giovedì 8 agosto 2019

Morituri te salutant. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano dell'8 Agosto

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Rileggere Montanelli è sempre un ottimo esercizio, perché è morto 18 anni fa, ma è più vivo e attuale più che mai. Il 28 agosto 1994, cioè 25 anni fa, scriveva questo sul primo governo B.: “Nelle ultime due settimane i consensi al governo e al suo capo sono passati dal 48 a quasi il 54%… È stata proprio questa politica balneare con le sue scene da telenovela minuziosamente descritte in tutti i loro particolari e diffuse in tutta Italia (e speriamo solo in Italia) da televisioni pubbliche e private in gara di zelo, a provocare questa impennata di popolarità. Se le cose stanno così… dobbiamo cospargerci il capo di cenere e chiedergli scusa. I problemi non li ha ancora affrontati né risolti. Ma è chiaro che gl’italiani sono sempre più convinti che lui è il solo uomo capace di farlo, e comunque quello in cui più e meglio si riconoscono”. Perché non amano i “personaggi color fumodilondra”, tipo De Gasperi o Einaudi: “Vorreste mettere il gioioso e giocoso Cavaliere, con le sue risate, le sue barzellette, il suo ottimismo, la sua cordialità, le sue barche, le sue ville. Vorreste mettere. Forse l’Italia non è lui. Ma certamente lui è l’Italia come gl’italiani vorrebbero che fosse. Il sondaggio non può avere altro significato”. Conclusione beffarda e paradossale: non resta che adeguarsi, arrendersi, mettersi a vento. “Senza bisogno di sopprimerci come minacciano di fare certi suoi alleati e ministri, finiremo automaticamente confinati in una specie di Arcadia del buoncostume politico, quello che usava quando Berta filava (ora va alla Standa di Berlusconi e compra il pret-à-porter). Non siamo pericolosi. La nostra audience si assottiglia di giorno in giorno nella stessa misura in cui s’infoltisce quella del Cavaliere. Ave, Silvio, morituri te salutant”.

Ditemi voi se non è la fotografia dell’Italia di oggi: basta sostituire B. con quell’altro cazzaro. Maestro d’ironia e paradosso, Montanelli provocava: infatti continuò a combattere il Caimano per altri sette anni, fino alla morte. E lo fece, conoscendolo nel profondo, con le uniche armi in grado di fargli davvero male: lo sberleffo, il sarcasmo e il disprezzo. Lo prendeva sul serio solo quando scherzava e lo trattava da pagliaccio quando faceva sul serio. Evitando la demonizzazione ossessiva e parolaia “h 24” che per vent’anni dannò la sinistra, peraltro beccata mille volte a inciuciare col presunto nemico. La stessa ossessione che riciccia oggi per Salvini, combattuto con gli stessi toni sdegnati, gli stessi autogol (il tifo per la Ue, le Ong, Macron, lo spread, le procedure d’infrazione) e gli stessi snobismi col ditino alzato. Sia che faccia scemenze innocue (sui social o al Papeete Beach).

Sia che si macchi di condotte gravi (lo scandalo Arata-Siri, il caso Rubli, le bugie per nasconderli, il rifiuto di riferire in Parlamento e in Antimafia, le sparate razziste, le intimidazioni a giornalisti e contestatori, le leggi vergogna riuscite e tentate). In questa penuria di teste pensanti, Montanelli resta la bussola migliore per orientarsi nella jungla della politica e della società. Che paiono tutte nuove, e invece sono vecchie come il cucco. L’Italietta arrapata dall’afrore del ducetto di turno sta per compiere cent’anni. E non ha mai imparato la lezione. Salvini non è il nuovo Mussolini, semmai il nuovo Ridolini; il 1922 fu una tragedia e il 2019 è una farsa. Ma lo spettacolo delle opposizioni in Parlamento ricorda quello di liberali, socialisti e popolari all’avvento del fascismo. A cui spianarono la strada fingendo o credendo di combatterlo. Ieri Pd e FI potevano rifilare il primo vero smacco a Salvini, mandando in frantumi la coalizione giallo-verde con una semplice uscita dall’aula, che avrebbe fatto passare le mozioni M5S-LeU. Invece si sono coalizzati con lui. Poi, ridicoli, han ricominciato a invocare le elezioni: quando era assodato che, anziché la crisi, sarebbero scattate le ferie. Con “nemici” come questi, il Cazzaro può campare di rendita chissà quanto. La cosiddetta informazione dovrebbe smetterla di definire Pd&FI “opposizioni” e di stalkerare i 5Stelle perché facciano ciò che conviene a loro, ma non a noi: aprire una crisi che consentirebbe a Salvini di attuare il suo piano senza pagare pegno. Cioè farsi la campagna elettorale contro i grillini traditori (ieri è lui che ha tradito, votando col Pd), votare a ottobre e occupare Palazzo Chigi.
Gli unici ostacoli alla sua presa del potere non stanno all’opposizione o nei giornaloni. Ma a Palazzo Chigi (Conte, che anche oggi gli darà qualche cazzotto con mano guantata), al Quirinale (Mattarella, che fa l’arbitro imparziale e tanto basta a indispettirlo), in Vaticano (il Papa che non riceve il catto-pagano e che denuncia l’uso politico della religione ridotta a superstizione) e qua e là per l’Italia (i No Tav e gli altri movimenti ambientalisti, il popolo degli striscioni, la Raggi che difende la Capitale dalla protervia fascio-salvinista ecc.). Potrebbero esserlo anche i 5Stelle, se capissero che Salvini evoca continuamente la crisi (per qualche poltrona in più col rimpasto? O per votare davvero? E quando?), ma non vuol essere lui ad aprirla: teme nuovi sviluppi degli scandali leghisti e non sa quanto perderebbe rovesciando il premier e il governo più popolari degli ultimi 10 anni. Paure che un M5S ai minimi storici, con ben poco da perdere, dovrebbe usare per passare da ricattato a ricattatore. Mettendo sul tavolo cinque leggi-bandiera previste dal Contratto, sfidando Salvini a proporne altrettante (con le coperture finanziarie) e poi votandole a coppie: una del M5S e una della Lega insieme, onde evitare che quello incassi i voti degli alleati e poi neghi loro i propri. Così, se il Cazzaro vuole comandare da solo, sarà lui a rompere. L’alternativa è la beffa montanelliana: “Ave Matteo, morituri te salutant”.


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mercoledì 7 agosto 2019

Oggi o mai più. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 7 Agosto




Uno dei leader No Tav, Alberto Perino, continua a ripetere che i 5Stelle sono traditori e la loro mozione in Senato contro il Tav “è una presa per i fondelli”. Attaccare i più vicini anziché i più ostili è un vecchio vizio, tipico dell’estremismo settario. In realtà quella di oggi, per il movimento No Tav, è una giornata storica: per la prima volta dopo 30 anni, un partito mette ai voti in Parlamento la cancellazione del cosiddetto Tav Torino-Lione, cioè l’opera pubblica più inutile, costosa, dannosa e demenziale della storia d’Europa. Più ancora del Ponte sullo Stretto, che almeno avrebbe il pregio dell’unicità, mentre il Tav non è un Tav, non andrebbe né a Torino né a Lione, e soprattutto è un assurdo doppione di un treno merci già esistente (il Torino-Modane), senza contare il Tgv Parigi-Milano per i passeggeri. A questo passaggio parlamentare, trattandosi di un’opera decisa da un trattato internazionale fra Italia, Francia e Ue, prima o poi bisognava arrivare. E questa legislatura è la più propizia per votare, visto che mai si era avuto né più si avrà in Parlamento un numero così alto di senatori contrari alla boiata: più di un terzo (circa 115 su 315: i 107 del M5S, 3 dei 4 di LeU, 3 o 4 ex grillini passati al gruppo misto). Certo, è pur sempre una minoranza: ma la più ampia che i No Tav abbiano mai avuto e mai avranno.

Se le mozioni fossero due, una pro Tav e l’altra anti Tav, i giochi sarebbero fatti: passerebbe la seconda. Ma oggi ciascun gruppo (tranne la Lega) presenterà la propria e i 5Stelle sono quello di gran lunga più numeroso. Ecco le formazioni in campo: M5S 107, FI 62, Lega 58, Pd 51, FdI 18, Misto 15, Autonomie 8, più 2 senatori sciolti. In una situazione normale, ciascun gruppo voterebbe la propria mozione e boccerebbe quelle altrui: così verrebbero tutte respinte, perchè nessuna raggiungerebbe la metà più uno dei votanti. Ma questa non è una situazione normale. La maggioranza è un ircocervo di due forze spaccate, diverse, spesso incompatibili fra loro: e proprio sul Tav stanno agli antipodi. Le opposizioni, quando vogliono fare un complimento al governo Conte, l’accusano di “distruggere l’Italia”. Il Pd ci aggiunge il fascismo, il razzismo, l’autoritarismo, l’emergenza democratica, l’invasione delle cavallette, l’Apocalisse: mai visto niente di peggio nella storia repubblicana. Tant’è che Zingaretti annuncia una “mobilitazione” per tutta l’estate e “una grande manifestazione nazionale in autunno” per abbattere il mostro e tornare “subito al voto”. Bene: se fosse vero che il Pd pensa questo e vuole questo, non ha bisogno di attendere l’autunno.

Oggi ha l’occasione d’oro, unica e irripetibile, per incunearsi tra i gialli e i verdi e allargarne la spaccatura fino a mandare in pezzi la maggioranza. Come? Trasformando il voto sul Tav nella tomba del governo Conte e nello smacco mai visto per il nemico principale, cioè Salvini. Il sistema è semplice. I 5Stelle e LeU hanno presentato due mozioni No Tav e se le approveranno a vicenda. Il Pd, FI, FdI e la Bonino (con Monti, Nencini, il LeU dissidente Errani e quel monumento di coerenza dell’ex pentastellato De Falco) ne hanno presentate quattro Sì Tav. La Lega non ha presentato mozioni, ma voterà per le quattro altrui, compresa quella del Pd, e contro quelle dei 5 Stelle (così violando platealmente il Contratto di governo, che impegna a ridiscutere integralmente il Tav e rende nullo il patto di governo se uno dei due contraenti vota contro l’altro su un tema previsto dal testo) e di Leu. L’unico sistema per far esplodere la maggioranza, è dunque fare in modo che venga approvata la mozione dei 5Stelle e la linea della Lega venga sconfitta. Il che può avvenire solo se le opposizioni lasciano soli i due soci di maggioranza ed escono dall’aula quando si vota la mozione dei 5Stelle, così da abbassare il quorum e trasformare i grillini da maggioranza relativa in maggioranza assoluta. I senatori al completo sono 315: se sono tutti presenti quando si vota la mozione dei 5Stelle, il quorum è 158 e i senatori M5S+LeU anti-Tav arrivano a stento a 115. Se escono Pd e FI, i presenti sono al massimo 202, il numero legale è garantito, ma il quorum scende a 102 e i 115 anti-Tav diventano maggioranza assoluta. Dunque la mozione No Tav viene approvata. A quel punto Salvini finisce al tappeto per il cazzottone in pieno grugno ed è capace di tutto: dalla crisi di governo alla lotta armata (di cazzate). E anche Conte esce malconcio, avendo annunciato che, fallita la mediazione con Macron e Juncker, il Tav va fatto (anche se poi ha aperto una porticina alla revoca in caso di voto parlamentare).

Ricapitolando: se davvero il Pd ritiene che questo governo sia un “regime” pericoloso e che vada abbattuto a ogni costo, oggi o mai più: per centrare il suo obiettivo, non gli resta che uscire dall’aula con gli amici di FI quando si vota la mozione M5S, liberarsi dell’abbraccio mortale di Salvini e scatenare l’inferno. Se lo farà, si dimostrerà coerente, oltre che abile nell’arte della politica. E potrà vantarsi davanti agli elettori superstiti, e anche a qualcuno di ritorno, di aver liberato l’Italia dal pericolo pubblico numero uno. 

In caso contrario, vorrà dire che Zinga&C. facevano ancora una volta ammuina, sceneggiata, teatrino dell’assurdo, ma in realtà sono i principali fan del governo e sarebbero disposti a tutto, anche di iscriversi alla Lega, pur di salvare gli affaristi del Tav ed evitare le elezioni. Quindi siano gentili: d’ora in poi ci risparmino gli allarmi democratici, gli stracciamenti di vesti, la militanza antifascista, i proclami tonitruanti contro il Duce redivivo, le mobilitazioni estive, le manifestazioni autunnali e altre esche per gonzi. E dicano una volta per tutte la verità: Partito degli Affari comanda e picciotto risponde.

Il "Partito degli Affari" Pd-FI: sì al Tav per scansare le urne. - Ilaria Proietti

Il Partito degli Affari Pd-FI: sì al Tav per scansare le urne


In Senato – I renziani, pur di evitare le elezioni, spingono i dem a non lasciare l’aula: “Siamo contro chi non vuole l’opera”. La Lega minaccia: votiamo le mozioni “pro”...

La fretta di chiudere la partita è tanta. E non solo per le ferie che premono. Prevale soprattutto il desiderio di allontanare lo spettro di un ritorno anzitempo alle urne. Perché oggi, al di là dei tatticismi e dei distinguo, le opposizioni avrebbero la straordinaria occasione di staccare la spina al governo. O comunque parlamentarizzare la crisi nella maggioranza gialloverde in cui le posizioni di M5S e Lega sulla realizzazione della linea Torino-Lione sono diametralmente opposte. Ma la voglia non c’è. E lo si è capito da tempo. Perché è caduto nel nulla, tanto per fare un esempio, l’appello pubblico lanciato dal capogruppo dei deputati di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida che già qualche giorno fa aveva smascherato il giochino: “Questa pantomima è ridicola e offensiva per l’intelligenza degli italiani. Se i 5 Stelle non vogliono il Tav, allora facciano cadere il governo. Per quel che mi compete lascerei soli in Aula M5S e Lega facendo assumere a entrambi le proprie responsabilità. Ne vedremmo delle belle”. Una proposta su cui però è calato il silenzio. Specie nel Pd che tiene così tanto alla spallata che non tenterà di mandarla a segno prima dell’autunno. Un impegno postdatato che fa a cazzotti con le parole accorate di Carlo Calenda che in beata solitudine chiede che il trappolone venga fatto scattare oggi.
“Se le opposizioni lasciassero questi due buffoni che stanno tenendo il Paese in ostaggio da mesi con le loro diatribe da adolescenti a vedersela tra di loro, allora il governo potrebbe davvero cadere. Viceversa, se l’opposizione deciderà di fare altro, di presentare mozioni, di fare altre iniziative stravaganti, quello che succederà è che avremo salvato questo governo”.
Ma Calenda è una voce nel deserto anche se in molti non ritengono casuale che la discussione sul Tav sia stata incardinata al Senato, anziché alla Camera. Dove è capogruppo dei dem Graziano Delrio che, a quanto si dice, probabilmente avrebbe valutato seriamente l’opzione tattica di fare uscire i suoi dall’aula. Ma sono suggestioni, forse malignità, alimentate dal fatto che proprio Palazzo Madama è la ridotta dei renziani che di andare al voto non ci pensano proprio: in caso di elezioni anticipate Nicola Zingaretti non li ricandiderebbe e loro non ci pensano proprio a uscire di scena e nemmeno dall’Aula perché in gioco più che il Tav è il posto in Parlamento e con gli affetti non si scherza.
Il resto è panna montata. “Noi giochini non ne facciamo: le contraddizioni in seno alla maggioranza sono già emerse. E la spallata non passa certo per una mozione”, fanno trapelare i renziani. E il capogruppo Andrea Marcucci ripete ai giornalisti: “Il Pd avrà una posizione coerente con quanto ha fatto in questi anni. Voteremo per il Tav e contro chi vuole continuare a bloccare le grandi opere pubbliche. Ricordo che nel marzo scorso avevamo già presentato una mozione di sfiducia a Toninelli, che allora fu salvato dalla Lega”. Ma ora la figura del ministro c’entra il giusto, come pure l’oggetto stesso del contendere, ossia il sì Tav/no Tav: il tema è squisitamente politico e attiene alla prosecuzione della legislatura.
La prima mozione ad andare al voto oggi è quella del Movimento 5 Stelle che al Senato conta su 107 senatori contro i 58 della Lega: insomma se i due alleati fossero lasciati in aula a vedersela tra loro, non ci sarebbe partita. Ma quali sarebbero le conseguenze politiche del via libera alla mozione No Tav? Su questo i due alleati di governo hanno idee così dichiaratamente diverse che il dubbio che si tratti di una guerra di posizioni anziché di una reale intenzione di arrivare allo scontro finale, c’è. Ma il Pd teme la crisi di governo e Forza Italia di più. Entrambi non se la sentono di rischiare: le truppe dell’ex Cavaliere inizialmente avevano pensato di lasciare l’aula facendo pesare la loro assenza decisiva. Ma poi hanno tirato i remi in barca e si preparano a dare man forte. E faranno fronte comune coi dem per bocciare la mozione grillina, forti di un totale di 123 senatori.
E la Lega? È l’unica variabile davvero sconosciuta. Ieri il capogruppo leghista Romeo ha spiegato ai 5 Stelle che i suoi potrebbero votare tutte le mozioni pro Tav all’ordine del giorno, a patto che non contengano critiche al governo: teoricamente questo rende votabile, almeno in parte, pure la mozione del Pd. Il punto vero è cosa faranno col testo M5S: il contratto di governo impegna i due alleati a non mettersi reciprocamente in minoranza su questioni di “fondamentale importanza”. Farlo sul Tav sarebbe una dichiarazione di guerra.

lunedì 5 agosto 2019

Un occhio su chip, creato in 3D con cellule umane.

L'immagine in 3D dell'occhio © Ansa

Modello dotato di palpebra, cornea e lacrime per testare farmaci.


E' un occhio da fantascienza, quello ricreato su chip dai ricercatori dell'Università della Pennsylvania, che hanno sviluppato un modello 3D della sua superficie fatto con cellule umane, capace di aprirsi e chiudersi. Dotato di cornea, congiuntiva, palpebra e lacrime artificiali, in futuro potrebbe essere usato al posto di modelli animali per studiare disturbi come l'occhio secco e per testare nuovi farmaci. A indicarlo è lo studio pubblicato su Nature Medicine dal gruppo di ricerca di Dongeun Huh. 

Istat, economia verso "lieve miglioramento".

Istat, economia verso lieve miglioramento

L'economia del nostro Paese procede a passo di lumaca, anzi - tra dato sul Pil e produzione industriale - è praticamente ferma ma guardando in prospettiva appare uno scenario "di lieve miglioramento dei livelli produttivi". Dalla nota mensile di luglio sull'andamento dell'economia italiana diffusa oggi dall'Istat, il pil in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, in base alla stima preliminare, ha registrato nel secondo trimestre una variazione congiunturale pari a zero a sintesi di una diminuzione del valore aggiunto dell’industria e dell’agricoltura e di un contenuto incremento in quello dei servizi. Sia la domanda nazionale (al lordo delle scorte) sia la componente estera netta hanno fornito un contributo nullo.
L'Istituto evidenzia che a giugno, l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,2% in termini congiunturali. Nella media del secondo trimestre, la produzione si è contratta dello 0,7% rispetto al trimestre precedente (+1,0% in T1). Il dato mensile ha mostrato un aumento congiunturale solo per l’energia (+2,4%) mentre si sono registrate flessioni per i beni di consumo (-0,7%), i beni intermedi (-0,6%) e, in misura più lieve, per i beni strumentali (-0,1%).

Nonostante il deciso incremento congiunturale di maggio (+2,5%), gli ordinativi dell’industria nel trimestre marzo-maggio hanno segnato una crescita contenuta (+0,2% sul trimestre precedente) a causa del peggioramento della componente interna (-0,7%) che, spiega la nota mensile di luglio dell'Istat, ha in parte compensato l’andamento positivo di quella estera (+1,5%).
A luglio, rileva ancora l'Istat, l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha segnato un marcato aumento per effetto di un miglioramento di tutte le componenti. Il recupero della fiducia dei consumatori è stato determinato soprattutto dalla componente economica e dalle attese sulla disoccupazione. Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia ha segnato un progresso, raggiungendo il valore massimo da ottobre 2018. L’aumento è stato diffuso tra i settori economici a eccezione del settore manifatturiero per il quale sono peggiorati i giudizi sul livello degli ordini e migliorati quelli sulle attese sulla produzione, con una diminuzione del saldo relativo alle scorte di prodotti finiti.

L’indicatore anticipatore, osserva l'Istituto di statistica, ha interrotto la tendenza alla flessione in atto dalla fine dello scorso anno, prospettando uno scenario di lieve miglioramento dei livelli produttivi.

https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2019/08/05/per-istat-economia-ferma_E8uYPRqotF0bhGmCZI5qNK.html

domenica 4 agosto 2019

Su Marte, il cratere Korolev traboccante di ghiaccio perpetuo. - Federica Vitale

cratere-marte

L'acqua ghiacciata nel cratere Korolev rimane stabile perché la depressione agisce come una trappola naturale fredda.

Questo mosaico di immagini scattate dall’orbita Mars Express dell’ESA mostra il cratere Korolev ben conservato su Marte, pieno di acqua ghiacciata tutto l’anno. Il cratere Korolev, di 82 chilometri di diametro, prende il nome da Sergei Pavlovich Korolev (1907-1966), il principale costruttore e padre della tecnologia spaziale russa.
Si trova nelle pianure a nord di Marte, non lontano dal grande campo di dune di Olympia Undae, che circonda una parte della calotta glaciale del Polo Nord.

Il pavimento del cratere, che si trova a due chilometri sotto il bordo, è coperto da un cumulo centrale di ghiaccio d’acqua di 1,8 chilometri durante l’anno.
Questo serbatoio a volta forma un ghiacciaio che comprende circa 2.200 chilometri cubici di ghiaccio non polare su Marte. Ciò porta al presupposto, tuttavia, che questa quantità di ghiaccio sia mescolata con una certa quantità di polvere, riporta il DLR, l’agenzia spaziale tedesca.

Ghiaccio = vita?
Piccole quantità di ghiaccio d’acqua sono distribuite all’interno e attorno al bordo del cratere sotto forma di sottili strati di brina. L’acqua ghiacciata nel cratere Korolev rimane stabile perché la depressione agisce come una trappola naturale fredda. L’aria sul ghiaccio si raffredda e, quindi, è più pesante dell’aria più calda che la circonda. Poiché l’aria è un cattivo conduttore di calore, protegge il ghiaccio dall’ambiente.
Se è immobile sul ghiaccio, si verifica un piccolo riscaldamento del ghiaccio attraverso lo scambio di calore e l’aria fredda protegge il ghiaccio dal riscaldamento e dall’evaporazione. 

Ovviamente, questa evidenza della presenza di ghiaccio – e quindi di acqua – riapre (se mai fosse stato chiuso) il dibattito sulla possibile presenza di forme di vita su Marte. 

https://focustech.it/2018/12/21/su-marte-il-cratere-korolev-traboccante-di-ghiaccio-perpetuo-223889

Meteo - CALDO RECORD in GROENLANDIA, non si arresta la fusione dei ghiacci. - Lorenzo Badellino

Ghiacci della Groenlandia in rapida fusione. Immagine di repertorio

Ghiacci della Groenlandia in rapida fusione. Immagine di repertorio.

Se sull'Europa orientale continuano ad affluire aria fredda artica con il clima che diviene sempre più autunnale, sulla Groenlandia non si arresta la fase eccezionalmente calda innescata dalla risalita di correnti meridionali che mantengono le temperature molto sopra la media. Ne conseguono massicce fusioni dei ghiacci, che tra l'altro proseguono da ormai più di un mese, sebbene a fasi alterne. Nella località di Kangerlussuaq, in prossimità della costa sudoccidentale groenlandese, è stata raggiunta la temperatura record di 22°C. Ciò ha provocato un'intensa fusione dei ghiacci, tanto che in un solo giorno sono state riversate in mare 12 miliardi di tonnellate d'acqua, che sommate a quelle dell'intero mese di luglio diventano 197 miliardi, attraverso la formazione di impetuosi torrenti.