefb15c9

giovedì 8 giugno 2017

Scontro al Bilderberg 2017. - Thierry Meyssan

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Non esistono fotografie della riunione del gruppo Bilderberg, il cui lavoro è riservato. La sicurezza per l’incontro non è gestita dall’FBI, né dalla polizia della Virginia, ma da una milizia privata organizzata dalla NATO.

Mentre il presidente Trump sembra aver più o meno risolto i suoi problemi di autorità interna, il conflitto ormai si manifesta in seno alla NATO. Washington sta parlando attualmente contro la manipolazione del terrorismo, mentre Londra non ha intenzione di rinunciare a uno strumento così utile per estendere la propria influenza. Il gruppo Bilderberg, inizialmente organizzato come una cassa di risonanza dell’Alleanza, è appena stato teatro di un difficile dibattito tra i partigiani e gli avversari dell’imperialismo in Medio Oriente.

[Questo articolo è stato scritto il 4 giugno 2017. Non menziona quindi l’attuale crisi diplomatica in Medio Oriente, anche se questa ne conferma le ipotesi. Due campi iniziano a prendere forma: da una parte il Qatar e il Regno Unito, già ufficialmente sostenuti dall’Iran, la Turchia e Hamas; dall’altro l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, già sostenuti da Bahrain, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Israele, Libia (governo Baida), Maldive, Mauritius e Yemen (governo di Abdrabbo Mansour Hadi).]

Il gruppo Bilderberg è stato creato nel 1954 dalla CIA e dall’MI6 per sostenere l’Alleanza Atlantica. Aveva lo scopo di riunire personalità del mondo economico e mediatico assieme ai leader politici e militari per sensibilizzare la società civile di fronte al «pericolo rosso». Lungi dall’essere un luogo di decisione, questo club molto esclusivo è stato storicamente un forum in cui gli anziani dovevano rivaleggiare in fedeltà a Londra e Washington, e i membri più giovani dovevano dimostrare che ci si poteva fidare di loro contro i sovietici [1].
Fu durante la riunione annuale del 1979 che Bernard Lewis rivelò a coloro che erano presenti il ruolo della Fratellanza Musulmana nella resistenza al governo comunista afgano. Questo islamologo israelo-britannico-americano ha poi proposto che la «guerra per la libertà» (sic) fosse estesa a tutta l’Asia centrale.
Nel 2008, cioè con due anni e mezzo di anticipo, Basma Kodmani (futuro portavoce dell’opposizione siriana) e Volker Perthes (futuro consulente di Jeffrey Feltman per la totale e incondizionata capitolazione della Siria [2]) spiegarono l’interesse a sostenere la Fratellanza Musulmana per dominare il Medio Oriente. Sottolinearono la "moderazione" della Fratellanza di fronte all’Occidente e il contrasto offerto dal sovranismo "estremista" dell’Iran e della Siria [3].
Ed è stato nel 2013 che il presidente del padronato tedesco, Ulrich Grillo, ha perorato l’organizzazione di una massiccia migrazione di 800.000 operai siriani verso le fabbriche tedesche [4].
Il Bilderberg 2017.
Il gruppo Bilderberg ha appena tenuto la sua riunione del 2017, dal 1° al 4 giugno, negli Stati Uniti. Contrariamente all’abitudine, i 130 partecipanti non hanno tutti difeso lo stesso progetto. Al contrario - seguendo i discorsi di Donald Trump al vertice arabo-islamico-statunitense e alla NATO [5], la CIA e l’MI6 hanno organizzato il primo giorno un dibattito che opponeva i partigiani della lotta contro l’islamismo contro coloro che lo sostengono. Il punto consisteva ovviamente nel trovare un compromesso tra i due campi o di riconoscere dei dissensi senza che li si lasciasse distruggere l’obiettivo iniziale dell’Alleanza: la lotta contro la Russia [6].
Sul lato anti-islamista (che si oppone non tanto alla religione musulmana, quanto all’Islam politico come formulato da Sayyid Qutb) si notava la presenza del generale H. R. McMaster (consigliere nazionale di sicurezza del presidente Trump) e della sua esperta Nadia Schadlow. McMaster è uno stratega riconosciuto le cui teorie sono state verificate sul campo di battaglia. Schadlow ha soprattutto lavorato sui modi di trasformare le vittorie militari in successi politici. Si è particolarmente interessata alla ristrutturazione dei movimenti politici nei paesi conquistati. Presto dovrebbe pubblicare un nuovo libro sulla lotta contro il radicalismo islamico.
Sul lato filo-islamista, si notava la presenza, per gli Stati Uniti, di John Brennan (ex direttore della CIA) e dei suoi ex subordinati Avril Haines e David Cohen (finanziamento del terrorismo). Per il Regno Unito, Sir John Sawers (ex direttore dell’MI6 e protettore di lunga data della Fratellanza) e il generale Nicholas Houghton (ex capo dello stato maggiore, che aveva pianificato un’invasione di terra della Siria).
Per la Francia, il generale Benoît Puga (ex capo dello stato maggiore dell’Eliseo e comandante delle Forze Speciali in Siria) e Bruno Tertrais (stratega neoconservatore del Ministero della Difesa). Infine, per il settore privato, Henry Kravis (Direttore del fondo d’investimento KKR e tesoriere ufficioso di Daesh) nonché il generale David Petraeus (co-fondatore di Daesh).
E se questo squilibrio non fosse bastato, gli organizzatori avevano previsto la presenza di esperti in grado di giustificare l’ingiustificabile, come il professor Niell Fergusson (storico del colonialismo britannico).
L’eventuale inversione delle alleanze.
Ci vorrà un po’ di tempo prima di sapere cosa è stato detto durante questo incontro e comprendere le conclusioni che sono state raggiunte dai vari partecipanti. Tuttavia, sappiamo già che Londra sta spingendo per un cambiamento di paradigma nel Medio Oriente. Se viene abbandonato il modello della «Primavera araba» (riproduzione della «rivolta araba del 1916» organizzata da Lawrence d’Arabia per sostituire l’impero ottomano con l’Impero britannico), l’MI6 spera di creare un nuovo accordo sulla base dell’islamismo politico.
Di conseguenza, mentre Washington ha rinnovato la sua alleanza con l’Arabia Saudita e l’ha convinta a rompere con la Fratellanza in cambio di 110 miliardi di dollari di armamenti [7], Londra sta spingendo per un accordo tra l’Iran, il Qatar, la Turchia e il Fratelli Musulmani. Se si dovesse realizzare questo progetto, avremmo sperimentato l’abbandono del conflitto sunniti/sciiti e la creazione di una «mezzaluna dell’Islam politico» che va da Teheran, a Doha, Ankara, Idlib, Beirut e Gaza. Questa nuova distribuzione consentirebbe al Regno Unito di mantenere la sua influenza nella regione.
L’unica cosa su cui sembrano concordare gli alleati è la necessità di abbandonare il principio di uno Stato jihadista. Tutti ammettono che il diavolo deve essere rimesso nella sua scatola. Ciò significa sbarazzarsi di Daesh, anche se certuni continuano a lavorare con Al-Qa’ida. È per questo che, preoccupato per la sua sopravvivenza, l’auto-proclamato Califfo ha trasmesso in modo segreto un ultimatum a Downing Street e all’Eliseo.
Fare una scelta di campo.
Vedremo nei prossimi mesi se la giravolta dell’Arabia Saudita è genuina. Sarebbe una buona notizia per i siriani, ma sarebbe cattiva per gli yemeniti (che il mondo occidentale poi ignorerebbe). Offrirà al re Salman la possibilità di stimolare l’evoluzione del wahhabismo da setta fanatica a religione normale. Già ora l’improvviso conflitto che oppone Riad a Doha sulla questione dell’Iran viene duplicato da una polemica sulla possibile parentela tra il fondatore della setta, Mohammed ben Abdelwahhab e la dinastia qatariota degli Al-Thani: una rivendicazione che ha fatto infuriare la dinastia Saud.
Il progetto di «Islam politico» consiste nell’unire i Fratelli Musulmani ai Khomeinisti. Implica che l’Iran, e anche Hezbollah, dovrebbero sostituire questa problematica alla lotta contro l’imperialismo. Se questo avvenisse, porterebbe certamente al ritiro dell’Iran dalla Siria. La Casa Bianca sta prendendo questo molto seriamente e si sta preparando freneticamente per tutto ciò. Nel suo discorso a Riad, Donald Trump ha già designato Teheran come suo nuovo nemico e ha appena nominato Michael D’Andrea (che ha organizzato l’assassinio di Imad Mougniyeh a Damasco nel 2008) come responsabile della sezione iraniana della CIA [8].
La Russia si era già preparata a un potenziale nuovo accordo in Medio Oriente. Di conseguenza, sostenendo la Siria, ha perseguito la sua ambizione di ottenere l’accesso alle "acque calde" e ha cercato il ravvicinamento con il suo avversario ereditario, la Turchia, per essere in grado di navigare liberamente attraverso i Dardanelli e il Bosforo (indispensabili per entrare nel Mediterraneo). Tuttavia, a lungo termine, l’Islam politico potrà solo causarle problemi nel Caucaso.
Come sempre quando i giocatori ordinano le loro carte, tutti devono definire le proprie posizioni. Il Regno Unito difende il suo Impero, la Francia difende la sua classe dirigente e gli Stati Uniti difendono il proprio popolo. In Medio Oriente, certi lottano per la loro comunità, altri per le loro idee. Ma le cose non sono sempre così semplici. Così, l’Iran potrebbe seguire l’ideale dell’Imam Khomeiny, confondendo il fine e i mezzi. Ciò che all’inizio era una rivoluzione anti-imperialista guidata dalla forza dell’Islam potrebbe evolvere in una semplice affermazione dell’uso politico di questa religione.
Le conseguenze nel resto del mondo.
L’MI6 e la CIA hanno preso un grande rischio nell’invitare un non-atlantista alla riunione di Bilderberg 2017. L’ambasciatore cinese, Cui Tiankai, che doveva parlare solo nel quarto giorno del seminario, ha dunque potuto valutare le posizioni di Ogni membro della NATO fin dal primo giorno.
Da una parte, Pechino sta contando sulla collaborazione di Donald Trump, l’apertura agli Stati Uniti della sua Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB) e lo sviluppo di tutte le sue rotte commerciali. D’altra parte, spera che il Brexit si tradurrà in un’alleanza economica e finanziaria con Londra [9].
L’ambasciatore Cui, che era il direttore del Centro di Ricerca Politica per il Ministero cinese degli Esteri, potrebbe forse essere soddisfatto della semplice distruzione di Daesh. Ma non è ignaro del fatto che coloro che hanno organizzato il Califfato per tagliare la «Via della Seta» in Iraq e in Siria, e poi la guerra in Ucraina per tagliare la «Nuova Via della Seta» si preparano, preventivamente, ad aprire un terzo fronte nelle Filippine e un quarto in Venezuela per tagliare altri progetti di comunicazione.
Da questo punto di vista, la Cina, che, come la Russia, ha un interesse a sostenere Donald Trump, se non altro per prevenire il terrorismo nel proprio paese, si interrogherà sulle possibili conseguenze a lungo termine di un’egemonia britannica nella «mezzaluna dell’Islam politico».
Traduzione
Matzu Yagi
http://www.voltairenet.org/article196688.html


Riferendomi alla frase tratta da testo dell'articolo: "Nel suo discorso a Riad, Donald Trump ha già designato Teheran come suo nuovo nemico..."
mi spiego i motivi dell'attentato subito da Teheran e rivendicato dall'Isis. E mi spiego anche perchè gli USA abbiano rinnovato l'alleanza con l’Arabia Saudita e l’abbiano convinta a rompere con la Fratellanza in cambio di 110 miliardi di dollari di armamenti che finiscono, come sappiamo, all'Isis. La matrice degli attentati, dunque, anche se non diretta ma per interposta persona, è sempre la stessa.

mercoledì 7 giugno 2017

"L'ho ucciso e sciolto nell'acido Vi racconto quell'orrore".

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Nell'altro processo per il rapimento e l'omicidio di Giuseppe Di Matteo, il 28 luglio 1998, è stato ascoltato il pentito Vincenzo Chiodo. Il verbale di quell'udienza è una lucida ricostruzione dell'orrore perpetrato da Cosa nostra. Eccolo.

Chiodo Vincenzo all’udienza del 28 luglio 1998 ha anch’egli raccontato le fasi della uccisione del bambino, soppresso la sera dell'11 gennaio 1996. Ricordava bene tale data, giacchè mancava appena un mese e un giorno al suo compleanno, essendo egli nato il 12 febbraio 1963.
Già nelle sere precedenti era stata avvertito da Francesco La Rosa di recarsi in campagna, perchè doveva arrivare Enzo Salvatore Brusca. Aveva a lungo atteso in una diversa strada, giacchè - come aveva fatto sapere al Brusca tramite il La Rosa medesimo - la via maestra non era transitabile a causa delle piogge e doveva seguirsi altro percorso. La prima sera lo stesso La Rosa lo aveva informato che Brusca non sarebbe venuto e che l’appuntamento era rinviato all’indomani. Lo stesso era avvenuto il giorno seguente, allorchè aveva atteso invano dalle ore 19 sino alle ore 22 o 23. La Rosa non gli aveva spiegato le ragione della venuta del Brusca. La terza sera, infine, il medesimo La Rosa lo aveva ancora una volta avvertito che l’incontro ci sarebbe stato; gli aveva anzi detto di preparare della carne per la cena. Aveva invitato il suo interlocutore a rimanere in loro compagnia, ma questi, all’apparenza terrorizzato, aveva declinato l’invito, dicendogli: “No no, me ne vado, sono fatti vostri, fatti vostri e fatti vostri”.
Tale comportamento gli era sembrato alquanto strano, anche perchè il La Rosa di solito aveva sempre accettato di buon grado l’invito.
In controesame all’udienza del 29.7.98 Chiodo ha ribadito che aveva atteso la venuta di Enzo Brusca in quel di Giambascio almeno un paio di giorni prima. Erano stati Monticciolo Giuseppe e La Rosa Francesco ad avvertirlo che doveva sopraggiungere il Brusca; era impossibile che avessero potuto prenderlo in giro, perchè su queste cose non si era mai scherzato.
Dopo che il piccolo Di Matteo era rimasto definitivamente a Giambascio, il Brusca Enzo Salvatore non aveva piu` frequentato quella casa; era venuto soltanto il giorno in cui era stato strangolato l’ostaggio. Doveva arrivare due giorni prima, ma Chiodo sconosceva se doveva rimanere lì o se per il bambino; nessuno gli aveva detto alcunchè, in quanto gli era stato ordinato soltanto di comprare della carne e quel che potesse servire per la cena e di attendere nella casa.
Enzo Salvatore Brusca era arrivato verso le ore 21 a bordo di una Fiat Uno pilotata da altra persona che Chiodo, nascosto tra i cespugli a fumare una sigaretta, non aveva riconosciuto. Era sceso dalla macchina, aveva saluto il suo accompagnatore, che era andato subito via, ed era andato incontro al collaborante che frattanto era uscito allo scoperto.
Enzo Brusca lo aveva messo sottobraccio e gli aveva detto “figliolo, andiamo !”, ritenendo che fossero a piedi. Chiodo aveva prelevato la macchina che aveva in precedenza nascosto ed insieme avevano raggiunto la casa di Giambascio. Appena davanti al cancello, Brusca gli aveva chiesto del bambino, che non aveva più rivisto sin da quando era stato portato a Giambascio. Il collaborante lo aveva rassicurato che stava bene e che quel giorno aveva mangiato delle uova che il ragazzo stesso aveva cucinato, avendo a disposizione un fornellino. Aveva manifestato contemporaneamente il desiderio di vederlo ed, avendogli egli fatto presente che aveva lasciato nella sua abitazione in paese il telecomando per azionare il saliscendi e le chiavi per aprire la porta di ferro, aveva detto di soprassedere sino all’arrivo di Giuseppe Monticciolo. Chiodo aveva così appreso che doveva sopraggiungere pure quest’ultimo.
Costui era arrivato poco dopo ed aveva esplicitamente comunicato che si doveva uccidere il bambino, senza specificare chi ne avesse impartito l’ordine; aveva contemporaneamente chiesto a Vincenzo Chiodo - il quale aveva già intuito la terribile sorte che stava per toccare all’ostaggio attraverso l’eccessivo interessamento dimostrato dal Brusca verso il ragazzo - se se la sentisse di farlo.
Enzo Brusca aveva mostrato una certa riluttanza e, nel vano tentativo di soprassedere, aveva fatto presente che Chiodo non aveva con sè il telecomando e che oltre tutto occorreva prelevare l’acido presso tal “Funcidda” per dissolvere il corpo, la nafta per attivare il generatore di corrente elettrico ed altro.
Quando Monticciolo aveva, dunque, comunicato quella sera la suprema decisione, dopo che Enzo Brusca, avanzando difficoltà organizzative, aveva proposto che la macabra operazione fosse rinviata all’indomani e dopo che era prevalsa la linea oltranzista del Monticciolo medesimo, si erano un po' consultati per distribuire a ciascuno il proprio compito, essendovi parecchia indecisione su chi dovesse materialmente uccidere il bambino. Monticciolo proponeva, infatti, che fosse il Chiodo o il Brusca ad agire, dicendo: “lo fai tu, lo faccio io”; Enzo Brusca in apparenza manifestava la volontà che il Chiodo ne fosse tenuto fuori, ma in concreto voleva verificare se il collaborante si facesse avanti.
Ad ogni buon conto, avevano organizzato le operazioni preliminari: Monticciolo si era allontanato adducendo che si recava a prendere l’acido presso tale “Funcidda”, che il collaborante sconosceva; Chiodo si era recato in paese per prendere nella sua officina un fusto in lamiera, uno scalpello e un mazzuolo per scoperchiare il fusto. Si era poi ricordato che un recipiente siffatto era custodito a Giambascio, sicchè si era limitato a prelevare un bruciatore a gas, lo scalpello, il mazzuolo, il telecomando, le chiavi e ad acquistare presso il distributore di carburante la nafta.
Munito dell’occorrente necessario, il collaborante era ritornato in campagna e poco dopo era tornato pure Giuseppe Monticciolo, portando due fustini di plastica di circa venti litri pieni di acido; aveva, quindi, prelevato da un capanno uno dei fusti utilizzati per conservare la nafta, lo aveva portato dentro casa e con scalpello e martello aveva provveduto a scoperchiare il fusto, cercando di fare il minor rumore possibile.
Compiuta tale operazione, tutti e tre insieme avevano portato giù nel bunker il fusto appena tagliato e i due fustini di acido, depositandoli davanti la porta della cella dell’ostaggio. 

Monticciolo aveva contemporaneamente riferito al Chiodo che doveva far scrivere al bambino una lettera, nella quale egli comunicava al nonno che era stato abbandonato da tutti, che aveva tentato il suicidio impiccandosi con le lenzuola, ma che era stata salvato. Insieme - Monticciolo e Chiodo - ne avevano poi indicato il testo al bambino, invitandolo a preparare la missiva che avrebbero ritirato dopo.
Erano risaliti nel piano superiore, uscendo fuori, e avevano cenato nella cucina sottostante, mangiando carne arrostita in padella, preparata dal Chiodo. Dopo cena, che si era svolta in un clima del tutto tranquillo, il collaborante aveva tagliato un pezzo di corda da una fune che si trovava all’esterno ed Enzo Brusca l’aveva annodata per formare il cappio.
Erano ridiscesi nel bunker; Chiodo si era fatto consegnare la lettera, ritirandola dalla mani del ragazzo senza fare uso di guanti (tanto da essere stato rimproverato dal Monticciolo per il fatto che avrebbe potuto lasciare pericolose impronte digitali); si erano infine apprestati a compiere la macabra operazione dello strangolamento.
Chiodo, nonostante che Enzo Brusca avesse prima manifestato il suo dissenso a che egli intervenisse, si era fatto avanti in omaggio alla regola che più volte gli aveva ripetuto lo stesso Brusca: “Mai tirarsi indietro su qualsiasi eventuale occasione”. Era del tutto tranquillo, non lo impensieriva minimamente il fatto che dovesse uccidere un bambino: “... il dovere era piu` forte di questo, cioe` perche' li` non e` che uno poteva rifiutare al momento questo, perche' poteva succedere diciamo il peggio”. In quel momento non aveva neppure pensato ai suoi figli; se ne era vergognato di fronte a loro quando aveva fatto la sua scelta di collaborare.
Era la prima volta che uccideva una persona; in precedenza aveva collaborato con i medesimi soggetti e con l'aggiunta di Romualdo Agrigento all’occultamento di cadaveri.
Sempre in controesame, Chiodo ha aggiunto che, quando si doveva strangolare il bambino, sia il Monticciolo che Enzo Brusca gli avevano detto: “Va beh, lo fai appoggiare li` al muro, gli metti la corda al collo, la tiri che poi noi ti aiutiamo”. In effetti Chiodo - così come gli era stato ordinato - aveva fatto appoggiare il bambino al muro con le braccia alzate, gli aveva messo la corda al collo, l'aveva tirata ed erano intervenuti gli altri. In pochi attimi il piccolo era rimasto soffocato.
Il collaborante, quasi con aria di compiacimento, ha spiegato in dettaglio tutte le operazioni compiute; aveva aperto la porta; il ragazzo stava in piedi vicino al letto ed ha così proseguito il suo racconto:


“Si, allora gia` eravamo nella stanza, io ho aperto la porta..., ho fatto pure fatica ad aprire la porta perche' era quasi arrugginita, perche' giu` c'era molta umidita`..., c'era sempre la condensa del corpo che stava chiuso senza avere un'aria ... come in altre case. Allora io ho detto al bambino - io ero ancora incappucciato - ho detto al bambino di mettersi in un angolo cioe` vicino al letto, quasi ai piedi del letto, in un angolo con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io gli ho detto, si e` messo di fronte il muro, diciamo, a faccia al muro. Io ci sono andato da dietro, ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l'ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si e` messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si e` messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho buttato il bambino giu` e Monticciolo si stava avviando per tenere le gambe, gli dice "mi dispiace", rivolto al bambino, "tuo papa` ha fatto il cornuto". Nello stesso momento o subito dopo Enzo Brusca dice "ti dovevo guardare meglio degli occhi miei", dice, "eppure chi lo doveva dire?", queste sono state le parole diciamo al bambino.
Io mi ricordo il bambino, cioe` me lo ricordo quasi giornalmente la faccia, diciamo, mi ricordo sempre, ce l'ho sempre davanti agli occhi. ...Il bambino non ha capito niente, perche' non se l'aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era.. come voglio dire, non aveva la reazione piu` di un bambino, sembrava molle, ... anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente.. non lo so, mancanza di liberta`, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro..., cioe` questo, il bambino penso che non ha capito niente, neanche lui ha capito, dice: sto morendo, penso non l'abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo quello e poi non si e` mosso piu`, solo gli occhi, cioe` girava gli occhi ... A me poi mi sono cominciate tremare le gambe ed io ho lasciato il posto a Monticciolo, che lui mi ha detto di andare anche sopra, dopo che pero` il bambino penso che gia` era morto perche' si vedeva che gia` gli occhi proprio al di fuori... vedevo la bava che gli usciva tutta dalla bocca. Ed io sono uscito, nell'attimo che stavo andando sopra a vedere se c'era movimento strano ... e ho visto il Monticciolo che tirava forte la corda e con il piede batteva forte nella corda per potere stringere ancora il cappio, nella corda... Ho preso un pochettino d'aria, sono risceso e ho detto a Monticciolo "dammi di nuovo a me la corda" e il Monticciolo dice "va beh, lascia stare", finche` poi il bambino gia` era morto. Enzo Brusca ogni tanto si appoggiava al petto del bambino per sentire i battiti del cuore, quando ha visto che il bambino gia` era morto mi ha ordinato Enzo Brusca a me "spoglialo". Io ho spogliato il bambino e il bambino era urinato e si era fatto anche addosso dalla paura di quello che abbia potuto capire, diciamo, o e` un fatto naturale perche' e` gonfiato il bambino. Dopo averlo spogliato, ci abbiamo tolto, aveva un orologio al polso e tutto, abbiamo versato l'acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io l'ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l'hanno preso per un braccio, l'uno, cosi`, e l'abbiamo messo nell'acido e ce ne siamo andati sopra. Andando sopra abbiamo lasciato il tappo del tunnel socchiuso per fare uscire il vapore dell'acido che usciva... Quando siamo saliti sopra Enzo Brusca e Monticciolo mi hanno baciato, dicendo che mi ero comportato.. come se mi avessero fatto gli auguri di Natale o chissa`...., complimentandosi per come mi ero comportato... Siamo entrati dentro la casa dove avevamo cenato prima, cosi`, eravamo li`, abbiamo fumato una sigaretta, si parlava cosi`. Poi dopo un po' Enzo Brusca mi dice "vai sopra, vai a guardare che cosa c'e`, se funziona l'acido, se va bene o meno”.

In quel momento non aveva avvertito emozioni di sorta: “Io ero un soldato, io eseguivo.. io ho condiviso sempre le scelte di Brusca e le scelte degli altri, io mi sento responsabile, io non voglio.. cioe` non voglio incolpare altri e discolpare la mia persona, io mi sento responsabile come e` responsabile Brusca e tutti, io mi sento responsabile diciamo, anche se io posso dire che era meglio se non succedeva il discorso del bambino e non succedeva che io ero presente in quella situazione, cioe` questo, e non lo auguro a nessuno, diciamo, ne' primo, ne' chi ne ha fatto uno, ne' chi ne ha fatto due, ne' chi ne ha fatto tre, perche' io non lo so se i miei figli mi possono a me perdonare. Prima il Presidente me lo diceva, io a volte non ho il coraggio di guardare i miei figli”. Ed ha proseguito: “Io ci sono andato giu`, sono andato a vedere li` e del bambino c'era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perche' io ho cercato di mescolare con un bastone e ho visto che c'era solo un pezzo di gamba ... e una parte.. pero` era un attimo perche' sono andato.. uscito perche' li` dentro la puzza dell'acido ... era.. cioe` si soffocava li` dentro. Poi siamo andati tutti a letto a dormire, abbiamo dormito li`. Monticciolo mi ha detto che alle 5 lo dovevo chiamare perche' lui se ne doveva andare; abbiamo dormito tutti e tre assieme nello stesso letto matrimoniale che avevamo nella stanza lì”.
Chiodo si era svegliato di buon mattino; aveva svegliato il Monticciolo che era andato via e si era recato a svuotare il fusto, rifiutando l’intervento dell’Enzo Brusca che aveva offerto la sua collaborazione. Il corpo del povero ragazzo si era interamente liquefatto senza che nulla di solido fosse rimasto, salvo la corda che gli era rimasta messa al collo. Con una latta aveva prelevato quel liquido di colore scuro versandolo nei due bidoncini di plastica che prima contenevano l’acido, svuotandoli in aperta campagna.
Aveva riportato in superficie il fusto e il Brusca vedendo la corda che era rimasta aveva detto scherzando al Chiodo di tenerla per trofeo. Aveva bruciato il materasso dove dormiva l’ostaggio, i suoi indumenti e tutto quanto si apparteneva al bambino. Con un’ascia aveva fatto in mille pezzettini la rete, sulla quale era stata adagiato il materasso e che era stata ancorato al pavimento con i piedi annegati nel cemento (operazione che aveva in precedenza fatto il La Rosa, per evitare che il ragazzo l’alzasse e facesse rumore); aveva raccolto i pezzi, le coperte, la macchina fotografica in diversi sacchi della spazzatura che aveva distribuito in vari cassonetti.
Avevano, quindi, ripulito tutto, mettendo una pietra sopra nella vicenda.
Ancora in controesame, Chiodo ha precisato che dopo che era stato sciolto il corpo del bambino, era rimasto integro il pezzo di corda adoperato per strangolarlo e se ne era meravigliato, facendolo notare al Brusca, il quale gli aveva detto: “L'acido niente ci fa alla corda, tienetila per trofeo!”, in quanto era il suo primo delitto. In effetti, aveva bruciato la corda assieme a tutti gli altri oggetti, compreso il materasso e il fusto metallico che era stato messo sul fuoco per togliere qualsiasi traccia dell’acido.
Enzo Brusca gli aveva detto che la scoperta della vicenda del sequestro avrebbe fatto più danno della strage di Capaci in due occasioni. Glielo aveva ripetuto dopo che Foma aveva lasciato l’incarico, incontrandolo nella contrada Parrini, dicendogli: “Apriti gli occhi, stai attento, tu lo sai a cosa si va incontro, la responsabilita` che ti ritrovi...La responsabilita` che ti ritrovi sai qual e`? Adesso basta solo pensare che prima erano tante persone che badavano a questo bambino, adesso ti ritrovi tu solo a gestire, con diverse complicazioni che si sono aggravate. Stai attento, perche' lo sai che se succede che scoprono il bambino e cose.. fara` piu` scalpore della strage di Capaci”. Sostanzialmente Enzo Brusca, essendo un violento, alludeva anche alle sofferenze che erano stato inferte al piccolo Di Matteo che era stato tenuto in luoghi malsani, legato mani e piedi e sballottolato di qua e di là.
Nella casa di Giambascio era rimasto soltanto Enzo Brusca, che aveva poi diretto gli ulteriori lavori di muratura che erano stati subito dopo effettuati. Erano state infine ricoperte con l’intonaco le pareti lasciate grezze e si era proceduto alla piastrellatura del pavimento che era ancora mancante.


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Questi infimi esseri viventi hanno diritto ad una morte dignitosa?
Sono degni di rispetto?
Chi bacia loro le mani merita rispetto?
Ognuno è libero di esprimere il proprio parere, di agire come crede, ma non può pretendere di essere compreso o compatito, non deve meravigliarsi se suscita disapprovazione e disprezzo.
L'abominio non può, in nessun caso, prevedere il perdono, la comprensione, la compassione. 

In caso contrario sarebbe un ulteriore abominio: sarebbe ipocrisia.