mercoledì 20 dicembre 2017

Bertone e il costruttore degli yacht fantasma: s'indaga sulle donazioni da 700 mila euro. - Fabio Tonacci

Bertone e il costruttore degli yacht fantasma: s'indaga sulle donazioni da 700 mila euro
La lettera del cardinal Bertone a Mario La Via.

Trenta milioni al cantiere prestati da Etruria e mai rientrati. Perquisiti l'ex presidente della Banca e altri due manager.


ROMA - Quel che resta di uno dei più sciagurati investimenti di Banca Etruria arrugginisce in un cantiere dismesso del porto di Civitavecchia. Il guscio ferroso dello "yacht più grande del mondo" giace dentro un'impalcatura di tubi innocenti e tendoni laceri. La Privilege Yard, società che doveva costruirlo, è fallita dopo aver avuto dalle banche un finanziamento di cento milioni di euro. Finirlo ora costerebbe più che smantellarlo. I giorni in cui l'ex segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone benediva la chiglia lunga 127 metri, con grande cerimonia, sono lontani. I bonifici che l'alto prelato ha ottenuto dalla Privilege, circa 700.000 euro dal 2008 al 2012 sotto forma di donazioni a enti terzi, invece, ci sono ancora. E due procure della Repubblica, Arezzo e Civitavecchia, ci stanno lavorando su.

I magistrati vogliono ricostruire la rete di amicizie di alto livello dell'imprenditore della Privilege Mario La Via, 72enne romano, indagato per bancarotta a Civitavecchia. 
Tra i suoi contatti, generali dei Carabinieri e della Finanza (tra cui Michele Adinolfi), governatori, sottosegretari. E Tarcisio Bertone. Quale servigio garantì il segretario di Stato Vaticano? La benedizione della chiglia nel settembre del 2008 pare un po' poco, a fronte delle consistenti donazioni successive. Ha avuto un qualche ruolo nel convincere le banche della bontà del progetto del mega yacht?

Questa storia si afferra partendo dalla fine, cioè dalle tre perquisizioni che il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, ha disposto ieri per l'ex presidente Etruria Giuseppe Fornasari, l'ex consigliere Giorgio Guerrini e il funzionario Paolo Fumi. Sono indagati per bancarotta fraudolenta per il dissesto della Popolare: gli investigatori non si spiegano come abbiano potuto concedere alla Privilege Yard nel 2010 un fido da 57 milioni di euro, con un'istruttoria (condotta da Fumi) aperta e chiusa in appena otto giorni. Il progetto non stava in piedi: la società era nata nel 2006 e non si era mai occupata di yacht, non si sapeva chi fosse il compratore (si favoleggiò di un interessamento di Brad Pitt e Angelina Jolie), il cantiere sorgeva su un terreno che non aveva sbocco diretto al mare ed era circondato da un binario ferroviario. Soprattutto, non c'erano garanzie. Barclays Bank era disposta sì a dare una copertura, ma soltanto dopo il varo.

Etruria si è presa il ruolo di capofila di un consorzio di banche (Unicredit, Bpm, Mps service, Intesa e Banca Marche) che ha concesso alla Privilege Yard crediti per 100 milioni. Ottanta milioni sono stati effettivamente erogati, e ottanta milioni non sono rientrati nelle casse dei sei istituti. Solo Etruria ci ha rimesso 29 milioni: l'ennesima corposa distrazione patrimoniale da attribuire agli ex manager. La Privilege è fallita il 22 giugno del 2015, e la procura di Civitavecchia ha avviato l'inchiesta per bancarotta fraudolenta. È così che quattro anni di corrispondenza tra La Via e Bertone sono finiti agli atti. Pure ad Arezzo stanno studiando quei documenti.

L'ex segretario di Stato vaticano usava La Via come un bancomat. Pretendeva donazioni per enti e diocesi sparse in tutto il pianeta, e l'imprenditore eseguiva. Nel carteggio se ne contano una trentina, per circa 700mila euro. "Egregio dottor La Via, come d'accordi telefonici le invio l'elenco delle richieste che sottopongo alla sua cortese attenzione. Il totale ammonta a 67.600 euro e 20.000 dollari. La ringrazio per la somma che crederà opportuno mettere a disposizione", si legge in una delle lettere firmata da Bertone su carta intestata, datata 16 novembre 2009.

La Via faceva beneficenza con denaro che non era suo, attingendo dai fondi della Privilege Yard. Scorrendo la lista: 35.247 euro al Movimiento de Los Focolares (da sempre vicini a Bertone), 69.738 euro al Collegio Madre del Divino Pastore, 20.000 euro alla Diocesi di Civitavecchia, 21.000 euro alla Fondazione Don Bosco in India e altri 25.000 per la associazione Don Bosco University, 50.000 euro all'arcivescvo boliviano di Cochabamba, 80.000 euro per il completamento della casa vescovile della Curia di Leopoli, 30.000 per la costruzione di una chiesetta a Sagar in India. Quando si attardava a sborsare, veniva richiamato all'ordine. "Il cardinal Bertone - scrive in una mail la segretaria dell'alto prelato, Rosi Bortolussi, il 10 febbraio 2011 - ha ricevuto una lettera da parte del vescovo di Gyor il quale comunica che a tutt'oggi non ha ricevuto il bonifico di 9.000 euro che gli era stato annunciato per una borsa di studio a un seminarista ungherese. Vorrebbe cortesemente far verificare? ".


Il quotidiano Libero a dicembre aveva svelato il contenuto della corrispondenza, dando conto di un misterioso bonifico da 46,3 milioni diretto alla società Privilege Yard Inc. con sede alle Isole Vergini. Se i soldi di Etruria e delle altre banche siano finiti ai Caraibi, è materia di indagine. Ma ai magistrati interessa anche approfondire il ruolo avuto da Bertone. Non sfugge, infatti, che almeno con Unicredit l'ex segretario di Stato avesse rapporti eccellenti. Non foss'altro perché il colosso bancario ha inglobato nel 2007 Capitalia, istituto storicamente vicino al Vaticano.

http://www.repubblica.it/cronaca/2016/06/24/news/bertone_e_il_costruttore_degli_yacht_fantasma_s_indaga_sulle_donazioni_da_700_mila_euro-142697244/?ref=search

domenica 17 dicembre 2017

Il suicidio in tv di Renzi & Boschi. - Andrea Scanzi

Il suicidio in tv di Renzi & Boschi

Meb & Matteo - Purtroppo per loro li hanno visti.

Ieri Boschi e Renzi si sono esibiti in una maratona su La7. I dati Auditel li hanno premiati, gli spettatori (e dunque elettori) forse un po’ meno. Altre considerazioni.
1) La Boschi querela tutti quelli che non le credono. Quindi io le credo: Boschi nuova Rosa Luxemburg, Gozi Pallone d’Oro e Farinetti al Quirinale con agio.
2) Il fatto che la Boschi abbia accettato di parlare con Travaglio, che odia, e che Renzi sia tornato da Formigli, che detesta, sono buone notizie per la democrazia. Un politico non deve scegliere da chi farsi intervistare.
3) Quella di prima è una buona notizia per la democrazia, ma è anche una pessima notizia per Renzi e Boschi. Vuol dire che i sondaggi sono tremendi e che loro sono alla canna del gas, altrimenti non accetterebbero mai “duelli” difficili. È quel che accadde anche quando Renzi accettò di scontrarsi con Travaglio prima del 4 dicembre (sempre a Otto e mezzo). Evidentemente gli avevano detto che i sondaggi erano terrificanti. E poi si è visto.
4) La pochezza dialettica della Boschi è imbarazzante. Pare davvero la compagna di classe che stava al primo banco, non faceva mai sciopero, andava volontaria alle interrogazioni e recitava a pappagallo il libro senza averci capito granché. Anche ieri parlava in stampatello, scandendo le sillabe e ripetendo “insomma” (o “inzomma”, all’aretina), che è poi il tipico intercalare di chi dialetticamente vale quanto una ciabatta lisa a una sfilata di Louboutin. Più Travaglio parlava e più lei sbatteva gli occhi à la Fassino, deglutiva nervosamente e guardava terrorizzata Lilli Gruber. Se una persona volesse capire cosa non si deve fare in tivù, dovrebbe guardare la Boschi.
5) Quando un politico è in estrema difficoltà, comincia a sparare querele di qua e di là. Se poi il politico in estrema difficoltà è donna, tira pure fuori l’accusa di sessismo a caso. La Boschi, ieri, ha fatto entrambe le cose: ciao core.
6) Maria Elena Boschi può girarla come vuole, ma in Parlamento ha negato che ci siano state “corsie preferenziali”. Che invece sembrano proprio esserci state. Negarlo vuol dire essere ciechi o Andrearomano, che è poi lo stesso.
6 bis) Ieri ho riguardato Twitter dopo mesi. I commenti durante la diretta andavano da “Travaglio la sta massacrando” (se grillini) a “Boschi lo sta uccidendo” (se renziani). Detto che ieri il dislivello dialettico era tale da far sembrare la sfida un incontro tra Muhammad Ali e la Gegia, queste reazioni acritiche dimostrano come l’Italia sia un Paese di tifosi. E che per questo non abbia alcuna speranza.
7) Le opposizioni chiedono le dimissioni della Boschi: sbagliano. Più lei sta lì, più il Pd è (ancor più) attaccabile. Secondo alcuni sondaggisti, la Boschi vale un milione di voti: in meno, però. La Boschi è un Calimero vendicativo della politica. Sembra un trojan horse inoculato da M5S o Lega per indebolire ancor di più quel che resta del Pd. La Boschi è un vulnus che verrà sempre citato dai rivali, in campagna elettorale e non solo, per dimostrare quanto il Pd sia indifendibile. Più lei si imbullona alla poltrona, più gli elettori scappano: complimenti.
8) Il fatto che la Boschi, nonostante tutti i danni che ha fatto e fa, sia ancora lì, non è solo uno schiaffo in faccia alla decenza, alle promesse (non doveva smettere dopo il “no” del 4 dicembre?) e agli elettori: pare anche la prova di come questa donna sappia delle cose inenarrabili, che la rendono in qualche modo temutissima e (dunque) indispensabile. Altrimenti non si spiega come una che politicamente fa più danni della grandine sia ancora lì.
9) Quanto è stanco, Renzi. Non ha mai avuto granché da dire e il talento non lo ha mai intaccato, ma adesso è davvero l’ombra bolsa di se stesso. Anche da Formigli ha ripetuto le stesse cose, però al rallentatore. È affannato, appannato, sfuocato. Un pugile suonato. Non funziona quando fa le battute, non funziona quando prova a esser serio. Disastro.
10) Ieri Renzi ha recitato la parte del chiagnefottista triste, tornato a far politica non per gloria personale ma per il bene supremo di noi tutti (grazie). Ha indugiato sulle sue sofferenze, ha giocato al martire ottimista e ha cercato di commuovere gli astanti. È la sua faccia più insidiosa: prova a farti pena, tu abbassi la guardia e lui ti ha già fregato di nuovo. Se ci cascate un’altra volta, siete proprio pinoli.
10 e lode) Verso la fine dell’intervista a Piazzapulita, Renzi è parso più sereno. Addirittura gradevole. Poi Formigli gli ha chiesto se gli mancasse il potere. E lui, dopo una pausa teatralissima: “Per me il potere è un verbo, non un sostantivo”. Non c’è niente da fare: nelle sue vene non scorre sangue, ma supercazzole.

sabato 16 dicembre 2017

Maria Elena Boschi e gli interessamenti per Banca Etruria, nel 2014 summit in casa per difenderla dai diktat Bankitalia. - Giorgio Meletti

Scontro sul credito – Fornasari, Consoli, Boschi, Trinca

Nel marzo del 2014 - Appena arrivata al governo, l’allora ministro ha ricevuto i vertici di Veneto Banca e dell’istituto di papà per arginare la Vigilanza.

Un sabato di marzo del 2014 Flavio Trinca, presidente di Veneto Banca, e Vincenzo Consoli, amministratore delegato, sono saliti in macchina e hanno percorso di gran carriera i 330 chilometri che separano Montebelluna in provincia di Treviso (sede della banca) da Laterina in provincia di Arezzo. Lì hanno suonato il campanello della villa di Pier Luigi Boschi, consigliere di amministrazione di Banca Etruria, che li attendeva con il presidente Giuseppe Fornasari. I rapporti sono oliati. È proprio Fornasari ad aver voluto nel 2011 Boschi nel cda della banca, in rappresentanza del mondo agricolo aretino. Ed è ancora Fornasari a conoscere bene Trinca: entrambi sono stati deputati, entrambi hanno alle spalle la militanza nella Dc, sebbene in due diverse correnti, l’aretino era fanfaniano (come Boschi), il trevigiano stava con Carlo Donat-Cattin in Forze Nuove.
La rimpatriata scudocrociata non spiega i 660 chilometri in macchina tra andata e ritorno. Il fatto è che Boschi ha organizzato un vertice con la figlia Maria Elena, che da pochi giorni è entrata nel nuovo governo Renzi come ministro delle Riforme, coronando la scalata al potere condotta accanto al suo leader. 
I tre visitatori vanno speranzosi, guardano alla giovane ministra come alla protettrice dei banchieri disperati. Lei ascolta, loro le spiegano le amarezze che li accomunano. 
Da alcuni mesi sia Etruria sia Veneto Banca sono nel mirino della Vigilanza di Bankitalia. Nel corso del 2013 severe ispezioni si sono concluse con letteracce molto simili del governatore Ignazio Visco. Identico il concetto: le vostre banche sono scassate assai, dovete al più presto trovarvi un “partner di elevato standing”, cioè una banca più grande e più sana che vi assorba e vi salvi. Identico il sottotesto, esplicitato a quattr’occhi dal severo capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo: consegnatevi alla Popolare di Vicenza di Gianni Zonin. Gli uomini di Etruria se lo sentono dire il 5 dicembre, Consoli il 19 dicembre.
Le due banche recalcitrano, per due ragioni. La prima è che sono due Popolari, cioè due cooperative, che assommano circa 150 mila soci che decidono una testa un voto. Chi glielo va a dire che devono consegnarsi senza condizioni al rivale Zonin, il quale ha fatto subito sapere a Fornasari e Trinca che per aretini e trevigiani non ci sarà posto nel cda nella nuova bancona che nascerà dalle due fusioni?
La seconda ragione è più velenosa: i banchieri disperati ritengono che la banca di Zonin sia messa peggio delle loro, e che Barbagallo, forse ingannando lo stesso Visco, stia assediando Arezzo e Montebelluna non per salvare le loro banche ma per darle in pasto alla Popolare di Vicenza, istituto amatissimo da Palazzo Koch e aiutarla a tirarsi fuori dai guai serissimi in cui si è cacciata, nella distrazione della Vigilanza.
La neo ministra ascolta e annuisce. La missione di cui il padre – organizzando l’incontro – la invita di fatto a farsi carico è di mettere a disposizione di Etruria e Veneto Banca “lo spirto guerrier” del nuovo governo per rintuzzare l’aggressività di Palazzo Koch. In realtà non succede niente.
Pochi giorni dopo uno spettacolare blitz della Guardia di Finanza ordinato dal procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi e originato da una denuncia di Barbagallo, fa secco Fornasari con accuse poi rivelatesi infondate al processo di primo grado. Lorenzo Rosi diventa presidente di Etruria e Boschi padre vicepresidente. 
Ma intanto Bankitalia continua a menare fendenti. La verità è che Matteo Renzi, non appena insediato a Palazzo Chigi, ha attaccato il governatore Visco chiedendogli di ridurre il suo stipendio da 495 mila euro annui a 248 mila, il tetto fissato per tutti i dirigenti pubblici. Visco lo manda al diavolo invocando l’indipendenza della Banca d’Italia. Lo strappo tra Palazzo Chigi e Palazzo Koch è velenoso, e non sarà mai ricucito.
Di fatto sarà Etruria la più maltrattata da Bankitalia nei mesi turbolenti delle crisi bancarie. Visco subisce il no a Zonin e va in pressing sugli aretini perché si trovino un compratore. Rosi, Boschi e gli altri battono tutte le strade possibili. Nell’estate 2014 Boschi si fa presentare il piduista Flavio Carboni dall’amico Valeriano Mureddu. Lavorano sull’ipotesi di far salvare Etruria dal fondo Qvs dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, lo stesso al quale, secondo indiscrezioni de La Stampa, si sarebbe rivolto Renzi nei giorni scorsi per chiedergli di salvare Alitalia. Non cavano un ragno da un buco. Si rivolgono allora alla banca francese Lazard e poi a Mediobanca, le quali contattano almeno una trentina di banche in tutta Europa ma ottengono solo dei cortesi “no grazie”. 
Questo spiega perché a gennaio 2015 la ministra, in un ultimo disperato tentativo, si rivolge in modo pressante al numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni chiedendogli di salvare la baracca aretina e paterna. Lui risponde educatamente ma prende tempo.
Il 7 febbraio Rosi va a Torino e parla con Ghizzoni in occasione del discorso di Visco al Forex. Non serve a niente. Due giorni dopo il governatore firma il commissariamento di Etruria
Un anno dopo la Boschi si vendicherà con una rancorosa intervista al Correre della Sera senza nominare Visco e Barbagallo ma salutandoli come “le stesse persone che un anno fa suggerivano a Banca Etruria un’operazione di aggregazione con la banca di Zonin”.
LA PRECISAZIONE 
Nel nostro articolo di ieri, a pagina 2 e 3 del Fatto Quotidiano, intitolato “Riunione a casa Boschi per difendere Etruria dai diktat di Bankitalia”, per errore abbiamo scritto che Flavio Carboni era un “piduista”. In realtà, in tutte le inchieste giudiziarie sulla Loggia Propaganda 2 di Licio Gelli, non è mai emerso che lo stesso Carboni risultasse negli elenchi del “maestro venerabile” sequestrati dalla magistratura nella villa di Gelli a Castiglion Fibocchi (Arezzo). Flavio Carboni, invece, fu coinvolto nell’inchiesta sulla fuga a Londra e sull’omicidio del presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi (nel giugno del 1982). Un’accusa dalla quale, però, è stato poi assolto a titolo definitivo, mentre fu condannato per concorso nel fallimento dell’Ambrosiano. 
Il nome di Carboni è legato alle vicende di Banca Etruria (Arezzo) perché a lui, nell’estate del 2014, si era rivolto Pier Luigi Boschi (padre del sottosegretario Maria Elena), allora vicepresidente dell’istituto toscano, per chiedergli consigli sulla nomina del direttore generale di Etruria. A mettere in contatto Boschi con Carboni era stato un massone, Valeriano Mureddu.

mercoledì 13 dicembre 2017

Buon Natale, ministro Calenda. - Davide Casaleggio

Buon Natale, ministro Calenda

Il ministro Calenda ha criticato l'appello di Luigi Di Maio ad approvare la legge sulle chiusure festive (votata anche da partiti presenti nel suo stesso governo) dicendo che così si fa un regalo ad Amazon. È una visione molto semplicistica e inadeguata a comprendere il fenomeno. Non si può essere esperti di tutto.

La crisi della vendita al dettaglio è un fatto. Ed è vero che, come spiega un’analisi dell’Ufficio Economico Confesercenti, dal 2010 al 2016 il settore del retail italiano ha registrato una diminuzione delle vendite di circa 7,7 miliardi di euro. Oltre alla crisi sicuramente influisce la crescita continua dell'e-commerce che in Italia è da anni a doppia cifra (del 10% tra il 2015 e il 2016), nonostante i numeri reali siano ancora molto bassi rispetto alla grandi economie mondiali. La soluzione per le imprese però, come segnalano i veri esperti del settore, non è far lavorare i negozianti o i dipendenti dei centri commerciali durante le feste o 24 ore su 24 7 giorni su 7 come può fare solo un sito di commercio elettronico, ma "l'ibridazione". Ossia combinare online e offline, click e mattoni, velocità e qualità. Questo vale sia per i piccoli che per i grandi. Pensate che anche Amazon sta investendo nella creazione di negozi fisici e circa metà del fatturato di Amazon in Italia é proprio delle imprese e dei negozianti italiani che lo usano come piattaforma. Ma forse Calenda non lo sa.

Inoltre è proprio durante il suo mandato che il retail italiano ha continuato a perdere. Gli unici ad aver guadagnato sono le società della grande distribuzione estera, in particolare francese e tedesca. Fino a quando non si investirà sul serio sull'innovazione e sull'e-commerce, che già oggi é uno dei principali strumenti per i negozianti per ampliare il proprio mercato, anche in uno dei 6 giorni di chiusura all'anno che propone il MoVimento 5 Stelle. Le regole che difende Calenda privilegiano solo la grande distribuzione, in particolare estera, che può permettersi i turni.

Per quanto riguarda il nostro Paese quindi bisogna investire nella tecnologia e avvicinare le aziende italiane all'e-commerce, magari anche con un sito come Italia.it destinato a questo scopo per far vendere i nostri prodotti in tutto il mondo, come previsto dal programma di governo del MoVimento 5 Stelle. Ma negozianti e lavoratori devono avere il diritto a godersi le feste con la propria famiglia. Di questo dovrebbe occuparsi il ministro dello Sviluppo Economico, non certo della campagna elettorale in tv da Vespa.

Buon Natale ministro Calenda, lei che può se lo goda con la sua famiglia.

http://www.beppegrillo.it/2017/12/buon_natale_ministro_calenda.html

Media USA: il giorno della vergogna totale. - Glenn Greenwald.

CNN è Fake News

Fake News del mainstream: Le testate giornalistiche USA hanno subito la loro più umiliante disfatta da tempo: ora rifiutano qualsiasi trasparenza su ciò che è successo.

Venerdì 8 dicembre è stato uno dei giorni più imbarazzanti per i media USA da un sacco di tempo in qua. L'orgia di umiliazioni è stata innescata dalla CNN, con MSNBC e CBS sulla sua scia, con innumerevoli opinionisti, commentatori e operatori politici che si sono uniti alla festa per tutto il giorno. Alla fine della giornata, era chiaro che molti dei più grandi e influenti organi di informazione della nazione avevano diffuso a milioni di persone una notizia esplosiva, benché completamente falsa, intanto che si rifiutavano di fornire alcuna spiegazione su come tutto questo fosse successo.

Lo spettacolo è iniziato venerdì mattina alle ore 11 della costa orientale USA, quando la testata che si proclama “Il nome più attendibile nel dare notizie” (ossia la CNN, “The Most Trusted Name in News™”NdT) ha speso ben 12 minuti consecutivi di trasmissione cavalcando in modo scintillante un reportage-bomba in esclusiva che sembrava dimostrare che WikiLeaks, lo scorso settembre, aveva segretamente offerto alla macchina elettorale di Trump, e persino a Donald Trump in persona, un accesso speciale alle e-mail del Comitato Nazionale Democratico (DNC) prima che fossero pubblicate su Internet. 
Siccome la CNN si affaccia sul mondo, tutto questo proverebbe collusione tra la famiglia Trump e WikiLeaks e, cosa più importante, tra Trump e la Russia, dal momento che la comunità dei servizi segreti degli Stati Uniti considera WikiLeaks come un "braccio dell'intelligence russa", e quindi fanno così anche i media statunitensi.

Tutta questa rivelazione era basata su un’e-mail che la CNN con forza sottintendeva di aver ottenuto in esclusiva e che aveva ormai a disposizione. L'e-mail era stata inviata da un tale di nome "Michael J. Erickson" - qualcuno di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima di allora e che la CNN non poteva identificare - a Donald Trump Junior, e offriva una chiave di decrittazione nonché l'accesso alle e-mail del DNC che WikiLeaks aveva "caricato". L'e-mail era una pistola fumante, agli occhi estremamente eccitati della CNN, perché era datata 4 settembre – dunque dieci giorni prima che WikiLeaks iniziasse a promuovere l'accesso a quelle e-mail online - dimostrando così che alla famiglia Trump veniva offerto un accesso speciale e unico all'archivio del DNC: presumibilmente da Wikileaks e dal Cremlino.

È impossibile comunicare a parole che tipo di scoop spettacolare e devastante credeva di avere la CNN, perciò è necessario che guardiate voi stessi con i vostri occhi per notare quali toni accalorati, quali inflessioni mozzafiato e quanta gravità trasmetteva questo canale, considerato che chiaramente credeva di dare oramai un colpo quasi fatale in merito alla storia della collusione Trump/Russia:


C'era solo un piccolo problema con questa storia: era fondamentalmente falsa, e lo era nel modo più imbarazzante possibile. Ore dopo che la CNN aveva trasmesso il suo racconto - e dopo averlo ripetutamente rilanciato e pompato - il Washington Post ha riferito che la CNN ha toppato di brutto proprio sul fatto cruciale della vicenda.

L'e-mail non era datata 4 settembre, come pretendeva la CNN, bensì 14 settembre: il che significa che era stata inviata dopo che WikiLeaks aveva già pubblicato l'accesso alle e-mail del DNC online. Quindi, anziché offrire una sorta di accesso speciale a Trump, "Michael J. Erickson" era semplicemente una persona a caso del pubblico che incoraggiava la famiglia Trump a guardare le e-mail del DNC apertamente disponibili che WikiLeaks - come tutti già sapevano - aveva pubblicamente promosso. In altre parole, l'e-mail era l'esatto opposto di ciò che la CNN sosteneva che fosse.


Com’è che la CNN è giunta a pompare con irruenza una storia così tanto spettacolarmente falsa? Si rifiutano di dirlo. Molte ore dopo che la loro narrazione è stata svelata in tutta la sua falsità, il giornalista che l'ha presentata in origine, il cronista parlamentare Manu Raju, ha finalmente pubblicato un tweet che annotava la correzione

Il dipartimento di pubbliche relazioni della CNN ha quindi affermato che "più fonti" avevano fornito alla CNN una data falsa. E Raju è andato alla CNN, con toni più dimessi, per annotare la correzione, affermando esplicitamente che "due fonti" gli avevano fornito ciascuna la data falsa in merito all'e-mail, mentre chiariva anche che la CNN non aveva mai nemmeno visto l'e-mail, ma aveva solo fonti che descrivevano i suoi presunti contenuti:


Tutto ciò fa sorgere la domanda lampante, ovvia e critica, che la CNN si rifiuta di affrontare: in che modo le "fonti multiple" hanno erroneamente interpretato la data in testa a questo documento, esattamente nello stesso modo, e verso le stesse conclusioni, e hanno quindi dato in pasto queste informazioni false alla CNN?

È, ovviamente, del tutto plausibile che una fonte possa in modo incolpevole interpretare erroneamente la data di un documento. Ma in che modo sarebbe anche lontanamente plausibile che più fonti possano del tutto innocentemente e in buona fede interpretare erroneamente la data proprio nello stesso modo, tutto per causare la propagazione di una rivelazione diffusa su tutti i media in merito alla collusione Trump/Russia /WikiLeaks? Questa è la domanda fondamentale cui la CNN si rifiuta semplicemente di rispondere. In altre parole, la CNN si rifiuta di fornire la massima trasparenza per consentire al pubblico di capire cosa è davvero successo in questo frangente. 

PERCHÉ TUTTO QUESTO CONTA COSÌ TANTO? Per tanti motivi importanti:

Per cominciare, è difficile esagerare su quanto velocemente, quanto lontano e quanto diffusamente abbia viaggiato questa falsa notizia. Opinionisti, funzionari e giornalisti del Partito Democratico con enormi piattaforme sui social media si sono immediatamente tuffati sulla storia, annunciando che dimostrava una collusione tra Trump e la Russia (attraverso WikiLeaks). Un tweet del parlamentare democratico Ted Lieu, il quale sosteneva che tutto questo evidenziava le prove di una collusione criminale, è stato ri-twittato migliaia e migliaia di volte in poche ore (Lieu ha flemmaticamente cancellato il tweet dopo che io ne ho annunciato la falsità, e molto tempo dopo che era diventato assai virale, senza mai dire ai suoi seguaci che la storia della CNN, e quindi la sua accusa, erano state sbufalate).

Benjamin Wittes del Brookings Institute, la cui stella era in ascesa mentre si autopromuoveva come amico dell'ex direttore dell'FBI Jim Comey, non solo ha rilanciato la storia della CNN alla mattina, ma lo ha fatto con la parola "Boom" - usata per segnalare che un grande colpo è stato inferto a Trump sulla vicenda della Russia - insieme alla gif di un cannone che viene fatto detonare.

Josh Marshall del blog Talking Points Memo ha creduto che la storia fosse così significativa da usare in cima al suo articolo l'immagine di una bomba atomica che esplodeva, discutendo le sue implicazioni, un articolo che ha twittato ai suoi circa 250.000 follower. Solo di notte è stata aggiunta una nota redazionale che annunciava che l'intera faccenda era falsa.

È difficile quantificare esattamente quante persone siano state ingannate - riempite di notizie false e propaganda - dalla narrazione della CNN. Ma grazie a giornalisti e funzionari fedeli al Partito Democratico che decretano che ogni affermazione in tema Trump/Russia debba essere vera senza guardare alcuna prova, è certamente cosa sicura affermare che molte centinaia di migliaia di persone, quasi certamente milioni, sono state esposte a queste false affermazioni.

Sicuramente chiunque abbia qualche minima preoccupazione sull'accuratezza del giornalismo - che presumibilmente includerà tutte le persone che hanno passato l'ultimo anno a lagnarsi di Fake News, propaganda, bot di Twitter e via lamentando - pretenderebbe una rendicontazione su come uno dei maggiori organi mediatici americani sia finito a subissare il cervello di così tante persone con notizie totalmente false. Basterebbe solo questo per dover sollecitare alla CNN un’esauriente spiegazione su cosa esattamente sia capitato. Nessun bot russo su Facebook o Twitter potrebbe avere un impatto neanche lontanamente paragonabile all'impatto di questa narrazione della CNN quando si tratti di ingannare la gente con informazioni sfacciatamente inesatte.

In secondo luogo, le "fonti multiple" che hanno fornito alla CNN questa falsa informazione non si sono limitate a quella rete. Erano apparentemente molto impegnate a diffondere avidamente le false informazioni a quanti più media potevano trovare. A metà giornata, la CBS News ha affermato di aver "confermato" in modo indipendente la storia della CNN sull'e-mail, e ha pubblicato anche il suo articolo mozzafiato, discutendo le gravi implicazioni di questa collusione disvelata.

Ma la cosa più imbarazzante di tutte l’ha fatta la MSNBC. Dovete solo guardare questo servizio del suo «corrispondente in materia di intelligence e sicurezza nazionale», Ken Dilanian, per crederci. Così come la CBS, anche Dilanian ha affermato di aver «confermato» in modo indipendente il falso rapporto della CNN da «due fonti che hanno conoscenza diretta di questo fatto». Dilanian, la cui carriera nei media statunitensi continua a prosperare quanto più viene esposto come qualcuno che fedelmente ripete a pappagallo ciò che la CIA gli dice di dire (dal momento che questo è uno degli attributi più ambiti e apprezzati nel giornalismo USA), ha utilizzato tre minuti per mescolare affermazioni della CIA (prive di prove e trattate come fatti) con affermazioni totalmente false su ciò che le sue molteplici "fonti con conoscenza diretta" gli avevano riferito su tutto questo. Si prega di guardarlo di nuovo: non tanto per il contenuto, quanto per il tenore e il tono in cui si “riferiscono” le “notizie”. È una roba imbarazzante ai livelli del portavoce di Saddam Hussein, il famigerato Baghdad-Bob:


Pensate esattamente a cosa significhi tutto questo. Significa che almeno due - e possibilmente più - fonti, che tutti questi media hanno giudicato credibili in termini di accesso a informazioni sensibili, hanno fornito le stesse false informazioni a più organi di informazione contemporaneamente. Per molte ragioni, è molto alta la probabilità che queste fonti fossero membri democratici della Commissione sull’Intelligence della Camera (o dei funzionari di alto livello delle loro squadre), poiché è stata la Commissione ad aver ottenuto l'accesso alle e-mail di Trump Jr., benché sia certamente possibile che sia qualcun altro ancora. Non lo sapremo fino a quando questi organi di informazione non si degneranno di riferire al pubblico queste informazioni cruciali: quali «molteplici fonti» hanno mai agito congiuntamente per divulgare informazioni false e incredibilmente incendiarie presso i maggiori organi di informazione nazionali?

 
Appena la settimana scorsa, il Washington Post (con grande plauso, anche mio) ha deciso di esporre una fonte – una donna a cui avevano promesso l'anonimato e le protezioni a microfoni spenti - perché hanno scoperto che aveva intenzionalmente loro fornito false informazioni come parte di una trama ordita da Project Veritas per screditare il Post. È un principio ben consolidato del giornalismo (raramente seguito quando si parla di persone potenti a Washington): il fatto cioè che i giornalisti dovrebbero esporre, anziché proteggere e nascondere, le fonti che abbiano fornito di proposito false informazioni da diffondere presso il pubblico.

È forse quello che è successo nel nostro caso? Queste "fonti multiple" che hanno dato in pasto le informazioni completamente false non solo alla CNN, ma anche a MSNBC e CBS, lo fanno deliberatamente e in malafede? Fino a quando queste testate giornalistiche non forniranno un rendiconto di quel che è successo - ciò che si potrebbe chiamare "trasparenza giornalistica minima" - è impossibile dirlo con certezza. Ma al momento, è molto difficile immaginare uno scenario in cui più fonti abbiano tutte indicato la data sbagliata a diversi media in modo innocente e in buona fede.

Se si trattasse, in realtà, di un deliberato tentativo volto a causare una narrazione falsa e molto incendiaria, allora questi media hanno l'obbligo di mettere in vista chi sono i colpevoli - proprio come il Washington Post ha fatto la scorsa settimana nei confronti della donna che faceva affermazioni false su Roy Moore (era molto più facile in quel caso perché la fonte che mettevano in vista era una persona che a Washington non contava, anziché qualcuno su cui fare affidamento per un flusso costante di notizie, ossia il modo in cui CNN e MSNBC si affidano ai membri democratici della Commissione sull'intelligence). Per contro, se questo fosse solo un errore innocente, allora queste testate giornalistiche dovrebbero spiegare come una sequenza di eventi così inverosimile possa essere accaduta.

Finora, queste multinazionali stanno facendo l'opposto di ciò che i giornalisti dovrebbero fare: piuttosto che informare il pubblico su ciò che è accaduto e assicurare una minima trasparenza e responsabilità per se stessi e gli alti funzionari che hanno causato tutto questo, si nascondono dietro a qualcosa di insignificante, dichiarazioni nebulose redatte da manager di pubbliche relazioni e avvocati.

Come possono mai certi giornalisti e certe testate reagire e fare così tanto gli offesi, se vengono attaccati come "Fake News", quando proprio questa è la condotta dietro la quale si nascondono una volta che siano scoperti a diffondere storie false e incredibilmente ricche di conseguenze?

Quanto più pensate che la vicenda Trump/Russia sia una cosa seria, quanto più pericoloso ritenete che sia Trump quando attacca i media statunitensi in quanto "Fake News", tanto più dovreste risultare turbati da ciò che è successo in questo caso, e tanto più dovreste esigere maggiore trasparenza e responsabilità. Se siete gente che ritiene che gli attacchi di Trump ai media siano pericolosi, allora dovreste essere in prima fila a obiettare quando i media agiscono in modo avventato, in modo da pretendere trasparenza e responsabilità da parte loro. Sono delle disfatte totali come questa - e i successivi sforzi delle grandi imprese mediatiche volti a offuscare il tutto - che hanno reso i media statunitensi così antipatici fino ad alimentare e rafforzare gli attacchi di Trump contro di loro.

In terzo luogo, questo tipo di incoscienza e falsità è ora una tendenza chiara e altamente preoccupante - si potrebbe dire una costante - quando si parla di Trump, Russia e Wikileaks. Ho passato buona parte dell'ultimo anno a documentare le notizie straordinariamente numerose, ricche di conseguenze avventate che sono state pubblicate - e poi corrette, annullate e ritrattate - dai principali media tutte le volte che viene affrontata questa vicenda.

Tutte le testate, ovviamente, commetteranno degli errori. The Intercept ha certamente fatto la sua parte, così come accade a tutti gli organi di informazione. Ed è particolarmente naturale e inevitabile, che si commettano errori ove ci sia una storia molto complicata e opaca come la questione del rapporto tra Trump e i russi, e le domande relative a come WikiLeaks abbia ottenuto le e-mail del DNC e di Podesta. È tutto quel che c’è da aspettarsi.

Ma quello che ci si dovrebbe aspettare dagli "errori" giornalistici è che a volte vadano in una direzione, e altre volte vadano nella direzione opposta. Questo è esattamente ciò che non è successo in questo caso. Praticamente ogni falsa storia pubblicata va solo in una direzione: essere la più incendiaria e dannosa possibile sulla vicenda di Trump/Russia e in particolare sulla Russia. A un certo punto, una volta che gli "errori" iniziano ad andare tutti nella stessa direzione, verso l'avanzamento del medesimo ordine del giorno, smettono di sembrare errori.

A prescindere dalla vostra opinione su quelle polemiche politiche, a prescindere da quanto odiate Trump o consideriate la Russia un cattivone e una minaccia per la nostra benamata democrazia e libertà, bisogna riconoscere che quando i media statunitensi non fanno altro che diffondere continue false notizie su tutta questa materia, anche loro rappresentano una grave minaccia per la nostra democrazia e adorata libertà.

Sono talmente tante le false storie sulla Russia e su Trump nel corso dell'ultimo anno che non riesco letteralmente a elencarle tutte. Prendete in considerazione appena quelle dell'ultima settimana soltanto, come riportato ieri dal New York Times nel suo articolo che riferisce sull’imbarazzo della CNN:

C’è stato anche un altro importante errore di cronaca in un momento in cui le organizzazioni giornalistiche si stanno confrontando con un pubblico scettico e un presidente che si diletta nell'attaccare i media come "Fake News". Sabato scorso, ABC News ha sospeso un giornalista star, Brian Ross, dopo aver riferito distortamente che Donald Trump aveva incaricato Michael T. Flynn, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale, di contattare i funzionari russi durante la corsa presidenziale. Il rapporto ha alimentato le teorie sul coordinamento tra la campagna di Trump e una potenza straniera e le azioni in borsa sono calate dopo la notizia. In realtà, le istruzioni di Trump a Flynn arrivarono solo dopo essere stato eletto presidente. Diverse agenzie di stampa, tra cui Bloomberg e The Wall Street Journal, hanno anche riportato erroneamente questa settimana che la Deutsche Bank aveva ricevuto una citazione dal consigliere speciale, Robert S. Mueller III, per i documenti finanziari del Presidente Trump.Il presidente e il suo gruppo non si son fatti pregare nel calcare la mano su questi errori.

E qui stiamo parlando appena dell’ultima settimana. Ricordiamoci di quante e quante volte le maggiori testate giornalistiche hanno commesso errori umilianti e strabilianti sulla storia di Trump/Russia, ogni volta nella stessa direzione, verso gli stessi obiettivi politici. Ecco appena un assaggio delle affermazioni incredibilmente provocatorie che hanno percorso ogni angolo di Internet prima che fossero corrette, ritrattate o ritirate, spesso molto tempo dopo che le false affermazioni iniziali si erano diffuse, e dove le correzioni ricevono solo una minima parte della spasmodica attenzione che alle notizie false viene invece tributata all’inizio:

• La Russia ha violato la rete elettrica degli Stati Uniti per privare gli americani di calore durante l'inverno (Washington Post)

• Un gruppo anonimo (PropOrNot) ha documentato in che modo i principali siti politici degli Stati Uniti sono agenti del Cremlino (Washington Post)

• WikiLeaks ha una relazione di lunga data e documentata con Putin (Guardian)

• È stato scoperto un server segreto tra Trump e una banca russa (Slate)

• RT ha hackerato C-SPAN e ha causato interruzioni nelle sue trasmissioni (Fortune)

• Crowdstrike scopre che i russi hanno hackerato un'app dell’artiglieria ucraina (Crowdstrike)

• I russi hanno tentato di hackerare i sistemi elettorali di 21 stati (testate giornalistiche varie, che fanno eco al dipartimento della Sicurezza Nazionale)

• Sono stati trovati collegamenti tra l'alleato di Trump Anthony Scaramucci e un fondo di investimento russo sotto inchiesta (CNN)

Questo è davvero appena un piccolo assaggio. Questo modo di coprire l’argomento è così costantemente pessimo e fuorviante, che perfino i più partecipi fra i critici di Vladimir Putin - come l'espatriato russo Masha Gesseni giornalisti russi di opposizionenonché gli attivisti liberali anti-Cremlino che operano a Mosca - stanno continuamente avvertendo che i reportage disinformati, ignoranti e paranoici dei media statunitensi sulla Russia stanno danneggiando la loro causa in tutti i modi, intanto che distruggono la credibilità dei media USA agli occhi dell'opposizione di Putin (che - a differenza degli americani, che sono stati nutriti con una dieta costante a base di news e propaganda sulla Russia – capisce effettivamente le realtà di quel paese).





I media USA sono molto bravi nel pretendere rispetto. Amano implicare, ove non lo dichiarino apertamente, che uno - per essere patriottico e un buon americano - dovrebbe respingere gli sforzi per screditare loro e il loro modo di riferire le notizie, perché è così che si difende la libertà di stampa.

Ma i giornalisti hanno anche la responsabilità non solo di chiedere rispetto e credibilità, ma di guadagnarseli. Ciò significa che non dovrebbe esserci una lista così lunga di abiette umiliazioni, dentro cui vediamo pubblicate storie completamente false per ottenere plausi, traffico sui siti e altre ricompense, benché crollino al minimo scrutinio. Certamente significa che tutti questi "errori" non dovrebbero puntare nella stessa direzione, perseguendo lo stesso risultato politico o la medesima conclusione giornalistica.

Ma quel che è più significativo è che quando i media sono responsabili di errori gravi e forieri di conseguenze come nel caso dello spettacolo cui abbiamo assistito ieri, devono assumersene la responsabilità offrendo trasparenza e responsabilità. In questo caso, ciò non può significare nascondersi dietro i PR e il silenzio degli avvocati aspettando che intanto passi la bufera.

Come minimo, queste reti - CNN, MSNBC e CBS - devono identificare chi ha fornito intenzionalmente queste informazioni palesemente false, o spiegare come sia possibile che "più fonti" abbiano tutte le stesse informazioni sbagliate in modo innocente e in buona fede. Fino a quando non lo fanno, le loro grida e proteste, la prossima volta che vengono attaccati come "Fake News", dovrebbe cadere nel vuoto, dal momento che i veri autori di quegli attacchi - il motivo per cui quegli attacchi risuonano – sono loro stessi e la loro condotta. 

(Aggiornamento: ore dopo che questo articolo era stato pubblicato, sabato - un giorno e mezzo dopo i suoi tweet originali che promuovono la falsa storia della CNN con un “boom” e un cannone - Benjamin Wittes ha alla fine capito che la storia della CNN che lui aveva pompato presentava "problemi seri"; inutile dire che il tardivo riconoscimento ha ricevuto solo una piccola porzione dei ri-tweet da parte dei suoi seguaci rispetto ai tweet originali che pompavano la storia all’inizio).