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sabato 16 marzo 2024

Prove di civiltà avanzate vissute sulla Terra più di 100.000 anni fa? - Ansh Srivastava

 

Cosa sappiamo veramente della storia e del passato della razza umana? La nostra specie è sul pianeta Terra solo da un paio di migliaia di anni, come suggeriscono i ricercatori tradizionali? Oppure è possibile che antiche civiltà avanzate abitassero il nostro pianeta centinaia di migliaia di anni fa?

Recentemente, diverse scoperte sembrano indicare la possibilità che le antiche civiltà chiamassero il pianeta Terra “casa” molto prima di quanto si pensasse in precedenza. Perché i ricercatori tradizionali scelgano di "ignorare" i dettagli e gli indizi che indicano l'esistenza di civiltà molto più antiche di quanto si pensasse in precedenza rimane un enigma per molte persone.

Prove di civiltà che abitavano il nostro pianeta prima della storia documentata “si possono trovare in ogni angolo del mondo. Nell'antico Egitto, in Mesoamerica e in Sumer troviamo testi scritti che parlano di grandi civiltà, grandi governanti e di un'"età dell'oro" durata migliaia di anni.

Civiltà avanzate abitavano l’Africa più di 100.000 anni fa.

Uno dei migliori esempi di queste “civiltà centenarie” si trova in Africa. L'incredibile scoperta è avvenuta in Sud Africa, a circa 150 km a ovest del porto di Maputo. Lì si trovano i resti di una grande metropoli la cui superficie, secondo le analisi, si estende su circa 1500 chilometri quadrati.

Questa antica città fa parte, secondo i ricercatori, di una comunità ancora più vasta di circa 10.000 chilometri quadrati e si ritiene che sia stata costruita tra il 160.000 e il 200.000 a.C. a.C. La geologia dell'area circostante è interessante per le numerose miniere d'oro situate nel vicinanza.

I ricercatori hanno proposto che una civiltà scomparsa in un lontano passato potrebbe aver vissuto e stabilitosi in quella parte del mondo mentre estraeva l’oro. I ricercatori indicano gli antichi Anunnaki.

Amazonas: scoperta di una civiltà precedentemente sconosciuta.

In Amazzonia sono state scoperte altre civiltà che potrebbero essere molto precedenti agli Inca e ai loro antenati. Nessuno avrebbe potuto immaginare che da qualche parte nelle zone remote dell’Amazzonia esistesse una civiltà perduta.

La rapida deforestazione in combinazione con Google Earth ha permesso il rilevamento di 210 geoglifi in 200 siti diversi, in una striscia di 250 chilometri per 10 chilometri di larghezza in Amazzonia. Come le linee di Nazca, gli incredibili disegni geometrici, zoomorfi e antropomorfi dell'Amazzonia possono essere veramente apprezzati solo dall'alto. La domanda rimane: perché?

Sotto gli alberi della giungla amazzonica sono comparsi numerosi resti di quella che evidentemente fa parte di una civiltà antica e fino ad ora sconosciuta. Secondo i ricercatori, dall'alto sono stati osservati 260 enormi viali, estesi canali di irrigazione e recinti per il bestiame.

La scoperta è stata fatta vicino al confine tra Bolivia e Brasile. Le piramidi perdute dell'Amazzonia: le tracce di una civiltà preistorica. Nelle giungle intricate e fitte dell'Amazzonia si nascondono numerosi misteri che probabilmente potrebbero aiutarti a capire come vivevano le antiche civiltà in un lontano passato.

Diversi ricercatori ritengono che le piramidi Paratoari siano una cresta troncata ai piedi delle colline, che può assumere la forma di una piramide naturale, ci sono molti altri ricercatori che credono fermamente che queste strutture siano state costruite in un lontano passato da una civiltà mai vista prima.

Le escursioni nella regione hanno trovato numerose prove dell'abitabilità Inca nella zona, come petroglifi, strade asfaltate e piattaforme. Le misteriose strutture piramidali furono identificate per la prima volta attraverso la foto satellitare della NASA numero C-S11-32W071-03, pubblicata nel 1976.

Le immagini hanno spinto numerosi investigatori ad avventurarsi nella zona di Manu, una fitta foresta pluviale nel sud-est del Perù, sperando di scoprire se queste strutture siano state effettivamente costruite da un'antica civiltà, perduta nel tempo.

https://www.infinityexplorers.com/evidence-advanced-civilizations-living-earth-100000-years-ago/

giovedì 22 febbraio 2018

Boschi, sorveglianza 24 ore su 24 contro la stampa e le proteste: la casa di Laterina ora è un bunker. - Davide Vecchi

Maria Elena Boschi

Dopo le proteste dei risparmiatori l’abitazione di Laterina viene “fortificata”.
Pubblichiamo un estratto dal libro di Davide Vecchi “Lady Etruria, tra papà e Matteo: tutti i segreti di Maria Elena Boschi” con prefazione di Marco Travaglio e postfazione di Giorgio Meletti, edito da Paper First da oggi nelle edicole e nelle librerie.
In pieno scandalo banca Etruria la famiglia Boschi diventa inavvicinabile. Il 28 febbraio 2016 l’associazione vittime del salva banche organizza un presidio a Laterina, nei pressi dell’abitazione dei Boschi. L’arrabbiatura del resto è giustificata. Il governo è da poco intervenuto azzerando le obbligazioni subordinate e molti risparmiatori si sono ritrovati con i risparmi di una vita volatilizzati. 
Inoltre, in quel febbraio 2016, Pier Luigi Boschi è indagato per bancarotta. Non solo. Ma è da poco emerso che il papà del ministro, due anni prima, appena nominato vicepresidente di banca Etruria, nel tentativo di individuare un nuovo direttore generale per sostituire l’ormai ex Luca Bronchi, aveva usato canali poco istituzionali: si era rivolto a un conoscente massone piuttosto discusso e poi arrestato, Valeriano Mureddu, che lo aveva messo in contatto con Flavio Carboni, l’ultraottantenne faccendiere passato in quasi tutte le vicende più losche e misteriose della storia della Repubblica italiana. Pier Luigi per ben due volte si mette in auto per raggiungere l’ufficio romano di Carboni e chiedere udienza e consiglio.
Per i clienti dell’istituto di credito che si sentono truffati è quasi naturale andare a protestare fuori da casa di quello che viene indicato come uno dei responsabili del tracollo della popolare. Poche decine di persone. Nulla da impensierire l’ordine pubblico. Tutto si svolge senza alcun tipo di problema, scontro o momento di tensione. Anche perché l’iniziativa è davvero spontanea e non ha alcun tipo di strumentalizzazione politica: sono risparmiatori. Nient’altro. Per l’occasione però arrivano massicce le forze dell’ordine. E da allora non se ne andranno mai più. A papà e mamma Boschi viene infatti riconosciuta una sorta di scorta. Per proteggersi da risparmiatori e giornalisti.
Per essere tecnicamente precisi si tratta di una “vicinanza fissa all’abitazione” e di una “vicinanza dinamica dedicata”. Il testo dei dispositivi è conservato presso il Comitato per la Sicurezza in prefettura e questura di Arezzo. Vi si leggono i dettagli di quello che diventerà un presidio fisso delle forze di Polizia al fianco della famiglia Boschi. Fuori dall’abitazione diventa impossibile anche solo avvicinarsi.
Quella che nel 2014, quando Maria Elena sbarca al governo come ministro, era una casa di tre piani senza recinzione né altro, spuntata a un incrocio della statale e incastrata tra capannoni industriali e appezzamenti di campagna coltivati, nel tempo si trasforma in un vero e proprio bunker. 
Di pari passo con le inchieste che riguardano banca Etruria e che vedono il padre Pier Luigi indagato – alla bancarotta semplice e fraudolenta si aggiunge poi l’accusa di falso in prospetto e di accesso abusivo al credito – la residenza di famiglia si fortifica. Prima spuntano due garage così da permettere a papà e mamma Boschi di entrare in casa senza dover passare dall’esterno, dove ovviamente i giornalisti si presentano a ogni novità che emerge dalle indagini, come è giusto che sia. La stampa, si sa, per sua natura deve controllare il potere. E se il padre di un ministro è indagato per una vicenda oggetto di interventi del governo rientra nel potere da controllare. Che ovviamente si infastidisce. Dopo i garage spunta una recinzione lunga tutto il perimetro della villetta. Poi viene piantata anche una siepe alta tanto da coprire la visuale. Infine appare un’auto fissa di piantone delle forze dell’ordine con due uomini 24 ore su 24. Il plurindagato Pier Luigi Boschi può stare tranquillo. Nessuno può disturbarlo.
Proviamo in molti a fare comunque il nostro mestiere. Ma chi prova anche solo ad accostare lungo la statale nei pressi della casa viene fermato e identificato. Se invece un’auto passa due, tre volte davanti alla casa gli agenti la seguono per capire i motivi dei ripetuti passaggi. Insomma casa Boschi diventa un bunker inavvicinabile.
Il dispositivo parla di due Carabinieri fissi 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno. Divisi su turni, in pratica, ben 10 uomini dell’Arma al giorno sono utilizzati per la casa dell’ex vicepresidente plurindagato della popolare di Etruria. 
E se deve allontanarsi da casa, lui come anche la moglie, basta telefonare e subito arriva un’altra auto di servizio con altri due uomini per accompagnarli dove devono. Una fonte qualificata della questura di Arezzo ci tiene però a far sapere che in realtà i genitori del ministro non hanno mai abusato di questa vigilanza, tutt’altro: sono stati rari i casi in cui hanno telefonato per chiedere assistenza. E sempre e solo per colpa dei giornalisti insistenti.
Quando poi a Laterina c’è la ministra, la presenza dei militari si raddoppia. A volte si sono presentate persino delle camionette della Polizia per presidiare l’abitazione. Ma la scorta riconosciuta al parlamentare membro dell’esecutivo prescinde da Laterina, le era stata assegnata a Roma. Da ministro anche perché, in quei mesi, riceveva minacce ed era in una “situazione obiettiva di rischio”.
Leggi anche:

sabato 16 dicembre 2017

Maria Elena Boschi e gli interessamenti per Banca Etruria, nel 2014 summit in casa per difenderla dai diktat Bankitalia. - Giorgio Meletti

Scontro sul credito – Fornasari, Consoli, Boschi, Trinca

Nel marzo del 2014 - Appena arrivata al governo, l’allora ministro ha ricevuto i vertici di Veneto Banca e dell’istituto di papà per arginare la Vigilanza.

Un sabato di marzo del 2014 Flavio Trinca, presidente di Veneto Banca, e Vincenzo Consoli, amministratore delegato, sono saliti in macchina e hanno percorso di gran carriera i 330 chilometri che separano Montebelluna in provincia di Treviso (sede della banca) da Laterina in provincia di Arezzo. Lì hanno suonato il campanello della villa di Pier Luigi Boschi, consigliere di amministrazione di Banca Etruria, che li attendeva con il presidente Giuseppe Fornasari. I rapporti sono oliati. È proprio Fornasari ad aver voluto nel 2011 Boschi nel cda della banca, in rappresentanza del mondo agricolo aretino. Ed è ancora Fornasari a conoscere bene Trinca: entrambi sono stati deputati, entrambi hanno alle spalle la militanza nella Dc, sebbene in due diverse correnti, l’aretino era fanfaniano (come Boschi), il trevigiano stava con Carlo Donat-Cattin in Forze Nuove.
La rimpatriata scudocrociata non spiega i 660 chilometri in macchina tra andata e ritorno. Il fatto è che Boschi ha organizzato un vertice con la figlia Maria Elena, che da pochi giorni è entrata nel nuovo governo Renzi come ministro delle Riforme, coronando la scalata al potere condotta accanto al suo leader. 
I tre visitatori vanno speranzosi, guardano alla giovane ministra come alla protettrice dei banchieri disperati. Lei ascolta, loro le spiegano le amarezze che li accomunano. 
Da alcuni mesi sia Etruria sia Veneto Banca sono nel mirino della Vigilanza di Bankitalia. Nel corso del 2013 severe ispezioni si sono concluse con letteracce molto simili del governatore Ignazio Visco. Identico il concetto: le vostre banche sono scassate assai, dovete al più presto trovarvi un “partner di elevato standing”, cioè una banca più grande e più sana che vi assorba e vi salvi. Identico il sottotesto, esplicitato a quattr’occhi dal severo capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo: consegnatevi alla Popolare di Vicenza di Gianni Zonin. Gli uomini di Etruria se lo sentono dire il 5 dicembre, Consoli il 19 dicembre.
Le due banche recalcitrano, per due ragioni. La prima è che sono due Popolari, cioè due cooperative, che assommano circa 150 mila soci che decidono una testa un voto. Chi glielo va a dire che devono consegnarsi senza condizioni al rivale Zonin, il quale ha fatto subito sapere a Fornasari e Trinca che per aretini e trevigiani non ci sarà posto nel cda nella nuova bancona che nascerà dalle due fusioni?
La seconda ragione è più velenosa: i banchieri disperati ritengono che la banca di Zonin sia messa peggio delle loro, e che Barbagallo, forse ingannando lo stesso Visco, stia assediando Arezzo e Montebelluna non per salvare le loro banche ma per darle in pasto alla Popolare di Vicenza, istituto amatissimo da Palazzo Koch e aiutarla a tirarsi fuori dai guai serissimi in cui si è cacciata, nella distrazione della Vigilanza.
La neo ministra ascolta e annuisce. La missione di cui il padre – organizzando l’incontro – la invita di fatto a farsi carico è di mettere a disposizione di Etruria e Veneto Banca “lo spirto guerrier” del nuovo governo per rintuzzare l’aggressività di Palazzo Koch. In realtà non succede niente.
Pochi giorni dopo uno spettacolare blitz della Guardia di Finanza ordinato dal procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi e originato da una denuncia di Barbagallo, fa secco Fornasari con accuse poi rivelatesi infondate al processo di primo grado. Lorenzo Rosi diventa presidente di Etruria e Boschi padre vicepresidente. 
Ma intanto Bankitalia continua a menare fendenti. La verità è che Matteo Renzi, non appena insediato a Palazzo Chigi, ha attaccato il governatore Visco chiedendogli di ridurre il suo stipendio da 495 mila euro annui a 248 mila, il tetto fissato per tutti i dirigenti pubblici. Visco lo manda al diavolo invocando l’indipendenza della Banca d’Italia. Lo strappo tra Palazzo Chigi e Palazzo Koch è velenoso, e non sarà mai ricucito.
Di fatto sarà Etruria la più maltrattata da Bankitalia nei mesi turbolenti delle crisi bancarie. Visco subisce il no a Zonin e va in pressing sugli aretini perché si trovino un compratore. Rosi, Boschi e gli altri battono tutte le strade possibili. Nell’estate 2014 Boschi si fa presentare il piduista Flavio Carboni dall’amico Valeriano Mureddu. Lavorano sull’ipotesi di far salvare Etruria dal fondo Qvs dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, lo stesso al quale, secondo indiscrezioni de La Stampa, si sarebbe rivolto Renzi nei giorni scorsi per chiedergli di salvare Alitalia. Non cavano un ragno da un buco. Si rivolgono allora alla banca francese Lazard e poi a Mediobanca, le quali contattano almeno una trentina di banche in tutta Europa ma ottengono solo dei cortesi “no grazie”. 
Questo spiega perché a gennaio 2015 la ministra, in un ultimo disperato tentativo, si rivolge in modo pressante al numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni chiedendogli di salvare la baracca aretina e paterna. Lui risponde educatamente ma prende tempo.
Il 7 febbraio Rosi va a Torino e parla con Ghizzoni in occasione del discorso di Visco al Forex. Non serve a niente. Due giorni dopo il governatore firma il commissariamento di Etruria
Un anno dopo la Boschi si vendicherà con una rancorosa intervista al Correre della Sera senza nominare Visco e Barbagallo ma salutandoli come “le stesse persone che un anno fa suggerivano a Banca Etruria un’operazione di aggregazione con la banca di Zonin”.
LA PRECISAZIONE 
Nel nostro articolo di ieri, a pagina 2 e 3 del Fatto Quotidiano, intitolato “Riunione a casa Boschi per difendere Etruria dai diktat di Bankitalia”, per errore abbiamo scritto che Flavio Carboni era un “piduista”. In realtà, in tutte le inchieste giudiziarie sulla Loggia Propaganda 2 di Licio Gelli, non è mai emerso che lo stesso Carboni risultasse negli elenchi del “maestro venerabile” sequestrati dalla magistratura nella villa di Gelli a Castiglion Fibocchi (Arezzo). Flavio Carboni, invece, fu coinvolto nell’inchiesta sulla fuga a Londra e sull’omicidio del presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi (nel giugno del 1982). Un’accusa dalla quale, però, è stato poi assolto a titolo definitivo, mentre fu condannato per concorso nel fallimento dell’Ambrosiano. 
Il nome di Carboni è legato alle vicende di Banca Etruria (Arezzo) perché a lui, nell’estate del 2014, si era rivolto Pier Luigi Boschi (padre del sottosegretario Maria Elena), allora vicepresidente dell’istituto toscano, per chiedergli consigli sulla nomina del direttore generale di Etruria. A mettere in contatto Boschi con Carboni era stato un massone, Valeriano Mureddu.

venerdì 4 marzo 2016

Addio posto fisso, risparmi e casa di proprietà: benvenuto Medioevo. - Francesco Manna


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Prima il posto fisso, poi il risparmio privato, infine la casa di proprietà.

Ci hanno abituato a pensare che il lavoro stabile sia anacronistico, una dimensione nostalgica e inadatta alle dinamiche del Terzo Millennio (il Jobs act legalizza il precariato permanente e il licenziamento arbitrario). Fatevene una ragione ci hanno detto. E ce la siamo fatta.
Ci stanno abituando a pensare che il bail-in sia una cosa buona e giusta (tradotto: le banche perdono giocando d’azzardo, i clienti pagano il conto, tutto a norma di legge). E ce ne stiamo facendo una ragione.
E ora vogliono abituarci a vivere tutti in affitto. Anzi: a considerare una fortuna riuscire a pagare un affitto, così come ormai si considera un privilegiato chi riesce a raccattare qualche voucher. E, a quanto pare, ce ne faremo una ragione.
Eppure lavoro, risparmio privato e casa di proprietà sono stati i pilastri portanti della classe media per decenni. Di più, sono stati i pilastri di quel poco di democrazia che abbiamo avuto: senza diritti sociali, la democrazia diventa un vuoto simulacro che fa da paravento a un’oligarchia di fatto. Oggi stiamo assistendo passivamente allo smantellamento di questi tre pilastri, una devastazione lenta, sistematica e tenace.
Il governo Renzi sta agevolando l’esproprio delle case da parte delle banche (vedi l’atto n.256: bastano sette mesi non pagati, anche non consecutivi, per far finire la casa all’asta) e, con le condizioni stabilite per il prestito ipotecario vitalizio,  alla morte del beneficiario over 60 gli eredi potrebbero ritrovarsi sul groppone costi insostenibili (con tanto di reintrodotti anatocismo e pignoramento della prima casa), perdendo il possesso della casa.
 
Il nuovo mondo si preannuncia così: niente diritti sul lavoro, niente risparmi, niente pensioni, niente casa di proprietà.
 
Al posto dei diritti, avremo qualche elemosina di Stato (probabilmente le chiameranno “misure umanitarie”) elargita ai più poveri fra i poveri, almeno sulla carta, per garantire quel minimo indispensabile di tenuta sociale.
 
La nuova classe media sarà un esercito di braccianti che vivono alla giornata.
 
In tre parole, saremo tutti sudditi.
 

martedì 3 novembre 2015

In vendita la casa riciclabile di 150 m² a meno di 38.000€ e costruita in 4 giorni – il VIDEO



Riciclabile, passiva e low cost.  Questo nuovo tipo di casa si costruisce a pezzi, ricordando le strutture deimattoncini Lego e non costa più di 37.000 Euro in materiali di struttura, ovvero meno di 250 € al m ². Ulteriori informazioni sul sito ufficiale: www.popup-house.com. E’ possibile montarla in soli 4 giorni, come mostra il VIDEO.

http://www.globochannel.com/2015/10/28/in-vendita-la-casa-riciclabile-di-150-m%C2%B2-a-meno-di-38-000e-e-costruita-in-4-giorni-il-video/

domenica 26 luglio 2015

Progetto Casa GG: la casa che si costruisce in poco tempo e non consuma niente.


Casa GG
Progetto Casa GG: la casa che si costruisce in poco tempo e non consuma niente

Una casa che si costruisce in poco tempo e consuma pochissima energia: è la Casa GG, una casa passiva progettata in Spagna per essere sostenibile ed economica.

Una casa che si costruisce in pochi mesi, con 6 soli moduli e che consumi un solo kilowatt di corrente, da oggi è una realtà. Grazie allo studio di progettazione Alventosa Morell Arquitectesche ha realizzato questo progetto nei pressi di Santa Maria de Palautordera, in Spagna.
Si chiama Casa GG,ed è una “macchina per vivere” rispettosa dell’ambiente e del paesaggio, ma anche economica nella gestione quotidiana dei consumi. Disposta su di un unico livello, è composta da sei moduli in legno d’abete prefabbricati posizionati prendendo in considerazione l’orientamento solare e le diverse piante presenti sull’area, può essere costruita in soli 4 mesi. 
I volumi si adagiano sul terreno tra i tronchi degli alberi ad alto fusto. In questo modo, anziché tagliarli per realizzare l’abitazione, si è deciso di farla interagire con essi.
Il risultato è originale anche nell’estetica: infatti la casa ha una forma tentacolare. I moduli ospitano rispettivamente le tre camere da letto, la cucina, il bagno, il soggiorno, un locale per le biciclette e per le attrezzature da giardino. Gli spazi di collegamento tra i blocchi in legno sono vetrati e ospitano la sala da pranzo e uno studio.
terrazza
La terrazza della Casa GG
I materiali utilizzati sono stati reperiti in zona e tutti riciclabili (soprattutto legno locale), quindi hanno un impatto minimo sull’ambiente. In inverno poi, la casa viene riscaldata grazie alla presenza di un solo radiatore da un kilowatt in funzione per due ore al giorno. E’ l’intelligente posizionamento dei moduli che sfrutta l’irraggiamento solare naturale a permettere un riscaldamento più naturale.
esterno casa GG
Veduta dell’esterno della Casa GG
Inoltre, le pareti disperdenti sono state isolate grazie all’inserimento di uno strato coibente in cellulosa e di una lamina impermeabile traspirante. Infine, le ampie vetrate nelle giornate di sole funzionano come una serra,creando così un “cuscinetto” di aria calda.
studio casa GG
La zona studio, rivestita di legno certificato FSC
Ma ora vi starete chiedendo: e d’estate? Si trasforma in un forno? Per fortuna la risposta è no. La ventilazione naturale, unita all’alto livello di isolamento e all’ombreggiamento dovuto alla vegetazione circostante,garantiscono temperature gradevoli negli ambienti interni, senza bisogno di ricorrere al condizionamento.
cucina passante
L’ampia cucina passante con armadio di contenimento in legno che nasconde le porte alle stanze
Insomma, è fresca d’estate e calda d’inverno. Il tutto in modo naturale e senza condizionatori che consumano corrente e fanno male alla salute.
ammezzato
Ammezzato della Csaa GG.

sabato 6 giugno 2015

Ottime notizie dalla Cassazione: Equitalia non può più pignorare la prima casa, sentenza19270/2014. La sentenza riguarda anche i pignoramenti già effettuati.



Ottime notizie dalla Corte di Cassazione. Con la sentenza numero 19270/2014 del 12 settembre scorso, è stato stabilito che Equitalia non potrà più pignorare la prima casa qualsiasi sia la situazione. Già in passato si è parlato di pignoramento, da parte dell’Ente di riscossione crediti inviato dall’Agenzia delle Entrate, della prima casa, che poteva avvenire solo in alcune situazioni, ma ora non avviene in nessun caso.
Infatti la novità introdotta dalla Corte di Cassazione stabilisce che, a prescindere dalla data di entrata in vigore del provvedimento ,12 settembre 2014, non vi potrà essere nessun pignoramento nemmeno per quanto riguarda i casi precedenti, quindi la sentenza in questione è “retroattiva”,cioè estesa anche ai pignoramenti avviati prima di tale data oltre che a quelli in corso.
L’unica eccezione è rappresentata dalle abitazioni accatastate come di lusso.

Ovviamente la sentenza riguarda soltanto i procedimenti di pignoramento avviati dalla Agenzia delle Entrate,e quelli del suo ente di riscossione Equitalia,non ai procedimenti di altri enti,come ad esempio i pignoramenti da parte delle banche a causa del mancato pagamento delle rate del mutuo ecc.
La parte più significativa ed importante della sentenza in questione della Corte di Cassazione dice: “dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti di processi iniziati prima“.
Dunque in sintesi, ogni provvedimento di pignoramento relativo alle cartelle esattoriali di Equitalia non pagate dovrà essere annullato ad esclusione di quelli che riguardano le abitazioni considerate di lusso.
La sentenza si riferisce, pertanto, ai cittadini che possiedono una sola casa, quella interessata dal pignoramento, e che è la loro l’effettiva ed unica abitazione nella quale risiedono abitualmente ed anagraficamente. 

sabato 23 novembre 2013

Riscaldare l’ufficio con meno di 50 centesimi al giorno [Video].



Un’idea straordinaria quella di questo signore che ha trovato il modo per riscaldare una stanza, che potrebbe essere il suo ufficio, con delle candeline e dei vasi di fiori.

Il signore spiega che la dimensione dei vasi non fa la differenza l’importante è che ci sia un passaggio fra di loro per l’aria.
Se un pacco di candeline da 50 pezzi costa un paio di euro e ne servono davvero poche per creare il caldo la spesa per questo innovativo sistema di riscaldamento è davvero esigua.
Ovviamente come spiega lui stesso questo sistema non riscalderà mai una grande casa in Canada nel mese di Febbraio… ma è utile per un piccolo ufficio o una piccola stanza.
La candela sprigiona CO2, ma quanti di voi fanno il bagno con le candele accese? Quanti di voi ne lasciano sempre una accesa per profumare la casa?
L’idea è geniale, praticamente si è creato una stufetta con due vasi, ora vi spiego come fa, ma non vi spiego le leggi della termodinamica… state tranquilli!
Allora prendete un contenitore e posatelo su una rivista un po’ spessa che faccia da isolante per non surriscaldare la base del tavolo o del davanzale su cui andrete a poggiarlo.
Accendete un paio di candeline (le classiche tea candle) posizionatele nel contenitore e subito dopo ponete il vaso più piccolo sopra di esse ma fate in modo che appoggi sul contenitore e non sopra le candele direttamente, in modo da non coprirle.
Ora prendere l’involucro di una candelina usata, e appiattitelo e posizionatelo sul foro del vaso, quello che serve per drenare l’acqua in eccesso.
Ora prendete il secondo vaso e posizionatelo come una campana sopra l’altro facendo attenzione a non ribaltare tutto e cercando di centrare il più possibile i vasi in modo che tra i due ci sia una specie di intercapedine dove circoli l’aria in egual misura.
Mi raccomando se volete provare NON usate i vasi in plastica ma in terracotta!!
Ora potete godervi il caldino di questa stufetta improvvisata.


sabato 17 novembre 2012

È morto Patrick Edlinger, addio al dieu dell’arrampicata.


LA PALUD-SUR-VERDON, Francia – Patrick Edlinger è morto ieri, 16 novembre, all’età di 52 anni. Pochissime sono al momento le notizie sulle dinamiche dei fatti, ma in base a quanto appreso su alcuni giornali francesi – ma ancora da confermare – , il leggendario arrampicatore francese sarebbe stato trovato privo di vita nella sua casa.
A dare l’annuncio ieri sera è stato il giornale Le Dauphiné Libéré, ma in breve tempo la notizia ha fatto il giro della stampa francese e poi estera. Edlinger doveva prendere parte giovedì prossimo alla rassegna Rencontres du cinéma de montagne di Grenoble, dove sarebbe stato ospite insieme al suo film “La vie au bout des doigts et Opéra vertical”.
Edlinger era nato il 15 luglio del 1960 a Dax, ma ha legato il suo nome alle verticali pareti del Verdon, di cui è diventato un simbolo. È stato uno dei climber più forti della storia, in particolare negli anni ’80 quando gli fu dato il soprannome di “dieu dell’escalade libre”. È diventato famoso nel mondo per le sue salite solitarie, in libera e slegato.
“Ho iniziato ad arrampicare in free solo perchè quando ho cominciato non c’era nessuno che arrampicava con me – ci aveva detto nel 2009 quando lo abbiamo intervistato in occasione del Trento FilmFestival -, e quindi non potevo che arrampicare in solitaria. Le solitarie però sono anche le mie preferite, rappresentano il modo più puro di arrampicare. E’ quello il momento in cui attraverso la scalata scopri te stesso e diventi consapevole di alcune cose che altrimenti non scopriresti”.
“L’arrampicata per me è un modo di vivere non solo uno sport – diceva Edlinger -. E’ un pretesto per girare il mondo, per trovare nuovi posti e nuova gente. La cosa più importante è restare libero per tutta la vita, questo è il mio vero programma per il futuro”.

martedì 11 settembre 2012

Imu, la seconda rata si paga il 17 settembre Ecco le città più care.

La Cgia di Mestre: riguarda 877mila proprietari di prima casa.

Imu, per chi ha deciso il pagamento in tre rate il 17 settembre scade la seconda tranche, mentre il saldo è il 16 dicembre. L'importo medio è di 131 euro, a Bologna la rata più cara.



La pagina del modello F24 alla voce Imu (Ansa)La pagina del modello F24 alla voce Imu (Ansa)
Roma, 8 settembre 2012 - Entro il prossimo 17 settembre, ricorda la CGIA di Mestre, circa 877.000 proprietari di prima casa saranno chiamati a pagare la seconda rata dell’Imu. Su circa 16 milioni di contribuenti che, quasi due mesi fa, hanno versato l’imposta municipale sull’abitazione principale, solo una piccola parte (pari al 5,5% del totale) ha deciso di dilazionare in tre tranches il versamento dell’imposta: prima rata a giugno, ulteriore acconto a settembre, saldo a dicembre.
IL RECORD DELLA TASSA - Per i proprietari delle abitazioni ubicate nei Comuni capoluogo di provincia che hanno deciso questa opzione, l’importo medio da versare all’Erario entro il prossimo 17 settembre sarà pari a 131 euroBologna (293 euro), Milano (269 euro), Genova (227 euro), Torino (224 euro), Roma (199 euro) e Bari (196 euro) saranno i Comuni dove i proprietari di prima casa verseranno gli importi più elevati.
Per il 2012 il contribuente che ha deciso il pagamento dell’Imu dell’abitazione principale in tre rate, anche l’acconto di settembre è pari ad 1/3 dell’importo totale che si ottiene applicando l’aliquota ordinaria del 4‰ con la detrazione di 200 euro (elevabile di 50 euro per ogni figlio di eta’ inferiore a 26 anni convivente con il contribuente).
A dicembre, entro il giorno 16, il contribuente dovrà versare il saldo sulla base delle aliquote definitive come deliberate (entro il 30 settembre) dal comune. In altre parole, sarà necessario ricalcolare il debito IMU annuo sulla base delle aliquota decise dall’ente locale, sottrarre gli acconti pagati a giugno e a settembre (per i contribuenti che hanno scelto di suddividere i versamenti in tre rate) e versare a saldo la differenza.
Tra i Comuni capoluogo di Regione, i differenziali di imposta più elevati si segnalano a Venezia e a Cagliari (entrambi con il +82%), Torino (+75%), subito dopo a Napoli (+ 69%), a Roma (+66%) e aMilano (+62%). Sul totale dei Comuni capoluogo di provincia solo a Macerata (-7%), Lucca (-19%),Latina (-44%) e a Belluno (-52%) la situazione si capovolge: in “periferia” si paga mediamente di piu’ che al centro.
L'APPELLO DELLA CGIA - “Queste differenze tra le grandi città e i Comuni di cintura - segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi- sono dovute al fatto che nelle grandi aree urbane le rendite catastali degli immobili sono mediamente piu’ elevate che nei piccoli centri. Tuttavia- conclude Bortolussi- l’applicazione di questa nuova imposta e la raffica di aumenti avvenuta nei mesi scorsi avranno gravi ripercussioni sui bilanci delle famiglie. Visto che il Governo si è riservato la possibilità di modificare le aliquote dell’Imu entro il prossimo 10 di dicembre, auspico che lo faccia quanto prima, alleggerendo il carico fiscale sui contribuenti italiani che mai come in questo momento necessitano di un aiuto”.